Considerazioni pratiche sulle riunioni online


Non è affatto un male che le riunioni online siano sofferte. Le difficoltà temprano e sono molto più utili gli incontri gestiti dagli studenti, anche se costellati d’ogni sorta d’incidenti, piuttosto che una fila di monologhi tecnicamente fluidi del sottoscritto. Dalle nostre parti i professori parlano sempre troppo e gli studenti fanno sempre troppo poco. Mi sembra invece che queste riunioni “autogestite” rivelino un grande valore, perché favoriscono la condivisione di preziose esperienze personali e regalano spunti interessanti e imprevisti. È davvero un bel contributo quello che state dando, al di là delle dinamiche ristrette di un corsetto universitario. Allo stesso tempo è utile riflettere sulle difficoltà incontrate, per trasformare i problemi in occasioni di crescita. Proviamo dunque a discutere alcuni punti emersi fino ad ora, andando al sodo e senza tanti giri di parole. Che nessuno si adombri, provare serve a migliorare, soprattutto se poi si riflette criticamente sull’avvenuto.

Sia ieri che nella prima riunione è successo che, ad un certo punto, improvvisamente tutti si siano trovati sbalzati fuori del’aula che si è chiusa loro in faccia; sarebbe buffo vedere un’instantanea dei volti basiti! È un inconveniente spiacevole, soprattutto perché causa non poca ansia nel poveretto che, avendo già durato una discreta pena a mettere tutto insieme, si vede sparire ogni cosa sotto il naso, la classe con tutti i ninnoli faticosamente fabbricati insieme a tutti gli uditori, in un colpo solo! Come quando al protagonista de Lo Zen e l’arte della manutenzione della Motocicletta si spezza la vite, che rimane incastrata nella sede senza testa: uno shock, una specie di vuoto della coscienza! Vediamo dunque di organizzarsi per ridurre le probabilità che l’inconveniente si verifichi nuovamente.

Le cause, fino ad ora sono state due.

  1. Mancata estensione della durata della classe

    Posizione dell'icona per la determinazione della durata di una classe WiZiQ
    Posizione dell'icona per la determinazione della durata di una classe, in basso a destra dello spazio schermo di WiZiQ

    Non solo potete determinare a priori la durata della classe all’atto della sua creazione, ma la potete anche alterare mentre questa è in corso. In questa figura, è raffigurato l’angolo in basso a destra della finestra WiZiQ. L’icona indicata dalla freccia è il tasto di attivazione della finestra che consente di alterare la durata della classe.

    Finestra per la determinazione della durata di una classe WiZiQ
    Finestra per la determinazione della durata di una classe. Con il menu a sinistra si determina la durata della classe e con quello di destra l'anticipo dell'avvertimento di fine sessione.

    Nella figura successiva vedete la finestra dove potete cambiare la durata della sessione (Extend session:), da 5 a 240 minuti, ma anche con quale anticipo volete che il sistema vi avverta (Alert:), da 5 a 30 minuti. Quindi, appena vi rendete conto di avere la probabilità di sforare, provvedete subito a risolvere il problema.

  2. Chiusura erronea della classe

    Può succedere di dover uscire dalla classe per rientrarvi, anche in veste di amministratore della medesima. Questo può succedere se il sistema si impalla oppure pasticciando con gli account come stiamo facendo noi. Se questa cosa accade all’amministratore, quest’ultimo deve stare attento a non chiudere la classe anziché il browser. Chiariamo subito la faccenda dal punto di vista operativo con le figure.

    Posizione dell'icona di chiusura del browser
    Posizione dell'icona di chiusura del browser, operazione che lascia inalterata la classe nel cyberspazio

    Qui si vede l’angolo in alto a sinistra della finestra del browser, non di WiZiQ, che sta al suo interno; non dimenticate che WiZiQ vi viene offerto attraverso un browser, che nel caso in figura, come vedete, si tratta di Mozilla Firefox. È l’icona indicata dalla freccia che dovete cliccare per chiudere il browser! Così facendo, chiudete la finestra del browser ma l’istanza della classe rimane viva e vegeta sospesa nel cyberspazio e raggiungibile con il suo URL. La chiusura del browser è un fatto che avviene localmente. Quando riaprite il browser e digitate nuovamente l’indirizzo URL, ritroverete la classe al suo posto con tutte le cose che ci avevate lasciato dentro, compresi i vostri uditori che si staranno domandando dove siate finiti, a meno che, previdentemente, non li abbiate avvertiti prima.

    Voce di menu per la chiusura della classe, in alto a sinistra dello spazio schermo di WiZiQ
    Voce di menu per la chiusura della classe, in alto a sinistra dello spazio schermo di WiZiQ

    Se invece cliccate la voce di menu File in alto sinistra e, nel relativo menu a tendina, End Class, allora chiudete proprio la classe lassù nel cyberspazio, e conseguentemente il sistema WiZiQ procederà all’housekeeping della chiusura, fra cui l’eventuale registrazione della classe.

    Icona di chiusura della classe, in alto a destra dello spazio schermo di WiZiQ
    Icona di chiusura della classe, in alto a destra dello spazio schermo di WiZiQ

    Analogamente potete fare cliccando sull’icona di chiusura rossa in alto a destra. Attenzione, questa icona, è simile a quella del browser: quest’ultima si trova nella cornice esterna, che è del browser, mentre quella della classe WiZiQ fa parte dell’armamentario grafico della classe WiZiQ, che sta dentro. spesso suggerisco agli over-qualcosa di imparare a cliccare un po’ selvaggiamente, ok, ma questo non singifica a caso! Ovvero, quando guardate tutte queste finestre, abituatevi ad appioppare loro dei significati, tipo: qual è l’area dello schermo all’interno dei quali i comandi concernono WiZiQ? E cosa vuol dire agire su WiZiQ? Quali sono invece le aree che concernono il browser?

    Finestra di chiusura di una classe WiZiQ
    Finestra di chiusura di una classe WiZiQ: rispondendo Yes la classe sparisce per sempre ...

    Quando poi, cliccate su uno dei due comandi succitati di chiusura della classe, si apre una finestra, nella quale WiZiQ cautelativamente vi chiede se siete proprio sicuri, e lo chiede proprio perché è notorio che questi sono errori comuni. Anche qui, se il sistema si prende la briga di chiedervi – Do you want to end the class? – soffermatevi a riflettere su cosa possa voler dire questo.

Avendo accennato alla durata delle sessioni, ne approfitto per una considerazione più generale. La tendenza a eccedere nelle presentazioni è assolutamente generalizzata. La si ritrova massimamente fra gli accademici, solitamente convinti che chiunque sia disposto a massacrarsi per attingere a cotanta messe di sapere, così generosamente elargita. Vedi mai capitasse da queste parti un amico accademico, mi faccio accompagnare da un personaggio di ben maggior statura del sottoscritto, lo storico Paolo Rossi, e invito tutti a dare una letta ai suoi Consigli a un giovane conferenziere (chi non potesse raggiungere il testo con questo link, mi scriva un’email e io provvederò a inviargli il testo). Ma la tendenza all’eccesso la si ritrova un po’ ovunque, anche nelle piuttosto penose sedute di tesi di laurea, che finiscono non poco spesso in un frettoloso appiccicaticcio di cose dette male perché dette in ristrettezza di tempo: programmate sempre una durata inferiore a quella aspettata, il vostro messaggio ne guadagnerà molto. La lunghezza non giova mai, a meno che, come scrive Paolo Rossi nel primo punto del suo decalogo, non stiate parlando in un evento politico o sindacale. Questo vale anche per le nostre sessioni, e tutte le altre possibili immaginabili. Capisco perfettamente l’entusiasmo per mostrare i propri risultati, e me ne rallegro molto, ma se eccedete in quantità diluirete il vostro messaggio anziché rinforzarlo. La gente si stanca. Sempre con Rossi:

È un dato sperimentale e scientificamente acquisito che dopo quaranta minuti di ascolto la capacità di attenzione di un qualunque uditore scende paurosamente.

Prudenzialmente, io ridurrei a trenta minuti il tempo utile, tralasciando i casi pietosi come quello del sottoscritto, che già con difficoltà si inerpica sino ai 20 minuti di attenzione reale. Non abbiate mai paura di dire troppo poco, concentratevi piuttosto sul dire bene quel che ci sta in quel tempo di attenzione fisiologico. E se non lo riempite tutto, ancora meglio. Se così facendo, avete la sensazione che vi siano rimaste delle carte inespresse in tasca, probabilmente ve le potrete giocare con maggior profitto nella discussione susseguente, quando l’uditorio non sarà ancora stanco e anzi, sarà rimasto con delle curiosità da soddisfare.

Vorrei poi fare un commento sul broadcasting del video, andando subito al punto: eliminatelo, oppure usatelo in una prima fase di presentazione o in certe fasi intermedie, ma sempre con parsimonia.

In primo luogo, la trasmissione video, per quanto questi sistemi si sforzino di ottimizzarla ben conoscendone l’onere, è estremamente vorace di banda, ovvero di bit trasmessi al secondo. Quel francobollino animato costa molto, e usato a gogò, dà poco.

Tenete presente anche che viviamo in Italia, e che nella classifica di banda disponibile in MBPS (Mega Bit Per Second) pro capite siamo al trentesimo posto, laddove l’Italia si trova all’ottavo posto nel ranking del PIL, secondo i dati della World Bank. Un bell’esempio di miopia da parte di coloro che sono chiamati a disegnare il futuro del Paese! Per dare un’idea della diversa impostazione strategica in altri paesi, la vicina Svizzera si trova al 19-esimo posto nella classifica del PIL ma al settimo in quella della banda disponibile per cittadino. Fortunatamente, l’attuale governo ha messo in agenda nell’ambito del Decreto Sviluppo la questione della distribuzione di banda larga a tutti gli italiani, riconoscendone il valore strategico. Bene, ma siamo in grave ritardo.

In altre parole, noi non viaggiamo sulle autostrade telematiche (banda larga), ma su viottoli di campagna. Ora, se voi volete visitare un luogo ameno in montagna, ve lo portereste dietro, siccome vi piace tanto il pane tostato, il tostapane più la necessaria batteria e il necessario inverter per alimentarlo? Penso di no, perché la gita abortirebbe dopo pochi metri. Ecco, con il video nelle riunioni online è la stessa cosa. Si tratta di eventi nei quali la banda diviene un fattore critico e quindi va amministrata con oculatezza, eliminando tutto il soverchio. E di soverchio, in una faccina che si vede a malapena, che fissa un monitor per un paio d’ore, c’è parecchio. Tutt’altra storia se invece viene gestita in modo dinamico e mirato. Per esempio, farsi vedere all’inizio è molto simpatico, ma tenete presente, che il nostro cervello ha una capacità straordinaria di memorizzare il carattere di una fisionomia, bastano pochi secondi, quindi se tenete il video aperto per qualche minuto iniziale, è più che sufficiente.

Controlli audio e video in WiZiQ
Controlli audio e video in WiZiQ

Potete anche utilizzare i vostri primi piani in modo divertente. Ricordo per esempio quello sketch simpatico di C’eral’H e GranDiPepe, dove quest’ultima faceva la maglia, oppure le fumate di testa di Gaetano, ma l’effetto di queste trovate sarebbe stato molto più intenso se fossero state sparate fra capo e collo nel bel mezzo delle presentazioni. E la banda per così brevi tempi non ne avrebbe sofferto, anzi in quegli sprazzi il suo lavoro principale sarebbe stato proprio quello di convogliare le immagini video, sulle quali tutti avrebbero concentrato la loro attenzione.

In sintesi, riguardo a questi ultimi due punti, sulla durata delle sessioni e dei video online: attenti a non saturare l’input dell’uditorio.

In pratica, la figura mostra la finestra di controllo dei setting audio e video, attivabile in alto a destra dello spazio WiZiQ. all’inizio di ogni sessione, a meno che non vogliate mostrare inizialmente il vostro volto, chiudete subito il video: Stop broadcasting video (A). Lo potrete sempre riattivare all’occorrenza. Poi fate sempre un check del microfono: Device settings (B). Poi chiudete la finestra: Hide (C).


Lo Zen e l’arte della manutenzione della Motocicletta, Robert M. Pirsig, Adelphi, 1990

Un corso di laurea rivolto al personale docente

Il 20 settembre p.v. verrà presentato il corso di laurea triennale “Metodi e Tecniche delle interazioni educative” presso la sede dell’ANSAS (ex-Indire). È un corso di laurea triennale che si svolge interamente in modalità online e che è rivolto al personale docente in servizio e non nelle scuole italiane, di ogni ordine e grado. Il corso fa parte dell’offerta formativa della Italian University Line, una università telematica pubblica non statale.

Conosco questo corso per avervi contribuito in passato con l’insegnamento “Editing Multimediale”. È stata un’esperienza positiva che sono molto contento di poter ripetere nel prossimo semestre.

Ecco alcuni riferimenti (documenti pdf):

Mettere un corso online

Nell’ambito delle mie attività – diciamo – istituzionali mi è stato chiesto di scrivere un breve testo su cosa significhi “mettere un corso online”. Poiché il tema può rientrare fra le considerazioni sulla “scuola che vorrei” lo riporto qui di seguito.

Prima però preciso che sono il primo a sostenere che la scuola che vorrei non passa necessariamente dalla forma online. Ribadisco che internet facilita semplicemente una serie di interventi che sarebbe stato possibile realizzare con strumenti convenzionali.


Il panorama

Per mettere un corso universitario online è inevitabile essere disposti ad affrontare un mutamento delle consuetudini ed è quindi inevitabile prevedere un costo aggiuntivo in termini di impegno personale e, in misura minore, di oneri finanziari. L’operazione può essere finalizzata ad obiettivi diversi implicando impegni molto differenziati sia sul piano quantitativo che sul piano qualitativo. Vale a dire che, per affrontare la transizione, non è solo questione di lavorare di più per un certo periodo di tempo ma può essere necessario affrontare un cambio di mentalità che può essere anche radicale e profondo; ovviamente questa è la parte più difficile del lavoro.

Distinguiamo tre diversi obiettivi in ordine di difficoltà crescente nel senso che andando dal primo al terzo aumenta il peso del cambiamento di prospettiva rispetto al mero impegno temporale aggiuntivo.

  1. Trasferimento delle “dispense” in un sito web che sia accessibile solo previa autorizzazione da parte del docente. In sostanza si tratta di una semplice operazione che concerne il trasferimento dei contenuti su di un altro medium e che lascia sostanzialmente inalterata la struttura degli insegnamenti universitari così come sono concepiti nella grande maggioranza dei casi. L’impegno preminente è costituito dal tempo occorrente per il trasferimento dei contenuti. Al docente è richiesta solo una minima “compliance” per l’adozione e l’impiego del medium diverso.
  2. Trasferimento delle “dispense” in un sito web che sia liberamente accessibile. Tecnicamente si tratta dello stesso processo descritto per il primo obiettivo ma la prospettiva è molto diversa. Il docente deve accettare l’idea che i suoi materiali didattici siano consultabili da chiunque in tutto il mondo. Perseguendo questo obiettivo si aderisce implicitamente al progetto delle Open Educational Resources (OER). In un numero crescente di atenei nel mondo si sta lavorando per la definizione e lo sviluppo di modelli per la libera diffusione del materiale didattico. La prima e più importante iniziativa è stata quella del MIT che nel 1999 si pose il problema dell’opportunità di porre tutti i suoi corsi online, nel 2000 decise che ne valeva la pena e nel 2002 aveva realizzato la prima versione dimostrativa con 50 corsi. Attualmente l’offerta OER del MIT consta di 1800 corsi in 33 discipline accademiche. In una mia pagina web sono elencati alcuni dei principali riferimenti ad iniziative ufficiali ma l’elenco pecca certamente per difetto poiché la tendenza è impetuosa e inarrestabile e il 12 marzo scorso negli Stati Uniti è stata introdotta una proposta di legge sullo sviluppo delle OER (Bill H.R. 1464). Le OER sono pensate in un’ampia varietà di forme ma noi qui ci riferiamo semplicemente ai contenuti liberamente disponibili in rete.
  3. Creazione di una comunità in rete. È in atto ovunque un vivo dibattito su quanto la formazione istituzionale sia in grado di rispondere alle necessità reali della società e stiamo assistendo ad una fioritura di iniziative ed esperimenti volti all’applicazione di metodi di insegnamento che stravolgono il paradigma tradizionale basato su lezioni frontali ed esami. Si tratta di metodi che possono essere molto diversi fra loro in dipendenza del contesto, per dirla brevemente e semplificando molto, in dipendenza dell’età degli studenti, degli obiettivi formativi e delle discipline d’insegnamento. Essi hanno tuttavia in comune il fatto di porre l’enfasi sull’apprendimento autonomo, sull’educazione alla cooperazione, sul problem solving e ridurre invece l’enfasi sulla mera trasmissione di contenti. Potremmo dire che si tratta di tentativi di attuazione del pensiero costruttivistico e, forse, connettivistico, pensiero che sino ad ora è largamente ignorato in quasi tutti gli aspetti della formazione. Un esempio è costituito dagli insegnamenti di informatica nei Corsi di Laurea della Facoltà di Medicina, di Tecnologie di Comunicazione online nel Corso di Laurea in Teorie della Comunicazione e di Editing Multimediale presso la Italian University Line (sono disponibili una sintesi in inglese, pdf,  e una versione estesa in italiano). Un’esperienza maturata lavorando con circa 5000 studenti nell’arco di otto anni.

Un punto di partenza

Per una proposta realistica penso che ci si debba limitare al primo obiettivo.

In queste brevi note faccio una proposta concreta seguita da alcuni commenti sulle obiezioni che mi vengono usualmente rivolte.

L’obiettivo è quindi quello di mettere online i contenuti utilizzando un sito web il cui accesso sia subordinato al possesso di un nome di login ed una password.

Preciso subito che con il termine contenuti intendo delle dispense redatte dal docente e non una presentazione, cioè un insieme di diapositive powerpoint.

Ebbene, il medium più idoneo per offrire, mantenere e migliorare dei contenuti è quello costituito da un wiki. Il wiki non è altro che un sito web che può essere redatto ed aggiornato da più autori.

La chiave del successo dei wiki sta nel fatto che è estremamente facile creare contenuti e che non è necessaria alcuna competenza particolare per farlo. A dire il vero questa è la chiave per capire il successo di tutti i fenomeni connessi in qualche maniera con il mondo del social networking. Un successo bastato sostanzialmente su di un processo di disintermediazione che ha consentito a larghissime fasce di popolazione di accedere a svariate forme di espressione e comunicazione.

I wiki hanno trovato innumerevoli applicazioni in ogni forma di organizzazione quali aziende, scuole e università. I wiki dedicati alla formazione, i cosiddetti “educational wikis”, si contano oggi in termini di milioni.

Un wiki può essere creato in pochi secondi su uno degli appositi servizi web. Imparare a inserire contenuti è questione di pochi minuti. La libertà di creare pagine collegate fra loro in vario modo è pressocché totale.

È molto facile fare in modo che gli studenti che si desidera accedano al sistema debbano richiedere un’autorizzazione, dopodiché potranno accedere con il proprio nome di login e password.

I wiki mantengono la storia dettagliata delle modifiche ed è sempre possibile tornare ad una delle versioni precedenti. Questa è una caratteristica molto utile quando vi siano diverse persone autorizzate a redigere ed aggiornare le pagine.

Si può sempre fare un backup completo di tutto il contenuto di un wiki.

I web service più famosi offrono wiki completamente funzionali a costo zero. Con una spesa dell’ordine di decine o poche centinaia di euro l’anno si possono avere funzionalità che possono tornare utili per un wiki molto grande e per disporre di un controllo completo sugli account degli studenti.

Elenco qui di seguito alcune delle obiezioni tipiche.

  1. Non ho le competenze necessarie per fare un sito web. Credo che questo sia un alibi insostenibile. Il successo dei wiki, dei blog e di tanti strumenti di social network deriva in buona parte dalla grande facilità d’uso. Se vi fossero problemi di competenze non si sarebbe potuto verificare il coinvolgimento di centinaia di milioni di persone nell’arco di un decennio.
  2. Non ho tempo. Ricordo di avere studiato, fra il 1974 e il 1978, su dispense manoscritte e disegnate che potevano essere composte da svariate centinaia di pagine. Credo che sia normale per un professore trovare il tempo per lavorare sul materiale didattico per i suoi studenti. C’è poi da considerare che per certi tipi di lavori è possibile coinvolgere gli studenti. Il coinvolgimento degli studenti per lo sviluppo e l’aggiornamento del materiale didattico è un ottimo modo per bilanciare una pratica didattica che è esageratamente orientata verso lo studio teorico. I wiki sono perfetti per questo tipo di attività. I miei studenti nel corso del tempo hanno fatto un gran lavoro nella redazione delle dispense del mio wiki.
  3. I miei contenuti contengono parti di autori terzi che sono coperte da copyright. Negli Stati Uniti la legislazione sul copyright prevede il principio del fair use con il quale si consente l’impiego senza autorizzazione da parte dell’autore di un’opera altrimenti protetta da copyright nei casi in cui questo comporti la promozione “del progresso della scienza e delle arti utili”. Un caso tipico è proprio quello di un professore che utilizzi un’opera per l’insegnamento ai suoi studenti. In Europa e in particolare in Italia esistono strumenti legislativi analoghi ma in un primo momento sono stati applicati in modo molto più restrittivo. Per quanto riguarda la nostra legislazione si tratta dell’art. 70, Legge 22 aprile 1941 n. 633 sulla protezione del diritto d’autore e di altri diritti connessi al suo esercizio, ove si dispone che il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o di parti d’opera, per scopi di critica, di discussione ed anche di insegnamento, sono liberi nei limiti giustificati da tali finalità e purché non costituiscono concorrenza all’utilizzazione economica dell’opera. Con il decreto legislativo n. 68 del 9 aprile 2003 è stata introdotta l’espressione di comunicazione al pubblico, per cui il diritto non è esercitabile solo per i vecchi mass media, ma anche per i nuovi come da ultimo il web. Pare quindi che l’articolo 70 della Legge sul diritto d’autore vada interpretato in senso molto simile al fair use statunitense e quindi non si vede perché un professore non possa avvalersene nel proprio insegnamento.
  4. Perché devo usare un web service invece di un server di ateneo? I web service sono gestiti da aziende che vivono di tali attività e dispongono di infrastrutture e competenze che sono allo stato dell’arte e con livelli di affidabilità con i quali il servizio tecnico di un ateneo italiano, spesso gestito in condizioni asfittiche e sub-ottimali, non potrebbe mai competere. Le aziende che gestiscono i web service hanno infatti la necessità di garantire il servizio a milioni di utenti. Da quando mi sono affidato completamente ai web service ho cessato di avere problemi tecnici.
  5. Se ogni docente si costruisce il proprio sito viene meno l’omogeneità nell’offerta dei contenuti. Uno dei messaggi che si ricevono oggi dai grandi fenomeni del web è che le persone sono interessate a ciò che può risolvere loro un problema e non alla forma con la quale le informazioni vengono presentate loro. Il web pullula di pagine bellissime e formalmente ineccepibili che sono assolutamente inutili; nel linguaggio del web questo significa che non le usa nessuno. La maggior parte degli strumenti di grande successo si presentano in maniera spesso molto semplice se non dimessa ma offrono semplicemente qualcosa che serve molto a tante persone. Dobbiamo inoltre tener conto che le attuali generazioni di studenti hanno una grande dimestichezza con il web e sono completamente indifferenti alla presunta ufficialità di ciò che viene loro offerto. Se invece durante la prima lezione apprendono che in un certo sito web si trova ciò che serve concretamente per l’insegnamento si può essere certi che lo useranno. Credo che la qualità si faccia con i fatti e non con la cura dell’immagine.

Feedback sessioni online WiZiQ

Questo post per diffondere qualche notizia specifica sulle due sessioni online di venerdì 6 marzo con il servizio web WiZiQ per gli studenti della IUL e ad alcuni “simpatizzanti”. L’obiettivo del post tuttavia è anche quello di vedere insieme alcune caratteristiche di un servizio del genere, pienamente nel tema dell’editing multimediale.

Il servizio è gratuito e ciò che abbiamo fatto insieme lo avremmo potuto fare anche in versione gratuita, con un limite di 50 partecipanti. In realtà io preso la versione premium che costa 49.95 (39.38 Euro) per avere qualche altro vantaggio, oltre ad estendere il limite a 500 partecipanti:

Upgrading your membership enables you to use advanced features like private chat, logo branding, and separate writing, audio and video controls in the virtual classroom, save your recordings in your WiZiQ account, get priority support, and display your contact details in your profile.

Il rapporto benefici/costi mi sembra interessante.

Ora una questione relativa al recupero delle sessioni passate. È possibile andare a rivedere tali sessioni in WiZiQ cliccando su “Recordings”. In realtà doveva essere anche possibile scaricare sul proprio computer le sessioni ma Romina mi aveva segnalato che il download non funzionava. Mi sono accorto di avere dimenticato di dare l’autorizzazione per il download, cioè non sapevo di doverle autorizzare 🙂 Ora dovrebbe essere possibile.

Infine, il feedback ricevuto automaticamente da WiZiQ che riporto qui di seguito e che può servire a tutti. Non male … se penso a quante “risorse” siano finite nei buchi neri di innumerevoli progetti di Information Technology …

Ecco, parlando di editing multimediale, non è tanto importante entrare nello specifico di un singolo strumento quanto essere coscienti che oggi è necessario solo mollare le briglie della creatività perché gli strumenti sono tutti disponibili “là fuori”.

Ecco il feedback

Hi There,

Thanks for your feedback. We checked the logs for your session and latency went up high at these users end which resulted in the problem. Here is the data for the same:

Marcie_Beyatte 54 sec

Maria_Grazia 4.36 sec

Andreas_Formiconi(Teacher) 2.94 sec

valepasquino_virgilio_it 1.54 secs

Michela 1.4 sec

The probable cause of the problem can be slowdown of the internet connection at that moment of session. Make sure that you have on a good internet connection. We generally recommend a connection with minimum bandwidth 512kbps for a good experience in a 2-way video session and around 256kbps for a 2-way audio session.Moreover the audio quality was not set to medium at certain attendees’ end. Please suggest them to set audio quality to medium to ensure better audio experience.Please let us know if you have further queries.

______________________________________

User Details
Email: andreasDOTformiconiATgmailDOTcom
EventSessionCode: 342707
Name: Andreas Formiconi

Event Session Code:
342707

Subject: Editing Multimediale
Teacher: Andreas Formiconi
DateTime: 3/6/2009 11:00:00 AM
Duration: 60

Rating for Audio/Video:
2
Rating for Content Upload:
4
Comments:
some eco problem, will see some FAQ



Thanks & Regards
Preeti Bajaj
Associate Manager
WiZiQ.com

Coltivare le connessioni

Ho trasformato la trilogia di post Coltivare le connessioni in un pamphlet dove ho incluso anche i commenti fatti dagli studenti ed altri “contaminatori”.


What does it mean to be connected …

(Translation in Italian)

While the poll on social networks is accumulating data, I invite you to read very, very, carefully this article. It is entitled Seven Habits of Highly Connected People and it explains in a very clear way that to be connected is not merely about staying in front of a computer or poking around in some social networks. To be connected in the sense of Stephen Downes, the author of the article, is about something so deep and human that has a lot to do with the attitude we have in physical life, too.

Please, read it really carefully, slowly, pondering each sentence, and post about it in your blogs.

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