Web 2.0 e tecnologie di carta

Web 2.0Il web 2.0 non è poi tanto diverso da un foglio di carta bianca. Un’attrezzatura molto economica, che chiunque può usare.

Su di un foglio di carta si può scrivere un racconto, una poesia, si può fare un disegno o si può anche dimostrare un teorema matematico. È una tecnologia straordinaria. Un foglio di carta costa poco, è leggero e può trattenere una varietà illimitata di forme espressive. Può servire a lanciare un messaggio nella folla, si può mettere in una busta e spedirlo a qualsiasi indirizzo nel mondo per un modico prezzo. Ci si possono tracciare segni e figure con una grande varietà di mezzi, penne, lapis, carbone, acquerelli o colori di altri tipi, oppure vi si possono incollare altri fogli o altri materiali. Può essere anche piegato ad arte per fare sculture e macchine volanti, oppure colorato e tagliato in coriandoli e stelle filanti.

Ma la caratteristica più interessante è che tutte queste cose, e molte altre ancora, possono essere fatte da chiunque e in modo immediato. Può servire avere fatto un po’ di scuola, giusto i primi due o tre anni, ma in realtà il limite è solo la fantasia.

In questo post sostengo due tesi:

  1. il web 2.0 non è poi tanto diverso da un foglio di carta bianca
  2. per imparare a usare il Web 2.0 è bene partire dalle tecnologie di carta

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Far del mondo la classe

noosphere_N_2
Noosfera N.2

“… making the world a classroom …” ha scritto Stephen Downes nella nota sul Manifesto degli insegnanti. Ecco non si potrebbe sintetizzare meglio quello che sto cercando di fare in questi anni, incastrato nella posizione di prof di una materia di poco peso (1-3 crediti, durata 6 settimane) cacciata ai primi anni di un’insalata russa di corsi di laurea.

Ci sono diversi post in questo blog che sono volti a descrivere, in una salsa o nell’altra, quello che avviene nelle nostre classi esplose – la maggior parte sono taggati blogoclasse – ma l’immagine più efficace è proprio questa: far del mondo la classe.

Da altre parti (tag blogoclasse, appunto) ho descritto i risultati di questo metodo, in termini qualitativi e quantitativi. Qui colgo l’occasione di dare sostanza al far del mondo la classe mediante la lettera ricevuta qualche giorno fa da uno studente di medicina.

Le attività descritte da Emauele nella sua lettera vanno confrontate con i pochi “compiti” che io assegno nel corso del semestre, per esempio quelli di quest’anno: assignment blogoclasse primavera 2010.

Ecco, questo confronto rivela in modo concreto il senso delle parole di Stephen:

it’s about teaching by example, empowering students, and making the world a classroom

Prima che leggiate la lettera occorre specificare che le espressioni “Zoccolo Duro” e “Durozoccolandia” son quelle con le quali, nella prima lezione, mi riferisco a coloro che sono irrimediabilmente affezionati allo schema lezione-studio-quiz, che io peraltro offro sempre come ultima opzione. Il post originale di Emanuele, dal quale ho estratto la lettera che segue dopo avergli chiesto il permesso,  è questo. Altre impressioni ricevute sino ad ora si trovano in questa serie di pagine condivise di Google Reader.

Leggi la lettera di Emanuele …

Il Manifesto degli insegnanti è in rete

Dal blog di Sui Fai John Mak

Sono molto contento perché il Manifesto degli insegnanti è in rete. Sì, lo so che è stato reso pubblico il 2 di luglio, al LSCFcamp di Venezia ma quella è la data di lancio. Una cosa è il lancio e un’altra la visibilità, o meglio, la presenza, la reale presenza in rete.

Nell’OLDaily del 19 luglio, Stephen Downes ha citato il Teacher’s Manifesto, sostenendo che:

It’s the sort of manifesto I can support – it’s about teaching by example, empowering students, and making the world a classroom.

Questo è un fatto che mi fa un grandissimo piacere perché la teoria del connettivismo, della quale Stephen Downes insieme a George Siemens è promotore, rappresenta il mio principale contesto di riferimento da due anni a questa parte, quando ho partecipato in veste di studente al Corso online Connectivism and Connective Knowledge nell’autunno 2008.

Il mio impegno nella Scuola Che Funziona e il mio piccolo contributo per aiutare gli estensori del Manifesto sono il frutto della visione che vo maturando in questi anni e che è molto affine al pensiero connettivistico di Siemens e Downes.

Nella sua nota, Stephen, cita a sua volta il post di Claude Almansi nel blog ETC journal che fa riferimento alla traduzione della “nostra” Luciana Guido.

Va bene così. Il network La Scuola Che Funziona è uno dei fenomeni più interessanti che abbia avuto modo di osservare in questi anni. Deve essere chiaro che l’interesse del network risiede negli obbiettivi condivisi, bene espressi dal manifesto, ma anche nella diversità della sua popolazione.

La diversità può, in certi momenti, causare confusione e rallentamenti ma rappresenta un valore troppo importante perché si possa pensare di indulgere a scorciatoie e semplificazioni. Mi auguro che questo venga compreso da tutti e che si proceda come è stato fino ad ora.

Il Manifesto degli insegnanti

La Scuola Che Funziona ha il fine di sviluppare un network fra insegnanti che immaginano e sperimentano nuove pratiche di insegnamento, mossi dalla preoccupazione per la crescente distanza fra scuola e società.

Il Manifesto degli insegnanti è una delle iniziative emerse spontaneamente nel network per esprimere le motivazioni generali e fondamentali che accomunano i membri del network.

In questo post racconto come ho vissuto la vicenda del manifesto rispondendo anche implicitamente ad alcune osservazioni che ho letto qua e là nella rete.
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