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Poche settimane fa, durante un frettoloso trasferimento verso la stazione di Milano, parlando di questo laboratorio online, Alberto Ardizzone mi chiese – Perché lo fai? – una domanda che in tutti questi anni non avevo mai ricevuto. Farfugliai qualcosa ma la risposta fu imprecisa, tant’è che non la ricordo esattamente.
L’altro giorno, giù per le brume valdarnesi e su per il Monte Amiata, Gian Antonio Stella a “Primapagina” (podcast 1.3.2014 – 43:14) mi ha regalato la risposta giusta, citando Papa Francesco:
Il Papa ha raccomandato agli educatori di non trasmettere soltanto contenuti e conoscenze ma anche comportamenti e valori, e in particolare di insegnare a coltivare e saper gestire l’utopia”.
Ecco perché lo faccio: per imparare a coltivare l’utopia, e facendolo, forse, lo insegno.

Il tempo è tiranno in questo periodo, ma una traccia di ciò che si è fatto nella scuola primaria di Castel del Piano la vogliamo lasciare.
Prima di tutto un’apologia del software e dell’hardware libero – valore etico, convenienza, valore didattico: scuola e università hanno il dovere morale di dimostrare, diffondere e promuovere il software libero.
Poi ci siamo meravigliati della fisica usata da questi sistemi, che funzionano sfruttando una sorta di percorso circolare dell’informazione, su tre diverse fasce dello spettro elettromagnetico: radiazione infrarossa, microonde e luce.
Quindi abbiamo rivisto il meccanismo del mouse, con un normale equipaggiamento dove il computer è collegato al proiettore mediante un cavo VGA.
Poi ci siamo accorti che il proiettore era di quelli interattivi, e allora abbiamo eliminato il mouse e abbiamo aggiunto un collegamento USB fra computer e proiettore, oltre a quello VGA già stabilito. Utilizzando l’apposito puntatore, abbiamo commentato con uno schema come funziona questo sistema e ne abbiamo discusso le caratteristiche pratiche rispetto alle LIM classiche: flessibilità di uso, mobilità, costo inferiore ma non di tanto.
Quindi abbiamo esplorato la soluzione più economica, che ci interessa molto – viste le ristrettezze delle risorse di cui tutti noi soffriamo – che ha anche maggiore valore etico – sfrutta l’ingegno espresso spontaneamente nel cyberspazio: non avendo mezzi usiamo intelligentemente ciò che c’è – che ha anche maggior valore didattico – si fabbrica da soli: i ragazzi vedono di più “come è fatto dentro” e possono essere coinvolti nel montaggio e nella gestione della lavagna. Abbiamo quindi riaggiustato i collegamenti e montato il telecomando Wiimote per realizzare la lavagna digitale WiilD. Anche di questo sistema abbiamo visto per bene lo schema di funzionamento, dimostrandone praticamente il funzionamento e vari particolari come la penna a infrarossi autocostruita.

Per fare tutta questa dimostrazione abbiamo usato un portatile di fascia bassa equipaggiato con il sistema operativo libero WiildOs – provato anche con un netbook minimale di 5 anni fa: funziona benissimo lo stesso. Abbiamo mostrato alcuni dei tanti software liberi di utilità didattica che ci sono in WiildOs. In particolare abbiamo lavorato con il sistema libero di lavagna digitale e presentazione Sankoré, prodotto in coproduzione da un team di sviluppatori svizzeri e francesi. Gli schemi mostrati li avevamo precedentemente prodotti con Ardesia, un software libero che consente di trasformare lo schermo del computer in una lavagna, con la possibilità di salvare in vari formati fasi intermedie del lavoro o di creare dei video dimostrativi – è un software realizzato da un giovane sviluppatore italiano che si chiama Pietro Pilolli.
Infine, abbiamo mostrato anche una configurazione diversa, usando un altro computer con il sistema operativo Windows 7, per mostrare che tutti i software liberi che avevamo citato prima possono essere scaricati e utilizzati anche in una versione per Windows – esiste una porta di accesso agevole al mondo del software libero, che non richiede alcuna competenza particolare, eccetto curiosità e sensibilità.
Il tutto s’è portato via un paio d’ore, digressioni varie incluse. Da ricordare il piacere di una platea attenta e reattiva, l’ospitalità, la torta fatta in casa all’inizio, alla fine il pranzo, amabile per il cibo e la compagnia.
Grazie a Nicoletta Farmeschi, Antonella Coppi, alla loro Preside e a tutti!
P.S. Grazie anche ai diversi amici che il giorno precedente avevano risposto al mio appello in rete dove avevo chiesto se qualcuno poteva prestarmi un telecomando Wiimote perché il mio si era rotto all’ultimo momento 🙂
P.P.S. Facebook è pessimo per vari motivi, ivi incluso il fatto che il link precedente non è accessibile a chi non è iscritto a Facebook: una politica che mina la libertà del cybersapzio. Estraggo quindi da Facebook e riporto qui sotto l’episodio:
Andreas Formiconi
C’è qualcuno che mi può prestare un telecomando Wiimote alla stazione SMN di Firenze fra le 14 e le 15, oppure in serata nella zona Valdarno – Firenze sud? Lo renderei martedì prossimo con caffè o birra o vino…
Mi piace · · Condividi · 28 febbraio alle ore 7.11
Piace a Nicoletta Farmeschi, Giulia Tardi, Elena Crestani e altri 4.
Rosamaria Guido
Tu consigli la Wiimote?
28 febbraio alle ore 7.12 · Mi piace
Andreas Formiconi
io esorto in generale a usare software e hardware libero
esorto a usare mezzi etici e intrinsecamente educativi
la lavagna digitale con wiimote è etica e educativa, se l’insegnante ne trae vantaggio per coinvolgere gli studenti…
cmq la sto provando e vado in giro a provarla con gli insegnanti per avere feedback utili, prima di fare affermazioni assolute
28 febbraio alle ore 7.16 · Mi piace · 5
Rosamaria Guido
Grazie. facci sapere
28 febbraio alle ore 7.17 · Mi piace
Andreas Formiconi
sicuro, relazionerò via via in #loptis
28 febbraio alle ore 7.18 · Mi piace · 2
Andreas Formiconi arrivederci, blackout fino a stasera
28 febbraio alle ore 7.19 · Mi piace · 1
Rosamaria Guido Buon lavoro!
28 febbraio alle ore 7.20 · Mi piace
Angela Iaciofano
Andreas, penso di averlo trovato, ti dò conferma in giornata, nel caso lo porterei domani mattina direttamente a CdP
28 febbraio alle ore 8.48 · Mi piace
Andrea Venanzi
Prof. in zona Valdarno in serata posso prestarlo io senza problemi.
28 febbraio alle ore 11.20 · Mi piace
Samantha Peroni sei sempre forte!
28 febbraio alle ore 11.21 · Mi piace · 1
Angela Iaciofano Sono già in possesso del wiimote, se comunque, per sicurezza, vuoi prenderne anche un altro tanto meglio. A domani
28 febbraio alle ore 12.41 · Mi piace
Andreas Formiconi
Ho trovato il wiimote! Al volo in una coincidenza di 20 minuti
Grazie Angela Iaciofano, beh se ce l’hai portalo, non si sa mai: il perfido Murphy può sempre colpire….
Grazie Andrea Venanzi che eri disposto a trovarsi in serata! Grazie David Fredducci [via mail] che avresti fatto 30 km uscendo sparato da scuola… Grazie Elisabetta Nanni per la tua tesi sulla WiilD!
Cose buone…
Questo è un grazie volante ma ne arriverà uno più consistente… [Eccolo :-)]
28 febbraio alle ore 12.48 · Mi piace · 3
Andreas Formiconi
deh ci fa un baffo Murphy a noi…
http://it.wikipedia.org/wiki/Legge_di_Murphy
28 febbraio alle ore 12.57 · Modificato · Mi piace · 1 · Rimuovi anteprima
Chiara Strisciuglio
Sperimentare e lavorare sul campo: l’officina del Prof. Andreas . Buon lavoro.
28 febbraio alle ore 13.26 · Mi piace · 2
sto leggendo e riflettendo perche vorrei proprio provarla questa opzione con telecomando wii! intanto cercando ho trovato questo
:
http://nilocram.altervista.org/spip/article.php3?id_article=141
può interessare? tra pochi giorni mi metterò all’opera e farò sapere i miei progressi!
intanto buon lavoro a tutti !!! 🙂
e ho trovato anche le istruzioni per costruirsi una penna ad infrarossi 🙂
http://tecnologianews.weebly.com/costruire-penna-infrarossi.html
Grazie per la segnalazione, ne approfitto allora per indicare le pagine del wiki di wiildos che parlano di penne IR: qualche esempio di penne autocostruite, qui invece una fotostoria della costruzione di una penna.
Nel wiki trovi anche molte altre indicazioni che possono essere utili per un primo utilizzo della lavagna realizzata con la wii
Andrò a curiosare grazie mille dell’info 🙂
Reblogged this on scientificamentematematicamente.
“Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti….
L’indifferenza è il peso morto della storia. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. Odio gli indifferenti anche per questo: perché mi dà fastidio il loro piagnisteo da eterni innocenti. Chiedo conto a ognuno di loro del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto. E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con loro le mie lacrime.”
Ho riportato questo stralcio di testo di Gramsci, perché penso che essere “partigiano” nel senso di scegliere una parte, non solo nel senso di stare con qualcuno, ma di decidere che “parte” recitare nella vita, vuol dire essere, vuol dire avere un’etica, vuol dire farsi delle domande, agire, scegliere…Quando ho letto il resoconto del prof. mi vergogno a scriverlo, ma mi sono quasi commossa, di fronte a quel” ma chi te lo fa fare ?”, come direbbe mia figlia nel suo gergo “giovanile” ho pensato” Formiconi sei un grande! ( scusi prof . il tu, ma ci sta proprio!).
Sì, perché sembra oggi impossibile trovare persone, professionisti, accademici capaci di agire in modo “gratuito”, nel senso pieno, solo in nome di un’idea, di una scelta di vita.
Senza voler fare paragoni, qualche mese fa, mi occupo d’intercultura a scuola, mi è stato chiesto da un sacerdote che opera in modo “spregiudicato” con gli stranieri ( ha aperto loro la casa parrocchiale, attiva corsi per le donne straniere, per i ragazzi, insomma è un altro “grande”) d’intervenire, ad un convegno preparando una relazione su territorio e azioni d’integrazione, di domenica, in una zona della Valtellina. Una mia amica mi ha chiesto: Scusa ma chi te lo fa fare?, il viaggio, il tempo della relazione, la domenica…- La mia risposta è stata:
1)lui rappresenta la Chiesa in cui credo; 2) nella vita non si può sempre dire io non c’entro e guardare da un’altra parte, a volte bisogna esserci. Quell’esperienza mi ha reso felice, ho incontrato persone eccezionali, mi ha dato più di quanto abbia dato io…
Io non odio gli indifferenti, semplicemente non li sopporto e li evito, amo circondarmi di persone che scelgono e quando mi capita d’incontrarli sulla mia strada, mi riconcilio col mondo.
L’esperienza di Castel del Piano è un bellissimo esempio di un’umanità che crede in quello che fa!
Certo che questo laboratorio in tanti modo potevo immaginarmelo, ma non così!
Un saluto
Giusi
Grazie Giusi, dà una gran carica questo messaggio!
P.S. Nessun problema con il tu, anzi; non insisto mai su questo punto, ma del lei non so che farmene: siamo a lavorare e si cerca tutti insieme di capire le cose, non s’ha tempo per le formalità, ci distraggono, no?
Salve,
giorni di fuoco per me, i giorni indietro…pieni di entusiasmo e anche pieni di preoccupazione per eventi personali, causati , credo, proprio da chi non ha sogni e vorrebbe sporcare il tuo, renderlo cenere, far sì che sia dimenticato da tutti, non conosciuto, solo sforzi gettati al vento. Col rammarico di ciò da una parte, una grande energia mi ritorna grazie all’intervento di Andreas proprio nella mia scuola: qualche giorno fa scrivevo con un certo distacco di come mi sembrava vana la lotta contro il software proprietario, se poi tutti continuano ad usare sistemi come Windows, Mac…Mi ero stancata, mi pareva ormai come una lotta contro i mulini a vento, una guerra impari dalla quale era impossibile ricavare qualcosa.
Andreas col suo intervento ha dato un nuovo senso alla questione. Di nuovo l'”utopia” che si mostra in strade concrete da perseguire. Finalmente.
“Una grande lezione di etica”, ha detto ieri una delle colleghe presenti alle quali invierò questo tuo resoconto, Andreas!
A presto
Nicoletta
Madonna come sono contento!
Di utopia è fatta la mia vita,la mia storia di donna e di maestra. Senza il ‘sogno’non potrei percorrere la mia strada ed avere la forza di farlo ,anche se accanto a me non c’è nessuno ,oppure qualcuno cerca con tutte le sue forze di distruggermelo. Non ci potrà mai riuscire,perchè il sogno mi porta al distacco dai giudizi e dagli stereotipi degli altri nei miei confronti e mi dà le ali per volare. In fondo mi piace rimanere bambina con la voglia di giocare,di inventare,di scoprire senza aspettarmi niente in cambio. Tutto è affascinante intorno a me, a partire dalle piccole cose,per esempio in questo momento,un merlo sta rovistando un’aiuola per raccogliere materiale e costruire il suo nido ,la compagna lo sta osservando ed io mi perdo nei sui saltelli e nei suoi voli. Stupendo!!!Devo nutrire sempre il mio sogno per conservare la spontaneità di quando da piccola costruivo le case sugli alberi .”Il bambino che non gioca non è un bambino,ma l’adulto che non gioca ha perso per sempre il bambino dentro di sè” (P. Neruda).Andreas sa nutrire il sogno .Insieme agli altri ,la strada si percorre meglio,abbiamo una rete potentissima fatta di sogni ed utopia,sta a noi aprirle la porta, darle la parola,il gesto e l’occasione perché possa esprimersi e produrre effetti sulla realtà che circonda.Grazie Andreas!
Ho una vecchia vecchia scrivania di quelle con ancora il piano di lavoro di vetro e sotto un panno bordeaux. Tra il vetro e il telo una sottilissima fessura mi consente di far scivolare dentro piccoli foglietti, questo il più importante per me:
” Lei sta
all’orizzonte
mi avvicino di
due passi; lei si
allontana dieci
passi più in là.
Per quanto io
cammini non la
raggiungerò mai.
Quindi a che cosa serve l’utopia?
Serve a questo:
a camminare”
Eduardo Galeano
Sono contenta che questo camminare mi abbia condotta fin qua.
Grazie!
Reblogged this on Il Blog di Tino Soudaz 2.0 ( un pochino).
Re quanto a detto il Papa sulla gestione dell’utopia: nella trascrizione integrale del suo discorso in http://www.vatican.va/holy_father/francesco/speeches/2014/february/documents/papa-francesco_20140228_pontificia-commissione-america-latina_it.html , ci sono anche altre cose pertinenti (o dirottabili per applicarle) all’educazione con mezzi tecnologici: sul radicare l’utopia nella memoria del passato per gestirla bene e lottare contro quel che chiama la “cultura dello scarto” …
Dovrebbe esserci libera scelta nell’utilizzare i software nelle scuole: l’importante è insegnare, non soffermarsi su quale mezzo o tipo viene impiegato!
Sono anche d’accordo che nelle scuole oltre alla didattica bisognerebbe insegnare a coltivare utopie…è dalle piccole menti che si raggiungono i grandi risultati e si cresce nell’adolescenza! Bisogna credere sempre in qualche cosa e protrarsi nell’inseguire ciò.
Non è utopia usare il software libero a scuola. Anche le nostre menti hanno necessità di essere interoperabili e non “addestrate” ad un unico sistema. Un ottimo esempio: http://www.libreumbria.it/2014/03/il-software-libero-sbarca-a-scuola/
La questione importante è che per fabbricare civiltà un’utopia bisogna averla. Poi, quello che può essere utopia per uno, magari è già realtà per l’altro.
Certo, ci sono tante situazioni nelle quali il software libero a scuola non è utopia, ma per la stragrande maggioranza dei casi sì. Ebbene, è a loro che ci rivolgiamo, facendo leva su quei casi che hanno già trasformato quel tipo di utopia in realtà.
Sono sempre più convinta che le periferie intellettuali non coincidono con le periferie geografiche. Ma se hai la sfortuna di abitare in entrambe sei davvero del gatto!. Per me vale la formulazione della legge di Murphy « Tutto va male contemporaneamente. »
Io ci provo a coltivare l’utopia, certo però che non é un campo dove puoi sempre coltivare da solo.
Sempre grazie, prof
Vediamo di aiutarci usando tutto quel che c’è 🙂
Devo dire che la prima cosa che mi è venuta in mente cercando di immaginarmi un incontro del genere nella scuola dalla quale sono distaccata (e dove tornerò a settembre) è proprio: utopia!
In fin dei conti però vorrei soffermami su una cosa che mi ha colpita di questo resoconto, al di là dell’aspetto pratico, è la precisa volontà di utilizzare quello che c’è, dal portatile di “fascia bassa” al “netbook minimale di 5 anni fa”. Sappiamo tutti quali sono le dotazioni, ahimè, delle nostre scuole, con rare eccezioni.
Il fatto di proporre un nuovo metodo (o modifiche a quello esistente, come per il software libero) partendo da quello che c’è aiuta a scoprire e ricordare che il cambiamento, il rinnovamento, la crescita e lo slancio verso nuovi orizzonti sono possibili. Il metodo, appunto, è quello che conta.
All’unanimità: “Vediamo di aiutarci usando tutto quel che c’è”.
A presto e grazie.