In quella presentazione l’autore conclude (condivido abbastanza, non proprio tutto) che:
La crisi dei media tradizionali non deriva dagli andamenti del mercato, ma da ragioni più profonde, innescate dalle nuove tecnologie
Perdono audience i media a “forma lunga” (il libro, il cinema…), e prevalgono i media a “forma breve”
… immediatamente accessibili in mobilità, aggiornati in tempo reale, e contestualizzati
L’overload informativo rende impossibile un approccio strutturato alla nostra [in]formazione -> serendipità, multitasking
Abbiamo ottenuto una totale libertà di esprimerci e di raccontarci pubblicamente, in cambio di una perdita complessiva di controllo sull’attendibilità dell’infosfera
Sociogramma 8 aprile 2011. I nodi rossi sono studenti di medicina, i nodi blu cyberstudenti, il nodo celeste è il docente. Una linea che congiunge due nodi significa che almeno uno dei due ha fatto almeno un commento ad un post dell’altro.
Giornataccia con poco tempo a disposizione. Mi limito a segnalare la mia risposta ad un corposo commento di Matteo sulla faccenda delle connessioni. La mia risposta è poco più giù, subito dopo un commento di Mariaserena.
Sociogramma 29 marzo 2011. I nodi rossi sono studenti di medicina, i nodi blu cyberstudenti, il nodo celeste è il docente. Una linea che congiunge due nodi significa che almeno uno dei due ha fatto almeno un commento ad un post dell’altro.
Ha fatto bene erezjames a esprimere le sue perplessità sulle questioni sollevate da “Coltivare le connessioni”, oggetto dell’assignment 3. Ottimo. Le posizioni contrastanti sono molto utili.
Qui commento uno dei punti sollevati nel suo post:
Si sono decontestualizzate le immagini, le sensazioni, i tempi tecnici di presa di coscienza di sé, ma è probabile che tutto questo sia a discapito della totalità e della profondità della conoscenza. Oggi è possibile dissipare ogni minimo dubbio digitando qualsiasi parola sul motore di ricerca, ma spesso il risultato è la frammentarietà della conoscenza, che può sfociare nell’impossibilità di avere una visione d’insieme.
Inutile cercare il manuale per conoscere il cyberspazio. Inutile cercare un corso. Se ne trovate uno è sicuramente gestito da un imbonitore. Sarebbe come limitarsi a studiare la segnaletica stradale per esplorare il mondo: la prima volta che ti trovi in un bosco ti perdi. A dire vero, non solo nel cyberspazio, ma non ci possiamo allargare troppo qui.
E come si fa a esplorare? Non esistendo regole da imparare occorre continuamente confrontare il particolare con il generale, come fa il pittore accorto. Agire ora in un particolare ora in una altro, ma presto alzare la testa rapportando il piccolo con il tutto, se si vuole anche, il gesto concreto con quella che chiamiamo teoria. E poi di nuovo sul particolare.
Riporto qui la lettera ricevuta da Stefania Carioli, studentessa del corso di laurea in Teorie della Comunicazione (dove “insegno” una cosa che si chiama Tecnologia della Comunicazione Online). Stefania, insegnante di scuola primaria, narra di come stia travasando l’esperienza fatta nel nostro corso in una sua classe.
Non lo so spiegare bene, ma nessuna pubblicazione, nessun problema risolto o titolo ricevuto mi ha mai dato tanta soddisfazione come la testimonianza di una qualche conseguenza concreta di ciò che vado cercando di realizzare in queste vicende di insegnamento.
Quando storie di questo genere, si riferiscono poi ad esperienze fatte con i bambini delle scuole elementari per me è il massimo …
Abbiamo introdotto i feed come uno strumento che serve a tenere d’occhio i siti web che ci interessano, uno strumento tecnico insomma.
In realtà l’impiego dei feed ha implicazioni ben più profonde che sono connesse ad un altro concetto, il Personal Learning Environment, che travalica parecchio l’ambito tecnico.
Vi chiedo di leggere un articolo che ho scritto su questo tema. È lungo (!) quindi non vi darò nuovi assignment per una settimana. Poi potete scrivere un post sull’argomento.
Leggere l’articolo e scrivere il post non è obbligatorio ma vale parecchio, specialmente se il post è scritto “di pancia” 😉
Il link che vi ho dato punta a Scribd, un social network che chiunque può usare per diffondere liberamente i propri testi. Emerge quindi il concetto che social network non è solo Facebook. Ne troveremo degli altri.
Tralascio le circostanze, sostanzialmente fortuite, che mi hanno portato ad essere intervistato da Stefano Balassone nel programma “RESTI TRA NOI” su RED tv (canale 890 di Sky).
Lascio anche perdere una serie di integrazioni e commenti che “a caldo” mi sembrava opportuno aggiungere all’intervista. Mi raccontava infatti Balassone che preferisce fare le interviste in diretta anziché in differita perché succede spesso che le persone intervistate chiedano di apportare delle correzioni a posteriori ma così si perde la natura di queste interviste che consiste, io credo, nel cogliere una sorta di instantanea della persona e di quello che in quella circostanza vuole trasmettere.
Non ne viene fuori un prodotto rifinito ma un qualcosa di più vicino a quello che si avrebbe da una conversazione occasionale con una persona incontrata per strada, un qualcosa che include entusiasmi, esitazioni, umori, accenti, alti e bassi, l’uomo così com’è insomma.
Ecco, se questo è vero allora mi piace e devo ammettere che rappresenta un uso del mezzo televisivo al quale non avevo pensato, essendo abbastanza imprigionato in quello che è forse il luogo comune della televisione solo di artifici composta, o quasi.
La cosa funziona bene anche perché Balassone si diverte moltissimo a fare queste interviste che prendono così vita grazie alla sua genuina curiosità. E siccome si diverte ne fa tante, al ritmo di tre interviste al giorno, tre faccia a faccia di mezz’ora ciascuno preceduti da un brevissimo accordo sul tema principale ma dove poi la conversazione fluisce liberamente.
Ancora più interessante è il caleidoscopio di anime che vien fuori da questa quantità di persone, 180 sino ad ora, che forse descrive un’altra Italia, ben diversa da quella che appare dalla mainstream information. Un’Italia, fatta di gente che immagina, crea, si dà da fare per perseguire obiettivi nei quali crede e che non necessariamente si riducono a denaro, potere, visibilità.
Forse un’Italia che è quella che mantiene in piedi il paese per davvero, malgrado tutto, e che Gianni Marconato ha descritto in un post recente sulla scuola che non funziona e quella che funziona, certamente meglio di quanto potrei fare io.
L’operazione di Balassone è resa credibile dal fatto che le interviste coinvolgono persone che svolgono le attività più diverse, scrittori, poeti, commercianti, artigiani, webbisti, politici, giornalisti, persone che hanno fatto qualcosa di eccezionale ma anche persone che apparentemente non hanno fatto qualcosa di particolarmente notevole, perché ogni persona può offrire una prospettiva eccezionale sul mondo.
Ebbene, come è naturale offro qui sotto il collegamento alla mia intervista ma soprattutto vi invito a frugare nell’archivo di “RESTI TRA NOI” perché ne vale la pena. Ho saputo che l’archivio è in via di perfezionamento nel senso che i link delle interviste vengono via via dotati da un abstract e, immagino, da tag (parole chiave) adatte a facilitare la ricerca. Questo è un tipico caso dove sarebbe interessante visualizzare la nuvola dei tag per visualizzare e perlustrare l’universo offerto dalle interviste, come forse anche un sistema di rilevazione del gradimento delle interviste da parte dei visitatori.
Ieri sono andato a vedere A serious man, l’ultimo film dei fratelli Coen.
È pericoloso e molto frequente attribuire ad altri, a cause esterne, organizzazioni, cattiva sorte o addirittura a maledizioni, casi avversi che sono forse invece dovuti alla propria incapacità di ascoltare e quindi mutare prospettiva. Questo mi pare che dicesse il film, in sintesi.
Una enorme parte degli innumerevoli problemi che affliggono le società più ricche ed anche gli individui che le compongono, derivano da una crescente incapacità di ascoltare. Anche molti problemi apparentemente tecnici, istituzionali, meramente organizzativi derivano da una carenza culturale che riassumerei sinteticamente e molto semplicemente in “carenza di ascolto”.
È bene tenere presente che la pratica dell’ascolto, a tutti i livelli, non è solo di fatto fuori moda ma è anche ritenuta antieconomica, almeno nel breve periodo.
Quando si ascolta non si fa e questo oggi non piace. Quando si ascolta non si accumula prodotto, non si muove nulla, non ci si muove. La pratica dell’ascolto non si misura, non è quantificabile e quindi all’homo economicus non serve.
Si assiste così al risultato perverso per cui coloro i quali, in quanto caricati di responsabilità pubbliche, dovrebbero avere particolari attitudini all’ascolto, si rivelano sistematicamente i più incapaci.
Salvo eccezioni, i politici non capiscono “la base”, i vescovi non capiscono le greggi, i manager non capiscono il mercato, gli insegnanti non capiscono i loro studenti. La base e le greggi si assottigliano riducendosi a club di fedeli, i manager sono sempre più perseguitati dall’imprevedibilità delle disruptive technologies, gli studenti, obbligati allo studio, sviluppano meccanismi di difesa che sono l’esatto opposto di quello che la pedagogia insegna, tutti disimparano l’ascolto, tutti competono.
A scuola si studia ma non si ascolta, a scuola si “fa lezione” o si “interroga”. Non c’è tempo per ascoltare e, mancando l’ascolto, tutto quello studio, anche se condotto con risultati scolastici brillanti, risulta in larga parte sterile.
All’università si ascolta ancora meno. Lo si vede anche da come sono gestiti gli spazi fisici o addirittura da come vengon progettate le strutture nuove, magari rutilanti di marmi e guarnite di strutture tecnologiche, ma in realtà nuove solo nell’odore del nuovo, nel lucido del nuovo, nel non vissuto del nuovo. Nuovo che abbaglia e euforizza sempre un po’ ma già manifestamente effimero.
E il retrogusto è quello delle televisioni a colori nelle baraccopoli del sottoproletariato di tante metropoli, il retrogusto è quello del “pacco”. Scartato il pacco viene fuori il pensiero fermo, statico, quindi in realtà il non pensiero. Un non pensiero con il quale non è stato pensato che la formazione è intrisa di dialogo e di confronto fra pari e fra non pari. Un non pensiero anche provinciale che impedisce di andare a vedere come sono fatte le università che funzionano in giro per il mondo, prima di metter mano alle proprie, quasi sempre per finta.
Nella nostra università non è previsto che la gente ci viva dentro, ci studi, ci conversi, ci si possa rilassare, oziare, connettere con il mondo esterno ivi comprese altre università, seguire lezioni in Internet di altri insegnanti, accedere ad altre risorse didattiche, alle Open Educational Resources. Non è previsto, in generale ascoltare, che non vuol dire stare a lezione e nemmeno interrogare. Nessuno ascolta nessuno. Tutti competono con tutti. Studenti e professori. Improduttivamente, sia gli uni che gli altri.
Sono quasi sicuro che una maggior parte dei docenti ritengano considerazioni del genere una perdita di tempo, se non pericolose. Anche la valutazione da parte degli studenti è ritenuta da tanti una perdita di tempo, se non un pratica pericolosa.
E alfine anche gli studenti ritengono l’ascolto una perdita di tempo e finiscono con l’essere interessati solo a ciò che produce crediti nel più breve tempo possibile, strategia ormai generalizzata e malamente cammuffata con il desiderio di imparare “ciò che realmente serve nel lavoro”. L’ascolto non è praticamente mai incluso in “ciò che serve realmente nel lavoro”.
Nei percorsi di formazione (in realtà non sono di formazione bensì di semplice istruzione), stipati di tutto “ciò che serve realmente nel lavoro” in una dissennata e angosciante crescita di informazioni, è difficilissimo inserire proposte che affianchino l’ascolto allo studio, pur con tutta la buona volontà, perché gli studenti hanno in larga maggioranza la sensazione di perdere tempo.
Incidentalmente, vorrei far notare che ascolto non significa solo ascolto del prossimo, preoccupazione per il prossimo, concernimento per una categoria di persone ma significa anche ascolto del mondo, delle cose, attitudine a capire come stanno le cose e soprattutto le relazioni fra esse, attitudine all’ascolto di linguaggi non proposizionali ma non per questo meno portatori di significati.
Alla fin fine, la carenza di esercizio all’ascolto, trasforma anche lo studio medesimo da pratica di conoscenza in mero apprendimento di istruzioni, istruzioni per l’uso di una realtà oggettiva, trasmissibili per mero passaggio di descrizioni.
Eppure le teorie dell’apprendimento si vanno spostando sempre più sul fabbricar mondi, ognuno il suo, sospeso mediante connessioni di ogni genere a innumerevoli mondi da altri fabbricati, in assenza di un mondo oggettivo e riconoscibile che funga da sistema di riferimento assoluto. E i filosofi su tutto questo vanno arrovellandosi su quale sia infine il concetto di verità visto e considerato anche che la scienza, che doveva rappresentare la via maestra per la conoscenza del mondo quale esso si immaginava che fosse, macchina fatta di macchine, ci ha ormai abituati, ormai da un secolo, a convivere con descrizioni apparentemente assurde e assolutamente contrastanti fra loro ma tutte perfettamente funzionanti.
Mai come ora, la famiglia umana, si è trovata a misurarsi in modo così impari con la complessità del mondo, proprio in virtù di quelli strumenti che dovevano servire a riconoscerne i mattoni e l’ordine e che pur son serviti a migliorare così tanto la condizione materiale dell’uomo; mai come ora è stato così necessario fermarsi e cercare di recuperare il valore dell’ascolto, capacità innata in tutti gli esseri viventi non soffocati da un eccesso di raziocinio, ivi compresi i bambini.
Mai come ora, nelle attività di cura dell’uomo, ove cura della salute, ove della formazione, è stato così necessario recuperare il valore dell’ascolto.
Qualcosa si muove ma siamo ben lontani da dove potremmo essere. Un esempio positivo è l’ascolto che è stato dato ad uno studente, Fausto, che aveva proposto una proiezione commemorativa della versione integrale della Last Lecture tenuta a Pittsburgh presso la Carnegie Mellon University il 18 settembre 2007 dal professor Randy Paush, che sapeva del tempo che aveva da vivere, terminato il 25 luglio 2008. Di questo ascolto va dato atto a Rosa Valanzano, attuale presidente del corso di laurea di medicina a Firenze. Il fatto è stato rilanciato proprio da Fausto mediante un opportuno post nel blog di CIN@MED.
Al di là della toccante vicenda umana e del valore del discorso di Randy Paush che merita certamente ascolto, vorrei mettere in luce l’evento inusitato dove una facoltà raccoglie e realizza l’intuizione di uno studente. Ecco, un evento del genere non dovrebbe essere inusitato ma dovrebbe essere una pratica costante. Una pratica volta non soltanto a raccogliere intuizioni e suggerimenti ma anche a valorizzare tante attività collaterali e di supporto alla didattica che molti studenti sono disposti a fare, sempre che venga concesso loro lo spazio ed il riconoscimento.
Se gli studenti percepiscono, come avviene di norma, che tutto ciò che esula dalla routine di studio e esami vale poco o niente e che in particolare a poco valgono spirito d’iniziativa, fantasia e pensiero laterale, quando saranno “formati” propagheranno lo stesso messaggio e, inerentemente, la stessa scarsa attitudine all’ascolto. Fatto quest’ultimo particolarmente grave per persone che si sono prefisse di dedicarsi ad una professione di cura.
La malattia del “non ascolto” tuttavia è generalizzata, è il frutto di un malcostume e di una formazione carente che si manifesta come una vera e propria patologia della società e della quale uno dei sintomi più evidenti è la distanza delle istituzioni dai cittadini. Questa percezione di distanza fra istituzioni e individui è un sintomo molto pericoloso in presenza del quale non si può pensare di costruire una società sana e competitiva, dove lo sforzo di chiunque sia apprezzato e valorizzato a prescindere dalla propria identità, dove chi lavora sia contento di farlo perché ne percepisce il valore per la comunità, dove le forme di lavoro precario comportino sicure forme di capitalizzazione per l’inserimento nel mondo del lavoro.
P.S.
E l’assignment in cosa consiste? Non lo so di preciso. Dovevo scrivere un’altra cosa e invece ho scritto questa. So tuttavia che il tema è rilevante per tutti i mestieri che fanno o andranno fare gli studenti di questa blogoclasse, professioni sanitarie, insegnanti, operatori della formazione. Vedete un po’ voi … l’assignment potrebbe essere: pensateci, e se ne vale la pena scrivete qualcosa …
Questo assignment è diverso per gli studenti della Facoltà di Medicina, per quelli di Scienze della Formazione e per quelli della IUL. Tuttavia, anche se sono diversi li descrivo nello stesso post perché non è vietato leggere cosa devono fare gli altri o addirittura provare a fare gli assignment degli altri. Nulla vieta quindi che, per esempio, uno studente di Fisioterapia legga l’articolo che ho suggerito agli studenti della IUL e a quelli di Scienza della Formazione o che si intrufoli in una sessione online della IUL; oppure che uno di questi ultimi studenti si diverta a tenere un diario delle attività come ho suggerito a quelli della Facoltà di Medicina. Insomma tutte le combinazioni sono possibili. Eventuali “stranieri” sono ancora più graditi! Ma procediamo ora con ordine.
Per gli studenti della Facoltà di Medicina
Allora, per gli studenti della Facoltà di Medicina, l’assignment consiste nel tenere un diario delle attività.
1. Andate in Google Documenti e create un nuovo foglio di lavoro come potete vedere in questo video
Vodpod videos no longer available.
(il video è stato confezionato il semestre scorso ma vale lo stesso, c’è solo un riferimento alla “primavera 2009” che chiaramente va inteso come “autunno 2009” ma la sostanza non cambia).
2. Inserite come titolo il vostro nome e cognome.
4. Scrivete quello che avete fatto e l’URL per l’attività: post nel vostro blog, eventuali contributi nel wiki e qualsiasi altra iniziativa. Non solo gli assignment. Intanto potete metterci tutte le cose che avete fatto fino ad ora.
5. Valutate le vostra attività con un voto compreso tra 1 a 5.
6. In una casella, in qualche parte del foglio di lavoro, mantenete aggiornata la media dei vostri voti .
7. Condividete il vostro foglio di lavoro con me come ho mostrato nel solito video.
Con questo assignment farete con un certo numero di cose diverse.
1. Tengo conto di tutte le vostre iniziative, in particolare quelle volte a cooperare e aiutare gli altri. Tuttavia a volte posso perdermi qualcosa. La scrittura di un diario delle proprie attività mi aiuterà a tenere traccia del vostro lavoro. Ciò significa che ho meno lavoro da fare e più tempo per fare (si spera) cose utili per voi. Si tratta di una sorta di divisione del lavoro.
2. La richiesta di autovalutazione del proprio lavoro può sembrarvi strana. Con questa classificazione siete esortati a riflettere di più sul valore della vostra attività. Con questo vostra autovalutazione dovreste dichiarare quanto siete soddisfatti del vostro lavoro. Se vedete che non siete soddisfatti, beh, tornate indietro e riguardatevelo!
3. Farete un po’ di pratica con i software di Internet e questo è positivo. Per molti di voi, questo corso ha a che fare con l’alfabetizzazione digitale, dopo tutto.
4. Farete un po’ di pratica con i fogli di lavoro. A volte, molto raramente, qualcuno mi chiede: “Vorrei imparare Excel”. Beh, innanzi tutto cominciate con la manipolazione di un foglio di lavoro con Internet…, ad esempio, calcolando la media delle vostre autovalutazioni 😉 Se necessario farò un video per questo … oppure, ancora meglio, qualcuno di voi potrebbe scrivere un tutorial per gli altri o fare un video …
Per gli studenti di Scienze della Formazione e della IUL
Vi invito a leggere con calma l’articolo Coltivare le connessioni che ho scritto sul tema di come stare online. Con calma vuol dire che non dovete leggerlo prima dell’assignment successivo ma che potete invece spalmare la lettura da qui alla fine del corso.
Per gli studenti della IUL
L’anno scorso abbiamo organizzato una sessione online settimanale per discutere insieme vari temi che si dipanavano lungo il percorso. Questa attività è stata molto gradita e la cosa non desta grande meraviglia perché gli studenti IUL sono sparpagliati in tutta l’Italia e non sono previste attività in presenza.
Vorrei fare la stessa cosa anche quest’anno anche se forse non riuscirò a mantenere un ritmo rigorosamente settimanale perché il corso è stato anticipato all’ultimo momento al I semestre e quindi mi ritrovo con troppi eventi concomitanti. Farò comunque del mio meglio.
Le sessioni online avranno luogo di mercoledì dalle 21:00 alle 22:30. Le sessioni sono destinate agli studenti IUL ma sono pubbliche, quindi chiunque lo voglia può partecipare. In particolare gli studenti IUL dello scorso anno potrebbero essere particolarmente benvenuti perché potrebbero fungere da fratelli maggiori per le “matricole”.
Per partecipare alla sessione di mercoledì 25 è necessario fare un account in WiZiQ (il sistema di conferenze online che useremo) con Join Now. Registratevi pure con il minimo numero di dati necessari.
Per partecipare alle sessioni future dovrete semplicemente collegarvi con Sign In.
Coloro che hanno già un account in WiZiQ dovranno prima collegarsi con Sign In e poi accedere come prima al link della classe. Ecco cosa appare:
Provate pure a “lanciare la classe” …si dovrebbe aprire una nuova finestra al centro della quale appare il tempo che deve ancora trascorrere prima che parta la sessione.
Quando farete questa operazione subito dopo le 21 di mercoledì 25 vi troverete invece dentro la classe dove vi accoglierò e cercherò di spiegarvi il minimo necessario per utilizzarla. Tuttavia nel frattempo potete controllare alcuni aspetti strumentali, quelli che il sistema chiama “Device settings”. Vedrete qualcosa del genere:
Confermate ad Adobe Flash Player che gli consentite l’accesso alla vostra camera ed al vostro microfono, dopodiché …
… potete fare gli aggiustamenti che occorrono. È opportuno che questa operazione sia fatta tutte le volte che si inizia una sessione online.
Utilizzeremo questa prima sessione principalmente per familiarizzare con il sistema di conferenza online. Sono sistemi che funzionano piuttosto bene ma le prime volte accade sempre che ci sia qualche aggiustamento da fare.
Potrebbe essere utile dare un’occhiata a questo post dell’anno scorso dove furono discussi alcuni dei problemi che erano emersi.
La cosa più importante è questa: che nessuno si deprima se qualcosa va storto, sono cose che capitano e si trova sempre il verso di rimediare o migliorare le cose. Lo spirito giusto è quello del gioco fatto per vedere cosa succede e non quello della performance.