Quando giovanotto ebbi la fortuna d’essere condotto in quello che era l’Everest del mondo che esploravo, a Berkeley, la prima cosa cosa che mi colpì appena entrato nel più tecnologico laboratorio che avessi mai visto, fu un leggio di legno che troneggiava in mezzo a tutti quegli apparecchi, con sopra un quadernone aperto e tutto scritto con diverse calligrafie. Quello era il diario dove tutti i membri del gruppo di ricerca annotavano gli accadimenti quotidiani.
Ecco, la parola blog viene subito associata a quella di un diario intimo, forse a causa di tanta stampa che semplifica un po’ troppo, o segue un po’ troppo supinamente i gusti che rendono di più. Anche quello che trovai in quel laboratorio di Berkeley era un diario, ma serviva a tracciare il percorso del gruppo e contribuiva a rinforzare il senso di un’identità e di un obiettivo comune.
Orbene, anche questa comunità virtuale, per ora bisognosa di molte cure perché appena nata, si può giovare di un pratica così semplice. Rinnovo quindi l’invito a scrivere un post, ciascuno sul proprio blog, con una piccola cronaca degli sforzi fatti fino ad ora. Scriveteci esattamente le cose che vi sareste detti oggi pomeriggio se vi foste trovati tutti insieme a prendere un te insieme e l’argomento fosse caduto su questo nuovo (per)corso che avete iniziato insieme. Claude ci ha già dato l’esempio.
P.S. Ho aggiornato il file opml con il blog ultimo arrivato, di Rosaria.
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