Comma ammazza-blog: un post a Rete unificata #noleggebavaglio

Aderisco all’invito di valigiablu a diffondere lo stesso post come segnale di protesta contro il comma 29, il cosiddetto ammazza-blog. Pubblico dunque, come molti altri nella Rete, l’articolo di Bruno Saetta che spiega con precisione perché questa norma sia inaccettabile.

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I signori del nulla

Anche fra i signori della scarsità, di cui ho fatto un esempio nel post precedente, ci sono delle differenze. Anche all’interno di questa poco onorevole categoria ci possono essere differenze di professionalità, stile e cultura. Anche in questa poco onorevole categoria c’è un minimo, una feccia. Noi, di questi fulgidi esempi ne abbiamo diversi al governo.

Incompetenza, supponenza e arroganza sgorgano a fiotti dall’episodio dei comunicati stampa del Ministro dell’Istruzione e, successivamente, del suo Ministero. Nel primo, il nostro Ministro ha fatto riferimento

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I signori della scarsità

Conoscete la lettera aperta indirizzata da 33 premi Nobel al Congresso Americano? Quella dove si affermava l’importanza del’accesso libero alla letteratura scientifica? Se non la conoscete potete andare a leggerla in un post che avevo scritto sul tema dell’open access. Recentemente è apparso un articolo sul Guardian, firmato da George Monbiot, intitolato A confronto degli editori accademici Murdoch sembra un socialista. Un articolo perfetto per chiosare la serie dei post sulla letteratura scientifica (assignment 6 per gli studenti di medicina). Un articolo che si collega anche molto bene al post sulla ricostruzione della blogoclasse, dove scrivevo:

Ora che principio ad avere le idee chiare sulle possibilità del metodo della blogoclasse, dei contesti nei quali esso funziona più o meno bene, inizia ad avere senso l’investimento di maggior tempo nella definizione accurata dei suoi componenti, e ciò comporta, a sua volta, la necessità di costruirseli da se. Fortunatamente, con il software questo si può fare e non solo, si può anche andare oltre il mero aspetto della performance tecnologica, si può anche fare una scelta di campo di natura ideologica, se non filosofica, grazie all’esistenza del software libero, o più generalmente e più correttamente, di una cultura del libero scambio dei prodotti dell’ingegno, una messe ricchissima che abbonda nell’umanità e che tante forze economiche vorrebbero ridurre in regime di scarsità.

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Grazie a tutti gli iscritti al fantacorso!

Una ventina di persone hanno risposto alla richiesta di aiuto per sperimentare il sistema di iscrizione che ho descritto nel post Ricostruzione della blogoclasse. Grazie a: Emanuela, Ardian, Max, Stefania, Elisa, Roberta, Valentina, Maria Serena, Claudio, Elisa (un’altra), Giulia, Serena, Elio, Matteo, Beatrice, Carmela, Marco, Claude. Grazie a questi studenti e a questi amici.

Gli inconvenienti che sono emersi e le osservazioni che queste persone hanno fatto sono state molto utili. Di queste, ce n’è una che è interessante commentare un attimo. Marco mi chiede:

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Un corso di laurea rivolto al personale docente

Il 20 settembre p.v. verrà presentato il corso di laurea triennale “Metodi e Tecniche delle interazioni educative” presso la sede dell’ANSAS (ex-Indire). È un corso di laurea triennale che si svolge interamente in modalità online e che è rivolto al personale docente in servizio e non nelle scuole italiane, di ogni ordine e grado. Il corso fa parte dell’offerta formativa della Italian University Line, una università telematica pubblica non statale.

Conosco questo corso per avervi contribuito in passato con l’insegnamento “Editing Multimediale”. È stata un’esperienza positiva che sono molto contento di poter ripetere nel prossimo semestre.

Ecco alcuni riferimenti (documenti pdf):

Ricostruzione della blogoclasse

Questa estate ho iniziato a sviluppare una serie di strumenti che vorrei sostituire ad alcuni servizi web, quali GoogleDocs o GoogleReader, nella gestione delle blogoclassi. È un lavoro che assorbe molto tempo ma mi piace molto e soprattutto risponde ad alcune necessità che sento sempre più impellenti. In questo post ricapitolo brevemente le motivazioni fondamentali del metodo della blogoclasse e illustro semplicemente il tipo di lavoro che mi sono accollato. Dal discorso emergono anche alcuni spunti di più ampio respiro che riprenderò in qualche post successivo.

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Basta esserci

“Io sono stanco di compiti, facciamo qualcosa al computer?”

“No, andiamo fuori” risponde Alice.

È vero, io mi annoio presto, anche se sono “grande”, ma in realtà ho percepito in lei qualche segno di stanchezza dopo mezz’ora di “alfabetiamo: i suoni dell’italiano”, ottimo materiale didattico trovato in rete (Italiano Lingua Due), su cui lavorare con lapis e gomma. Del resto, in mezzo secolo di vita, il mio tempo di attenzione reale – dico reale – non ha mai superato il quarto d’ora, se impegnato in qualcosa imposto dall’esterno. Questo non ha niente a che vedere con la concentrazione che deriva da una forte motivazione interiore, che è tutta un’altra cosa.

Non ho quindi difficoltà a percepire la stanchezza di Alice, e insistere ulteriormente vorrebbe dire sprecare tempo. Le ho allora chiesto se volesse fare qualcosa al computer, pensando magari di elaborare insieme un piccolo video che avevamo girato i giorni scorsi. Ma la proposta, che così formulata avrebbe potuto significare anche qualche video gioco, è stata rifiutata. Allora mi sono venute in mente le preoccupazioni discusse non tanti giorni fa con i genitori. Preoccupazioni del resto condivise da un’intera generazione di genitori, direi. Questa nostra generazione che si trova a disagio di fronte alla confidenza che i propri figli, sin dalla più giovane età, mostrano di avere con strumenti e mondi ritenuti alienanti se non addirittura pericolosi.

Si potrebbe discutere molto sul bene e sul male delle tecnologie e su come trasformare il male in bene, ma il fatto interessante qui è la controproposta di Alice, che abbatte in un sol colpo tutti i timori sulla sua potenziale dipendenza da giochi computerizzati più o meno stupidi. È evidente che lei ha passato molto tempo al computer, nella sua vita precedente. Ho più volte constatato che è a pieno titolo una “nativa digitale”, con le competenze e le ignoranze che ciò comporta. Di primo acchito quindi la reazione di Alice mi sorprende ma poi rifletto, piacevolmente, su come abbiamo passato il tempo in questi giorni; diciamo mediamente un paio d’ore al giorno da circa una settimana, così suddivise: una mezz’ora al giorno di lavoro “scolastico”, al tavolo con lapis e gomma, talvolta un esercizio online, sempre Google Translate in soccorso – a proposito, abbiamo scoperto che c’è l’icona di una tastiera che diventa una tastiera nella lingua da cui tradurre, il problema degli accenti ungheresi è quindi scomparso. Il resto del tempo è stato passato alla Tom Sawyer, a giro per il giardino e per i campi: cogliere fichi – ormai un rituale quotidiano – esplorare il tetto della stalla, stare in mezzo alle capre, arrampicarsi in vetta al querciolo per gettare le frasche alle capre, soffermarsi dietro ogni insetto strano, quello che buca, quello che puzza, quello che salta, quello che è bello, quello che non s’era mai visto, cogliere more per portarle a casa, finirle prima di arrivare a casa, sostituirle con ghiande che andranno ad arricchire un misterioso tesoro che va accumulandosi a casa, disseppellire un vecchio cartello stradale arrugginito, come fosse un reperto archeologico – “Un dipinto egiziano!” ha dichiarato eccitatissimo Vladimiro – bambino polacco che è qui dal alcuni mesi e che spesso si unisce alla combriccola – pulendo il cartello con una ciocca di pino come fosse uno spazzolino da archeologo – confrontare i graffi dei rovi …

E che fa il “grande” in questo bailamme? Quasi niente, segue e ascolta. Ascolta. Risponde alle domande, quando capitano, suggerisce incidentalmente, soccorre se necessario, media se necessario. Viene naturale. Intanto il lessico si irrobustisce da solo, esercitando l’equilibrio sul querciolo – aspetta … passo io …vieni pure – imparando a camminare sul tegolo scansando il coppo, sul tetto della stalla, chiamando, rispondendo, esclamando, ritrovando – la “schiena studiata” in “Alfabetiamo … è ricomparsa guardando la pelle del serpente: le squame della pancia son diverse da quelle della schiena, e da quelle della testa – ah la vipera le ha diverse! – ah guarda ci sono i fori degli occhi!

Questo ha preferito Alice ai videogiochi, che pur conosce assai bene. E credo che tutti i bambini preferiscano questo, purché si assicuri loro lo spazio vitale nel quale i cuccioli d’uomo e anche tutti gli altri cuccioli sono cresciuti in decine di migliaia di anni. Basta esserci. Giusto esserci, ma per davvero e no per finta.

Dall’altra parte

“Io studio l’ungherese.”

Alice, che sta riordinando le parole di una frase in un esercizio, si volta e mi chiede:

“Vai in Ungheria?”

“No, almeno per ora, ma mi diverte l’idea di imparare l’ungherese.”

Ride e guarda meglio il foglio che ho davanti:

Andrea eszik almat

alma Andreaé

Ride a crepapelle e, maternamente, afferra il foglio e corregge:

Andrea eszik almát

alma Andreá-é

Il mio stupore è sincero, non ho alcun bisogno di recitarlo: non avrei mai immaginato di dover costruire il genitivo con quel buffo trattino che sa tanto di codice software!

Alice si mette a riordinare parole al computer e io posso così continuare a studiare. Mi aiuto con il sito web di grammatica ungherese fatto da un signore inglese che si è appassionato a questa particolare e difficile lingua. Difficile davvero, cara Cristina! Mi chiedevi se l’ungherese avesse le declinazioni: una ventina di casi ha l’ungherese, Cristina! Un incubo, ma per me va bene: ho materiale abbondante per fare lo studente.

Andiamo avanti così. Aiutandomi con la grammatica che ho trovato, compongo frasi elementari. Alice me le corregge. Delle volte si sviluppa un discorso sulle parole che trova nel suo esercizio, tipo “cerbiatto”, dove siamo andati a prendere la foto del cerbiatto che allevammo qualche anno fa. Io scrivo i miei esercizi sul suo quaderno, scrivendo le frasi in italiano accanto, così:

Andrea eszik almát / Andrea mangia la mela

alma Andreá-é / la mela di Andrea

Poi evidenzio con un colore accenti e desinenze che determinano la declinazione ungherese e la preposizione in italiano, quando c’è. Alice guarda, incuriosita. A me basta questo.

Quando il suo babbo viene a riprenderla, fotocopio la pagina del suo quaderno. Mi guarda attonita:
“Mi serve per studiare” le spiego.