La nuova colonizzazione dei territori della formazione

manifesto inverno

Oggi alle 18 a Firenze, presso Spazio Inkiostro, via degli Alfani 49 nero.

In un mondo nel quale le persone in media toccano lo schermo del proprio cellulare alcune migliaia di volte al giorno è difficile prescindere dalle cosiddette digital skills in tema di formazione. Quello della formazione è un ambito strategico nelle società moderne perché rappresenta il momento, non unico ma fondamentale, per divenire un cittadino consapevole. Oggi le tecnologie perfondono il mondo ma anche quello della formazione.

La tecnologia non è bella e buona a priori. Tanto meno è “neutra”. Certo, come tutti gli strumenti può essere usata bene e male. La differenza sta nell’uso. Ma è un argomento insidioso: è facile spacciare per neutralità quelle che sono in realtà vere e proprie forme di colonizzazione di nuovi territori. Sono territori indefiniti, sovranazionali, virtuali ma questo non cambia il concetto. E le poste in gioco sono più alte, le forme di controllo assai più potenti e pervasive di quelle conosciute storicamente.

I contesti formativi sono territori di conquista estremamente attraenti: è lì che si possono fidelizzare a man bassa stuoli di futuri cittadini. Un tablet a testa regalato in una scuola è sufficiente allo scopo. Sfortunatamente, raggiunto il limite di obsolescenza programmata – circa tre anni – non tutti potranno permettersi di spendere nuovamente svariate centinaia di Euro per i dispositivi di ultima generazione, che si traduce in una scuola pubblica sostanzialmente antidemocratica mentre dovrebbe essere essenzialmente democratica, realizzando il dettato costituzionale di pari accesso alle occasioni di promozione e crescita culturale.

Esistono alternative? Sì: software libero, hardware vecchio riciclabile e ricondizionabile, scelte pedagogicamente significative. Il software libero è tale se soddisfa quattro fondamentali libertà di cui deve godere chiunque lo riceva: 1) poter eseguire il programma, 2) poterlo studiare e modificare, 3) ridistribuire il programma in modo da aiutare il prossimo, 4) apportare miglioramenti e distribuirli in modo che tutta la comunità ne tragga beneficio.

Il software libero può facilitare anche l’impiego di hardware vecchio consentendo di rallentare l’obsolescenza programmata. In contesti poveri di risorse può essere utile prolungare la vita dei computer, migliora così l’accessibilità e si riduce il digital divide, per un uso più democratico della tecnologia.

L’uso di software libero nei contesti formativi ha una forte valenza educativa e etica: si insegna il valore della collaborazione e della condivisione della conoscenza; si insegna il beneficio di fare qualcosa perché è utile per tutti e non perché si deve essere competitivi a prescindere; si propone un messaggio di legalità, perché mentre scaricare e usare software libero porta beneficio a tutti, crackare software proprietario è contro la legge, equivale a rubare; e quando succede che un giovane arrivi a intervenire sul codice, diviene autore, per un mondo di costruttori e non di soli consumatori.

La colonizzazione non si attua solo attraverso strumenti e software ma anche attraverso metodi didattici e pedagogie. Il fenomeno ha dimensione storica ed è globale. Lo sviluppo delle conoscenze scientifiche e delle conseguenti ricadute tecnologiche inonda i popoli senza che questi possano avere avuto una formazione adeguata per trarre vantaggio dalle nuove opportunità e affrontare i nuovi contesti. Non c’è letteralmente il tempo di preparare le generazioni di insegnanti. In questo contesto attecchiscono facilmente metodologie che, cavalcando attraenti neologismi, offrono percorsi cognitivamente impoveriti. Come se non ben definite “nuove grammatiche” possano sortire inediti miracoli formativi. Ecco che la scuola, invece di proporre un intelligente contraddittorio, si rende complice della pressione mediatica esercitata dai nuovi colonizzatori nel tempo extrascolastico.

Conseguentemente le giovani generazioni crescono brade in spazi apparentemente liberi, prive di strumenti cognitivi basati sull’articolazione del pensiero profondo, preda ideale di ogni spinta tesa a farne dei perfetti consumatori. La minaccia più grave di tale stato delle cose concerne l’impianto democratico stesso della società. Se la formazione dei futuri elettori sarà sempre più focalizzata sul modello dell’ottimo consumatore, la democrazia, così come l’abbiamo conosciuta nel secolo scorso, sempre imperfetta ma minore dei mali possibili, subirà un colpo mortale.

Una serata straordinaria

Laboratorio Aperto di Cittadinanza Attiva

locandina transafrica 2019

Doveva essere una serata tranquilla dove, una volta tanto, c’era solo da stare quieti a sentire delle storie interessanti. Non è andata esattamente così.

Veniva presentato il volume “Parole oltre le frontiere” a cura dell’Archivio Diaristico Nazionale di Pieve e Santo Stefano, con la partecipazione di Joy Ehikioya e Clementine Pacmogda, autrici e testimoni del progetto DiMMi, dove

DiMMi (diari multimediali migranti) è un progetto che ha l’obiettivo di sensibilizzare e coinvolgere i cittadini sui temi della pace, della memoria e del dialogo interculturale, e di creare un fondo speciale dei diari migranti presso l’Archivio Diaristico Nazionale di Pieve Santo Stefano.

Confesso di essermi accomodato in una sedia centrale della sala gremita, intenzionato a sentire ma anche a andare avanti nel lavoro di perfezionamento della crowdmap – predico bene e razzolo male. Intando apprendo che Clementine è cresciuta in Burkina Faso, con pochi mezzi ma molto brava a scuola. Clementine…

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Come abbiamo ottenuto la collaborazione di Ushahidi

Laboratorio Aperto di Cittadinanza Attiva

Ushahidi è il software che genera le crowdmap. Tutto nasce dall’idea di una giovane attivista, Ory Okolloh, nata in Kenia da una famiglia di modesta condizione ma molto brava a scuola.

Immagine di Ory Okolloh
By https://www.flickr.com/photos/dci/https://www.flickr.com/photos/dci/243722739/, CC BY-SA 2.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=7648032

Ory Okolloh si è laureata in legge a Harvard ma ad un ricco impiego in uno studio legale di New York ha preferito cercare di rendersi utile nel suo paese. Nel 2007, in occasione di elezioni accompagnate da diffusi episodi di violenza mise rapidamente insieme un sistema basato su servizi web liberi e free software per segnalare le criticità che si manifestavano sul territorio. Nacque così Ushahidi, che in Swahili vuol dire testimonianza, e nacquero così le crowdmap. Scrive Ory Okollow :

[With social media] ‘Truth’ is not guaranteed – but the idea behind crowdsourcing is that with enough volume, a ‘truth’ emerges that diminishes any false reports.

[Con i…

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