Orgoglio italiano a sproposito

Ovvio essere contenti per il premio matematico a Alessio Figalli. Ma che noia la retorica sull’orgoglio italiano, specie in un caso come questo. I geni capitano ovunque. Sono emergenze del patrimonio genetico umano, che fioriscono se il sistema lo consente, o addirittura delle volte malgrado il contesto avverso. Figalli non si considera un cervello in fuga, racconta che le cose gli sono semplicemente capitate, come il posto di ricercatore al CNR francese a 23 anni, il posto di professore nel Texas a 27, al Politecnico di Zurigo a 32. Sta di fatto che, statisticamente, rientra fra coloro ai quali lo stato italiano ha pagato gli studi e che da subito hanno prodotto per istituti stranieri che consentono loro di svolgere in modo ottimale le proprie ricerche, premiandoli come meritano.

Pensavo quindi che l’orgoglio italiano sarebbe stato giustificato se avessimo consentito a lui come a tanti altri di fiorire qua da noi. Stando così le cose, essere contenti sì, ma meglio stare anche abbastanza zitti. Perché il fatto che la natura abbia giocato le carte del genio in questo o in un altro paese è pura casualità, di cui nessuno ha merito. Invece il fatto di non premiare talento e buona volontà dei giovani, non solo dei geni, è malauguratamente diventata una nostra caratteristica.

E pensavo anche, chissà, vedi che non vi sia qualche genio fra questi ragazzi immigrati, perché no? Ecco, oggi ho ripescato da Valigia Blu la notizia che, per l’appunto fra i quattro premiati con la medaglia Fields, c’è anche Caucher Birkar, un rifugiato curdo arrivato nel Regno Unito venti anni fa. Leggete la storia, è bella. La faremo leggere anche ai nostri rifugiati curdi, che anche loro sono studiosissimi e molto bravi.