HTML – 2 – I miei strumenti e il laboratorio online #linf14

Scrive Gabriella, nel forum IUL:

Sono curiosa di conoscere quale editor ha utilizzato il prof. perchè l’html è pulito e il blog [sito] http://iamarf.ch/ è bello chiaro. Aprendo il codice vedo che ha utilizzato un foglio di stile CSS per definire l’impaginazione, ma non riesco ad individuare con cosa sia stato generato.

Rispondo qui perché la questione è interessante e si presta ad un paio di considerazioni. La prima.

La mia regola è questa: usare lo strumento minimo che consente di conseguire l’obiettivo significativo. Se vogliamo è un corollario delle regole di scrittura di Orwell. Anche con gli strumenti: il superfluo rischia d’esser dannoso.

Nello specifico della domanda di Gabriella, per scrivere i file HTML e CSS uso quasi solo Vim, un editore di testo derivato dallo storico editore vi per Unix, che risale al 1976! Quindi scrivo tutto “a mano”. Inoltre faccio larghissimo uso del copia-incolla, una virtù fondamentale di chiunque scriva frammenti di codice, di qualsiasi tipo. In questo un editore di testo puro ma sofisticato può essere molto utile. La questione è il controllo e, conseguentemente la libertà: sapere esattamente cosa stai facendo. Al contrario, se usi un sistema WYSIWYG (ciò che vedi è ciò che ottieni) tutto sembra molto più facile ma in certe situazioni puoi impazzire perché il sistema non fa quello che che vuoi. Copia-incolla che può essere fra propri frammenti di codice ma anche da codice scritto da altri di cui ci si fidi, sia dal punto di vista tecnico che etico.

Per esempio, i caratteri stilistici delle pagine che vi sto proponendo (per ora in http://iamarf.ch e http://iamarf.ch/iul) li ho tratti dal sito di un mio caro amico: Istituto di Cultura Italiana (in Tbilisi). Mi limito a citarlo perché la sua storia meriterebbe un romanzo piuttosto che un post, malgrado il fatto che abbia la metà dei miei anni. Tommaso è un letterato ma è anche un raffinato autore di software, tanto fuori dalla corrente quanto geniale. Ha realizzato siti web complessi utilizzando solo il Blocco note di Windows. Apprezzo la nitidezza delle sue soluzioni grafiche anche, e forse soprattutto, perché riflettono l’etica limpida che ispira il suo pensiero e le sue azioni. Competenza e visione etica di cui in un paese come il nostro nessuna delle istituzioni che conosco saprebbe che farsene, purtroppo. Infatti ora è in Georgia e pare che si trovi bene.

 

La seconda considerazione attiene a ciò che sto cercando di fare con il server http://iamarf.ch, perché anche questo è emerso nel forum IUL e anche questo può essere di interesse generale.

L’insegnamento che sto tenendo nella Italian University Line si chiama “Laboratorio Informatico” ma il contesto è quello di un’università telematica. Come può essere quindi un laboratorio online? Per di più quando ci ritroviamo…

nozionismo, didattica trasmissiva, classi “pollaio” in Italia, contro learning by doing, costruttivismo e “classi laboratorio” (digitalmente aumentate) in Europa

… come ha scritto Paolo Ferri oggi in Agenda Digitale. Come fare dunque questa cosa? Risposta: facendo (per davvero) cose molto semplici e comunicando molto: – cura della comunità di pratica. Fuori dai piedi tutto ciò che è orpello o sovrastruttura inutile. Invece, varietà di strumenti e soluzioni, alle basi, dritti ai concetti fondanti.

HTML dunque, un po’ di CSS, un brandello di Javascript, forse, giusto per avere un’idea di come sono architettate le cose. Poi altra roba. Non ci interessa la competenza del tecnico – queste persone fanno gli insegnanti – ci interessa la familiarità con la Macchina, la percezione di cosa c’è sotto i bottoni colorati, la capacità di intervenire un po’ più consapevolmente dentro l’editore di un forum, di un blog o di un wiki. La consapevolezza di poter costruire e non solo consumare. Consapevolezza che si potrebbe insegnare anche ai giovani, invece di comprare loro app.

HTML manipolato con editori di testo e visualizzato sul browser del proprio computer: un laboratorio magnifico – tentativi, imparare facendo. Ma così facendo manca ancora la dimensione corale del laboratorio. Ecco che serve un luogo dove “attaccare al muro” i propri lavori per poi discuterli insieme: http://iamarf.ch/iul. Un luogo dove ciò che scrivi è ciò che vedi, non ciò che vedi è ciò che ricevi.

Allo stesso tempo un luogo dove anche l’arrovellìo del docente sia visibile – il laboratorio. Qui si tratta di convertire il marasma di informazioni, frammentato negli anni, dalla forma blog in una più organica. Una sorta di libro in divenire anche se il sottoscritto non scriverà mai un libro, giusto per mostrare quello che si può fare e come si può fare, semplicemente. Ecco quindi che nel medesimo laboratorio andiamo condensando i vari testi sparsi qua in un capitolo introduttivo su HTML: http://iamarf.ch. In tre diverse forme la cui essenza è determinata dallo scopo:

  1. HTML con disegno massimamente chiaro e accessibile, per essere frugato sullo schermo del computer – il regno del link;
  2. EPUB per la lettura su ebook di vario genere, tablet ecc. – testo che si adatta allo schermo sempre diverso – smartphone, tablet, e-reader – come fosse liquido in un recipiente;
  3. PDF per la lettura su carta – pagine “fotografate” per essere riportate sulla carta.

Gli esercizi HTML semplici ma senza limiti vengono poi riportati nel blog. Da qui la trovata di rendere visibili anche dall’esterno i blog che i partecipanti della IUL possono aprire nel loro ambiente. Anzi, da oggi è anche possibile commentare i post dall’esterno. È un fatto notevole: di solito tutto ciò che è istituzionale è chiuso dalle nostre parti. Che succede dunque se si riporta quel codice HTML in un ambiente di pubblicazione, come il blog? Va sempre tutto bene? Oppure no? Occasioni di riflessione, approfondimento, elementi di doma della Macchina.

Forse ci verranno altre idee ma il principio è lo stesso: poca teoria ma applicata tutta, molto dialogo. Non sarà mai come un laboratorio vero ma forse lo sarà di più di tutti quelli veri che non ci sono.


Regole di Orwell per la scrittura efficace.

  1. Non usare mai metafore, similitudini, o figure retoriche che vanno per la maggiore nella stampa.
  2. Non usare mai parole lunghe dove ce ne potrebbe stare una corta.
  3. Se puoi eliminare una parola mantenendo intatto il significato, eliminala.
  4. Non usare mai il modo passivo dove puoi usare anche l’attivo.
  5. Non usare una frase straniera, parola scientifica o di gergo se conosci una parola di uso comune che esprime lo stesso concetto.
  6. Infrangi queste regole prima di scrivere qualcosa di ridicolo.

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HTML – 2 – Gli strumenti #linf14

HTML – 1 – #linf14

Hardware e software, strumenti di pensiero e libertà
Castel del Piano, 30 maggio

È da qui che dobbiamo partire per introdurre il lavoro del secondo modulo sul linguaggio HTML.

Gli uomini comunicano mediante linguaggi universali fondati su sistemi di simboli, grammatiche, notazioni musicali, formalismi matematici. Per utilizzare questi linguaggi occorre padroneggiare le rispettive simbologie, che non sono piovute dallo spazio ma sono un’emanazione della mente umana, o meglio dalla collettività delle menti umane, al di là di ogni limite spaziale e temporale. Le espressioni umane sono rese possibili dall’esistenza di specifici dispositivi mentali innati. Ad esempio Noam Chomsky, a proposito di lingue naturali, parla di una grammatica universale, espressione di un dispositivo linguistico che sarebbe presente nella mente di tutti, fin da bambini. Poi, l’esposizione ad un determinato contesto linguistico e culturale fa sì che il bambino moduli la sua grammatica universale in quella di una lingua specifica. In questo modo l’apprendimento della lingua madre non è una cosa che i bambini fanno ma una cosa che succede loro, se il contesto ambientale è favorevole in una certa finestra temporale. I sistemi di simboli si sono evoluti nel corso di un lungo processo evolutivo, attagliandosi a tale meccanismo; sono in altre parole figli dei dispositivi presenti nella nostra mente, a loro volta evolutisi dai tempi di Lucy ad oggi – un paio di milioni di anni. Questo vale probabilmente anche per i sistemi matematici e musicali. In generale, il pensiero ha una base innata ma è comunicabile grazie all’esistenza di precisi modelli formali, tutti basati su precisi sistemi di simboli.

La comunicazione point-and-click è una novità di un minuto fa, per così dire. Il sottoscritto era già un esperto programmatore quando vide un mouse per la prima volta, negli anni ’80. Trent’anni, niente rispetto ad un’evoluzione che si misura in centinaia di migliaia di anni – trecentomila diviso trenta fa diecimila: l’era del point-and-click è un decimillesimo della storia della cultura umana, ad essere ottimisti. Ritenere che ora si possa volare ovunque grazie al point-and-click è – mi si perdoni la brutalità – un pensiero imbecille. Non si nega l’utilità del meccanismo point-and-click nell’uso delle risorse del Web, e nemmeno la straordinaria ricchezza delle risorse di quest’ultimo – vedi il commento sulle OER fatte in un post recente. Qualsiasi uomo curioso non può che entusiasmarsi di tutto questo e ogni rifiuto aprioristico di tale ricchezza costituirebbe una negazione dell’intelligenza ma questo non significa che si debba rinunciare all’apprendimento dei sistemi di simboli fondamentali che sorreggono il pensiero.

Venendo al contesto formativo – che ci interessa qui – di questi tempi proliferano le discussioni intorno all’impiego delle tecnologie nella scuola, in un panorama caotico dove qua i genitori finanziano la carta igienica, nel paese accanto ci si arrovella su come spendere un finanziamento di svariate migliaia di euro per fare la “classe 2.0”, l’altro giorno una persona che si occupa di LIM racconta che abbiamo reso 780 milioni di Euro di finanziamenti europei PON perché non abbiamo saputo spenderli [1]. In uno scenario simile prevalgono facilmente gli acquisti indiscriminati sotto la pressione pubblicitaria. Il risultato è che, di fatto, quasi tutto passa dal touchscreen, che comprende smartphone, tablet, LIM compresa la quale, in sintesi, non consiste altro che nell’interfacciamento di un computer con un grande touchscreen.

Intendiamoci, la tecnologia touchscreen non ha niente di diabolico di per sé. Tutti i dispositivi sono computer oggi, dall’orologio al supercomputer parallelo, smartphone e tablet compresi, quindi hanno tutti un’architettura di base simile e tutti funzionano con la stessa logica. La differenza sta nel come sono stati messi sul mercato. Approfondiremo in altre occasioni ma la sostanza è che questi prodotti vengono offerti con la logica di fidelizzare il cliente, al punto di renderlo prigioniero del prodotto, una logica che è stato possibile realizzare con grande successo, mediante il lancio del nuovo hardware (touchscreen) e della nuova forma di distribuzione di software fatta di app, l’apoteosi del point-and-click che però ha estromesso qualsiasi linguaggio formale universalmente condiviso. Si parla di “nuove grammatiche” ma non confondiamoci: si tratta di banali regolette stabilite dal produttore della singola app che stabilisce cosa puoi cliccare e cosa puoi fare con ogni clic – magari in una app con un documento PDF puoi fare due cose mentre in un’altra no, o ne puoi fare di diverse, ma non sei tu che decidi. In altre parole, ci troviamo nella Torre di Babele; soprattutto, lasciamo che i giovani ci crescano. L’immagine è un po’ quella del genitore che con l’idea peregrina di essere amico dei propri figli fa un gran pasticcio, ammiccando superficialmente al nuovo.

Ma perché proprio il linguaggio HTML? L’obiettivo che ci poniamo è più culturale che tecnico. Nessuno di noi ambisce a fare il progettista di siti, come qualcuno potrebbe immaginare, considerato che HTML è il codice di base con il quale si compongono le pagine web. No, approfondiamo qualche elemento di HTML per i seguenti motivi:

  1. L’HTML è una delle prime cose che si trovano quando si cerca di sbucciare questo corpo tecnologico, quel tanto che basta per scorgere, subito sotto, i linguaggi e gli strumenti che ne costituiscono l’essenza (Ibidem). L’HTML è uno dei linguaggi universali del Web, il primo. Tutto ciò che vedete poggia (anche) su di esso.
  2. Può obiettivamente servire. Basta voler scrivere qualcosa in un blog, wiki o servizio similare, per rendersi conto che sapere manipolare un minimo il codice HTML dà maggiore libertà nel controllare la forma di quello che si scrive, rispetto ai comandi iconografici usualmente messi a disposizione. La forma nella scrittura digitale è tanto importante quanto lo è la calligrafia nella scrittura manuale – ebbene sì!
  3. È un esempio interessante e importante di come oggi testo e metatesto si integrino: i comandi sono frammisti al testo medesimo su cui devono agire: scrivendo Pippo impartisco al navigatore che rappresenterà sul vostro schermo questo testo l’ordine di scrivere la parola “Pippo” in grassetto, così: Pippo. In questo caso per metatesto intendiamo comandi che impongono una qualche manipolzaione della forma grafica del testo e che non appariranno sul medesimo. Si tratta di un codice e questa particolare forma di codice ricade nella categoria dei linguaggi marcati, markup language, con i quali il testo viene marcato conn i comandi che devono agire su di esso. HTML: HiperText Markup Language.
  4. Un laboratorio non potrà mai essere realizzato veramente in un contesto online ma se è a questo che siamo confinati, allora ne possiamo fare un surrogato forse decente mettendo su delle semplici esercitazioni in HTML, considerato che i risultati possono essere mostrati a tutti e quindi facilmente condivisi – non così facilmente in realtà ma anche questo è istruttivo.
  5. Alla fine avremo comunque “smanettato un po’” e questo dovrebbe far bene alla confidenza con la Macchina, che è un discreto obiettivo per un laboratorio.

Note

  1. La fonte è una conoscenza personale ed è seria ma mi piacerebbe verificare ulteriormente. Se qualcuno conferma e dà ulteriori riferimenti mi fa piacere. Torna indietro

Open Educational Resources – Un esempio: SOS-Matematica #linf14

Questo breve post, composto da un’osservazione sperimentale e da una segnalazione, è rivolto a

  1. tutti e tutta la comunità #loptis, per enfatizzare l’importanza del ruolo che oggi rivestono le Open Educational Resources (risorse didattiche aperte), spesso utilizzate inconsapevolmente
  2. gli studenti IUL del Laboratorio Informatico #linf14, per il motivo precedente ma anche perché saranno presto invitati ad utilizzare risorse del genere
  3. gli insegnanti di matematica per la preparazione degli studenti per la maturità.

L’osservazione

L’osservazione sperimentale concerne un campione di 568 studenti di medicina ai quali è stato chiesto di comporre un tema a piacere, partendo da una rosa di argomenti suggeriti ma non limitandosi obbligatoriamente a questi. Il contesto è quello dell’insegnamento di informatica che nella Scuola di Scienze della Salute Umana di Firenze si propone al secondo semestre. I dati che riporto qui in forma di istogramma si riferiscono ai 462 studenti che hanno già presentato i loro elaborati per la presente sessione di esami estiva.

Distribuzione degli argomenti scelti dagli studenti in un tema a piacere per l'insegnamento di informatica al primo anno di medicina
Distribuzione degli argomenti scelti dagli studenti in un tema a piacere per l’insegnamento di informatica al primo anno di medicina – clicca l’immagine per vederla meglio.

 

L’istogramma mostra quanti sono gli studenti che hanno scelto un certo tipo di argomento. È composto da una “testa” a sinistra e da una “coda lunga” a destra. La testa comprende gli argomenti suggeriti, la coda esprime le scelte originali. Vale la pena lasciare la libertà di inventare: c’è chi si è spinto ben oltre la scrittura di un testo, per esempio realizzando un progetto per monitorare il respiro dei neonati con Arduino!

Gli argomenti preferiti sono stati:

I link conducono alle risorse didattiche offerte Numero studenti % In una frase
OER Open Educational Resources 138 30% Credevo di essere un copione invece è una cosa seria!
SNE Social Network (“patto con il diavolo”) 93 20% Mai avrei immaginato…
LSI Letteratura scientifica 64 14% Indignazione per il lucro dell’editoria scientifica
SLI Software libero 51 11% Ma com’è che non ce lo aveva detto nessuno?
RIF Riflessione ampia sugli altri temi 30 6.5% “Nonostante la mia patente ECDL e il mio diploma scientifico a indirizzo PNI (Piano Nazionale Informatica), conseguito peraltro col massimo dei voti, posso testimoniare che queste problematiche non vengono neanche minimamente accennate.”
ELI Elaborazione immagini 25 5.4%

Qui ci interessano le OER. Provo a liofilizzare i 138 temi:

Non sapevo che questa cosa che ho sempre usato avesse un nome e fosse una cosa seria.

Per me sono state fondamentali fino dai primi anni del liceo, tutte le volte che volevo approfondire qualcosa ma soprattutto in quei casi in cui il professore non sapeva spiegare o comunque io non lo capivo. Non so come avrei potuto fare senza i video della Khan Academy  o il servizio WolframAlpha, in certi casi.

Ora all’università sono ancora più utili, dove i professori spiegano anche peggio, salvo alcune eccezioni, non possono seguirci personalmente, spesso non ci danno nemmeno “le slide” e ci dobbiamo affidare alle “sbobinature”.

Ci sono materie dove le OER sono indispensabili, per esempio per le dissezioni anatomiche che non possiamo fare, per la nostra numerosità (>500) e per le difficoltà burocratiche che abbiamo in Italia: le risorse online sono fondamentali per capire come stanno le cose.

Le OER vanno però sapute gestire: sono ottime per conoscere lo stato dell’arte ma non bisogna dimenticare che molti professori vogliono sentire la materia come la “hanno detta loro” – succede anche che professori diversi la vogliano sentire in modo diverso su di uno stesso argomento e a noi per passare l’esame serve anche questo.

Concludo: le OER ci sono e gli studenti le usano, comunque e spesso molto bene. Invece di ridurre la questione a “non fare il copia/incolla da Wikipedia” sarebbe meglio rendersi consapevoli di questa straordinaria realtà mettendola adeguatamente a frutto.

La segnalazione

Ho ricevuto da più parti la segnalazione di SOS-Matematica.it, una recente iniziativa di OilProject, un servizio che offre circa 5500 lezioni su una varietà di argomenti. In SOS-Matematica.it si possono porre domande di matematica di qualsiasi tipo e 7 persone sono lì pronte a rispondere.

Chi è interessato può scaricare una scheda dettagliata (PDF 478 KB) oppure vedere qualche esempio.

Il blog della IUL #linf14

Sono ormai diversi anni che da queste parti usiamo il blog come uno strumento didattico ma l’idea di chiedere alle persone di fare un account, spesso l’ennesimo account, può creare qualche perplessità. Non vi è niente di male di per sé ma sempre più i servizi Web rappresentano un terreno di conquista – conquista di mercato, accaparramento di clienti, fidelizzazione dei medesimi ecc. Non tutti i servizi sono uguali da questo punto di vista, ve ne sono di più intrusivi e di più rispettosi ma sempre entità commerciali sono. Questo è un aspetto che contrasta un po’ con quell’idea di territorio libero che ci piacerebbe sostenere.

È anche in base a motivazioni del genere che è emersa l’idea di dotare l’ambiente informatico della IUL di un servizio di blogging. Il servizio è stato appena attivato, avrà bisogno di qualche rifinitura ma può già essere utilizzato. Non è pubblico in quanto riservato agli studenti, ai docenti e al personale IUL. Tuttavia i blog sono visibili dall’esterno e chiunque può contribuirvi con dei commenti, sempre che l’autore lo consenta. L’editor dei testi si confronta bene con quelli dei servizi più noti, dispone di un notevole set di opzioni e consente di editare il testo anche in HTML – una caratteristica che lo rende molto interessante per realizzare un piccolo laboratorio condiviso di HTML. I post e i commenti sono inoltre tracciabili mediante il meccanismo dei web feed. Insomma ha tutto quello che serve per un’esperienza didattica completa.

Qui interessa mettere in evidenza la decisione da parte di un’istituzione di formazione che mette a disposizione degli studenti un servizio Web che interagisce con l’esterno, uscendo dalla logica usuale delle piattaforme blindate. Pare un fatto positivo.

Ecco il primo post su http://www.iuline.it/ambiente/blog/iamarf/.

 

Hardware e software, strumenti di pensiero e libertà – Castel del Piano – #linf14

Ieri (sabato 30) ho partecipato a un incontro di formazione a Castel del Piano. Sotto riporto in forma schematica quello che ho inteso dire. Mi rendo conto che è un racconto che lascia un po’ assetati ma per il momento è un argomento che preferisco approfondire vis-vis, quando capitano le occasioni, come questa di cui stiamo dicendo.

Prima voglio dire che sono stati molto interessanti i contributi dei compagni di parola: eBook di Angela Iaciofano, mondi virtuali di Gianni Panconesi, LIM di Sauro Baci, il tutto riferito a contesti didattici. Ho imparato diverse cose. Ringrazio loro, Patrizia Matini, Dirigente dell’Istituto Comprensivo Vannini Lazzaretti che mi ha offerto quest’occasione, Nicoletta Farmeschi e Antonella Coppi che vegliano su tutto.

Preparativi incontro di formazione nel Palazzo Nerucci di Castel del Piano
Preparando i balocchi… (foto di Iangela Iaciofano)

E bisogna anche dire che lavorare in un ambiente così suggestivo come il Palazzo Nerucci è davvero bello. Si deve ringraziare Fiora Imberciadori per questo.

Ora la sintesi del discorso fatto a Castel del Piano


Cercando di collegare passato e futuro
Cercando di collegare passato e futuro (foto di Nicoletta Farmeschi)

La cultura umana si sviluppa sul substrato di un insieme di linguaggi e strumenti universali, ad esempio lingue naturali e linguaggio matematico fra i primi, carta e penna fra i secondi. Compito primario della scuola è aiutare a comprendere e utilizzare questi linguaggi universali.

Universali perché possono essere appresi da chiunque lo voglia. Il limite è determinato dagli obiettivi che mi pongo, dalla mia volontà, non da fattori esterni. Se voglio imparare il finlandese lo posso fare, non devo chiedere il permesso a qualcuno.

Di fronte a un foglio di carta con una penna in mano, la mia libertà di espressione è totale: un pensiero, un disegno, una poesia. Piego il foglio, lo metto in una busta e lo spedisco a un amico. Lui potrà capire perché il messaggio è espresso in un linguaggio universale. Il tipo di carta, la marca, il mezzo usato per tracciarvi i simboli possono connotare il messaggio, in qualche maniera, ma non possono impedirne l’intelligibilità: l’amico non deve pagare i diritti di uso di quel tipo di carta per poter accedere al messaggio.

Oggi, con le nuove tecnologie non è più così, non per motivi tecnici ma per motivi economici. In realtà la tecnologia dispone di linguaggi e strumenti universali che possono essere usati per esprimersi, creare e comunicare ma i più non ne percepiscono l’esistenza, intrappolati in una sorta di gigantesco supermercato, dove si può avere quasi tutto, non da conquistare con impegno e fatica ma da comprare. Tutto si riduce alla disponibilità delle “risorse” per “avere” il prodotto finito – la soluzione. Un mondo tecnologico ma del quale i più abitano lo strato esterno, la buccia, tanto estesa ma tanto sottile.

Non demonizzo l’economia in sé. Anche il libro di grammatica per studiare il finlandese ha un costo ed è giusto che lo paghi per remunerare coloro che hanno creato e prodotto il libro. Ma una volta pagato il giusto prezzo la questione sta tutta fra me e il finlandese: arriverò dove potrò, quando lo vorrò, per tutta la vita, in piena libertà. E quando non avrò più bisogno della grammatica sarò libero di regalarla a un amico.

Denuncio invece il limite che un numero crescente di tecnologie pongono alla mia libertà di espressione e di comunicazione.

Cerco quindi di sbucciare questo corpo tecnologico, quel tanto che basta per scorgere, subito sotto, i linguaggi e gli strumenti che ne costituiscono l’essenza – linguaggi e strumenti universali. Non lo faccio parlando direttamente di questa o quella tecnologia ma narrando alcune storie di donne e uomini. Storie di minoranze, di persone che ad un certo punto della loro vita hanno rifiutato un’offerta che a tutti sarebbe parso impossibile rifiutare, di persone che non si sono limitate al loro ambito disciplinare e che non si sono limitate a ciò che erano tenute a fare.

Emerge così la dimensione etica – seconda parola chiave di questa esposizione, dopo i linguaggi universali. Una dimensione che si intreccia con quella del profitto in ambiti inaspettati. Non si narra la storia di un mondo che sta diventando buono – sarebbe una bugia – ma la storia di un mondo che sta diventano sempre più complesso – complessità, la terza parola chiave?

Focalizzo l’attenzione su etica e complessità. Faccio esempi significativi nell’ambito scolastico. Enuncio una tesi sgradevole che riporto qui in forma sintetica: riempiendo di congegni alla moda le classi si educano consumatori – carne da macello – anche se si tratta di congegni conditi in saporite salse didattiche.

Suggerisco di volata qualche alternativa. Ce ne sono diverse, buone per tutti i contesti, costano poco e tutte riconducono ai linguaggi universali, o comunque graffiano la buccia delle “interfacce accattivanti”. Sono più faticose: per essere approfondite richiedono più studio e un approccio più artigianale: per la formazione meno convegni e più laboratori, per l’applicazione meno aule scolastiche e più laboratori.

Lo spirito del discorso non è poi tanto diverso da quello che ispirava Don Milani quando insegnava a leggere i giornali: non tanto acquisire le competenze per seguire il giornale di non importa quale parte quanto mettersi in grado di capire quello che ogni giornale non dice.