Se incontri un professore che ti tratta come un bambino

Riprendo il post precedente e lo asciugo completamente, trascrivendo giusto la conlusione dell’articolo ivi citato, affidata completamente alle parole di Eleonora, ricevute in un messaggio quattro anni fa, a metà della mia prima edizione del Laboratorio di Tecnologie Didattiche. Le sue parole riassumono perfettamente quello che intendo dire quando affermo, ancor più sinteticamente, che per insegnare molto bene le tecnologie lavoro principalmente sulle emozioni.

“Ventitré anni, diciotto dei quali passati a studiare. Ultimo anno di università. Unico obiettivo: laurearsi. O meglio, laurearsi il prima possibile. Per togliermi il torpore di dosso delle  lezioni con le slides, lette alla penombra di un’aula semi deserta.  Per sfuggire all’impaginazione della mia testa, messa costantemente a dura prova dallo studiare pagine e pagine di libri che rimestano la stessa minestra, da cinque anni ormai. Per liberarmi da rigide impalcature di relazioni, piene di burocrazia e vuote di valori.

“Non siete più bambini” ci dicono. Dunque è questo quello che ci aspetta fuori? Una vita da adulti, persi a fare tutto (…a sapere tutto!!) e incapaci di fare niente?

Poi eccoti l’ennesimo Laboratorio, l’ennesimo massacro di massa in aula.

“Non è nemmeno in gruppi ristretti”

Annaspo.

“Laboratorio di Tecnologie didattiche”, recita il mio Piano di Studi.

Affogo!

Io di queste cose non ne so niente. Il panico che si trasforma nel motto “Questo lo boccio, questo lo punto solo a passare”. Il risultato finale: rassegnazione.

Poi le prime e-mail del professore. Dice di non voler gente a scaldare le sedie in aula (una frase celebre nella letteratura docente a scuola…), ma non prenderà nemmeno le firme degli studenti presenti. Anzi, il laboratorio potrà essere svolto anche in remoto, a casa, usando la piattaforma.

“Ma che tipo strano è mai questo…”

Così, incuriosita e spaventata, mi paleso in aula al primo incontro. Il professore è lì, sta disponendo i suoi oggetti sulla cattedra: dei dieci che tira fuori conosco al massimo le tre palline da giocoliere e i portatili. Ottimo: sento già l’acqua in gola. 

Si, ma che lezione strana è mai questa? Dove sono le slide da lettura monocorde? E i riferimenti bibliografici?

No, nulla di tutto questo. Ma solo una domanda: “Sapete cosa è questo?” No, non lo so. Perché sui trecento e passa libri che ho studiato non c’è nessun paragrafo dedicato a quella scatolina che – dice! – trasmette informazioni ai dispositivi che si collegano ad essa. La chiama “Pirate Box” – una specie di router. Interessante, la voglio provare… Come fa una bambina….

Poi ci chiede di installare LibreOffice sul nostro computer e iniziare a prendere confidenza con una piccola tartaruga chiamata Logo.

“Ora quando torno a casa ci provo…”

E la frittata è fatta: me ne innamoro a prima vista. Devo capire, devo capire come muovere questa tartaruga, come farle cambiare direzione, come colorare il suo tracciato. Devo, altrimenti non ne esco viva da questa situazione. Prendo il Piccolo Manuale di LibreLogo senza paura e lo apro: non inizio dalla prima pagina e vado a cercare le risposte alle mie domande. Non sottolineo, non mi faccio note a margine (mica lo devo sapere a pappagallo!) ma lo spulcio, lo interrogo e lui mi risponde solo dandomi indizi. Il resto viene da sé. Esploro come fa un bambino…

E scopro un mondo, un mondo pieno di spunti, di intuizioni: la mia mente viaggia alla velocità della luce, crea mille connessioni. Nessuna categoria, nessuna impaginazione mentale. La mia mente costruisce ponti e li demolisce, crea sinapsi, idee che mi brillano in testa. Sento il mio cervello annaspare, ma in senso buono: sto imparando dalla pratica, non solo dalla teoria. Libero i miei pensieri come se fossero un fiume in piena, come una pioggia di meteoriti. Penso come fa un bambino…

Faccio domande, cerco risposte, esploro e – a tentoni – cerco di aiutare anche gli altri compagni sulla mia “stessa barca”. Non ci riesco sempre, ma almeno ci provo. Provo ad aiutarli con la mia esperienza, e loro aiutano me con la loro. Bello questo lavoro di squadra. Come fanno i bambini….

Un passo indietro verso il futuro per una conoscenza peninsulare

L’ispirazione nel pensiero di Edgar Morin, Jerome Bruner, Seymour Papert e nell’opera che sta portando avanti Juraj Hromkovič della ETH di Zurigo con l’Ausbildung- und Beratungszentrum für Informatikunterricht ETH Zürich (ABZ).

Intorno allo sviluppo del pensiero scientifico attraverso la programmazione del computer, gli esercizi con il corpo, l’esplorazione delle forme e del loro divenire, la ricerca del bello.

Gli esiti attraverso le opere e le parole degli studenti: Antonella, Elena, Clarissa, Marta, Eleonora.

Un articolo per il convegno “Professione Insegnante: quali Strategie per la Formazione?“, organizzato dalla Conferenza dei Rettori delle Università Italiane e dal Centro di Ricerca Interuniversitario GEO – Giovani Educazione Orientamento – Napoli 15-17 giugno.

Articolo disponibile qui.

Bambini con le rughe

Ogni nuova richiesta di tesi mi riempie di contentezza e di angoscia ad un tempo. Perché ho imparato che ogni tesi è una nuova finestra sul mondo, e non resisto alla tentazione di aprirla. Ma allo stesso tempo, la fila si allunga e cresce il timore di non farcela.


Le immagini di quei fiori non sono io che le faccio, sono loro che mi trovano.


Dev’essere il destino di coloro che rimangono bambini. Bambini con le rughe.

Vuoi fare la tesi con me? Allora devi fare così… (emergenza Coronavirus) Seconda parte

Post aggiornato il 29 maggio 2020 con alcune nuove risorse.

Ricapitoliamo gli elementi essenziali emersi dalla comunità https://www.reddit.com/r/DaD_Coronavirus/ che abbiamo creato solo quindici giorni fa: 31 post e 51 commenti nel forum, 41 voci nella bibliografia condivisa. E siamo solo all’inizio.

Le risorse emerse sono radunate qui.

Metto in evidenza l’intervista di Enrica Ena – dopo il video c’è una mia sintesi dei concetti essenziali. Vi invito a leggerla: emergono modi concreti di affrontare la drammatica carenza di inclusione generata dalla DaD.

Vale anche la pena di esplorare il blog-bacheca di Maria Grazia Fiore o farsi raccontare la storia di Elena, una di voi che si trova in tutt’altra parte del mondo ma sempre in piena pandemia.


Aggiornamento 29 maggio 2020.
Questi temi sono stati arricchiti dal ciclo di incontri online organizzati in emergenza per consentire agli studenti di non interrompere i propri percorsi a causa dell’impossibilità di terminare il tirocinio diretto: tutto disponibile in Laboratorio di riflessione per la costruzione della professionalità docente.

Ora la bibliografia condivisa. È importante ai fini della tesi, nella forma e nella sostanza. Poi nella vita ognuno vedrà… Cogliamo l’occasione per imparare a collaborare: ognuno di voi deve mettere tutte le voci della propria bibliografia nel documento condiviso.

In questo video si vede come effettuare una ricerca bibliografica nel Servizio Bibliotecario di Ateneo, usare il proxy di ateneo per accedere senza costi alle riviste scientifiche in abbonamento, contribuire alla bibliografia condivisa formando le voci con il generatore APA, filtrare le voci che interessano.

In quest’altro invece mostro come si fa a filtrare le voci in un foglio di lavoro, per esempio per estrarre tutte le voci aggiunte da una persona o aventi uno stesso tag.