Domina l’ossessione dei processi, l’ossessione di costruire la macchina che funziona. Domina l’ossessione di reificare e classificare ogni entità, riducendola ad un pezzo da mettere in precisa relazione meccanica con gli altri pezzi che compongono la macchina, la quale può essere l’azienda, la fabbrica, l’istituzione, la scuola, l’università o ogni altro tipo di organizzazione.
Nessuno nega che le semplificazioni e le schematizzazioni servano, ma il mondo si è complicato oltremodo.
La scienza del 900 ha inaspettatamente svelato l’esistenza di ampie regioni dove indeterminazione e indecidibilità regnano sovrane. E non sono le regioni del male, tutt’altro. Quelli sono proprio i luoghi dove il mondo diventa interessante. Sono i luoghi dove la natura ha congegnato la creazione, la genesi del nuovo, della vita in ultima analisi.
Nel campo della filosofia e delle scienze sociali robuste correnti di pensiero riconoscono l’importanza di ancorare ben più saldamente la teoria alla pratica, privilegiando nel governo delle organizzazioni le forme di monitoraggio continuo dei feedback e la predisposizione alla discussione dei paradigmi.
Gli scenari economici e sociali si sono evoluti in forme talmente complesse e caotiche che i governanti delle nazioni assomigliano sempre più a capitani di navi in tempesta, gli effetti delle loro manovre raramente sono quelli attesi, e le manovre medesime appaiono indebolite e magari inutili.
Viene spontaneo il sospetto che per affrontare tale soverchiante complessità del mondo occorra ricorrere a nuove visioni e a nuovi paradigmi.
Mi viene in mente un commento di Lisa, dal quale traggo:
Ritornando ad esempio alla scuola possibile credo che il limite più grosso che la scuola italiana vive è la rigidità che spesso si vive nelle aule, l’attaccamento alla legislazione, ai programmi alle formalità che altro non nascondono se non la paura di prendersi le proprie responsabilità. Come si può credere che i nostri alunni siano classificabili? E che sono marmellate? È giusto avere un’idea, una programmazione ma nella pratica didattica dobbiamo riuscire a mettere insieme i link da loro suggeriti…
Questo brano evoca un’atmosfera che ho sempre ritrovato in quasi tutti i contesti istituzionali che ho vissuto. Mi vengono in mente innumerevoli riunioni dove il tempo è trascorso penosamente dilatato a disquisire di come quei pezzi dovessero essere collegati fra loro, mascherando con inutili e patetici tecnicismi la difesa di territori, rendite di posizione, privilegi, grandi e piccoli, spesso angosciosamente piccoli.
Nell’intrico di regolamenti, orari, scadenze, voti, indicatori, precedenze, blocchi, precedenze, ruoli, attribuzioni che intrappolano la vita di ogni organizzazione non vi è alcuno spazio per quelle che sono le capacità più elevate, quelle che consentono ad un’organizzazione moderna di affrontare i mutevoli incerti dei contesti attuali: la capacità di riconoscere e risolvere problemi, la creatività, la capacità di apprendere. Di ogni organizzazione, figuriamoci di scuola e università!
Nel vecchio paradigma l’individuo non esiste se non come portatore di competenze quantificate da voti e successi pregressi: tutti vorrebbero avere a che fare solo con “eccellenti” e “esperti”. Si dimentica completamente invece di considerare tutto ciò che attiene alla realizzazione e alla cura di contesti che favoriscano problem solving, creatività, apprendimento. Contesti quindi dove non brillano solo gli “eccellenti” e gli “esperti” ma anche tanti altri, magari scoprendo che eccellenza e competenza possono fiorire in modo molto più pervasivo, anche laddove non ce lo saremmo aspettato.
Una volta ridotta l’attenzione per l’individuo ad una mera faccenda di eccellenza e competenza, il resto viene a sua volta ridotto a processo. E l’organizzazione vien fuori come una macchina composta da buoni pezzi e buoni processi. Non molto diversa nell’essenza da una macchina ottocentesca.
Ecco, quando a proposito di formazione si parla di cambiamento di paradigma, ci si riferisce a qualcosa del genere, qualcosa di attinente molto più alla cura di contesti favorevoli che non alla macchinazione di processi. Molto di ciò che andiamo facendo in questo percorso è ispirato ad un tale cambiamento di paradigma.
I partecipanti a questo percorso avranno già iniziato a farsi un’idea più chiara del nuovo paradigma che stiamo esplorando, ma potrebbe essere utile leggere la tesi di una vostra collega, Maria Vincenza Carelli (Marvi), che aveva genialmente ravvisato alcuni elementi di questi nostri percorsi in “Se una notte d’inverno un viaggiatore“, il metaromanzo di Italo Calvino, dove nella storia principale si inseriscono altre storie, apparentemente slegate dal contesto generale, in una rete di linee che si allacciano, come recita appunto il titolo di uno dei sottoromanzi che compongono l’opera. L’idea di Marvi è sviluppata nelle prime 25 pagine della sua tesi (pdf). Io non avrei saputo trovare una descrizione altrettanto efficace del nostro percorso.
E ponendosi nei panni del docente, cosa si deve focalizzare per operare il cambiamento di paradigma? Non più i processi, non più il controllo dei processi, non più la misura di semplicistici indicatori ipocritamente quantitativi, o perlomeno non solo tutti questi aspetti convenzionali dell’istruzione. Cos’altro dunque? La comunicazione, la fluidificazione dei flussi di informazione, materia prima che sostiene l’apprendimento. Informazione in senso lato, tuttavia. Non solo meri contenuti ma anche informazioni su cosa accade agli altri – Come hai risolto tu questo problema? Perchè il prof ha sbagliato in questo caso? Che vi sembra di questo metodo che ho applicato?
Lavorare sul contesto nel quale l’evento-corso ha luogo, nel quale il percorso va sviluppandosi. Favorire l’accesso alle fonti, interne e esterne, favorire la visibilità reciproca delle azioni, favorire i tempi della riflessione individuale, favorire il dialogo fra tutti i partecipanti, anzi fra tutti gli stakeholder, i “portatori di interesse” nell’evento, a qualsiasi titolo. Vedi “corpi estranei” come gli studenti degli anni scorsi, educatori a vario titolo , come Claude o M.Antonella che vedete passare e contribuire, molto concretamente e utilmente.
Scendendo ulteriormente nello specifico dell’agire, che deve fare il docente per dare concretamente sostanza al nuovo paradigma? Favorire l’impiego di ogni canale di comunicazione possibile, senza preconcetti di sorta, e lavorando per mantenerlo fluido e attivo.
Non aggiungo altro ma chioso dilatando il nostro spazio comunicativo con due nuovi canali che, in un certo senso, sono ai due estremi delle modalità oggi disponibili. E propongo una nuova attività.
Snail mail
Posta-chiocciola, posta-lumaca diremo noi. Quella classica, fatta di carta e francobolli. Un plauso alla segreteria della IUL, che ha ricevuto un DVD dalle mie mani ieri alle 13:30 e lo ha fatto recapitare in un luogo remoto dell’appennino così velocemente da consentire allo “studente sperduto” di inviarmi un’email di ringraziamento oggi pomeriggio!
Ecco perché mi piace parlare di stakeholder. Vi sono inclusi anche coloro che lavorano nello staff amministrativo. È conveniente e produttivo che tutti si sentano partecipi di un’impresa comune.
Quindi si può fare. D’ora in poi, chi ha problemi di connettività e in particolare fatica a vedere i video, possiamo recapitarglieli per not-so-snail mail. Ora ho disponibile il DVD con i video postati sino ad ora. Alla fine ne produrrò uno aggiornato con quelli successivi.
Twitter è all’altro estremo. Ora poi l’hanno scoperto un po’ tutti. Twittano conduttori di programmi radio, scienziati, scrittori, giornalisti, politici e da ultimo anche politici nostrali.
Si potrebbero dire molte cose su Twitter ma siccome ci piacerebbe fare un esperimento non parliamone troppo. Impariamo nel modo proficuo, usandolo e costruendoci un obiettivo man mano che lo usiamo.
Ne parleremo dopo, o cammin facendo. Per ora fatevi un account in http://twitter.com. Oramai dovreste essere abbastanza autonomi da sgusciarci dentro senza troppi problemi. Una volta dentro sarete probabilmente sconcertati perché non avrete idea di cosa fare. Questo è già divertente. Mi limito a dirvi che la dentro io sono @iamarf. Vediamo che succede. Tanto sapete che soli non rimarrete 😉
Buon pomeriggio classe #linf12 :
sono giunto su Twitter da 2/3 giorni … all’inizio un po’d’impaccio nel decidere le prime 5 cose/persone da seguire .. capire cos’è un Twitt .. ritwittato … (mi è successo con lisa di leggere che avevo ritwittato il messaggio o meglio un tweet … chi volesse aggiungermi sono @framastriani 🙂
Insomma in sintesi : favorire ogni canale di comunicazione ! 🙂
Esattamente 🙂
@Lisa->@lisia->@laural3
bene->bene->bene 🙂
In effetti, io cerco di sollevare un polverone comunicativo, catalizzandolo con tutti i possibili internet-cosi.
E cerco di farlo per infrangere l’abitudine delle persone alla solitudine e indurle al dialogo, perché credo che fra insegnanti possa costituire una potente forma di autoformazione.
È per questo per esempio che avevo lasciato cadere la parola “portfolio” a proposito del blog, implicitamente. L’ho fatto chiamando quel blog-palestra che uso per fare gli esperimenti, Il portfolio di Andreas. Se cercate teaching portfolio trovate montagne di roba. Ci sono anche servizi web che gestiscono i portfolio per insegnanti (http://www.portfoliogen.com/). Penso che un blog possa essere usato benissimo per questo scopo. In fondo, questo mio blog, che contiene la totalità dei contenuti che uso e che riferisco, la totalità delle tracce del mio agire didattico, una gran parte delle tracce delle azioni dei miei studenti, la mia bibliografia eccetera, è di fatto un portfolio.
E pensavo che avreste potuto usare i vostri blog per presentarvi, in qualche modo. Un po’ esplicitamente, un po’ implicitamente, ponendovi riferimenti e tracce delle vostre pratiche didattiche. Come sempre, c’è chi lo fa di più e chi lo fa di meno. Alcuni dei vostri blog sono effettivamente già ricchi in questo senso.
Io vedo anche il fatto che stiate manifestando spontaneamente questa esigenza come un successo. Lo definirei un obiettivo: vuol dire che è stata creata l’atmosfera corretta, abbastanza inusuale nella prassi universitaria.
L’idea di Lisa mi pare che si possa realizzare in tre modi, che non si escludono a vicenda ma possono integrarsi:
1) Uno lo definirei implicito: generare una tale quantità di dialogo da far sì che alla fine le persone si conoscano meglio; anche Twitter può contribuire.
2) Esortare ad utilizzare più sistematicamente il blog, anche con l’idea del portfolio: presentandosi esplicitamente, ponendo riferimenti a risorse di vostre attività, descrivendo le vostre pratiche. Tutte cose che alcuni di voi hanno fatto già ampiamente, ma non tutti. I più estroversi potrebbero aiutare/sollecitare i più timidi…
3) Provare a fare un esperimento di scrittura condivisa su un wiki o un documento GoogleDocs (prima o poi qualcuno alla IUL ve lo propinerà, quindi forse tanto vale usare questo… forse) o un etherpad, a cui avevamo già accennato all’inizio. Stavo aspettando l’occasione di calare questa carta ma dobbiamo stare attenti a non mettere ansie, da qui i sondaggi che sto facendo su Twitter…
@lisa
trovo bellissima la tua proposta di presentarci meglio,
@prof
come si può rendere operativa la proposta di lisa?
@lisia
nn sai quanto condivido le tue riflessioni,
Mi viene in mente la baraonda dialettica che questo tema suscita quando s’incontrano
docenti di scuole di grado differente, p.e. primaria scuola secondaria di primo grado, da questi
incontri nonostante la buona volontà esco davvero affranta e allibita da ciò che sento da
entrambi le parti.
da adolescente contestavo la scuola senza capire perchè, poi ci sono entrata dentro come insegnante e ho capito perchè la contestavo, io ho sempre pensato che nn è detto che se una cosa si è sempre fatta in un modo, sia quello giusto.
Avevo una prof al liceo che ci ripeteva sempre.
– .. eravate più intelligenti da piccoli perchè chiedevate sempre perchè …
ecco… nn ricordo più le sue lezioni d’italiano, che inter nos erano bellissime, ma ho sempre ricordato questo e l’ho sempre messo in pratica.
Chiedersi perchè, ti fa entrare dentro alle cose e ti apre orizzonti. Anch’io sono contenta di stare in questo gruppo perchè parlo di quello che m’interessa di più, sperimento cose nuove con la gioia della scoperta e sì… hai ragione lisia… tutto questo è straordinario!
Eccomi qui prof, grazie per la sintesi…me ne occuperò domani, adesso le dico che ho ri-letto tutto e di carne al fuoco ne abbiamo messa tanta. Sulle tendenza della scuola oggi avrei parecchie cose da dire, condivido pienamente le riflessioni di Lisa circa la rigidità della scuola intesa come impresa che deve sfornare soggetti competenti, il problema è che dobbiamo ancora metterci d’accordo su che cosa intendiamo per competenze e quali siano quelle utili ed efficaci per le generazioni del terzo millennio. Mi viene in mente la baraonda dialettica che questo tema suscita quando si incontrano docenti di scuole di grado differente, p.e. primaria scuola secondaria di primo grado, da questi incontri nonostante la buona volontà esco davvero affranta e allibita da ciò che sento da entrambi le parti. Comunque, andiamo avanti, ho letto la tesi della collega e non le nascondo che ho avuto una specie di scossa, a tratti mi sembrava che fosse stato scritto da me! Mi sono ritrovata pienamente tra le righe delle riflessioni di Marvi ad eccezione di un passaggio, mi riferisco all’approccio iniziale al suo corso prof,le dico francamente che non avevo intenzione di seguire più di tanto il suo laboratorio, sa alla mia età bisogna ottimizzare il poco tempo e le poche energie a disposizione, ma quando ho letto il programma, contrariamente alle titubanze espresse da Marvi, a me è accaduta una cosa che paragono senza enfasi nè esagerazione ai fuochi di artificio ….cognitivi!! Ho capito subito che il laboratorio usciva fuori dagli schemi tradizionali e che sarebbe stata una nuova opportunità di apprendimento, quel tipo di apprendimento privo di staticità, quello che ti travolge in un vortice dinamico dove devi ri-imparare a leggere, a pensare, a muoverti, dove non c’è niente di scontato nè di definito, dove finalmente puoi sbagliare e riprovare senza preoccuparti del …diciamo così ..giudizio finale. E’ quello che tento di fare nel mio lavoro, coltivare nei bambini la loro curiosità e creatività, la loro voglia di sperimentare senza frontiere o limiti adultistici, Ecco prof il suo laboratorio mi fa questo effetto così quando ho visto lanciata la sua ultima sfida non ho faticato a rivedere le mie remore nei confronti dei social network, anch’io come alcune mie colleghe non mi sono mai particolarmente appassionata nè a TW nè a FB,tra l’altro ho sempre detto a mia figlia di utilizzare meglio il proprio tempo mentre la vedevo smanettare freneticamente sulla tastiera. Ho deciso di raccogliere la sua sfida prof xkè ho le idee chiare riguardo al cyberspazio, alla rete, alle reti e a quanto possa scoprire in questo mondo informatizzato, questo tema lo abbiamo già accennato ma vale la pena riprenderlo; nel mio piccolo, ma proprio piccolo mondo personale non voglio essere esclusa dal cyberspazio, ma non voglio neanche essere una reclusa mio malgrado, vorrei invece far parte di quel gruppo, vasto a dire il vero, così vasto da far paura, di inclusi, vorrei sentirmi coscientemente inclusa, volontariamente e consapevolmente inclusa, perciò ho bisogno di apprendere un nuovo linguaggio e di costruire nuovi strumenti per decodificare ciò che dalla rete mi arriva…ecco xkè sono qui, ecco xkè mi piace far parte di questo laboratorio, mi piace lo scambio che intercorre con i miei colleghi, come diceva lei prof, fino a qualche tempo fa dei perfetti sconosciuti! tutto questo non è straordinario?
prima di dedicarmi alla preparazione dei compiti per domani riassumo le mie impressioni sui primi passi in Twitter:
-la mia incapacità di sintesi è assai limitante con questo strumento che mi conta le parole (l’unica cosa che non avevano ancora tassato i nostri politici!);
-non ho capito se esista una sorta di scrittura intuitiva che in certi casi mi fa produrre testi insensati o se succede solo con chi ancora non ha accettato il mio aggancio;
– ho creato una lista “università” nella quale non riesco ad inserire alcune persone (c’è un limite max o cos’altro?);
A proposito invece di scambi aperti: personalmente faccio un sacco di fatica ad associare i vostri nomi a profili che mi potrebbero dire qualcosa di più…se i mezzi che stiamo imparando ad usare sono delle risorse, come tutti noi crediamo, facciamo in modo che non siano un limite alle relazioni “umane”. Nel rispetto delle individualità di tutte/i e della riservatezza di ciascuno potremmo condividere una presentazione anche formale ma che ci possa dire qualcosa di più di noi in modo anche che ci ricordiamo dei particolari dell’altra/o che siano significativi (specie per le insegnanti è pratica quasi quotidiana inventarci queste cose)?
ultima cosa: il blog è un’opportunità che ciascuno di noi ha e offre per scambi di materiali, pensieri, diari ecc…per non invadere gli spazi di nessuno e voler fare proposte (come quella che ho lanciato stasera)che siano visibili a tutti con il minimo sforzo: è più indicato utilizzare questo spazio o meglio il proprio blog sotto forma di riflessione nel diario? spero di essere stata chiara e gioisco nell’essermi potuta esprimere con quante parole volevo…notte 😉
prof quando ha tempo potrebbe pubblicare i nikcnames di tutte le mie colleghe così li aggiungo ai miei following, e poi non ho scelto nessun nick mi sono fatta prendere dalla frenesia di fare ma credo che lei mi abbia già trovata, boh….almeno spero!! adesso data l’ora, devo aggredire le pentole della mia cucina, bye,bye….
Lisia, tu hai
nickname: @LP271
nome: LP27
Sono credenziali da fare un figurone a casa, pronta per un viaggio interstellare…
Ma va bene così, se poi preferisci che appaia il tuo nome vero al posto di LP27, puoi cliccare sulla “iconcina-mezzo-busto-con-scritto-Me”, e poi quando passi con il mouse sull’intestazione, appare il bottone Edit e da lì puoi cambiare tutto. Oppure no.
Allora riassumo la situazione che ho stasera. Sto seguendo e sono seguito da:
@iamarf Andreas (in effetti mi seguo e sono seguito da me stesso…)
@ErricaMarino Errica
@Sabribod Sabrina
@gattiveria Beatrice
@RobertaSangior1 Roberta
@fina407 Mariantonietta
@ventolino3 Lisa
@LucciL3 Laura
@SabriRosAle Rosaria
@LP271 Lisia
@FlaviaZanchi Flavia
@pythy Claude
Intanto verificate se seguite queste persone. Domani aggiungo qualcosa.
@Mariantonietta :non riesco ad aggiugerti tra i miei following…..invece ho importati Flavia, Errica e Laura…aspetto l’indirzzo di Lisia
@Laura anch’io ho scritto un commento rispetto a questo sul mio blog…
a presto
@Flavia Ok, ti ho trovata.
@Lisia Certo, un passo alla volta. Dimmi il nickname che ti sei scelta in Twitter, mi serve per trovarti. Oppure cercami: @iamarf.
@laural3 Lo penso anch’io: ho avuto migliaia di studenti e decine di corsi di laurea diversi ma i migliori studenti sono gli insegnanti che lavorano con i bambini, a prescindere dall’età….
@Flavia
sono talmente folle e incosciente che a 50 anni continuo a rimettermi continuamente in gioco, questo perchè a forza di stare con i bambini probabilmente nn si invecchia mai, come dice Lisia.. è una nuova sfida…
accettata!
allora prof. continua la sfida? temo proprio di sì…..ha visto se ci sono anch’io in twitter? non le nascondo che non ho capito proprio bene come funziona …..ma step by step veerooo prof!
Ci sono anch’io : @FlaviaZanchi
@prof : ti ho già messo nei miei following
@laural3 : anch’io all’inizio la pensavo come te ed ho arricciato il naso quando ho letteralmente dovuto, per motivi scolastici, crearmi un profilo facebook: le mie figlie già lo usavano e io lo consideravo uno spreco di tempo, un mettere in piazza le proprie cose e anche a me non piace. Ma quello che ha detto il prof è proprio vero, sta a noi decidere come usarlo, farlo diventare uno strumento utile di condivisione e di arricchimento reciproco. Non sei tenuta a dire cosa hai mangiato o cosa ti ha detto la tua amica al telefono … ma puoi veramente condividere progetti, ideee, ampliare i tuoi orizzonti, confrontarti. Dipende da come vuoi usarlo. Ho un profilo facebook da un anno poco più o poco meno, non lo so esattamente, ma veramente ho cambiato idea: con colleghe che abitano lontano ci scambiamo le ultime novità, ci confrontiamo … ecc è vero che esistono anche momenti di frivolezza, ma ogni tanto servono ad alleggerire la tensione. Twitter non lo conosco, ma non chiudiamo, a priori, alcun varco (lo preferisco a porta, limitante perchè chiude qualcosa dentro una stanza, varco apre all’infinito!)
Mi riprometto di leggere la tesi di Marvi stasera, poi poi potremo parlarne insieme.
mi sono iscritta @LucciL3.. un saluto
Trovata! 🙂
Ho continuato a esplorare fino a tarda ora ieri e senza riuscire a capire come e perché sembra che il mio indirizzo mail fosse già su Twitter sotto il profilo di “ventolino3” e con questo nome ho cercato di “agganciare”(?) il Prof (fra dialetti, italiano standar, linguaggi informatici ecc…sto perdendo la bussola)…resta un mistero come fosse già esistente il mio profilo; escludo la questione familiari (figli di 3,6,9 che non hanno accesso al pc e un marito repellente per l’argomento) mi sono accertata che non ci fossero cose sul mio profilo gestite da altre e comunque manomesse, quindi sono andata avanti…chiedo con una buona dose di ignoranza: “può esserci qualche relazione con Linkdln, su cui ho un profilo per altro mai utilizzato?”
Contonup ad avere la scocciatura dei messaggi pubblicitari che mi invadono qualsiasi pagina web che apra ma non credo di aver apportato alcuna modifica sul pc (istallazioni, abbonamenti…)qualcuno può aiutarmi? a presto Lisa
Ok, ti ho incluso fra i miei contatti Twitter. Per la questione della pubblicità, si capisce da dove viene? Me ne potresti inviare qualche esempio? Anche per email…
Ricapitolando, fino ad ora in Twitter ho aggangiato Mariantonietta, Beatrice, Sabrina, Errica, Roberta. Lisa deve risolvere il problema dell’accesso, come abbiamo visto qua sopra. Laura sta riflettendo sul mio commento #7
Mi sono perso qualcuno? Aspettiamo altri…
P.S. Rileggendo queste righe mi colpisce un fatto… ma i maschi si stanno estinguendo?
Avremo modo di descrivere Twitter, ma lo faremo via via che lo useremo. Ma più che descrivere com’è e come non è ci impegneremo a costruire noi l’uso buono. Non siamo noi che subiamo una cosa che speriamo essere buona e non cattiva, ma siamo noi che la possiamo forgiare in modo buono.
Poi, consideriamo questa molto tipica preoccupazione:
Decido di rilassarmi un po’ entrando in un bar e prendendo un caffè. Trovo un vecchio amico. Prendiamo il caffè insieme e ci raccontiamo un po’ di cose.
Il mio amico ed io abbiamo messo la nostra vita in vetrina? Sì e no.
Se sei al pubblico sei anche in vetrina. Se oggi ho deciso di andare in centro con gli scarponi – ieri l’ho fatto perchè a casa mia c’era la neve – allora in centro c’è una vetrina con un signore che gira con gli scarponi. Se parlo al bar con un amico, parlo con lui, ma le altre persone al banco possono udire qualcosa e questo non ci preoccupa.
Certo, se ci fossimo messi a parlare ad alta voce di faccende private allora la questione cambia. Se ci pensate bene è una cosa che nei treni italiani succede correntemente con il malcostume di parlare al telefono come se si fosse soli: capita di sapere tutto sulla ristrutturazione del bagno di una sconosciuta, di sentire la replica di un provino lirico canticchiato al partner, di sapere che quel certo affare sta andando a rotoli, che un altro non sa se ce la farà a “rientrare”, che l’altro ancora sta tentando di raggiungere il ministro… un tormento.
Un giorno, ancora fanciullo ero con la mamma che cercava qualcosa in libreria. Io vidi un libro intitolato “Psicologia della vista”. Lo sfogliai e mi affascinò. Chiesi alla mamma di comprarlo ma lei mi spiegò che quello era un libro da grandi. In quel momento un signore anziano e molto gentile si accostò e disse: – Mi perdoni signora se mi intrometto, non dovrei… ma la prego, quando un giovane mostra un tale entusiasmo lo incoraggi, glielo compri quel libro, vedrà che a qualcosa servirà…
Ogni volta che ripenso a quell’episodio mi vengono le lacrime agli occhi per l’affetto profondo che nutro per quel signore sconosciuto.
Ebbene, la mamma ed io eravamo in vetrina, e qualcuno si è addirittura intromesso nella nostra vita, negli anni 60, senza bisogno di social network.
Morale: la qualità della vita la formiamo noi con le nostre azioni, al bar, in libreria, in treno, nel social network…
Sulle differenze fra Twitter e FB ci arriveremo. Per ora dico solo che Twitter è molto più discreto e malleabile, e veramente il beneficio che se ne può trarre è tutto nell mani dell’utente. Conosco uomini di grande cultura, anche piuttosto all’antica, che ne fanno grande e intelligente uso. Conosco altre persone simili che invece proprio non ci si appattuiscono. Noi cercheremo di rendercelo utile.
@ chi può aiutarmi a capire
prima di iscrivermi vorrei capire.. nn amo i social network, nn amo mettere la mia vita in vetrina, e ho difficoltà a capire le motivazioni (comprese quelle dei miei figli) di chi vuole condividere tutto con il mondo, o costruirsi un profilo che vada bene al mondo, ho un profilo su facebook per rimanere in contatto con i miei ex alunni, ma in effetti ci entro pochissimo e quando scorro quel diario che mi arriva ogni giorno delle attività dei miei ex alunni a volte nn è così confortante. Però lo scambio di idee e la crescita che ho trovato con questa community è esaltante, quindi questo mi fa pensare che probabilmente nn ho capito io lo strumento e ne ho valutato superficialmente la portata. Quindi chiedo…(scusate la lunghissima premessa).. twitter è diverso da facebook? e se sì perchè?
@ Prof
Prof ho imparato ad apprezzare la sua logica “… andiamo in alto mare ti butto giù dalla barca e vedrai che imparerai a nuotare”, ma all’inizio l’ho odiata!
Cultura del dovere o apertura all’ignoto, non saprei, ma mi sono iscritta quando l’hai proposto e sono, in modo trasparente, Errica Marino ovvero @ErricaMarino. Ti ho cercato e trovato @iamarf e anche scritto, ma ora devo inserire foto e costruire il mio profilo. Vorrei invece dire a Mariantonietta che cercandola, Twitter risponde che non esiste nessuno che si chiama così , e ho fatto un copia e incolla… Saluti a tutti! C’è un mondoooooo…..
Io mi ero iscritta a twitter già da un po’, e lei è stata la prima persona che ho contattato. O almeno credo. non riesco a capire il meccanismo, cioè come s’inviano i messaggi, cos asignifica “ti segue”, come faccio io a seguire e inserire i miei contatti ( a patto che riesca a farmi vedere dagli altri!) Insomma, ci sono e non ci sono pienamente. Aiuti anche me! dimenticavo: sono su twitter wittgens@fina407
Tranquilli 🙂 aspettiamo che arrivi un po’ di gente. Poi, in base a ciò che succede iniziamo a dire delle cose.
Buonasera prof. Io mi ero già iscritta a Twitter, ma fatico ad usarlo…proprio non capisco…mi sembra di aver in minuscola parte ( e da zero a minuscola parte è già qualcosa..) scoperto l’uso del blog per mia attività di insegnante, ma…mi può aiutare per Twittare? Mi giungono e-mail…con segnalazioni twitter…come mi devo regolare?Mi sento come qualche alunno che nei social- network concede amicizia indiscriminata…è un bel problema…a proposito se non ricordo male ci doveva fornire una spiegazione sulle differenze tra Twitter e Faceboook …arrivederci!
com’è possibile che, pur non essendomi mai iscritta a twitter, non accetti il mio indirizzo mail perché già in uso?…cosa devo mettere?
@Lisa
Questo è strano in effetti. Sicura di avere fatto un solo tentativo di iscrizione? Oppure, non è che l’indirizzo email è condiviso in famiglia e qualcuno di coloro che lo condividono è già in Twitter? Oppure no saprei… se nel tentativo di iscriverti hai dato un nickname, scrivimelo e guardo se per caso ti trovo.