Un passo indietro II #loptis

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La volta scorsa la casella degli indirizzi e ora quella del motore di ricerca

Dicevamo nella prima parte, dove avevamo fatto un passo indietro smontando e esaminando un indirizzo URL nelle sue parti, che

[t]utti [i browser] offrono nella parte superiore della finestra una o due piccole caselle per scrivere, più larghe che lunghe.

Avevamo anche mostrato degli esempi, sotto forma di screenshot.

Ecco, qui mi interrompo un attimo. Digressione…

Esortazione #loptis

Avevo promesso di lasciarvi tranquilli per una settimana. L’ho detto lunedì scorso. Dunque niente di nuovo, per qualche giorno ancora. Ma due parole sul metodo può essere utile dirle.

Non vado avanti senza feedback: devo sapere cosa state facendo, altrimenti un percorso del genere non ha senso. Non ho un “programma da finire”. Sì, un piano generale ce l’ho, ma non m’interessa realizzarlo fino in fondo. Me lo sono fatto perché una direzione da seguire ci vuole. Ma l’obiettivo non è finire il mio programma, l’obiettivo è che accada qualcosa di utile nella mente del maggior numero possibile dei partecipanti. Se il prezzo da pagare è rinunciare a due terzi del mio programma, benissimo, rinunciamo, nella fiducia che quei due terzi verranno eventualmente completati dopo il corso, fuori dal corso, in un percorso che le persone sapranno ormai seguire da sole, e nella misura che servirà loro.

Ma io come faccio a regolarmi? Semplice: ascoltando. Però voi dovete parlare, affinché possa farmi un’idea di quello che succede. Sì lo so è faticoso, più faticoso che ascoltare lezioni, studiare e comprimere tutta la propria espressività in un unico evento, l’esame, quasi sempre vissuto con ansia spropositata, rispetto all’evento in se, rispetto al proprio ruolo, alla propria età. Certo, studiare è faticoso, specie se si lavora e si ha famiglia. Ma è una fatica “abituale”, che si conosce. Diversa è la fatica di affrontare l’ignoto, la fatica di cimentarsi, di affrontare una via che non è tutta marcata, una via che non può essere la stessa per tutti, perché ognuno deve tracciare la propria, almeno in parte. Spalmiamo allora quella breve ma intensa ansia da esame nel quotidiano, trasformandola in energia utile per affrontare il nuovo, infine in competenza vera.

Quindi bisogna che qualcosa mi torni indietro, sennò il gioco non funziona. Ho aspettato l’occasione giusta per fare questo appello, sapendo che sarebbe giunta presto – ascolto, attesa…

E l’occasione, ottima, me l’ha offerta Giusi, potete cliccare questo link per leggerlo. Di solito uso i link, come ho appena fatto, per rimandare ad altri brani scritti nel blog, ma per questa volta riporto anche qui il commento per intero – anche perché varie parti avrei potuto scriverle io allo stesso modo:

L’inizio del laboratorio mi ha colta di sorpresa dopo una giornata colma d’impegni.
Una prima e fugace lettura del blog, mi ha spaventata, mi sono sentita esattamente come descritto dal professore in “ accogliendo nuovi studenti”, smarrita, persa…
Poi ho parlato a me stessa, mi sono presa il “mio” tempo, la calma di cui avevo bisogno e …il resto sarà diario..
Ho iniziato la lettura di questo blog aiutandomi anche con carta e penna per fermare parole, concetti, argomenti, e la lettura è divenuta appassionante come una pagina di romanzo, una ricchezza di mondi e pensieri che mi fa ancora una volta constatare quanto questa nostra professione d’insegnanti possa, debba e/o dovrebbe essere risorsa per il nostro Paese, ma questa è un’altra storia.
Io sono cronologicamente una “migrante digitale”, frequento il cyberspazio solo per ragioni professionali( sono insegnante della primaria per metà orario e contamino da anni la didattica tradizionale con quella digitale, sono supervisore di tirocinio in università per l’altra metà d’orario e non posso fare a meno di usare il web per comunicare con le studentesse) per il resto la mia vita sta solo nel mondo “reale”, nel senso che non frequento social network, non ho in merito pregiudizi verso che li utilizza, ma uso già troppo la tastiera e il mio tempo libero desidero dedicarlo alle passeggiate, alle letture, allo studio, a stare in compagnia delle persone che amo. Il tempo è un elemento importante nella vita “reale” e nel cyberspazio? Ho due figli ventenni che utilizzano computer e derivati , anzi mi sembra a volte che questi strumenti siano diventati il prolungamento del loro corpo, della loro mente… discutiamo molto in merito, abbiamo posizioni a volte distanti, ma il confronto con loro mi ha molto aiutata in questi anni a capire i bisogni anche dei miei alunni, anche se più piccini.
Io non posso fare a meno della narrazione che è alla base dell’umanità: abbiamo bisogno di storie per capire e capirci, per cercare di affrontare insieme la complessità della vita. In fondo anche questo mio scrivere è un modo per placare la mia ansia del nuovo, per trovare un “interstizio” in cui mettere un po’ di me. L’assurdo del cyberspazio, almeno a volte così mi sembra è che ci dà la sensazione di essere tutti globalmente vicini nel “villaggio globale” e anche nelle culture e poi fuori di casa lo “straniero”, per dirlo alla Camus, ci infastidisce e in qualcuno scatena odi primitivi. C’è qualcosa che non torna…
Vorrei chiudere con Calvino, uno dei miei autori preferiti, già citato nel blog:
“L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti:
accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio”
Giusi

Al di là del piacere di ritrovare nel suo commento la splendida chiusa de “Le città invisibili” e al di là di varie altre affinità, l’intervento mi pare provvidenziale per suggerire a tutti la tonalità e il modo: Giusi non nasconde lo smarrimento ma ci dice:

Poi ho parlato a me stessa, mi sono presa il “mio” tempo, la calma di cui avevo bisogno e …il resto sarà diario.

Ecco, raccontate quello che vi sta succedendo. Esponete i dubbi, le difficoltà. Senza timori: del giudizio degli altri o del mio. Siamo tutti qui – me compreso – a cercare di imparare qualcosa che ci serve, non siamo qui a fare bella figura.

Fatelo per ora commentando questo post, o uno dei precedenti che vi sembri più pertinente. Io leggo tutti i commenti, ma li leggono anche altri studenti più esperti. Quindi siamo in molti a poter dare una mano.

Accogliendo nuovi studenti #loptis

Post modificato l’11 novembre 2003.


Drasticamente modificato! Nel senso che l’ho trasferito, opportunamente rimaneggiato in una pagina statica dedicata all’accoglienza, raggiungibile anche dalla bacheca e dalla colonna a destra in alto nel blog.

Non cancello il post per mantenere i commenti sottostanti.

Non solo luci #loptis

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Un post che trascrivo dallo stesso che avevamo utilizzato nel cMOOC #ltis13. Per chi vuole frugare fra gli oltre 100 commenti fatti alla prima versione questo è il link.


Non solo luci

Non vi ho chiesto di iscrivervi a nulla, eccetto la compilazione di un modulo minimale per partecipare al laboratorio. Qui si vuole promuovere la conoscenza degli strumenti liberi, degli standard aperti. Si vogliono mostrare gli interstizi liberi, ignorati o disdegnati da erbivori confinati in recinti fatti di ignoranza, comodità e facilità. Ma quegli interstizi potrebbero facilmente prevalere, se solo venissero popolati, come il sacchetto che conquista la terza dimensione quando viene soffiato. La consapevolezza del valore della libertà è il fondamento della società civile. Libertà dal laccio teso dal mercante avido, dal controllo invasivo del potere ipocrita, dal comodo conformismo.

Operare negli interstizi del cyberspazio è possibile ma richiede competenze e motivazioni che i più non hanno. Non mancano circoli di virtuosi che riescono a navigare e lavorare senza sporcarsi le mani, ma sono radi, circoli di esperti che finiscono col rimanere isolati nella loro torre d’avorio. Per chi se ne intende, frequentarli è goduria. Poi torni a casa, vai in classe, o anche al bar, e vedi che il popolo è altrove. A che serve avere le mani pulite se si tengono in tasca?

Allora sporchiamocele, ma sapendo che ce le stiamo sporcando, che ci sono prezzi da pagare, talvolta rischi da correre. Nei prossimi giorni apriremo i blog, è impossibile non sporcarsi le mani: faremo degli account: affideremo qualche nostro dato ad un database gestito da terzi. Ma proporremo una manciata di opzioni, cercando di farlo in maniera ragionata.

Evitiamo per favore le guerre di religione, le partigianerie, che abbondano intorno a questi temi. Sappiamo che siamo tutti diversi, ognuno con la propria sensibilità e la propria unica prospettiva, e conosciamo il valore inestimabile della diversità. Non si giudicano i comportamenti qui, si vuole essere consapevoli del contesto, poi ognuno si rimbocchi le maniche e lavori come meglio crede.

Oggi propongo due letture, poi muoveremo il prossimo passo.

La prima lettura è un racconto di Cory Doctorow (ha già fatto capolino in una discussione). Doctorow scrive di fantascienza ma i suoi racconti non narrano di colonizzazioni spaziali bensì di colonizzazioni cyberspaziali. Per inciso il suo caso è interessante anche perché riesce a incrementare energicamente le vendite dei suoi libri distribuendoli liberamente in internet: regalando molto nel cyberspazio vende molto nello spazio. Interessante, no?

In questo link trovate la traduzione in italiano, scaricabile anche in versione pdf, da stampare o portare su un lettore per leggerlo più comodamente.

La seconda lettura è un breve pezzo che utilizzo da diverso tempo con gli studenti di medicina, ventenni, ormai abbondantemente nativi digitali ma quasi sempre del tutto ignari della questione. Lo riporto qui sotto con qualche piccolo aggiornamento.

Nota bene: questo NON è un post su Facebook. L’ho preso ad esempio solo perché è ben noto ai più. Le considerazioni svolte riguardano, in misure e modi differenti, tutti i servizi Web in qualche maniera “social”: i vari GoogleCosi che richiedono un’iscrizione a Google, Gmail, GoogleDocs, Google+ e via dicendo, poi Twitter, Linkedin, eccetera.

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Appello per l’apertura di un canale umanitario fino all’Europa per il diritto d’asilo europeo – Progetto Melting Pot Europa

Trascrivo dalla newsletter che ricevo da Zalab:

Il Mediterraneo inghiotte uomini, donne e bambini in fuga dall’orrore di guerre e persecuzioni. Il mare è il sicario. I mandanti sono i nostri governanti e le loro politiche di “accoglienza”, fatte di accordi segreti con dittatori, respingimenti, centri di identificazione ed espulsione e sacchi di plastica. Sono tante le iniziative in corso per porre fine a questo orrore, dalla manifestazione di Amnesty davanti a Montecitorio all’appello lanciato da Melting Pot per l’apertura di un canale umanitario per il diritto d’asilo europeo.

ZaLab denuncia da anni questo questo inaccettabile status quo e vuole oggi dare il suo contributo mettendo in onda gratuitamente Mare Chiuso su Vimeo.

Ti chiediamo di promuovere e diffondere questa iniziativa, firmando l’appello di Melting Pot per l’apertura di un canale umanitario fino all’Europa per il diritto d’asilo europeo e diffondendo il documentario, perché più persone possibile vedano con i propri occhi che dietro a queste morti con c’è il caso, ma una deliberata e premeditata volontà dell’Italia e dell’intera Europa di calpestare i diritti e di negare il futuro di migliaia di perseguitati.

Il video rimarrà visibile integralmente dalle 24.00 di oggi venerdì 4 ottobre fino alle 24.00 di domenica 6 ottobre. Il link per vederlo sarà accessibile direttamente dalla pagina di Mare Chiuso buona visione e a presto.

Questo è il video: