Tag: scolarizzazione
Daily: scolarizzazione …

Un paio di post servono perfettamente a definire un po’ meglio l’idea di scolarizzazione che ha turbato alcuni commentatori di Coltivare le connessioni (pdf).
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Il valore del dubbio
Ecco, Irene commentando scrive
… temo (ma spero) che andando avanti in questa esperienza risulterò contradditoria rispetto all’inizio …
e poi chiude il suo interessante post amplificato in una pagina wiki
Continui a darci l’opportunità di capire.
A me basta darvi l’opportunità di dubitare, di dubitare di ciò che sembra certo, di alzare la testa per guardarsi intorno, di provare a domandarsi se in ciò che a tanti sembra così ovviamente futile o ostile non possa in realtà celarsi qualcosa di buono.
La conseguenza principale di quella che ho chiamato scolarizzazione è credere che esista il “modo giusto”, che esista il manuale, che esista colui che sa come si deve fare, che non possano esistere altre categorie all’infuori di quelle che si sono studiate o quelle di cui tutti parlano, che vivere sia come guidare: tenere la destra e rispettare i cartelli stradali.
La vita non è così. Non lo è in particolare quella del medico, quella dell’insegnante, quella dello scienziato. Di fronte alle decisioni importanti, malgrado tutte le possibili competenze acquisite, il manuale non ci sarà mai ma ci sarà solo l’ignoto.
Non è un problema di competenze. Ovviamente le competenze servono ma il loro possesso costituisce il problema minore. La mia critica alla scolarizzazione non concerne la ovvia necessità di acquisire delle competenze bensì la mancanza di occasioni per formare l’uomo.
Un grande medico (insegnante, scienziato, …) è tale in virtù di molto più che il mero possesso di competenze. È una persona in grado di ascoltare tutti i possibili segni quando si trova di fronte all’ignoto, è una persona che dubita per abitudine, è una persona sempre capace di fare un passo indietro di fronte ad un segno imprevisto.
In realtà quando uno studente reagisce come sta facendo Irene, e ce ne sono molti, per così dire frenando la propria corsa e, pur continuando nella stessa direzione, alzando la testa, guardandosi intorno, soffermandosi, facendo magari un passo indietro per poi ripartire, ebbene a quel punto il mio compito è finito.
Non mi importa che lo studente mi dica se ho ragione o meno e non ho la presunzione di rivelare alcunché, a me interessa che dia un segno di essere capace di fermarsi, dubitare, fare un passo indietro perché se rivela anche una sola volta questa capacità allora potrà divenire un buon medico o insegnante o scienziato, forse.