Scorrete di nuovo la timeline (flusso di tweet) che avevo riportato nel post Guardiamoci un attimo – #linf12. Quella è la mia timeline limitata ai tweet emessi dai membri della lista #linf12. Sarebbe stato un problema andare a ripescare i tweet della classe sperduti nel fiume della mia timeline generale, alimentata da 615 fonti. A questo servono le liste: volete vedere la mia timeline generale? Eccola: http://twitter.com/iamarf. Quella di #linf12? http://twitter.com/iamarf/linf12. Quella che mi sono confezionato a mo’ di rassegna stampa?
http://twitter.com/iamarf/informazione. Per inciso, osservate questi indirizzi e ne capirete facilmente la logica, ora che siete un po’ svezzati al codice…
Ebbene, scorrendo una qualsiasi di queste timeline, vedete quanti di quei tweet offrono un link? Una caratteristica cruciale che trasforma un tweet in una porta o, se volete in una sorta di titolo. In fin dei conti, quando sfogliate un quotidiano cosa fate? Scorrete molto rapidamente i titoli disseminati sulle pagine e leggete solo gli articoli che vi interessano. È per questo che i giornali sono fatti così: ampie pagine e grandi titoli. Usato con questo spirito Twitter non è molto diverso.
Sul ruolo nel giornalismo contemporaneo magari torneremo successivamente. Ora vi propongo di sfruttare questa caratteristica nel modo seguente. Come avevo scritto nel post precedente, cercherò di porvi vari quesiti, sia tipo organizzativo, come quelli che vi ho appena proposto, che su argomenti di informatica. Molto spesso le risposte potranno essere sufficientemente concise, ma in alcune circostanze qualcuno potrebbe desiderare approfondire, benissimo, costui potrà scrivere il suo approfondimento sul proprio blog e linkarlo in un tweet.
Porre un link in un tweet è una cosa buona perchè i tweet sono visibili da tutta internet. Ecco una sostanziale differenza da Facebook!
Qualsiasi cosa io ponga in Facebook questa potrà essere raggiunta solo da coloro che vi sono iscritti.
Facebook è un’azienda quotata al Nasdaq, internet è la collettività, internet siamo noi.
Esistono modi di usare internet che riducono in massimo grado la dipendenza da attori privati, ma sono modi da specialisti, da hacker, in ultima analisi modi destinati a riguardare pochi. Gli atteggiamenti estremi finiscono sempre col rivelarsi impraticabili con i grandi numeri ma abituarsi ad abitare lo spazio aperto di internet è molto importante, è una questione di libertà. Questo è uno degli obiettivi del nostro percorso: imparare a sapersi muovere anche al di fuori del recinto protetto, facilitato e banalizzato di Facebook. Il che non vuol dire non servirsi di prodotti industriali: tutti i servizi web che stiamo provando sono sviluppati e gestiti da aziende attive sul mercato: WordPress, Twitter, Blogger, Youtube, Google, tanto per nominare solo ciò che stiamo sperimentando insieme. Figuriamoci Google, che già incorpora Blogger e Youtube. Comunque, nei limiti del possibile è bene abituarsi a spaziare, per il beneficio della nostra libertà, della nostra mente e anche per quello del libero mercato.