Distanza in presenza, prossimità online — demolizione di una dicotomia

L’occasione è un po’ quella di un amarcord. Cari amici con cui ho lavorato trent’anni fa mi hanno proposto questa partecipazione. L’AIFM è l’Associazione Italiana di Fisica Medica, il mondo dal quale, più o meno, sono partito in questo lungo e tortuoso viaggio.

In estrema sintesi, per ora:

  1. Avventure di un hacker inconsapevole
    Si può provare empatia per un algoritmo?
  2. Cos’è che non va?
    Ansie di grandi insegnanti (in tempi non sospetti)
  3. Nella fossa dei leoni
    Vai a fare lezione, non ti preoccupare…
  4. La classe nella noosfera
    Demolizione di una dicotomia

L’appello degli studenti

Il seguito imprevisto del post precedente dove dicevo del commiato dagli studenti di Firenze:

Scienze della formazione, gli studenti si appellano alla rettrice: “Lasci a insegnare quel prof così speciale”

Te ne stavi tranquillo nel tuo buchetto a fabbricarti il balocco quando, dopo un certo tempo, zac! succede qualcosa che ti sbatte abbagliato sotto i riflettori. Farfugli, balbetti però sei innegabilmente contento.

Sì, sono contento di constatare che l’ascolto praticato in ogni possibile dettaglio, anche quando è il tuo turno di fare le domande — si può praticare l’ascolto anche nel fare una domanda — genera fiducia. E non c’è capitale più prezioso della fiducia del giovane che ti sta seguendo. Guai a tradirla, perché essa è fragile: basta una sola volta per distruggere tutto.

Come rischiare la vita salvò una tesi — storia di un ricercatore birbone

Sono entrato all’università di Firenze nel ’74, come studente, e ne esco oggi. Inevitabile pensare all’inizio. La fisica mi piaceva e anche la fisica nucleare ma non la vita che vedevo fare ai miei professori. Anche perché pensavo di non essere abbastanza bravo per spendere la vita in un laboratorio, distante anni luce dalla vita delle persone fuori dell’università. Volevo sentirmi utile, in modo più diretto, ma ero molto confuso. Finché verso ventun anni scoprii che c’era una cosa che si chiama medicina nucleare. Dopo essermi informato un po’ pensai che in un ospedale avevo forse più possibilità di fare qualcosa che servisse a qualcuno.

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