Daily: scolarizzazione …

Sociogramma 26 maggio 2011. I nodi rossi sono studenti di medicina, i nodi blu cyberstudenti, il nodo celeste è il docente. Una linea che congiunge due nodi significa che almeno uno dei due ha fatto almeno un commento ad un post dell’altro
Sociogramma 26 maggio 2011. I nodi rossi sono studenti di medicina, i nodi blu cyberstudenti, il nodo celeste è il docente. Una linea che congiunge due nodi significa che almeno uno dei due ha fatto almeno un commento ad un post dell’altro

Un paio di post servono perfettamente a definire un po’ meglio l’idea di scolarizzazione che ha turbato alcuni commentatori di Coltivare le connessioni (pdf).

Gabriele riporta un brano di Gustav Le Bon sull’istruzione, anzi, sulla differenza che c’è fra l’istruzione anglosassone e quella latina. La questione del confronto fra i sistemi di istruzione dei diversi paesi è oggi complessa e ben documentata nei rapporti PISA e McKinsey – alcuni link e commenti a riguardo si trovano nel post Migliorare la scuola, che ho scritto qualche mese fa. Anche se probabilmente c’è del vero – e alcune esperienze personali me lo confermerebbero – lascio un po’ in secondo piano la questione del confronto e invito a riflettere sull’idea generale di istruzione preferibile esposta da le Bon. Mi viene in mente un articolo (pdf) del prof. Enrico Persico, collaboratore di Enrico Fermi, apparso sul Giornale di Fisica del 1956. Il prof. Persico racconta di come una brava studentessa all’esame “corra come una locomotiva” nella trattazione formale delle equazioni di Maxwell ma riveli un totale disorientamento in qualsiasi aspetto pratico della materia, come non sapere spiegare perché è opportuno che i fili elettrici siano rivestiti da un isolante, oppure  non vedere un problema nel far passare 20000 ampere in una lampadina. Saggiamente e onestamente, il prof. Persico già nel titolo si domandava: “Che cos’è che non va?”.

Anche il racconto della lezione di aggiornamento fatta da Giulia torna utile a proposito di scolarizzazione. E proprio Gabriele commenta il post scrivendo

Ha colpito molto anche me vedere che studenti così avanti con gli studi abbiano “tempo da perdere” dietro noi matricole per qualcosa che a loro non porta nessun tipo di tornaconto. 

Fa bene Gabriele a mettere le virgolette perché in realtà spiegare è un modo formidabile per imparare meglio. Quando due persone, una più esperta e una meno o per niente esperta, ragionano insieme, in realtà imparano tutte e due. Se l’insegnante spiega con questo spirito certamente impara qualcosa ad ogni spiegazione e il discente impara meglio. L’ideale è quando si coglie ogni occasione per invertire i ruoli, temporaneamente e dove possibile. Condizione che si realizza molto più facilmente sul campo – laboratorio, officina, ambulatorio ecc. – che in un’aula dove gli studenti devono stare seduti e zitti per molte ore al giorno.

Tornando alla scolarizzazione citata in Coltivare la connessioni, con questa non intendo il fatto in se di partecipare ad un qualche programma formalizzato di istruzione – vedi “andare a scuola” –  bensì alla concezione dell’istruzione medesima, come ad un pacchetto di “cose” da acquisire in tempi e modi definiti. Questo modello attiene evidentemente a come la scuola è organizzata ma influenza anche pesantemente l’idea di competenza nella professione. Troppo spesso i “corsi di aggiornamento professionale”  aggiornano ben poco e si risolvono unicamente in una grande dissipazioni di denari, a vantaggio di qualcuno, ovviamente.

Ma ancora più in generale, il modello scolastico del sapere ha conseguenze perniciose su tutta la vita, alimentando una visione a compartimenti stagni dove il dottore è dottore anche fuori del suo ambulatorio, l’avvocato è avvocato anche fuori del suo studio e così via. Una visione nella quale si studia per “diventare” qualcosa e poi lo si è per sempre.

Lei è scienziato? Modestamente lo studiai.

umilmente parafrasando Totò.

Ecco, questa è la scolarizzazione. Una malattia particolarmente perniciosa per la società della conoscenza.

6 pensieri riguardo “Daily: scolarizzazione …”

  1. ^^ormai non butto all’aria 4 anni di Liceo e comunque non si può dimenticare la dimensione sociale della scuola, quindi la mia affermazione di prima era più una critica all’organizzazione odierna dell’insegnamento. Davanti ad un computer mi sentirei un po’ più solo che a parlare con Littlechemistry e gli altri in classe di Chimica&co.

  2. Quanto ci sarebbe da riflettere, a cominciare dall’impostazione (imposizione) dei tempi e degli spazi dedicati all’apprendimento nell’arco della propria esistenza, della giornata… (Ciambello vedi comunque di venirci a scuola, ti trovo alquanto necessario)

  3. Cavoli sì, Emanuela. Nell’ultima settimana ho affrontato una verifica di informatica su una lezione che ho dovuto imparare a memoria senza nemmeno potermi chiedere il perché delle cose, per mancanza di tempo e pressione da parte dell’insegnante/preside circa i voti. È triste, reprime la nostra naturale curiosità, invece di valorizzarla. A questo punto potrei anche fare a meno di andare a scuola e studiare da casa…

  4. Tra sapere e saper fare c’è di mezzo il mare! Ovvero, ore e ore di studio non devono servire solo a riempire i registri di un quadrimestre o le righe di un libretto universitario! Lo studio deve portare alla conoscenza,la quale a sua volta deve sfociare nel sapere mettere in pratica ciò che si è acquisito. Purtroppo nella nostra scuola questo aspetto spesso viene messo da parte per la fretta di finire i programmi.

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