Clicca qui per scaricare una versione in pdf.
Un post che trascrivo dallo stesso che avevamo utilizzato nel cMOOC #ltis13. Per chi vuole frugare fra gli oltre 100 commenti fatti alla prima versione questo è il link.
Non solo luci
Non vi ho chiesto di iscrivervi a nulla, eccetto la compilazione di un modulo minimale per partecipare al laboratorio. Qui si vuole promuovere la conoscenza degli strumenti liberi, degli standard aperti. Si vogliono mostrare gli interstizi liberi, ignorati o disdegnati da erbivori confinati in recinti fatti di ignoranza, comodità e facilità. Ma quegli interstizi potrebbero facilmente prevalere, se solo venissero popolati, come il sacchetto che conquista la terza dimensione quando viene soffiato. La consapevolezza del valore della libertà è il fondamento della società civile. Libertà dal laccio teso dal mercante avido, dal controllo invasivo del potere ipocrita, dal comodo conformismo.
Operare negli interstizi del cyberspazio è possibile ma richiede competenze e motivazioni che i più non hanno. Non mancano circoli di virtuosi che riescono a navigare e lavorare senza sporcarsi le mani, ma sono radi, circoli di esperti che finiscono col rimanere isolati nella loro torre d’avorio. Per chi se ne intende, frequentarli è goduria. Poi torni a casa, vai in classe, o anche al bar, e vedi che il popolo è altrove. A che serve avere le mani pulite se si tengono in tasca?
Allora sporchiamocele, ma sapendo che ce le stiamo sporcando, che ci sono prezzi da pagare, talvolta rischi da correre. Nei prossimi giorni apriremo i blog, è impossibile non sporcarsi le mani: faremo degli account: affideremo qualche nostro dato ad un database gestito da terzi. Ma proporremo una manciata di opzioni, cercando di farlo in maniera ragionata.
Evitiamo per favore le guerre di religione, le partigianerie, che abbondano intorno a questi temi. Sappiamo che siamo tutti diversi, ognuno con la propria sensibilità e la propria unica prospettiva, e conosciamo il valore inestimabile della diversità. Non si giudicano i comportamenti qui, si vuole essere consapevoli del contesto, poi ognuno si rimbocchi le maniche e lavori come meglio crede.
Oggi propongo due letture, poi muoveremo il prossimo passo.
La prima lettura è un racconto di Cory Doctorow (ha già fatto capolino in una discussione). Doctorow scrive di fantascienza ma i suoi racconti non narrano di colonizzazioni spaziali bensì di colonizzazioni cyberspaziali. Per inciso il suo caso è interessante anche perché riesce a incrementare energicamente le vendite dei suoi libri distribuendoli liberamente in internet: regalando molto nel cyberspazio vende molto nello spazio. Interessante, no?
In questo link trovate la traduzione in italiano, scaricabile anche in versione pdf, da stampare o portare su un lettore per leggerlo più comodamente.
La seconda lettura è un breve pezzo che utilizzo da diverso tempo con gli studenti di medicina, ventenni, ormai abbondantemente nativi digitali ma quasi sempre del tutto ignari della questione. Lo riporto qui sotto con qualche piccolo aggiornamento.
Nota bene: questo NON è un post su Facebook. L’ho preso ad esempio solo perché è ben noto ai più. Le considerazioni svolte riguardano, in misure e modi differenti, tutti i servizi Web in qualche maniera “social”: i vari GoogleCosi che richiedono un’iscrizione a Google, Gmail, GoogleDocs, Google+ e via dicendo, poi Twitter, Linkedin, eccetera.

Un po’ viene in mente il tema del Faust: tu mi offri una scorciatoia magica e io ti do l’anima, anzi no, l’identità mia.
È un po’ diabolica la lusinga innocente, complice anche l’ignoranza e la sottovalutazione dei fenomeni che hanno luogo nel cyberspazio: – Eh ma la vita reale è qua! Quella virtuale è fittizia…
Niente affatto amici, la vita reale è di qua e di là. Perché gli innumerevoli servizi e benefici che tutti danno ormai per scontati, nativi digitali, immigrati digitali e anche non-digitali, nascono di qua, ma poi in qualche forma passano di là, nel cyberspazio dove vengono accelerati e potenziati, per poi tornare a sostanziarsi di qua, in quello che chiamiamo mondo reale.
È diabolica la lusinga nella sua semplicità: – Guarda ho scoperto un servizio incredibile e non costa nulla! Basta una semplice iscrizione… – ed è vero, non costano nulla tutte queste meraviglie, e salvo alcune eccezioni, che comunque sono marginali, non si riducono al solito trucchetto con il quale ti si fa abituare ad una cosa gratis e poi, quando ti sembra di non poterne fare più a meno, si inizia a fartela pagare. No, sono sempre gratis e il bello è che migliorano tutti i giorni, quello che ieri non si poteva fare oggi si può, anzi, si può fare anche meglio di quello che ieri avremmo potuto immaginare di chiedere, quasi un po’ imbarazzati: – Non è che potrei fare anche questo … ? – certo che puoi, anzi di più!
Miracoli della tecnica? Meravigliose ricadute collaterali della conoscenza scientifica che cresce a perdiesponenziale? – Ah sarà un bel sollazzo! Ne vedremo ancora delle belle! Qua ce n’è per tutti ragazzi! – è vero, ce n’è per tutti, ma c’è anche dell’altro. Prendiamo Facebook – giusto a titolo d’esempio. Ripeto: giusto a titolo d’esempio.
Per iscriversi ci vogliono pochi secondi e non si paga nulla. Con questo semplice atto ci troviamo in un paese popolato da un miliardo di persone. Se non si va troppo per il sottile nell’accettare nuove amicizie, in quattro e quattr’otto ci si ritrova con qualche centinaio di contatti. Si possono condividere pensieri, immagini, video, ci si può scrivere privatamente, si possono formare gruppi per lavorare su obiettivi comuni, vi si posso sviluppare applicazioni e tante altre cose, come sempre, buone e cattive. Virtualmente, grazie alla legge dei 6 gradi di libertà, in pochi colpi puoi raggiungere uno qualsiasi dell’altro miliardo di iscritti. Ci ritrovi tutte le persone che hai incontrato in giro per il mondo, ritrovi anche il fratello emigrato in Canada con il quale non ti parlavi più da vent’anni – magari per scoprire che era meglio non ritrovarlo. Scopri diverse iniziative interessanti e perfino lodevoli, ma ti rendi conto che si tratta prevalentemente di una mostruosa happy hour. Tu puoi reagire con minore o maggiore entusiasmo, magari con fastidio, ma certo non ti sfugge l’enorme facilità con cui questa semplice mostruosità facilita i contatti con il prossimo. Poi cosa siano i contatti per davvero è un’altra storia ma non hai nemmeno tempo per pensarci, sei ubriacato dalla quantità, dalla contattabilità a gogò. Ti può piacere o non ti può piacere, ma riconosci che è tanta roba che ti viene data per niente, in cambio di una mera iscrizione.
Ma che c’entra il diavolo con tutto questo? Stiamo parlando di una mera applicazione tecnologica, in fin dei conti, no? No, stiamo parlando di una transazione di natura economica fra due soggetti che si accordano su di uno scambio di valori, uno ben consapevole di stare facendo un gran business, l’altro che si concede un piacevole sollazzo, ma del tutto ignaro del patto che va stringendo con il diavolo. Perché il diavolo? Come perché? E che si è sempre venduto al diavolo se non l’anima? D’accordo, l’anima non sappiamo, ma pezzi di identità sì. Lo faccio anch’io, e reiterate volte, magari con la scusa che devo perlustrare nuovi territori, anche quelli occupati dal “nemico”, ma lo faccio, ovvero li abito. Li abitiamo tutti quanti.
Vendere se stessi vuol dire qui vendere la propria identità; pare esagerato? – In fin dei conti ho dato un nome di login e una password, e poi nome e cognome. Sennò come fanno a trovarmi gli amici? Ma insomma, non ho poi dato così tante informazioni. In fin dei conti il mio nome e cognome si trova anche sull’elenco telefonico, forse da una quarantina d’anni! Vediamole un po’ più da vicino queste informazioni.
Innanzitutto il “sistema dall’altra parte” individua il numero IP del mio computer, e quindi la mia localizzazione geografica. Poi identifica i cookie presenti sul mio computer, ovvero quei pezzetti di codice, che i siti web lasciano sui computer dei visitatori, come molliche di Pollicino, per ritrovare la strada nelle informazioni che consentono di svolgere il servizio verso ciascun utente. Poi prende nota del sistema operativo e del browser che sto usando, quindi traccia tutti i miei click e le relative destinazioni, accumulando una mappa delle mie preferenze e dei miei contatti. Tutte queste informazioni vengono condensate e associate ad un codice alfanumerico che mi viene appioppato. Tutto ciò che farò successivamente verrà similmente agganciato a quel numero che mi identifica in modo univoco nel mondo degli utenti di quel servizio, nel mondo del miliardo di utenti di Facebook, per esempio.
È così che quando faccio un nuovo account, io baratto la mia identità a fronte di un certo numero di servizi. Un’identità che all’inizio è composta da un numero relativamente modesto di informazioni, anche se magari piuttosto rilevanti, quali nome e cognome, ma che con il passare del tempo va arricchendosi costruendo un profilo che mi identifica sempre più accuratamente.
Ma cosa potrà valere mai la mia identità, uomo comune, privo di particolari attrattive, non povero ma nemmeno ricco, privo di informazioni critiche o strategiche, uno come tanti? Non tanto, quasi nulla effettivamente, ma qualcosa. Facciamo i conti. Attualmente la capitalizzazione di Facebook ammonta a circa 57 miliardi di dollari (lascio questa cifra riferita all’11 aprile scorso, data di pubblicazione della prima versione di questo post – ora è già molto di più, seguite il link e fate voi le proporzioni…). Se gli utenti sono 1 miliardo (idem: siamo a un miliaro e 150 milioni…) allora ciascuno di essi “vale” 57 dollari [1]. Vale perché Facebook non ha che le loro identità. Non ha fabbriche che producono scarpe, o montature per occhiali. Non ha stabilimenti nei quali entrano materie prime e escono prodotti, o parti di prodotti. Non ha camion, navi o aerei che trasportano prodotti. Non ha niente. Sì, ha dei capannoni pieni di server, o li affitta da altri. Ma non ha niente altro. Possiede solo le nostre identità, ed ognuna di queste vale 57 dollari, in media. Se andiamo a prendere i dati di fatturato e di utile, ebbene allora scopriamo che ciascuno di noi, in media, contribuisce al fatturato di Facebook con qualche dollaro e produce meno di un dollaro di utile all’anno, una miseria. È una situazione incredibile: Facebook siamo noi e solo noi! Senza quel miliardo di manciate di informazioni da 57 dollari l’una, svanirebbe come una bolla di sapone, anzi rimarrebbe un considerevole buco sotto forma di server e infrastrutture inutili. Ciascuno di noi conta pressocché zero ma tutti insieme diventiamo un business colossale, uno dei più grandi business che si siano visti sul pianeta. Una genialata.
Il motivo per cui si genera tutto questo valore è semplice: chiunque voglia mettere sul mercato prodotti o servizi ha grande interesse in qualsiasi mappatura delle preferenze, magari messa in relazione con riferimenti geografici, sociali, anagrafici, professionali, solo per menzionarne alcuni. La pubblicità è l’anima del commercio, ma la pubblicità ideale è quella che consente a me venditore di concentrare il messaggio pubblicitario su chi è più maturo per recepirlo. Facebook vende esattamente questa roba.
E io, povero individuo, di quali opzioni dispongo in questo gioco, inizialmente innocente e un po’ trendy, ma poi inquietante mostruosità? Proviamo a individuarne alcune, graduandole in base alle possibili inclinazioni dell’utente.
- Non ne voglio sapere niente. È molto semplice: non mi sono mai iscritto e non mi iscriverò mai. Vivo benissimo senza, dicono che pago il prezzo di essere fuori dal mondo. Non so che farmene di quel mondo, non mi interessa quell’oceano di banalità.
- Ormai mi sono iscritto, ma poi mi sono accorto di una serie di cose che non mi piacciono per niente. A un certo punto ho cancellato il mio account con tutte le informazioni che ci avevo messo, e ho provato come un sollievo per essermi ritirato da una cosa che non mi interessa e anzi mi sembra preoccupante. Poi un giorno, ho appreso da un articolo sul giornale che sì, avevo cancellato tutti i miei dati ma solo per me! Facebook li conserva tutti e li conserverà finché esisterà, magari più a lungo di me! Mi posso consolare con l’idea che quel pezzetto di identità venduta sia rimasta lì, congelata, e che essa sia minima rispetto a quella che sarebbe potuta diventare se fossi rimasto dentro al sistema. Rimango tuttavia disturbato dall’irreversibilità del baratto, effettivamente un po’ diabolico.
- Mi sono iscritto e ho dato vita a un’iniziativa interessante e utile: ho creato un gruppo di collegamento con i miei compagni di corso al I anno del corso di laurea. Siamo più di trecento e l’organizzazione dell’università non è il massimo. Il gruppo si è rivelato utilissimo per lo scambio dei materiali didattici, per l’ottimizzazione dei gruppi nei laboratori, per la diffusione delle informazioni sugli appelli d’esame e varie altre cose. Un amico geek mi aveva detto che tutte queste cose si potevano organizzare tecnicamente anche in altri modi, ma io, che devo anche studiare e non è che posso fare l’amministratore di un sistema informatico a tempo pieno, grazie a Facebook ho potuto contattare e coinvolgere in pochissimo tempo quasi tutti i compagni di corso. Mi sono poi accorto di vari aspetti negativi del social network che non mi piacciono per niente e questo mi ha messo in difficoltà. Per ora ho risolto il problema usando Facebook solo per il gruppo, trascurando tutto il resto. In questo modo limito l’espansione incontrollata della mia identità digitale, limitandola agli aspetti connessi con la vita del gruppo di coordinamento degli studenti.
- ekkeppalle siete vekki vekki solo problemi vedete problemi problemi ma mai ke 1 cs vi piacequello di informatica peggio di tutti fa lo ye ye e poi riski qua riski la vekkio bacucco anke luima kissenemporta fb fa le buke e c s diverte appalla
Questi atteggiamenti esemplificano quattro possibili – non unici! – livelli di partecipazione, aventi valore diverso dalla media di 57 dollari che abbiamo calcolato poc’anzi. Tirando un po’ a indovinare e scartando ovviamente i non-utenti del tipo 1, gli utenti del tipo 2 potrebbero ad esempio valere 10 dollari, quelli del tipo 3 100 e quelli del tipo 4 1000, o qualcosa del genere.
Non c’è quindi una ricetta ideale. Tutto quello che si può fare è determinare il compromesso fra l’estremo Non Ne Voglio Sapere Niente all’altro Ma Ke Vuoi Ke Succedea. Concludo con un elenco minimo di consigli, ricordando che ho utilizzato il riferimento a Facebook solo a titolo di esempio.
- Evitare di fornire tutti i dati facoltativi.
- Non inserire dati su famigliari e soprattutto minori. Questo non significa non narrare fatti occorsi realmente, ma avere cura di decontestualizzare adeguatamente, nel tempo e nello spazio, e di usare pseudonimi.
- Limitare l’inserimento di preferenze personali.
- Ricordarsi che questi siti mantengono le vostre informazioni anche se voi le cancellate.
- Se accade qualcosa di strano al vostro account, contattate il servizio clienti – questo nel caso di Facebook; qui ci sono le istruzioni per recuperare fare un download dei propri dati.
- La rete è piena di informazioni a riguardo, ma alcuni insegnanti potrebbero trovare interessanti due presentazioni di Caterina Policaro: Cittadini attivi e responsabili nei social network all’USR Lombardia e Abitare i social network: uso responsabile e consapevole. Nello stesso blog potete trovare anche molte altre informazioni utili sull’impiego degli strumenti 2.0.
[1] Questa stima collima con quella riportata da Roberta Ranzani in Il valore dei dati sui social network [infografica], dove trovate anche altre interessanti valutazioni.
Qui sotto trovate il tasto per stampare il post in formato pdf (7 pagine)
ottimi consigli, notevoli spunti di riflessione. resta un aspetto, già sottolineato da Andreas in un altro post, internet è un mero duale della realtà. sono di quelli che non si preoccupa di lasciare tracce di sé in giro, dati sensibili inclusi, come raramente sprango la porta di casa.
non ho niente da nascondere e tanto meno da rubare.
noto però leggerezze incomprensibili ascrivibili alla fretta con cui spesso viviamo.
notavo, ad esempio, in un profilo facebook di una amica (che si ritiene al sicuro perché seleziona attentamente i contatti) alcune foto del sesto compleanno della figlia. a parte il fatto di pubblicare le foto degli amichetti della figlia senza alcun preventivo consenso dei genitori, quello che mi ha colpito è una foto dove sullo sfondo fa bella mostra di sé l’impianto antifurto. una informazione preziosa per qualunque malintenzionato. leggerezza? convinzione di essere al sicuro? sottovalutazione dei rischi?
ma, passando ad altro, quanti capi di stato potevano immaginare che i loro cellulari fossero intercettati da NSA?
Non siamo ancora abituati al maggiore livello di consapevolezza che ci impone un mondo globalizzato ed interconnesso.
Pensando al cyberspazio mi viene da pensare che il mio intervento, che arriva in mostruoso ritardo, sarebbe stato comunque vecchio nel giro di pochi secondi…Oggi tutti scrivono e chi legge?
Mi sono iscritta a Fb alcuni anni fa, sotto pressione di una carissima giovane amica che settimanalmente mi mandava inviti a “svecchiare”.
Lei e il suo compagno erano – e sono- molto attenti e consapevoli di quanto-cosa-come avviene in questa dimensione e così quando le ho comunicato che aveva vinto mi ha dedicato un paio di sere per “aprirmi gli occhi” sul’affare Fb. L’ho usato per mettere in rete un gruppo di adolescenti che seguivo ed ora lo uso per creare eventi. Mi piace promuovere iniziative culturali e non , o anche solo provocazioni, e far sì che arrivino a più persone. Nello stesso tempo sfrutto anche la potenza di questo mezzo che tiene memoria degli eventi creati e lo ricorda agli invitati.
Molti definiscono il mio profilo noioso – è come te! Noioso- io lo trovo usefull per quello che mi serve.
Oggi il mio diario è “quasi” asettico, ma non nascondo la testa sotto la sabbia…devo confessare che, superata la diffidenza iniziale, ero diventata Fbookkiana dipendente (non tanto come partecipazione attiva ma in qualità di spettatore di un nuovo Grande Fratello).
Per mia fortuna non ho tempo per interessarmi delle vite altrui e dopo un paio di mesi utilizzati per “mappare” l’uso che i miei “amici” fanno di Fb, ne ho fatto uno strumento, come tanti altri.
Ma mi piace trovare questi interventi con relativi link, per aumentare in consapevolezza, e chiaramente…per condividerli 😉
Ciao Monica. No non c’è ritardo, e io comunque leggo tutto. Chiedi se hai dubbi, o anche se desideri che venga approfondito qualcosa in particolare 🙂
Ho provato a creare il blog e pian piano muovo i primi passi…ho creato alcune pagine ma…non so come aggiungere all’interno immagini, articoli, video. Pensavo funzionasse “a cassettiera” invece non mi ci ritrovo. Qualsiasi suggerimento sarà di grande aiuto 😉
http://monicoli75.wordpress.com/
Mi hai chiesto anche quest’altra cosa in un’email (falle tutte qui le domande):
Iniziamo quindi da quest’ultima domanda. Ci sono diversi modi di essere avvertiti della pubblicazione di nuovi commenti:
Poi, per quanto riguarda…
in principio è sempre nella bacheca che devi andare:
Infine mi hai chiesto – in un’altra email che ho visto dopo –
Anche qui, almeno due soluzioni:
Bacheca->Aspetto->Widget e lì cerchi il widget Segui il blog che piazzi come vedo che hai fatto per vari altri widget
A volte mi verrebbe da dire che il cyberspazio offre opportunità e rischi, che può essere buono o cattivo solo perché tale può essere l’intenzione di chi lo abita ed usa. Confesso però che la lettura di “Scroogled” mi ha inquietato. Sono nato lettore con la fantascienza e credo che essa abbia una componente profetica. Forse per questo motivo a volte mi capita, leggendo di qualche nuovo sviluppo tecnologico, di cogliere il suo potenziale utilizzo come strumento di controllo. Abbiamo a che fare con magnifici strumenti capaci di amplificare, dilatare, accelerare, avvicinare, moltiplicare e per questo dovremmo chiederci una maggiore responsabilità nel loro uso e una particolare vigilanza.
Seguito i vari consigli…qualcosa è stato fatto…ma c’è un macromondo ancora da scoprire…
Dimenticavo, questo video girava settimana scorsa in facebook 🙂
http://www.ilfattaccio.org/2013/09/04/attenzione-che-pubblicate-facebook-ecco-i-rischi-che-correte/
È tardi per commentare, lo so ma nella vita reale insieme a qualche breve fuga nel cyberspazio gli “interstizi temporali” adeguati per leggere e riflettere mi sono mancati 🙂
Io sono iscritta a facebook e mi piace … Leggo frasi interessanti, vedo foto meravigliose, posto articoli e iniziative di interesse comune(anche se oggi scegliere la fonte è davvero difficoltoso…ecco un altro problema, come scegliere di chi “fidarsi”) … Certo non scrivo cose personali: non dichiaro amore alla mia metà, non scrivo tutto quello che faccio … Se vivo però delle belle esperienze le condivido…in effetti diciamo che chiunque visita il mio profilo capisce che tipo di persona sono…
E qui parte il problema: come insegnare alle nuove generazioni l’uso dello strumento? Innanzi tutto mi viene da dire che se il ragazzo non appare abbastanza maturo si può anche dirgli un bel NO NON SAI ANCORA GESTIRE QUESTA COSA…e con lotte e compromessi ci sta comunque alla grande! Per chi è abbastanza maturo l’arma segreta è il parlare molto in casa: tv e radio spente e dialogo, raccontarsi, ridere insieme, il focolare, e parlare anche delle cose brutte che accadono, che possono accaderci…beh ora mi sto allontanando dal cyberspazio. Chiudo ricordando l’esame in teoria e tecniche della comunicazione, insegnamento svolto anche tramite laboratorio della comunicazione. Ciò che più mi ha colpito è stato un autore MANUEL CASTELLS , che proponeva l’utilizzo del cyberspazio e delle sue immense potenzialità per cambiare il mondo e risolvere molti dei problemi che affliggono larga parte dell’umanità … Se il cyberspazio ha davvero questo potere qualcosa di buono ci deve pur essere in esso…o forse è ancora più semplice…siamo NOI che insieme, utilizzatori consapevoli dello strumento possiamo generare il cambiamento…
Non è mai tardi qui…
Brevemente per ora – sto psrtendo… – la cosa importante da capire è che il cyberspazio NON è facebook ma molto molto di più. ..
Certamente, questo è chiaro! Probabilmente è qualcosa di talmente vasto da non poterlo nemmeno immaginare! Infatti si chiama cyber-spazio 🙂 buon viaggio! Si legga un buon libro se può! Il “carta-spazio” fa sempre sentire un po’ a casa 🙂
Certo, sto finendo Viaggio al termine della notte – terribile Céline – e poi devo tornare da Baricco e poi ho sul comodino Faulkner e poi e poi … grazie al cielo non ci sarà fine…
Leggo con molto interesse quanto pubblicato e lascio andare liberamente un pensiero; quando ho tempo e trovo una edicola mi fermo e guardo alle riviste, giornali, pubblicazioni che non conosco.
Stranamente sono sempre più numerose di quelle che conosco.
Maanche quelle che per motivi personali non VOGLIO conoscere sono sempre molto ma molto numerose.
Cosa significa? Che non leggo molto? Che non sono curioso? Che non sono informato?
Le mie conclusioni, non di oggi ma di più di 30 orsnon, ma ancora valide: io non posso non scegliere cosa e come leggere! Non sono un onnivoro e mi limito a riempire qualche macchia ( o a scolorarla) della mia conoscenza.
Se mi piace continuo a farlo, anzi lo amplio, se non mi soddisfa smetto.
Dovremmo pensare a come rendere piacevole la lettura dei testi ai nostri allievi in modo che trovino delle soddisfazioni future nel farlo.
Ricevo qualche ritorno da ex allievi positivo.
Grazie a tutti e ciao
Buona domenica mattina, uggiosa come conviene al mese di Novembre.
Costantino
Avevo letto il post qualche giorno dopo la sua pubblicazione e mi aveva un po’ scossa. Ho voluto rileggerlo e, nonostante avevo già letto delle “identità rubate” in passato, oggi mi sento ancora più turbata. Ho la sensazione di vivere in un film, uno di quelli che abitualmente non amo vedere perché non mi piace la fantascienza. Ma questa non è fantascienza è la realtà, ed io che appartengo alla categoria numero 3, che pensavo di ” limitare l’espansione incontrollata della mia identità digitale”, oggi non posso più far finta di niente e sono molto preoccupata. Lo sono soprattutto per i miei figli, per i ragazzi che mi stanno intorno, ai quali sarà molto difficile far comprendere le mie preoccupazioni.
Sì ma senza ansie. Qui facciamo un lavoro sulla consapevolezza, non sulla demonizzazione. Perché, dall’altro lato, la cultura occidentale instilla anche un’insensata e direi quasi demente, aculturale, pretesa di sicurezza. L’insicurezza fa parte dell’esistere umano. Si tratta di imparare af affrontare consapevolmente i rischi.
Condivido, terrò a mente: “L’’insicurezza fa parte dell’esistere umano. Si tratta di imparare ad affrontare consapevolmente i rischi.”
Ho letto il racconto di Cory Doctorow e oltre che a trovare conferma, anche se sottoforma di un racconto, di miei dubbi latenti, ho pensato immediatamente al leit-motiv di questi giorni: lo spionaggio elettronico, all’inizio gli americani, oggi anche i russi, l’Europa indignata per essere controllata inconsapevolmente… é azzardato pensare che ci sia continuità tra finzione (il racconto) e realtà?
Antonella
Secondo me non è affatto azzardato. Uno dei nostri obiettivi è proprio quello di rendersi consapevoli e quanto più possibile in controllo di ciò che facciamo.
Vorrei spezzare una lancia a favore di fb … Se usato “con la testa” credo sia uno strumento formidabile … lo sto “studiando” da un po’ e non posso che esserne entusiasta … I miei contatti mi permettono letture interessanti che difficilmente farei… Noto una buona educazione e risposte adeguate alle situazioni … Molti ex alunni mi hanno chiesto l’amicizia e credo che questo sia anche molto bello … Cercano forse un modello? Comunque ho sicuramente molto da imparare…
Vorrei segnalare questo studio
http://mediamondo.wordpress.com/2013/09/28/gli-italiani-su-facebook-vivere-in-modo-consapevole-il-senso-della-propria-posizione-in-rete/
e l’ultimo convegno di Caterina Policaro, una docente che stimo veramente molto…
http://www.catepol.net/2013/08/28/pzsmart-presente-avanzato-la-citta-tra-il-futuro-e-il-digitale-a-potenza/
Comunque ho veramente ancora tanto da imparare e sono felice di essere qui!
Orlanda
Sì Orlanda, è giusto evidenziare e soprattutto cercare di nutrire gli aspetti positivi. Molto più utile che arroccarsi denunciando l’arrivo dei barbari.
Proprio per mettere in luce gli aspetti positivi, proviamo a mettere in evidenza quelli negativi. Un po’ come rendersi consapevoli dei rischi della strada, non per rinunciare a viaggiare ma per viaggiare con maggiore sicurezza – o anche per capire in quali occasioni sarebbe meglio andare a piedi…
Grazie anche per le risorse che ci hai indicato!
Questi ultimi articoli di Caterina Policaro devo proprio metterli da parte…Grazie Professore per questi e per tutto il resto: è questo un argomento davvero scottante alla quale ho sempre prestato un’attenzione superficiale.
Forse un po’ tutti, ad iniziare dal sottoscritto. Cercheremo di affrontare l’argomento anche da altre prospettive.
Grazie mille per il pdf, inoltre leggendo questo post mi rendo conto che è proprio vero, molto spesso si sottovaluta il cyberspazio, un mondo che da un lato può aiutarci e dall’altro distruggerci, facendo della nostra identità un numero, un oggetto visibile a tutti e uguale a quella di molti altri. Sono riflessioni, che anche se scontate molto spesso non facciamo, ma ci dovrebbero aiutare a superare il muro dell ignoranza che circonda il cyberspazio. Grazie Prof. Andreas, perchè ci conduce per mano verso questo cammino di nuove scoperte e cosapevolezze.
Hai detto proprio bene:
A essere sincera mi sento la ripetente del gruppo e quindi a volte preferisco rimanere in disparte a leggere i commenti degli altri colleghi. Trovo molto interessanti questi post scritti da Andreas perché tutt’altro che ovvi e quello di oggi a maggior ragione. Dico sempre che per anni noi italiani ci siamo battuti per la legge sulla privacy e poi non ci rendiamo conto di offrire tutte le nostre informazioni personali, intime e quant’altro su un piatto d’argento a chiunque. Uno strano ossimoro ma é così… Uso FB, non sono di quelli che vuole stare fuori dal mondo ma voglio capirne dinamiche e meccanismi per il mio lavoro e oltre afar capire come si può utilizzare un ss da un punto di vista didattico cerco come prima cosa di far riflettere sui meccanismi che stanno dietro a un sistema come FB, Twitter ecc. La verità é che la tecnologia se da una parte é cosa buona e giusta dall’altra ha reso facile la vita a chi dall’alto ci traccia e segue quello che facciamo. La vita degli altri, una sorta di finestra di fronte ante litteram ma in questo caso non siamo oggetti di osservazione ignari, al contrario, si fa a gara a chi posta e riceve più I LIKE. La discussione sui minori su FB a mio parere dovrebbe essere un tema da discutere nelle sedi istituzionali, magari una vera e propria interrogazione parlamentare; la scuola e lo Stato non posso demandare più a nessuno altro una situazione scottante quanto sociale…. almeno se io fossi la mamma di una 13nne che posta foto mezza nuda mi interrogherei sul genere di vita e concezione del mondo che mia figlia si sta facendo e vi posso assicurare che la morale non c’entra nulla quanto il buon senso e la riservatezza della propria sfera intima; ma poi leggo di adulti che pubblicano cose simili e allora mi cadono la braccia…. possibile che nessuno o solo gli addetti ai lavori si pongono il problema?
Infatti codesto è un problema, un nostro problema, che si somma a quello generale, discusso nel post – patto col diavolo ecc. Cosa offrono gli adulti in media a questi ragazzi?
Ocse: italiani inoccupabili perché analfabeti? Trasmissione che parla della recente dell’analfabetismo funzionale degli adulti in Italia, in seguito ai risultati di una recente indagine promossa dall’Ocse in 24 paesi e realizzata in Italia dall’Isfol su incarico del Ministero del Lavoro. Risulta che siamo ultimi per le competenze alfabetiche e penultimi per quelle matematiche…
Ciò che succede nei social network è espressione di ciò che siamo nella vita reale. C’è da rimboccarsi le maniche…
Ho letto con interesse l’esempio di FB riguardo l’utilizzo dei dati personali. Personalmente sono molto scettico su questo social, meno su altri (google+ twitter) ma sono considerazioni di cui tener conto in tutto quello che facciamo in rete, ricordandoci che non è staccata dalla vita reale.
Grazie per gli spunti!
stasera mi è successa una cosa “agghiacciante”… Stavo usando la chat di Fb con un giornalista che conosco, per concordare dei dettagli su alcuni avvenimenti che sto pubblicando in Fb, quando lo smartphone ha iniziato a squillare ed era lui. Ora non ha il mio numero di telefono. Come è possibile? C’è qualcuno in grado di aiutarmi a bloccare questa cosa? Non è un problema in questo caso specifico ma mi paralizza l’idea che si possa ripetere ed amplificare…Privacy rubata
Ma tu hai dato il tuo numero di cellulare a FB?
No, è per questo che lo trovo mostruoso
Non ho nemmeno autorizzato il GPS…per un discorso di “protezione minima” della mia privacy
Non ho nemmeno autorizzato/attivato il rilevatore di posizione pur di garantirmi un “minimo” di privacy
In questi due giorni ho tentato di scoprire cosa fosse avvenuto.
Primo passo: ho scaricato da Fb tutte le mie attività così da verificare di non aver dato il numero di cell (anche se poi in realtà usandone l’applicazione con lo Smartphone è chiaro che sia noto)
Secondo passo: ho chiesto al giornalista e ho scoperto che se si è in chat da telefono in alto a sinistra (ho fatto i vari screenshot ma non riesco a caricarli) appare una colonnina. Cliccandoci sopra si apre un menù a tendina il quarto strumento proposto è Free call. E’ attivo se si ha in rubrica il numero di telefono della persona della chat; non lo è se non si ha il numero.
Morale: il giornalista aveva il mio numero di cellulare, ma non avendolo chiesto a me personalmente, non aveva mai osato dirlo e ha pensato di farmelo scoprire così… 😛
Di fatto il simbolo della chiamata registrata dal telefono è di colore blu (Fb)
Grazie per questo approfondimento. Io evito di usare i client di social network invasivi come FB sullo smartphone e, naturalmente, cerco di non dare mai il numero.
A reblogué ceci sur Il Blog di Tino Soudaz 2.0 ( un pochino).
Le cose capitano a fagiolo!
Proprio l’altro giorno ho inserito nell'”aula” in piattaforma moodle di una mia classe prima superiore il racconto di Cory Doctorow perché, avendo esortato gli allievi ad eseguire il login per partecipare alle attività proposte tramite moodle, ed avendo fatto presente che potevano costruire un loro profilo con immagine, frase, interessi, e mail ecc., un ragazzo mi aveva obiettato che non si fidava di scrivere cose personali. Allora mi è venuto in mente il post “non solo luci” ed ho fornito agli allievi il link al racconto sperando di incuriosirli; ho anche aperto un forum di discussione a cui qualcuno ha risposto. Visto l’interesse ho proposto la lettura di tutto il post.
Credo che sia importante che i ragazzi si rendano conto che si stanno muovendo in un ambiente che riserva indubbiamente miniere di informazioni ma che nello stesso tempo “ruba” ed utilizza frammenti di identità per gli scopi più inimmaginabili.
Ma tant’è, come dice Andreas, bisogna sporcarsi un po’ le mani. Magari… sapendone un po’ di più, il meno possibile!
Come sempre grazie Andreas per i tuoi spunti preziosi!
Proprio oggi ho lungamente parlato con dei miei amici di problemi connessi con l’uso di FB da parte dei figli – circa 13 anni. Il problema di solito è la totale assenza di percezione della natura pubblica del luogo. Interessante invece il caso di codesto ragazzo che ha obiettato: chissà dove si è costruito quella sua diffidenza?
Ciao, Andreas!
Dopo aver letto per la seconda volta questo inquietante post,
è consolante sapere che tu, in tutti i casi, ci sei!
E pensare che potremmo, in caso di necessità, chiedere aiuto a te…
Provate ora: ho messo in cima al post un link diretto a una versione pdf che ho caricato io in WordPress.com.
Ora sì, grazie. L’ho scaricato anche sul tablet, dove posso ritrovarlo e leggerlo in tranquillità quando voglio 🙂
Qui funziona ma non ci posso fare nulla se non funziona. Mi spiego: il link che ho messo in cima al post porta in fondo, dove nella sezione “Share this”, oltre alle varie opzioni di condivisione – Facebook, Twitter eccetera c’è anche Print. Ma quella è una roba Javascript che confeziona WordPress.com da se e io non ci posso fare nulla. Però, ora che ci penso, una cosa la posso fare… un momento…
Anch’io come Laura ho scaricato il PDF sul tablet e lo leggerò con calma… Meraviglie della tecnologia!! Grazie Andreas!
ciao a tutti, succede anche a me la stessa cosa di fbartoli; ho provato con diversi dispositivi ma proprio non funziona…
grazie per il post e ben trovati
p.s. a me il link per scaricare il post in pdf non funziona… non so se per caso, antipatia, linea scarsa oppure obsolescenza del mio laptop ma comunque ho ritenuto utile segnalarlo……….
Reblogged this on fbartoli_TrainingSpace.