non esiste l’ovvio
non esiste l’evidenza
non esiste l’assoluto
non esistono le cose
per qualsiasi ovvio si potrà sempre scoprire
un punto di vista sotto il quale non è più ovvio
eccetera
esistono solo le relazioni fra le cose
nel senso che nessuno saprà mai cosa sono le cose di per sé
le possiamo invece percepire come addensamenti di relazioni
è delle relazioni fra le cose che ci possiamo occupare e non di altro
il mondo intero è fatto di sole relazioni
ma ogni relazione è sempre solo fra due nodi
e non c’è un nodo fisso e l’altro mobile
non c’è un nodo più vero di un altro
non vedere la specularità della relazione
annulla la relazione medesima
perdere una relazione è un altro passo verso la morte, quella vera
noi non siamo ciò che affermiamo d’essere
qualsiasi cosa affermiamo d’essere
anche se lo affermiamo con forza e purezza d’animo
noi siamo esclusivamente ciò che di noi si riflette negli altri
noi esistiamo esclusivamente nella moltiplicazione delle nostre immagini riflesse
frutto della cura posta nelle relazioni
si esiste solo
dimenticando se stessi
è per questo che le relazioni sono preziose
ogni relazione in meno è un brandello di vita in meno
gettare una relazione vuol dire giudicare
l’altro, a sua volta riflesso di innumerevoli immagini di sé
è sempre troppo complesso per poter essere giudicato
non è calcolo opportunistico
è ricerca e studio della vita
non vi è niente di più alto
non vi è conquista più grande
io ora credo questo
e temo che al di fuori di questo si possa annidare il germe dell’intolleranza
Caro IAMARF,
che fine hai fatto???
In tutti i casi, buon anno!!!;)
vedi, se volessimo potremmo andare all’infinito, escogitando una risposta per ogni frase dell’altro ma finiremmo semplicemente per giocare a ping pong
un ping pong nel quale non vedo la percezione della complessità, pervasiva in tutte le scienze, dall’inizio del 900 in poi
non vedo una chiara percezione della complessità come esce dal gioco fra determinismo e caos nei sistemi dinamici non lineari o nei problemi inversi, nei quali, per inciso, ho nuotato risolvendo problemi per una ventina d’anni
non vedo la percezione della complessità dell’animo umano, emersa ampiamente, per esempio, nel romanzo dell’800
non vedo la percezione poetica che nutre l’uomo creativo
rimarebbe solo il ping pong ma allora preferisco quello vero
di giocare a questo sono stanco
e uno quando è stanco a diritto di chiedere di smettere di giocare, no?
‘l’uomo va poco lontano con la logica, se pretende di spiegare troppo’
questa tua stessa frase è un costrutto logico: l’uomo arriva dove può con la logica, se si sposta un passo più avanti, crede di averlo fatto.
‘credo del resto più nella suggestione poetica che nella logica’
l’una per sedurre, l’altra per spiegare
‘oltre un certo numero di iterazioni quasi certamente il rumore prevale sulla convergenza’
ciò che accade dopo un numero di iterazioni abbastanza alto è già implicito nel SISTEMA e nelle condizioni iniziali. il rumore prevale se alla fine (o meglio, all’inizio!) questo si cercava. se si cercava di convincersi l’un l’altro, ancora prevale il rumore. se l’obiettivo è l’apprendimento e la ricerca della verità e la strada è la logica, è il rumore che converge a zero.
‘conviene partire da un altro punto iniziale’
è il secondo segnale di chiusura, perdona quest’ultimo commento, non voleva essere la richiesta di un terzo.
una relazione non si compone di una sola discussione
l’uomo va poco lontano con la logica, se pretende di spiegare troppo
quando dico che non ho altro da dire a riguardo e perché sento di non poter dare di più su questa suggestione, è un mio limite che dichiaro appena lo sento
credo del resto più nella suggestione poetica che nella logica
il pensiero, come le discussioni possono convergere ma possono anche divergere o oscillare infinitamente, come oggi sappiamo che fanno i sistemi complessi
oltre un certo numero di iterazioni quasi certamente il rumore prevale sulla convergenza
e conviene partire da un altro punto iniziale
tra le mille passioni dopo la laurea in fisica (non ultime la giocoleria e l’uniciclo 😉 ) c’è stata e c’è la logica. accompagnata dall’enorme ambizione di avvicinarmi ad una struttura di pensiero che sia contemporaneamente completa e non contradditoria.
trovo allarmanti, non divertenti, eventuali incapacità di trovare risposte (almeno a livello concettuale) e ancor peggio dichiarazioni contradditorie.
tipo ‘gettare una relazione vuol dire giudicare’ è una frase vera fino a che ‘non credo di avere altro da dire a riguardo’
propongo di uscire da questo empasse per una strada… divertente, guardando dogville di lars von trier, e per una più cervellotica, tenendo presente che, essendo tu (io/noi tutti) uno dei tanti nodi della rete e non un nodo speciale perché si è noi stessi, come noi ci aspettiamo dall’altro un pensiero, un essere, una diversità, lo stesso l’altro si aspetta (e si merita) da noi. ovvero l’essere portatore di un pensiero, una diversità da proporre e sostenere orgogliosamente, coraggiosamente.
come potresti scoprire guardando il succitato film, il porsi page-blank all’altro non è un atto di umiltà, ma di grande presunzione. siamo persone e abbiamo una propria rappresentazione della realtà. questa non è una cosa da dimenticare perchè potrebbe essere falsa (e probabilmente lo è), ma da sbandierare con soddisfazione soprattutto perché è l’unico modo per scoprirlo (che è falsa) e quindi migliorarla
@gianni 🙂
divertente
ma è evidente che è il mio pensiero
che non può aver certo la pretesa di essere assoluto
è semplicemente come io vedo il mondo
un punto di vista su altri 7 miliardi
@Mariaserena
grazie 🙂 ci rifletterò
per ora
la coerenza mi fa paura, non credo di essere all’altezza
ho troppo spesso errato in molti diversi modi
mi devo limitare ad alcune semplici cose:
aiutare chi momentaneamente è più debole, di qualsiasi colore in qualsiasi senso (i miei studenti quando devo fare il prof, per esempio);
ribellarmi a chi è momentaneamente più forte, se iniquo,
anche se mio superiore (il magister ludi della mia Castalia per esempio);
riflettere sui punti di vista diversi dal mio, come questo che mi hai offerto 🙂
non seguo nessuno, né Pirandello né Dante né altri
preferisco navigare e sbagliare da solo
la mia bussola quelle poche cose che ho detto
mi posso trovare tavolta in compagnia di qualcuno, celebre o sconosciuto, e questo fa piacere ma niente più
e procedere a vista nell’oceano dell’incertezza
alla ricerca di qualche raro arcipelago di certezza
via via costruendo la propria immagine
osservandone il riflesso nelle anime altrui
con questo, cari amici, vi ringrazio e non credo di avere altro da dire a riguardo
“non esiste l’ovvio
non esiste l’evidenza
non esiste l’assoluto
non esistono le cose”
raramente ho letto qualcosa di più assoluto
Sì, apprezzo molto il saper esprimere così limpidamente un pensiero così complesso.
Io penso molto diversamente.
Pur avendo sempre grande attenzione alla sensibilità ed al pensiero altrui non posso non dissentire proprio dal punto in cui si afferma
“noi non siamo ciò che affermiamo d’essere
qualsiasi cosa affermiamo d’essere
anche se lo affermiamo con forza e purezza d’animo
noi siamo esclusivamente ciò che di noi si riflette negli altri
noi esistiamo esclusivamente nella moltiplicazione delle nostre immagini riflesse
frutto della cura posta nelle relazioni
si esiste solo
dimenticando se stessi”
il motivo del mio dissenso è molto semplice, forse troppo per la complessità di tutto il discorso.
Per accettare di essere esclusivamente ” ciò che di noi si riflette negli altri” si dovrebbe avere una ragionevole certezza che anche negli altri esista (posto che esista) la stessa forza e purezza d’animo con la quale ci si espone e ci si dichiara.
Altrimenti sarebbe più prudente essere coerenti con se stessi (in limpidezza e purezza, o almeno avere questa meta e intenzione) e lasciare che gli altri risolvano il loro problema di ciò che pensano di noi.
Su questo seguo il maestro Dante e non assolutamente Pirandello (che tra l’altro quando letterarieggiava era parecchio assai diverso da quando viveva… nessuno si ricorda delle sue sublimi tessere politiche, delle sue polemiche personalistiche contro altri scrittori e di tante altre comprensibili non virtù?)
Ammiro di più una “torre ferma che non crolla già mai la cima per soffiar dei venti” di colui relativizza tutto, anche i sentimenti.
Ovviamente coltivando i sentimenti anche chi la pensa diversamente ci può esser molto caro, nell’altro caso, a mio modestissimo e femminile avviso, non ce ne può importare di meno dell’essenza e si va al ballo in maschera dell’apparenza.
E come sempre anche qui io mi espongo e canto felice il mio canto libero.
🙂
quanto è difficile superare se stessi… la barriera che ognuno di noi ha verso l’altro..eppure siamo perchè ci sono gli altri ..è un continuo confronto ….superare il monologo verso il quale tutti propendiamo è un cammino tortuoso , non semplice..un dualismo, io e l’altro che implica una circolarità, un flusso di andata e ritorno…
e la coerenza in questo caso non ha significato …tutti possiamo rivedere il nostro pensiero e modificare il nostro giudizio …che è soggetto alle azioni nostre e degli altri e mai astruso dalla realtà …”noi siamo ciò che riusciamo a riflettere negli altri” da qui non si sfugge e per qunto possiamo sforzarci di sembrare noi stessi..anche noi siamo un divenire, soggetti alle influenze altrui …non è così semplice accogliere quanto affermi, ma credo che non ci sia altra strada da percorrere se non quella di cercare un significato in ogni relazione e sforzarci di coniugarla con con il nostro pensiero, con la nostra azione, per far sì che ciò che siamo non rimanga statico e ammufisca in bella vista …senza che nessuno possa prendere ciò che potrebbe essere benefico per se stesso ….giustamente si impara, ascoltando, riflettendo e rielaborando ….un gran bel miscuglio che, più vario è , meglio è …
“è questa la vera formazione cui dobbiamo ambire: che il pensiero profondo divenga respiro comune e non esibizione di pochi”
condivido in pieno questa meravigliosa riflessione;il vero senso della condivisione e trasmissibilità dei valori profondi che sottengono agli impegni di tutti coloro che dedicano la vita alla cultura, alla formazione e alla dedizione dei principi umani e umanitari.
Il “non ovvio” vuol dire principalmente non dimenticare mai la propria insignificanza, contestualizzare il proprio agire, proporre e indurre meditazione e riflessione, ascoltare la voce altrui, imparare.
“…noi non siamo ciò che affermiamo d’essere
qualsiasi cosa affermiamo d’essere
anche se lo affermiamo con forza e purezza d’animo
noi siamo esclusivamente ciò che di noi si riflette negli altri
noi esistiamo esclusivamente nella moltiplicazione delle nostre immagini riflesse…”
Mah, questo lo sostiene anche Pirandello:
nel romanzo “Uno, nessuno, centomila” egli afferma che
ogni uomo è convinto di essere “uno”,
con il suo carattere, il suo modo di agire, reagire,
interagire, poi…a un certo punto della sua vita gli
può capitare di essere visto e considerato diverso da un’altra persona con cui è o entra in relazione,
la moglie, un figlio, un amico, il fruttivendolo…
e accorgendosi che ad ognuno di quelli,
(cento? mille? diecimila? centomila?)
con cui gli capita di stabilire un rapporto interpersonale, più o meno profondo, egli dà un’immagine diversa di sé, alla fine scopre di non essere più
nessuno,più nulla…giungendo così al più completo
annichilimento…
Non solo…
Noi cambiamo e ci accorgiamo di essere
diversi non solo orizzontalmente, nello spazio, ma anche
verticalmente, nel tempo…
A distanza di qualche anno, talvolta di pochi mesi, la nostra coscienza e conoscenza di noi stessi muta in relazione alle esperienze che facciamo, alle situazioni
in cui ci troviamo coinvolti, talvolta nostro malgrado,
alle persone con cui entriamo in contatto…
E allora?
Meglio esercitare la sospensione del giudizio, su di noi
come sugli altri…
(ricordi la poesia di Montale “Non chiederci la parola…”?
termina con questi versi:
“Codesto solo oggi possiamo dirti:
ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.”)
e coltivare gelosamente la pianticella del dubbio!
E per riderci su ti trascrivo un haiku del solito
Amleto Dubbioso:
“Perché, Ofelia,
un dubbio opprimente ti
rende demente?” 😉
Grazie Antonella
interessante che anche mia figlia mi abbia scritto poco dopo che avevo pubblicato il post: ” Babbo ma questo è uno, nessuno, centomila”
l’ho ringraziata come ringrazio ora te
interessante che l’abbia letto, credo, trent’anni fa e che, pur avendone dimenticato i particolari e neanche averlo coscientemente rammentato, abbia spontaneamente, da uomo qualunque, avuto pensieri analoghi
a me piace proprio questo: che i pensieri sgorghino spontanei, perché significa che sono frutto di un’interiorizzazione profonda, significa che la propria mente è saldamente ma elasticamente sospesa alle menti di tanti altri uomini presenti e passati, significa che i tanti pensatori del passato rivivono veramente e non solo in forma di icone
è questa la vera formazione cui dobbiamo ambire: che il pensiero profondo divenga respiro comune e non esibizione di pochi
grazie anche per Montale e l’haiku
P.S. commento da un blackberry, spero che funzioni decentemente
Sent from my BlackBerry® wireless device
@Maria Grazia
sì
@Antonio
qui entra la percezione della complessità
e, conseguentemente, delle reti
la nuova sensibilità si gioca sulle relazioni
invece siamo ancora tutti
vittime dell’ossessione reificante
la nuova sensibilità concerne l’esercizio del giudizio
sulle relazioni
non sulle cose
non quindi sulle persone
quando appiccico un’etichetta ad una persona la reifico
e così sono fuori strada
è come se l’avessi ammazzata, nella mia mente
io posso giudicare che si siano formate categorie di presentisti, passatisti o qualsiasi altra cosa
(io, per inciso, concordo molto sul contenuto di queste definizioni)
ma mai e poi mai tacciare il tale o i tali di “essere qualcosa”
questo è ciò che rifiuto per me e rifiuto quindi anche per gli altri
innumerevoli volte mi è accaduto di dover rivedere, radicalmente, le idee che mi ero fatto
la percezione di rete non esiste ancora
non la vedo quasi mai in nessuno
siamo agli albori in questo
ma sarebbe molto semplice
basterebbe osservare con mente sgombra (!) una delle tante reti in natura
la rete cresce esclusivamente in virtù dello stabilire connessioni e del ripercorrerle, più e più volte
mai le recide
piuttosto semplicemente non le percorre
e una connessione pochissimo percorsa si nullifica spontaneamente rispetto alle altre
è così che emergono i pensieri dalla rete di neuroni
è così che la mente ricorda e dimentica
questa è la grande forza della debolezza
mai niente disfare, mai niente recidere
sempre aggiungere, sempre offrire
ricevendo in virtù della simmetria della relazione
l’idea di disfare per rifare appartiene all’infanzia dell’umanità
se ancora vige vuol dire che l’umanità è ancora nella sua infanzia
è il pensiero infantile del dio che fa, disfa, sposta, divide, decide, giudica
è il sogno aberrante che conduce alle guerre
è un delirio che conduce l’uomo a perire nell’immensa complessità della natura
che se la ride delle sue spade
esattamente come degli arzigogoli del viaggiatore islandese di Leopardi
è il delirio che hanno avuto alcuni signori nel corso della storia
di tutti i colori
il delirio di dividere il mondo a fette
l’apoteosi del riduzionismo
delirio demente
il contrario delle reti viventi
MINIMANIFESTO DEL BUON NODO DI RETE
ovvero
SINTESI DELLA NUOVA SENSIBILITA’
non combatto nessun altro nodo
lotto per delle visioni
che penso buone per la rete di cui faccio parte
tentando di realizzarle
sapendo perfettamente che non ci riuscirò
non giudico nessun altro nodo
giudico severamente gli effetti
delle mie azioni sulle relazioni con gli altri nodi
rispetto semre ogni altro nodo come mio pari
chiamo vero ciò che vedo sospeso fra le relazioni più vive e intense
rispetto le relazioni estinte
Io credo che l’esistenza sia un infinito percorso di mutamento. Se non fosse così avremmo davanti a noi la prospettiva di una noia mortale, in cui già sapremmo cosa pensare, cosa fare, chi saranno i nostri amici, quali i nostri nemici…
Vent’anni fa pensavo come immutabili cose che si sono trasformate profondamente: visioni del mondo, principi a cui *tutti* si sarebbero dovuti attenere, modi di relazionarsi agli altri e così via. Del resto, poi ci pensa la vita a metterti di testa in giù ogni tanto per costringerti a farti vedere le cose in un altro modo.
Esercitare una sospensione del giudizio rispetto a chi incontro o alle cose che mi succedono mi può permettere di cercare – più che di capire – di comprendere (in senso fenomenologico, mi verrebbe da dire), di intuire processi e motivazioni che vi sottendono. Questo mi fa crescere, umanamente, soprattutto quando incontro persone e situazioni che non mi sono affini per variegati motivi.
La diversità non è mai un problema, anzi. Lo è piuttosto il porsi in maniera rigida rispetto all’altro, sbandierando la naturale asimmetria della relazione come una sua presunta inferiorità. Quando ho un sospetto del genere, cambio semplicemente strada, così evito di venir meno a ciò che credo sia l’unico principio in cui tutti si dovrebbero riconoscere: il rispetto dell’altro.
Buona domenica 🙂
qui andiamo su problemi vitali esistenziali direi. al limite del filosofico. dico la mia.
condivido il fatto che noi non siamo ciò che affermiamo d’essere. indiscutibilmente ci creiamo mille immagini di noi stessi, spesso falsissime. e condivido la difficoltà nel giudicare, data la complessità della realtà.
non riesco a capire però come si possa uscire dalla faccenda del giudicare. io credo sia negativissimo il pregiudizio. e che si debba praticare molto spesso la sospensione del giudizio. ma non riesco a pensare ad una totale abolizione del giudizio. mancandoci la capacità di giudizio, non sapremmo più cosa scegliere per noi. e tutto ci sarebbe pericolosamente indifferente.
anche tra le relazioni, si tratta di scegliere a chi dedicarsi, di chi prendersi cura. altrimenti avremmo infinite relazioni debolissime, il che significherebbe non averne nessuna.
ho centrato la questione? 😉