Daily: la cura del sorriso

Sociogramma 6 maggio 2011. I nodi rossi sono studenti di medicina, i nodi blu cyberstudenti, il nodo celeste è il docente. Una linea che congiunge due nodi significa che almeno uno dei due ha fatto almeno un commento ad un post dell’altro.
Sociogramma 6 maggio 2011. I nodi rossi sono studenti di medicina, i nodi blu cyberstudenti, il nodo celeste è il docente. Una linea che congiunge due nodi significa che almeno uno dei due ha fatto almeno un commento ad un post dell’altro.

Recupero il post di apertura del blog The power of smiling che Elena ha scritto ormai diverso tempo fa. Inizia così:

Benvenuti! 🙂
Il mio blog si apre proprio così: con un sorriso, rivolto a tutti coloro che leggeranno questo post quasi per errore e a tutti coloro che invece decideranno di seguirlo con più attenzione perchè, come me, hanno completa fiducia nelle potenzialità del sorriso.

Questo incipit mi era rimasto impresso. In un post successivo Elena introduce Hunter Patch Adams, il medico statunitense che ha dedicato tutta la vita a diffondere la terapia del sorriso. Molti probabilmente conoscono questo personaggio attraverso il film dove Patch Adams è interpretato da Robin Williams. In questo blog vi sono numerose tracce della terapia del sorriso e anche di Patch Adams.

Segui le tracce …

Evviva la blogoclasse trasparente …

Senza la blogoclasse trasparente sarebbe impossibile ricevere messaggi del genere …

Salve, sono una 24enne studentessa di medicina al quinto anno alla “Sapienza” di Roma. Volevo parlarvi della mia piccola, ma entusiasmente esperienza.
Faccio parte di un gruppo di ragazzi – futuri medici che ha partecipato ad un workshop di clownterapia organizzato appositamente per noi grazie all’intervento del S.I.S.M., che opera all’interno della facoltà, in collaborazione con i volontari dell’Antas! Il mio gruppo si chiama “medici in prima risata” e siamo tutti studenti che non sono morti sui libri:), ma che cercano, nonostante la mancanza di tempo e di incoraggiamento da parte dell’ambiente, di focalizzare la propria attenzione sul paziente!
La mia avventura continua con la frequentazione di laboratori che mi permetteranno di formare il mio personaggio clown e di perfezionare le tecniche di giocoleria e improvissazione teatrale.
Voglio consigliare un’esperienza del genere a tutti gli studenti di medicina che baccagliano in questo blog, è una cosa meravigliosa, vi ridà l’entusiasmo, vi fa sentire leggeri e liberi da imposizioni e fardelli, che in reparto opprimono la libera iniziativa e vi rendono omologati!
Il primo anno il mio prof. di fisica ci aveva detto che saremmo diventati macchine da esami…e forse è vero, un pò lo sono! Permettetemi, però di essere una macchina da esami con un pò di brio, con un sorriso sulla faccia e un naso rosso…

Complimenti per il blog, ho sempre vissuto la mia facoltà come un peso e con un eccessivo senso del dovere, ma questo blog dimostra che anche noi futuri camici bianchi possiamo prendere le cose con una leggerezza che fa invidia ad un bambinetto!ahah

Per qualsiasi curiosità sul corso che seguo, mi potete disturbare, io a mia volta vi posso mettere in contatto con gli organizzatori.

Saluto a tutti

Clown in corsia

Di tanto in tanto mi capita di parlare un po’ con giovani i quali si occupano, a vario titolo, di attività di clown in corsia. Sono cose che entusiasmano. Tuttavia, molto spesso emerge un fatto deprimente: pare che fra le varie organizzazioni che promuovono queste attività vi sia scarsa collaborazione e forte tendenza all’accentramento. Non posso essere certo di questo ma è un fatto che emerge regolarmente quando mi capita di approfondire con qualcuno di questi ragazzi.

Io ho paura delle organizzazioni. Ho paura dei corsi, dei titoli, dei crediti che si comprano frequentando corsi a pagamento. Ho paura degli esami; ne ho avuta come esaminato e ne ho di più ora come esaminatore. Mi terrorizzano. Ho paura dei numeri chiusi, dei test per esservi ammessi, assurdi, privi di senso. Ho paura dei voti, delle micrometriche discettazioni docimologiche sulla costruzione del voto di laurea. Ho paura degli ordini professionali, delle abilitazioni formali. Ho paura dei progetti. Ho paura delle formalizzazioni. Ho paura della didattica formale. Ho paura dei professori; sì, ho paura di me stesso.

Ho paura che qualcuno possa brevemente decidere se quel ragazzo sia adatto o meno ad alleviare la sofferenza col sorriso. Ho paura che si impieghi un metro di misura disastrosamente rozzo, come succede nella stragrande maggioranza dei casi. Magari quel ragazzo che non ha passato il test possiede doti umane imperscrutabili che lo renderebbero straordinario per fare il clown in corsia. O qualcuno ha scoperto nel frattempo il modo di misurare l’attitudine all’empatia? L’amore si misura?

Lo so che al mondo ci vuole struttura, ci vuole organizzazione ma perché succede così spesso che l’uomo finisce per scomparire in questi meccanismi? Così spesso che a me è venuta paura.

So che non è semplice inserire giovani aspiranti clown in un ospedale. Provo a ragionarci un po’.

L’aspirante manovale

Consideriamo un aspirante manovale, cioè colui che dovrà aiutare il muratore nelle attività più faticose caricare e scaricare materiali, impastare la calcina ecc. Nella pratica, l’avviamento al lavoro del manovale è sempre stato ed è ancora molto semplice, avendo luogo sul campo: “La pala è quella la, il camioncino da scaricare è questo, butta la sabbia la dietro …” e via e via.

Oggi sentiamo parlare quotidianamente di un numero impressionante di morti bianche. Una cosa incredibile: siamo in grado di porre domande complesse ad un database dall’altra parte del mondo ottenendo le risposte entro un battito di ciglia e non ci riesce di evitare che gente che lavora si ammazzi cadendo da un ponteggio o facendosi stritolare da una pressa! Evidente che se ad un manovale, che magari sa anche poche parole di italiano, si mette una pala in mano e si manda tout court in cantiere nei pressi di macchine che non conosce bene, il rischio che si faccia male o che faccia male a qualcun altro c’è e forse non è trascurabile. In questa situazione è ovvio che si debba prevedere una fase di formazione al fine di far conoscere le norme elementari di sicurezza. Questo è un tipo di formazione che può essere formale: qualche scheda da leggere, qualche spiegazione, qualche domanda per sincerarsi che si sia capito.

Va da se che ci sarà anche una parte di apprendimento importante che avverrà in modo informale: se il nostro manovale non ha mai usato la pala imparerà guardando gli altri. Figuriamoci poi se il ragazzo è vispo: seguirà il maestro muratore e finirà col diventarlo lui stesso.

Non vi è però dubbio che, in una società civile, attività del genere dovrebbero essere precedute da una fase formativa formalizzata, seppur limitata.

L’aspirante poeta

Vediamo ora il caso di un aspirante poeta. Può sembrare un esempio balordo ma in fin dei conti esistono i corsi di scrittura creativa. Ebbene, quanto possiamo pensare che possa incidere un insegnamento formale sulle future capacità espressive del nostro aspirante poeta? Sì, la conoscenza degli strumenti, metrica, ritmo, stile, potrà avere qualche utilità ma sarà sicuramente secondaria rispetto allo stupore, alla profondità, all’ispirazione e altre cose umane che possono portare una persona ad esprimersi toccando l’anima dell’altro. L’erudizione può costruirsela chiunque ma il resto no. Ognuno di noi ha in se una fiamma che è unica, irripetibile; compito della formazione e far sì che ognuno possa evolvere fino a far ardere appieno la propria unica fiamma. Si può far poco con l’ insegnamento formale su questo. Lo so che è economicamente e organizzativamente scomodo ma non ci sono scorciatoie. Non è possibile incasellare lo sviluppo di una mente creativa in qualche comodo diagramma, stiamo parlando della cosa più complessa e misteriosa che noi conosciamo in questo universo, non dimentichiamolo.

L’aspirante clown in corsia

E che possiamo dire per gli aspiranti clown in corsia? La cosa è complessa perché comprende ambedue gli aspetti esemplificati nei due casi limite che abbiamo appena visto. Per un operatore all’interno di un ospedale il rischio di fare danni è elevato. Chi va ad operare in un ospedale deve essere informato su ciò che si può fare e su ciò che non si può fare. Questo vale a maggior ragione per un clown che per sua natura si avvale di rumori, parole, oggetti e comportamenti inusuali mentre in ospedale vi possono essere attrezzature complesse e delicate, stati fisici e psichici anomali, contesti etnici particolari. Sembra del tutto naturale inquadrare questo tipo di formazione in modo formale.

Tuttavia per fare il clown nelle corsie ci vuole anche ben altro. Qualche capacità circense e artistica ovviamente non guasta ma è fondamentale una buona dose di empatia, cioè di capacità di mettersi nei panni dell’altro. Inutile conoscere tutti i possibili pericoli, tutti i possibili disagi, tutte le possibili patologie del mondo, saper fare tutti i possibili esercizi di giocoleria e suonare tutti gli strumenti del mondo, se manca l’empatia.

L’empatia è un’attitudine e come tale non si può insegnare, certamente non nel senso scolastico. La predisposizione personale dovrebbe essere al centro dell’attenzione di qualsiasi formatore. La predisposizione è un dono inestimabile per la comunità, un dono che è stolto dissipare. In qualsiasi tipo di formazione, la sensibilità del formatore deve essere orientata a comprendere quale sia la fiamma che c’è in ciascun allievo. Lo so, è un modo di pensare utopico; tutti dobbiamo fare i conti con i vincoli imposti dalla realtà ma l’utopia dà un timone all’azione.

Nella didattica non formale il ruolo del formatore non è marginale rispetto alla didattica convenzionale di tipo formale, anzi è cruciale, è meno appariscente ma può incidere moltissimo sul percorso degli allievi. È proprio qui che il formatore ha la possibilità di percepire la predisposizione di ciascuno.

Ho seguito le vicende dei protagonisti del progetto M’illumino d’immenso, un gruppo di studenti guidati da due clown in visite periodiche ad alcuni reparti di un ospedale fiorentino. Trovo che sia un’esperienza di grande interesse anche per il modo nel quale è impostata:

1)ogni uscita in ospedale avviene in coppia, un giovane ed un maestro

2) una volta al mese ha luogo una riunione di un giorno intero dove tutti i giovani ed i maestri lavorano sulle abilità e sulle capacità di espressione.

Non c’è da spendere molte parole, davvero un bell’esempio di didattica informale con un grande impegno da parte di coloro che svolgono il ruolo di docente. E i risultati si vedono: il gruppo è animato da grandissimo entusiasmo, basta leggere qualche post del blog M’illumino d’immenso per rendersene conto. C’è anche un altro risultato che non si può non notare: questa è un’attività che coinvolge più facilmente le ragazze dei ragazzi. Attenzione, ci sono anche alcuni ragazzi e sono bravissimi. Tuttavia sta di fatto che nel corso dei mesi si è consolidata una netta maggioranza di contributi femminili.

L’esperienza di questi ragazzi è un bellissimo esempio che insegna molte cose. Non c’è dubbio che per trarne un modello valido per altre realtà, questo dovrebbe essere arricchito da una fase di istruzione sulle modalità di funzionamento di un reparto ospedaliero, sulle cautele da adottare e sui possibili rischi ma senza deturpare la magia che si realizza quando ad un giovane entusiasta si dà la possibilità di cimentarsi.

Le cose vere nascono dal basso …

Segnalo gli ultimi due post del blog M’illumino d’immenso.

Un progetto nato dal basso, stando accanto agli studenti.

Un gruppo di una trentina di ragazze e ragazzi che partecipano con entusiasmo commovente.

Le ragazze sono in netta maggioranza.

Tanti giovani hanno un desiderio grandissimo di dedicarsi a qualcosa con passione, fare qualcosa per i propri simili.

Il progetto sta prendendo forza e questo è bello.

Qualcuno mi chiede di “ufficializzarlo”, renderlo noto alle “autorità”, chiedere patrocini … vi dico francamente che ho una gran paura …

M’illumino d’immenso

È partito il blog del progetto M’illumino d’immenso. Due clown, Nuvola e Formaggino, accompagnano un gruppo di studenti di medicina in ospedale affinché possano imparare a diffondere il buon umore. Il blog è un vero e proprio diario degli interventi in ospedale e degli eventi che caratterizzano la vita del gruppo.

Inutile dire che sono felicissimo di quello che sta accadendo: studenti che, nel caso di medicina (ma l’opportunità è aperta anche ad altri), potranno vedere i primi pazienti non prima di tre o quattro anni, hanno la possibilità di vivere delle esperienze concrete in quello che sarà il loro ambiente naturale di lavoro. Un’esperienza basata su di un approccio empatico al paziente di cui potranno fare tesoro in futuro.

Sono felicissimo perché è un, pur piccolissimo, passo verso il fare e non solo lo studiare …

Ma che bello in Internet …

Continuo a ricevere lettere da quando ho posto in rete IAM. Riporto qui l’ultima.

Non sono portato a gongolare per ogni novità tecnologica, anzi … ma è innegabile che scoprire di avere pensieri in comune con tante persone è un fatto entusiasmante. Persone sconosciute ma anche persone conosciute, con le quali non ti saresti probabilmente mai messo a parlare di quei pensieri, chiusi in relazioni stereotipate.

Non gongolo ma che bello …

Caro Andreas,
sono al mare, in Sicilia; dalla finestra vedo solo il mare e le isole Eolie davanti a me. Il tuo messaggio, articolato, elaborato, strutturato, è “semplicemente” bello, come quello che sto ora vedendo dalla finestra.
Quanto c’è da pensare, ripensare e fare per assolvere al compito di insegnare! E’ una responsabilità che ho sempre sentito, perchè nella mia esperienza il ruolo del docente, cioè della persona che ti guida nel procedimento dell’apprendere ( o meglio del crescere, o forse meglio ancora del cambiare e trasformarsi), è stato un ruolo chiave. La tecnologia, il prodotto, power point sono solo degli strumenti e come tali vanno considerati. Di questi puoi utilizzare o comprare o impiegare il migliore. Ma sei te, il docente, che devi metterti in gioco ad ogni lezione, insieme con gli allievi che hai davanti.
Un’osservazione sul ruolo della lettura: purtroppo non tutti hanno la possibilità di arricchirsi leggendo e di arricchirsi solo quanto un libro ti può consentire di fare: il libro è una traccia, i personaggi non hanno un volto preciso, sei te che leggi che costruisci le tue immagini, che ascolti i suoni del libro, che senti le voci e le inflessioni dei personaggi, sei tu lo sceneggiatore, il costumista e il regista. Quanta creatività ti viene richiesta dal libro che stai leggendo!
Grande l’iniziativa del 18 giugno (passato in ambulatorio interamente , ma mi sentivo coinvolta “a distanza”): messaggio quanto mai attuale “voler bene al malato”(in senso fisico, quindi toccare, carezzare, giocare, ridere), atteggiamento quasi improponibile in certe realtà mediche anche a noi vicine!!

Festa al manicomio criminale

PROLOGO

Ieri al manicomio criminale di Montelupo. Anzi all’opg, ospedale psichiatrico giudiziario. Tipico, cambia il nome ma non la sostanza: la cultura dell’immagine.

C’era la Festa del grano all’opg di Montelupo ieri.

Liberi nel campo sportivo, loro e noi, alcuni chiaramente loro, altri non ho nemmeno capito se loro o noi.

Nuvola, amico clown, attratto dalla pazzia perché terrorizzato dalla pazzia della normalità, non sta nella pelle. Imbrocca uno di loro. Questo fa:

“Sei uno del I piano? Io sto al II, quelli del I li conosco poco …”

Nuvola si è montato la testa, non gli si sta più intorno …

Sorriso. Amaro sorriso.

LA FESTA

Bravi bravi bravi quelli di noi che si impegnano per tirar fuori loro da quel buco nero.

Musicisti, saltimbanchi. Noi? loro? Non so, sono uomini che si divertono. Grande lavoro state facendo.

Ballano loro. Si divertono come matti. Noi, inchiodati alle seggiole come stoccafissi. Accidenti a me, non ce l’ho fatta questa volta. Un mio limite, troppo intimorito dall’ambiente.

CONGEDO

Mi siedo in macchina. Regolo la temperatura, scelgo la musica, comunico con chi mi va di sentire … pieni di lussi queste macchine. Cose normali oggi, quasi per tutti noi. Quasi.

Loro sono rimasti là. Quelli gravi, mai fuori, nemmeno sul prato di oggi. In otto in stanze di otto per tre metri, col cesso nel mezzo.

Ci sono cinque (sei, non ricordo) opg in Italia. Uno di essi femminile. Totale 1200 persone. Un buco nero con 1200 persone dentro.

Un buco nero. Anzi un piccolo buco nerissimo dentro ad un grande buco nero: il pianeta carcere. Nerissimo e piccolissimo quel buco: 0.02 per mille del popolo italiano. Che costerebbe trattarli come esseri umani? Praticamente niente.

PS: In tali buchi neri c’è anche gente che ci deve lavorare, mi ha ricordato giustamente un amico …

Clown: dalla teoria alla pratica

Ricordando la bellissima mattina del 18 giugno ove Patch Adams fu con noi, rammento anche di essere stato un pò critico, o meglio esortativo, con i cari studenti che si sono occupati dell’organizzazione dell’evento.

Il succo era: sì va bene l’evento ma il mondo e oggi pieno di eventi; più importante è agire per davvero, cimentarsi.

Che bello quando i giovani ti prendono in contropiede e sopravanzano le tue aspettative, professorino saccente! Sono contentissimo d’essere stato così rapidamente smentito …

Pongo qui un messaggio rapinato dal forum degli STUnFi all’inizio della vicenda e il resoconto della prima uscita, appena scritto da Nuvola.

PROGETTO M’ILLUMINO D’IMMENSO

Allora ci siamo!
Nuvola, quel matto che all’incontro con Patch ha fatto un capitombolo memorabile, si è offerto volontario, gratis, di accompagnarci in una struttura ospedaliera a fare clownerie coi pazienti, col primo obiettivo di esercitarci a trovare il contatto migliore possibile col “paziente”!!

Di cosa si tratta in soldoni:
QUANDO: da Luglio prossimo fino a Luglio del prossim’anno
DOVE: nell’ospedale di S. Maria Annunziata, a Bagno a Ripoli
DI CHI E’ IL PROGETTO: non si tratterebbe di un progetto di Castellinaria, ma di CASTELLINARIA & STUnFi! ASSIEME!!!
DI COSA SI TRATTA: 1 volta a settimana – max 2 – 1 di loro (Nuvola o Formaggino: esperti con 13 di attività alle spalle (e sulle palle!)!) e 1 di noi andremo in reparto (lavorando sia con bambini sia con adulti: cosa molto importante!) ad esercitare il contatto con il paziente, e le basi della clownerie
QUANTI DOVREMO ESSERE: minimo 2 o 3, massimo 800 milioni: il discorso è che più saremo, meno turni a testa avremo (cosa che può anche aiutarci in quanto siamo molto impegnati!!!).
Vi sarà al 99% anche una donna laureata in psicologia: suo principale scopo è quello di fare il clown, ma è anche una persona a cui chiedere aiuto nel caso avessimo dei dubbi con un particolare paziente..
QUANDO IL PRIMO INCONTRO: in settimana! Bisogna incontrarci con Nuvola perché ci deve parlare di persona! Deve anche vedere QUANTI siamo e CHE VOGLIA abbiamo (tanta!). Inoltre si guarderà per ciascuno il modo migliore di prestare e recepire questo servizio.
La prossima settimana Nuvola ha un appuntamento col direttore sanitario, e bisogna che ci vada informato!!!
ULTERIORI IMPEGNI: una volta al mese ci dovremo riincontrare tutti assieme
OBIETTIVO (oltre quello della cura al prossimo): dopo un anno, dovremo essere indipendenti e potremo continuare l’attività da soli, senza obbligatoriamente la presenza di Nuvola o Formaggino!!!
CREDITI: eventualmente la cosa ci varrà dei crediti formativi, guardiamo un po’ se sarà possibile.

PRIMO INTERVENTO IN OSPEDALE

Dice Nuvola:

Buooooongiorno a tutti voi, vi informo che da stamani è partito ufficialmente il progetto “M’illumino d’immenso” con la prima uscita che è stata fatta da me e Sandro che da ora in poi sarà denominato Dott. Bombo(loncammello), mi pare che sia andato tutto molto bene, per adesso ancora non siamo partiti con la maternità ma abbiamo avuto stamani il primo contatto con il primario del reparto che avviserà i suoi collaboratori e ci farà sapere quando partiremo anche nel suo reparto (speriamo prima possibile). Stamani abbiamo lavorato soprattutto con i bambini che dovevano fare le prove allergiche e nessuno di loro è risultato allergico a noi due. In allegato trovate il programma del mese di Luglio, per quello di agosto ancora dobbiamo decidere i giorni anche se penso che rimarranno i soliti (lunedì e sabato mattina). Stamani abbiamo fatto un intervento di tre ore (9/12) ma sto pensando di portarlo a 4 (8/12) poiché ci siamo rientrati strettie se avessimo dovuto fare anche la maternità non ci sarebbe bastato il tempo, vedremo la prossima volta e poi tutti insieme decideremo quanto fare.

Ancora dalla giornata con Patch

Lo stesso giorno dell’incontro con Patch, la sera, degli amici ci portano ad uno spettacolo di Bobo Rondelli a Poggio a Caiano: Io Clown – te Down.

Sarebbe stato impossibile immaginare una giornata così! Una serata del genere dopo la mattina con Patch Adams … ma che burlone il caso, a volte sembra quasi affettuoso …

Non conoscevo niente di tutto ciò – eh lo so, che volete fare, non si può conoscere tutto – e mi trovo seduto davanti a un palco gremito di gente in maglietta rossa e tuta blu che ballano e cantano. Che roba e questa? Ma che versi fanno? Ah già, il titolo parla di down. Ma guarda quello come lo fa bene il down … ma anche quell’altra … ehi, ma quello la è “vero” … ma sono mezzi normali e mezzi down!

Strepitosi! E poi da quel marasma emerge Bobo e va avanti lo spettacolo … fino a quando: “Perché non ballate anche voi?” … e qui imborsito nel ruolo di spettatore vai come sempre in crisi … sì sì tutti bravi poi quando si va a contare quelli che si alzano sono una sparuta minoranza … ma questa volta altro che crisi! Son due ore che guardi una banda di diversi che si divertono e fanno divertire i normali ballando e cantando e te, normale, che fai? Inchiodato alla seggiola come uno stoccafisso … ma chi sono i normali qui?

Grande Bobo con la compagna teatrale AnffasAAMPS!

Spettatore imborsito non hai scelta! Non ti resta che saltare sul palco … tranquillo! ti fanno vedere loro, i diversi, come si fa a divertirsi!

Che giornata ragazzi …

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