Twitter non è un social network – Twitter è informazione


Lo afferma il co-fondatore di Twitter, Even Williams (da un tweet di Don Tapscott.

È vero. Anche se ha le caratteristiche di un social network il suo valore emerge quando lo si utilizza come un collettore di informazione.

Tutte le testate giornalistiche, da quelle internazionali, generaliste o tecniche, a quelle nazionali per giungere anche a quelle regionali, incluse le agenzie di stampa come l’Ansa, distribuiscono le notizie su un canale Twitter.

Molti personaggi che ricoprono incarichi istituzionali utilizzano un canale Twitter. Organizzazioni pubbliche e private, aziende. Top manager, esperti famosi in vari campi.

E naturalmente tanti tuoi amici, conoscenti, professionisti, e tante altre persone del cui giudizio ti fidi.

Twitter è un formidabile collettore delle informazioni che ti interessano. La significatività del flusso di informazione dipende dalla tua selezione delle fonti.

Esistono innumerevoli strumenti che arricchiscono o modulano le funzionalità di Twitter. Io sono rimasto realmente sorpreso da paper.li.

Basta fare il solito account, dichiarando e consentendo l’accesso al proprio indirizzo Twitter, per ricevere ogni 24 ore il proprio Daily, con le notizie raggruppate in sezioni tematiche impaginate come in un vero e proprio giornale.

A questo punto, per me The Andreas Formiconi Daily è il miglior quotidiano del mondo!

La stampa convenzionale già da tempo vive un declino che sembra inarrestabile e molti la danno ormai per morta. Azzardo una previsione: Twitter, che all’inizio sembrava il più effimero e inutile dei social network, sarà la colonna vertebrale della nuova stampa.

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La radiolina, l’Ipad e il Kindle

Una piccola recensione di iPad e Kindle, che uso assiduamente da un paio di mesi, con un’esortazione finale ad abbandonarsi alle più gioiose sperimentazioni …


Quando ero piccolo, oziando la domenica pomeriggio alla finestra, iniziai a vedere gli uomini che, mentre passeggiavano con la moglie vestiti a festa, tenevano all’orecchio una scatolina di plastica. Era il 1960 e nell’ambiente agreste nel quale vivevo la tecnologia era poca. L’ingresso del frigorifero in una casa era un’avvenimento e quindi cose del genere facevano effetto.

Quelle scatoline erano le prime radio portatili, le famose radioline a transistor Chi si poteva permettere una radio-giradischi a valvole, splendidi mobili che diffondevano splendidi suoni, sosteneva che quella novità era l’ennesima bischerata di un mercato impazzito e che sarebbe presto scomparsa perché la musica era praticamente inascoltabile. Ma i passeggiatori domenicali, che erano contadini e operai, non ci ascoltavano Bach o Mozart bensì la partita di calcio.

Gli “esperti”, o fortunati possessori di radio, disponevano di una sola prospettiva possibile e sfuggiva loro il fatto che alcune diverse caratteristiche di quelle radio un po’ gracchianti, potevano dar luogo a impieghi del tutto diversi.

Infatti le radioline a transistor si rivelarono l’avanguardia di una rivoluzione economico-tecnologica che fece scomparire i bellissimi apparecchi a valvole nel giro di pochi anni.

Quelle radioline che conobbi da ragazzo mi sono rimaste molto impresse. Nei frammenti di memoria le vedo emanare una luce, la luce del futuro.

Ci sono episodi che si rivelano insegnamenti profondi, a distanza di anni. Mi colpì il contrasto fra la previsione perentoria di chi possedeva le radio, e quindi probabilmente se ne sarebbe dovuto intendere, e lo svolgimento dei fatti.

Quell’episodio mi ha aiutato a capire che per cogliere il nuovo si deve tornare ragazzi, ci si deve dimenticare delle proprie abitudini, convinzioni e convenienze, affrontando la novità con lo spirito del gioco. Bisogna tornare a zero, come gli ominidi di Kubrick che guardano l’incomprensibile monolite girandogli attorno. E forse con uno spirito simile dovremmo guardare alle varie novità che la tecnologia sta sfornando.

Prendere in mano questi nuovi balocchi, usarli, inserirli nella propria esistenza e nel proprio lavoro, vedere che succede, lasciarsi venire le idee. E forse parlarne meno perché parlandone e basta si rimane negli schemi convenzionali. Il nuovo si scopre esplorando e facendo …
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