È una notizia molto grave. Meduza, la testata giornalistica indipendente russa, costretta, insieme a Novaja Gazeta, ad operare all’estero è stata “promossa” nella paranoica classificazione della nomenclatura russa. Se fino a due giorni fa era definita “agente straniero” costringendo di fatto l’agenzia ad operare all’estero, ora è diventata una “organizzazione indesiderata”. Se il primo status aveva comportato la necessità di finanziarsi unicamente attraverso il crowdfunding all’estero, quello di “organizzazione indesiderata” comporta la certezza che chiunque collabori con essa, a qualsiasi titolo, sia perseguibile penalmente dall’autorità giudiziaria russa. Metto qui sotto la traduzione del messaggio inviato ieri da meduza ai propri sostenitori.
In Russia la dissidenza è soffocata ma c’è, pervasiva e crescente, eroica. Di quella dovremmo cercare informazioni e quella dovremmo sostenere, in tutti i modi possibili.
Cari, tanti, amici con cui ho condiviso sogni e avventure: vi siete messi dalla parte sbagliata della storia. Tragicamente sbagliata.
Francesca Lenci ha inaugurato la serie dei lavori degli studenti di Suor Orsola Benincasa e, senza sapere di essere la prima, l’ha fatto con il simbolo per eccellenza di questa mitica città.
Nel fare il suo lavoro ha applicato, in mutato contesto, le raccomandazioni di Orwell: togliere dal testo tutto ciò che non è indispensabile per l’essenza del messaggio.
Francesca era partita così:
Così, ho deciso di stendere un prato affianco “O’ Mare” che potesse ospitare quei simboli che un po’ per tutti rappresentano Napoli: A’ Pizza Margherita, O’ Curniciello, O’ Mandulino, Pullecenella, e per ultimo (ma forse il simbolo più bello della mia città) il padrone del cielo, colui che si specchia ogni giorno nel nostro mare, O’ Sole (che ho scelto di rappresentare con lo stemma della SSC Napoli, dato che i napoletani sono super tifosi). Nel rispetto della mia sanità mentale scelgo di abbandonare il lavoro per il momento, lo riprenderò in seguito.
Per poi concludere:
Ho ripreso il logo con un po’ di calma. Ho cancellato Pulcinella (più lo guardavo e più mi convincevo di quanto fosse brutto) e sono passata a disegnare il sole ovvero lo stemma della ssc Napoli. Appena finito mi sono resa conto che mi piaceva tanto la semplicità di quello che avevo realizzato e che, a volte, “tanto” è sinonimo di “troppo”. La semplicità sta nelle piccole cose, noi napoletani siamo famosi in tutto il mondo perché possediamo l’antica arte dell’arrangiarsi, ci accontentiamo di poco perché sappiamo bene che in realtà, sono le piccole cose ad avere un grande valore. E poi diciamoci la verità, io tutte quelle cose non le sapevo proprio fare, mi venivano brutte! Quindi meglio poco ma buono che tanto ma approssimato. Ed io oggi sono felice così, con la consapevolezza che mi sono impegnata al massimo e che ho portato a casa il risultato anche se non era quello che pensavo all’inizio. Sono felice di aver partecipato a questo corso perché mi ha dato modo di conoscere tanti lati di me, bisticciarci per poi fare amicizia, incoraggiarli, sostenerli, capirli, accettarli ed accettarmi e questo è il regalo più bello che potessi ricevere questo Natale.
L’ho detto tante volte: è dentro alla Russia che bisogna guardare, anziché perdersi dietro alle panzane di esperti da salotto, giornalisiti egomaniaci e politici prezzolati. I mezzi ci sono ma l’incapacità di uscire dal proprio orto è angosciante, pure da parte di vari (apparentemente) eruditi. Tante persone (ancora apparentemente) molto istruite mancano di visione sistemica e tendono a leggere i fatti del mondo nello stretto cono di luce delle proprie competenze. Sì, questo riguarda tutti, compreso il sottoscritto, ma è qui che alle eventuali competenze andrebbe accompagnata l’umiltà e la prudenza che caratterizza il sapiente vero. Da qui l’indicazione: sentenziare meno e studiare di più. Il che vuol dire non ristudiare ciò che già hai conosciuto e che ormai costituisce la tua comfort zone ma insistere a cercare fuori, dove è più scomodo e magari sgradevole. La conoscenza comporta fatica. In fondo metto qualche riferimento.
Come lo sviluppo di una tesi ti può indurre a scoprire un nuovo trucco in Logo: calcolare l’area racchiusa in un percorso qualsiasi. Poi ci accorgiamo che altri tipi di calcolo che possono essere sviluppati durante un percorso ricadono tutti in una categoria generale che deriva dalla natura differenziale della geometria della tartartuga.
La domanda è nata da una tesi dove si esplorano le misconcenzioni in matematica e come queste possano essere combattute con strumenti come Geogebra e Logo. Precisamente la questione posta dalla laureanda concerneva le trasformazioni geometriche che lasciano invariato il perimetro a scapito dell’area o viceversa; da qui la sua domanda: si può calcolare l’area di una figura con Logo?
Capita che un tuo studente centri il senso profondo di ciò che non avevi osato dire esplicitamente: le cose importanti meglio lasciarle sottintese onde non vadano diluite nel troppo detto — il mal d’Accademia, il troppo detto. È vero, si rischia che vadano perse lo stesso perché non intese affatto, ma se saranno colte persisteranno nella memoria.
Perché la scommessa di questo laboratorio, inaugurato sei anni fa, fu proprio questa: fermare il tempo, per riflettere, per costruire qualcosa di proprio in modi mai provati prima. Un’idea di laboratorio che fosse un laboratorio vero, dove scoprire il valore dell’errore, della collaborazione, della molteplicità dei modi per giungere alla soluzione. Un’idea di laboratorio fuori dalla dicotomia presenza-online. Un’idea di valutazione vera, profonda, accurata. E un’idea di rispetto dell’altro, dei suoi modi e dei suoi tempi.
Dal diario di Erika Vannacci, studentessa di Scienze della Formazione Primaria 2022/23:
Qualche giorno fa una persona che sta scrivendo un progetto per bambini in contesti svantaggiati mi ha chiesto cosa pensassi del valore formativo di Lego. Da principio mi è parsa una domanda facile. Sono sicuro che per me è stato utilissimo. I miei avevano trovato casa vicino al lavoro, in aperta campagna. Dalla finestra di camera mia vedevo passare il treno a vapore e il contadino lavorava la terra con buoi. Bambini nei pressi non ce n’erano e l’asilo non sapevo cosa fosse. Nipote di zappatori maremmani emigrati a Firenze ma figlio del dottore, avevo il Lego e il Meccano. Passavo le giornate a costruire, disfare e ricostruire. Centinaia di volte. Di certo quel lavoro forsennato non può non avere inciso sulle mie capacità di problem solving.
Domani parteciperò alla LibreItalia Conference 2022 — Auditorium Margherita Hack, Via Magolo, 32 Empoli (FI). Darò un piccolo contributo intitolato Importanza del Free and Open Source Software (FOSS) per l’istruzione.
È l’occasione per testimoniare l’enorme debito che ho contratto con il mondo del software libero, in particolare con quello di LibreOffice, durante un’attività di insegnamento che si protrae da ormai più di vent’anni.
Non so di preciso, ma ho avuto più di 10’000 studenti, in svariati corsi laurea, di informatica, medicina e scienze della formazione. Ebbene, chi lavora con me deve usare LibreOffice, fino all’esame. Dopo farà quello che vuole.
Perché debito? Perché l’impiego del software libero è uno dei modi più concreti che ho a disposizione per onorare il mandato dell’articolo 34 della Costituzione:
La scuola è aperta a tutti. L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita. I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso
Sia facendo usare il software libero ai miei studenti che insegnando loro a farlo usare ai propri allievi quando insegnano. Sì, perché da oltre un lustro insegno soprattutto alle future maestre e ai futuri maestri dei nostri bambini, ovvero a coloro che hanno uno dei compiti più importanti di una società civile.
Costoro devono imparare a programmare la Tartaruga di Seymour Papert, che si cela fra i tanti tesori di LibreOffice e devono imparare i rudimenti della Turtle Geometry (H. Abelson & A. Di Sessa, MIT, 1986). Tutto questo grazie all’idea geniale di un informatico ungherese, László Németh, di creare disegni con la tartaruga sotto forma di grafiche nei documenti prodotti con Writer. E possono fare questo solo con LibreOffice.
Così, oltre a dare un senso molto più profondo a concetti abusati come coding o pensiero computazionale, gli studenti imparano le implicazioni etiche e politiche dell’impiego del software libero nella scuola. Qualcosa di molto diverso dal distribuire tablet nelle classi, anche se regalati in quelle che sono di fatto mere operazioni di colonizzazione commerciale.
Democrazia, Costituzione, diritto allo studio sono le parole chiave. Ma anche software libero e internet. Entità concatenate in un contesto globalizzato e libero. Materia di riflessione.