La chiusura è un disvalore

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Questo post contiene precise indicazioni per gli studenti della classe di editing multimediale #edmu14 ma il contenuto è valido per tutti, in particolare le note che riguardano la partecipazione alle comunità online.


 

La prima edizione delle Wikinomics è apparsa nel 2007. In quel libro Don Tapscott e Anthony D. Williams enunciarono i principi della Wikinomics:

  1. Being open – Avere mentalità aperta
  2. Peering – Valorizzare la collaborazione fra pari
  3. Sharing – Condividere
  4. Acting Globally – Agire con mentalità globale

Tapscott e Williams enunciarono questi principi sulla base di una serie di fenomeni di collaborazione di massa che sono stati resi possibili dalla diffusione capillare di Internet nel mondo. Non sono tuttavia una novità assoluta questi principi. Si potevano già scorgere degli indizi nell’organizational learning di Argyris e Schön (anni ’70) e nella learning organization di Peter Senge (anni ’90) ma anche nelle parole di tanti altri autori, per esempio quelle di Richard Sennet nell’Uomo artigiano, a proposito delle comunità di software libero.

Non solo, ai principi della Wikinomics ne aggiungerei un quinto :

  1. Acting Ethically – Inquadrare l’azione in un solido contesto etico; cogliere i risvolti etici insiti nell’impiego di qualsiasi strumento.

I primi quattro principi hanno natura tecnica ma i formidabili problemi del mondo contemporaneo non possono essere risolti in una prospettiva meramente tecnica. Occorre pensare all’umano, alla qualità della vita e non solo alla quantità dei consumi o dei proventi, al numero di clienti o al numero di studenti. L’abuso di questa visione ha prodotto e produce innumerevoli disastri. Una visione distorta da mono-pensiero macroeconomico, dimentica che la Qualità deriva dalla cura ossessiva per i dettagli e che la Qualità è qualità dell’umano a tutto tondo, in tutta la sua complessità, materiale e non. Il quinto principio è ovviamente ancora più importante nel contesto educativo ma non se ne vedono quasi tracce, se non in forme didascaliche o comunque estremamente superficiali.

Nella vita di tutti i giorni arriva poco di tutto questo. Come se un maleficio le avesse condannate a un ritardo comunicativo di mezzo secolo, le istituzioni guardano il mondo come le stelle, che non vediamo come sono ma come furono, con cronico incolmabile ritardo.

L’ho presa larga quanto necessario e sinteticamente quanto basta (spero non troppo), per definire adeguatamente il contesto nel quale riconoscere che il corso di editing multimediale non va abbastanza bene.

Che nessuno si crucci. A livello individuale va bene, come nelle scorse edizioni dei corsi di editing multimediale e laboratorio informatico: una metà circa di persone che fanno un buon lavoro, alcune eccellente; nell’altra metà presenze più sporadiche, qualche fantasma. Ciò che manca è la dimensione corale. La ragione è precisa e riguarda il sottoscritto. Per alcuni motivi sui quali ora non mi dilungo, quest’anno ho dovuto fare qualche concessione ad uno schema po’ più convenzionale, da un lato rinunciando a creare quella che chiamavamo blogoclasse, sorta di comunità di pratica online, dall’altro cercando di utilizzare un po’ di più la piattaforma istituzionale. Non è stato un buon affare: l’informazione non circola, il totale eguaglia meramente la somma delle parti. Non è che manchi comunicazione, solo che questa è ridotta alla forma canonica scolastica, di tipo a stella, con l’insegnante al centro. Intendiamoci, ciò che sta accadendo va benissimo ai fini dei parametri di qualità previsti istituzionalmente [1], tuttavia non va bene ai fini della qualità che mi prefiggo di raggiungere – forse non riuscendovi mai, ma questa volta meno delle altre.

Tentiamo allora di dare una sterzata, abbiamo ancora un mese e può valerne la pena. Consideriamo due aspetti: in primo luogo “allarghiamo” la piattaforma, poi discutiamo il modo corretto di prendere parte a una comunità online, concentrandoci su come porre utilmente le domande .

La piattaforma

Fortunatamente abbiamo la nostra tutor, Lucia, che con certosina pazienza organizza in piattaforma le tracce delle attività. Un lavoro benemerito che deve continuare, perché il regolamento didattico prevede che in piattaforma qualcosa rimanga – del sottoscritto non ci sarebbe da fidarsi.

In passato ho usato molto varie piattaforme didattiche, soprattutto Atutor e Moodle. Le ho configurate e usate per vari anni, con centinaia di studenti. Poi ho smesso, non trovandovi un valore aggiunto che ragionevolmente compensasse i troppi limiti che impongono. Quello che si può realizzare con queste piattaforme si può realizzare anche con una varietà di strumenti che sono disponibili nell’ecosistema di Internet e con un vasto armamentario di software liberamente disponibile, soprattutto per un insegnante che impieghi proficuamente un sistema Unix (Linux), come il sottoscritto. Anzi, lavorando “all’aperto” si hanno formidabili vantaggi che le piattaforme, in quanto chiuse invece negano: si allarga la partecipazione ad altre persone e altre fasce di utenza che possono facilmente apportare idee e stimoli, si trovano collaborazioni insperate, si attua una sorta di marketing intrinseco – un marketing non vociato ma fattuale, basato sulla qualità effettiva: non ti prometto ma ti mostro, e ti aggreghi solo se trovi che noi ti si possa dare qualcosa di utile.

Non se ne abbiano i valorosi amici – se leggono queste righe – che alla nostra piattaforma lavorano con competenza e puntualità. Il problema sta nella natura dello strumento che è inadeguato per una didattica che guardi al futuro. Si tratta di strumenti concepiti per esser chiusi e tendenzialmente organizzati in una struttura gerarchica dominata da categorie prefissate, spesso banali e quindi inutili: stanze, cartelle, sottocartelle ecc. Nello specifico, partendo dal login, può capitare di dover cliccare 8 volte prima di raggiungere l’elaborato di uno studente, annidato nella sua specifica categoria – un workflow insensato. Ripeto, non è questione di criticare chi ci sta lavorando ma di constatare che si tratta di strumenti datati che impediscono una sperimentazione di sufficiente respiro.

Propongo quindi quanto segue. Continuiamo a deporre le tracce delle attività, così come state facendo, con la solerte cura di Lucia. Facciamolo però in parallelo anche in un ambiente aperto, specificamente in un wiki, uno di quelli più utilizzati a fini formativi in tutto il mondo. I vantaggi rilevanti sono due: i vostri lavori diventano accessibili a tutta l’Internet e in secondo luogo sono molto più facilmente raggiungibili da chi, come il sottoscritto, può avere necessità di doverli revisionare reiterate volte. Con un ulteriore valore aggiunto: voi fate ulteriore pratica di editing in un wiki e questo è un ottimo ingrediente per un corso di editing multimediale.

In questo link trovate la pagina, comprese istruzioni di vario tipo per editarla. Vi arriverà presto un invito a partecipare al wiki. Ognuno dovrà intervenire sul proprio spazio. Se si tratta di un file ODT (o altro) caricandolo e ponendovi un link, se si tratta di un video in rete facendone l’embedding. All’inizio ho fatto due esempi, caricando l’ultimo lavoro di Flavia (che ho scaricato dalla piattaforma) e linkando il video sottotitolato da Sandra. Ci potete mettere tutto quello che volete nel vostro spazio. Alcuni di voi mi avevano chiesto se potevano proporre dei tutorial che avevano già fatto in passato: certamente sì. Ancora: alcuni di voi hanno un blog dove scrivono contributi, esercizi e riflessioni sulle attività che stiamo facendo: ottimo, continuate così, vi chiedo solo di mettere nella pagina wiki dei link ai post che andate scrivendo.

Per intervenire in un documento a più mani su un wiki occorrono attenzione, riflessione, pazienza. La risposta dell’editor del wiki può essere lenta. Ci possono essere dei motivi. Può essere che ci stiano lavorando altre persone, in questo caso la risposta è forzatamente lenta perché il sistema deve proteggersi per mantenere l’integrità dei dati – riprovate in un altro momento. Oppure potrebbe essere la vostra connessione ad essere lenta in quel momento, capita – anche in questo caso riprovate più tardi. In ogni caso, non sovraccaricate la vostra macchina: non tenete contemporaneamente dieci applicazioni aperte e magari anche il browser aperto su dieci siti. Tutto questo è un ottimo esercizio per imparare a usare correttamente la Macchina.

Come porre le domande

Questa sezione in realtà attiene al modo corretto di collaborare in una comunità online – discutere su come porre le domande insegna molto a riguardo. Estrapolo queste note dalle abitudini del mondo hacker. È un mondo duro, spiccatamente meritocratico, caratterizzato da una particolare e robusta etica, un culto ossessivo per la competenza e per la ricerca della soluzione intelligente. Non valgono i ruoli ma cosa sai fare e come lo offri. Lo stile di quanto segue può apparire un po’ ruvido. Un effetto voluto, proprio per dare un’idea di come funziona quel mondo ma anche perché queste regole sono molto sane.

Prima di porre la domanda

Qui siamo già in medias res, ma proprio in pieno: prima di domandare datti da fare! Niente irrita l’hacker –  sottoscritto incluso – come la domanda posta per avere una scorciatoia a buon mercato. L’hacker – sottoscritto incluso – aborre la furbizia.

  • Prima di chiedere studia bene il problema e sperimenta.
  • Se hai ricevuto delle spiegazioni, accertati di averle lette veramente bene prima di chiedere.
  • Se hai a disposizione un manuale, un help di qualche tipo, una lista di FAQ (Frequently Asked Questions), vai a leggere quel materiale. Esiste un acronimo famoso: RTFM (Read The Fucking Manual – leggi quel c…. di manuale) [2]
  • Se hai un amico che forse ne sa qualcosa chiedi a lui prima.
  • Cerca in rete – Google, Duckduckgo o altro motore di ricerca [3]. Usa una combinazione di parole chiave sintetica ma che contenga i concetti chiave del tuo problema.

Ponendo la domanda

Non usare l’email per farmi una domanda, a meno che non tu non abbia delle motivazioni private importanti [4]. Spieghiamo bene. Io rispondo a tutte le email, se non lo faccio o lo faccio in ritardo è per qualche grave impedimento o per errore. Se mi trovo a rispondere in ritardo o in seguito a un richiamo cerco di scusarmi, con chiunque – naturalmente può capitare di omettere o di sbagliare ma la regola è questa. Il fatto che una grande quantità di persone della mia generazione – e di quelle vicine – magari “di rango”, tratti le email come uno strumento da usare con sciatteria e arroganza è solo manifestazione di maleducazione e grave ignoranza delle regole elementari di un importante strumento di comunicazione.

Detto questo, se siamo nell’ambito di una comunità online – ma non solo – scrivere un’email per un problema tecnico vuol dire comunicare male, per i seguenti motivi:

  • il tuo problema vengo a saperlo solo io (insegnante) e invece potrebbe interessare altri che si trovino in condizioni analoghe
  • potrebbe rispondere qualcun altro prima e meglio di me – ci guadagniamo tutti
  • la riposta (mia o di altri) viene letta da tutti, anche quelli che magari hanno lo stesso problema
  • rinforzare lo schema di comunicazione a stella – l’insegnante al centro – è inefficiente – si allunga la coda di email da evadere e si rallenta il lavoro che l’insegnante può svolgere a beneficio di tutti

Fuori dai denti: ricevere un’email con una domanda che poteva essere posta alla comunità è irritante.

Quando fai una domanda esponi compiutamente e minuziosamente il contesto. Il tempo di chi si impegna a rispondere a molti è prezioso perché è una risorsa scarsa. Quando le domande sono molte ci si deve adattare rapidamente a contesti molto diversi, se questi sono addirittura nebulosi il compito diviene frustrante e le probabilità di rispondere utilmente crollano. Se  esponi diligentemente il contesto, mostrerai che ti stai impegnando seriamente, mi invoglierai a darti una mano e, nel contesto del corso, migliorerai sicuramente la valutazione che dovrò dare al tuo lavoro.

Le domande falle sotto forma di commenti a questo blog. Piazzale nel post che ti sembra più pertinente. Non temere che vada perso: anche se il post è stato pubblicato molto tempo fa, i commenti li vedo tutti, li leggo tutti e a tutti dedico una risposta, salvo errori. In questa maniera tutti vedono domande e risposte, il tempo va a maggior frutto, la conoscenza circola, potrebbe iniziarsi a vedere un qualche effetto di comunità. A titolo di esempio cito la domanda che aveva fatto Sandra a proposito dell’esercizio sulla compressione dei file.

Leggi cosa fanno gli altri, quali problemi hanno, cosa hanno risolto, cosa sanno già fare. Certo, è necessario che tutto ciò sia visibile. Ecco perché è necessario migliorare l’esposizione dell’attività di ciascuno di noi. In parte mediante i commenti a questo blog, in parte attraverso la pagina wiki che abbiamo appena istituito.

Se sai già qualcosa offrilo agli altri. Specialmente se ti accorgi che qualcun altro ne ha bisogno. Esempi: i blog di Flavia, Roberta e Lisia – ditemi se dimentico qualche altro blog, in tal caso aggiornerò subito queste righe. I blog sono un ottimo veicolo di comunicazione. Flavia, Roberta, Lisia e altri se lo portano in eredità dal laboratorio di due anni fa. A causa dell’impostazione che ho dovuto dare a questo corso, e anche a causa dei tempi contratti del semestre (ohimè) non c’è stato tempo di ridar vita alla pratica del blog e di ripassare le tecniche per seguire le fonti in Internet e i web feed (chi vuole le trova qui). Comunque, chi non ha un blog o un altro spazio personale dove pubblicare le proprie cose, può utilizzare la pagina wiki, che deve servire anche a questo.

Conclusione

La chiusura è un disvalore.


[1] A dire il vero se si va a leggere il D.M. 47 del 30/1/2013, accessibile nell’apposita pagina del MIUR e scaricabile anche in formato PDF, in materia Autovalutazione, Accreditamento Iniziale e Periodico delle Sedi e dei Corsi di Studio e Valutazione Periodica, con particolare riferimento ai Requisiti di Assicurazione della Qualità (Allegato C) per l’accreditamento periodico dei corsi di studio a distanza, si scoprono fatti molto interessanti, ma su questo torneremo in un altra occasione.

[2] Nelle comunità hacker non vige la maleducazione, anzi. È molto apprezzata la cortesia ma si è molto aggressivi con chi vuol risposte facili senza porre il proprio contributo alla comprensione dei problemi.

[3] Chi vuole sapere la differenza fra Google e Duckduckgo può andare a leggere questo post.

[4] Per esempio in passato mi è capitato il caso di una persona che faceva l’arbitro di calcio e doveva evitare l’esposizione in rete a causa della persecuzione da parte di tifosi incivili. Oppure quello in cui si doveva mantenere l’anonimato in rete per via del lavoro critico svolto da un famigliare.

Monitorare i tweet dell’INGV sul terremoto

Per gli utenti di Linux che sanno usare la riga di comando e vogliono monitorare i tweet sulle scosse telluriche dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (@INGVterremoti).

Scaricare e installare TTYtter  – client Twitter testuale fatto in Perl.

Poi, una volta dentro:

/set notimeline
/liston iamarf/terremoto

La prima riga ammutolisce la timeline standard, la seconda vi manda nella timeline i tweet della mia lista Twitter “terremoto”.

Se volete mandare in un file (per esempio di nome “log”) le ultime (per esempio) 100 scosse, da terminale (ovvero fuori da fuori TTYtter):

echo "/again +100 iamarf/terremoto" | TTYtter.pl -script > log

Se invece vi volete fare la vostra lista Twitter, anziché usare la mia (iamarf/terremoto), supponendo che il vostro user Twitter sia @mionick e che chiamate la lista “terremoto”:

/follow ingvterremoti
/withlist terremoto create public monitoraggio terremoti
/withlist terremoto add ingvterremoti
/set notimeline
/liston mionick/terremoto

Col seguente significato delle righe di codice:

  1. seguo @INGVterremoti
  2. creo la lista “terremoto” con descrizione “monitoraggio terremoti”
  3. aggrego @INGVterremoti alla lista “terremoto” (ci potrei aggregare anche altre risorse)
  4. ammutolisco la timeline standard
  5. attivo i tweet della mia nuova lista “mionick/terremoto”

E naturalmente, se voglio scaricare nel log i tweet della mia lista:

echo "/again +100 mionick/terremoto" | TTYtter.pl -script > log

P.S. ore 9:00

I tweet, del tipo

Ml:2.1 2014-12-20 07:42:38 UTC Lat=43.59 Lon=11.25 Prof=9.7Km Prov=FIRENZE http://bit.ly/1DTKdJu

danno magnitudo, data, ora, latitudine, longitudine, profondità, zona, link a una mappa.

Ma se si vuole localizzare precisamente la scossa, basta mettere le coordinate così come sono fornite dal tweet, nella seguente forma in https://maps.google.com/

43.59, 11.25

laddove avreste messo il nome della località.

Immagini – attività 3 – #edmu14

Continuiamo con il proposito di dar corso a più attività contemporaneamente per dar modo a ciascuno di scegliersi il percorso più confacente. In questa ottica ho fatto un po’ di pulizie nel blog – si erano accumulate un po’ troppe tracce; ero quasi giunto a cambiare drasticamente il tema del blog, in favore di uno più moderno, poi mi sono dato una calmata. Non esageriamo con le attività in parallelo! Tuttavia ne ho approfittato per organizzare i post pensati per il corso di editing in categorie che ho elencato nella barra destra. Elenco anche qui gli URL delle categorie:

Cliccando questi link si ottengono le rispettive raccolte di post, ordinati nel modo dei blog, i più vecchi in fondo. L’ultima categoria serve a radunare tutti i post che non ricadano direttamente in una delle attività previste, in maniera che possiate ritrovare tutto quanto è stato pubblicato di pertinente al vostro corso.

Colgo l’occasione per far notare il modo “pulito” con cui WordPress genera questi URL, che potrebbero addirittura essere ricordati a memoria. Per chi volesse ripassare come sono fatti link, un passo indietro….

Veniamo dunque alle immagini. Se cliccate su https://iamarf.org/category/edmu14/immagini/ trovate tre post.

Il primo (più vecchio) è un tutorial sugli screenshot. All’inizio del post si riporta l’esito di un sondaggio dove emerge che 1/3 delle persone non sa cosa sia uno screenshot. Più che sufficiente a riproporlo, perché può essere utile in molti casi, ad esempio quando si chiedono informazioni su un problema da risolvere al computer. Porre domande tecniche senza descrivere compiutamente il contesto è molto irritante per chi le riceve. Talvolta un’immagine aiuta, e ci vuole poco a farla. Il post all’inizio contiene anche un sondaggio sull’impiego dei web feed che facemmo quando lo pubblicai. Non ho motivi per toglierlo.

Quello centrale è centrale anche di fatto perché concerne direttamente l’elaborazione delle immagini.

Con il terzo (più recente) ho cercato un modo arioso per illustrare i concetti fondamentali della compressione delle informazioni.

Bene, studiate questa roba. Poi provate ad applicare qualcosa di quello che avete letto. Per esempio potrebbe essere uno screenshot sul quale, sfruttando i livelli, aggiungete delle informazioni grafiche, frecce, scritte ecc. O qualsiasi altra cosa vi venga in mente. Poi, quando vi sembrerà di avere finito, scrivete il solito abstract da caricare in piattaforma, magari includendo le opere grafiche vostre. Se avete problemi fate le domande mediante commenti ai post, non per email a Lucia o a me: dobbiamo imparare a trarre vantaggio dalla comunità.

Modeling 3D – attività 5 – #edmu14

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Aggiornamento 21 Dicembre: Sandra ha sottitolato in Amara il video sull’impiego di Thingiverse.


Stampa 3D e glocalizzazione

La stampa 3D non è un novità recente, le macchine a controllo numerico esistono da tempo. La vera novità sta nella disponibilità di tecnologia a basso costo: oggi una stampante 3D può entrare in casa di chiunque, come è successo con i personal computer negli anni ’80. Il 12 aprile 2012 l’Economist pubblicò un articolo dove si parlava della terza rivoluzione industriale. Gli esperti di IBM osservano che il fenomeno sta presentando tutte le caratteristiche tipiche delle disruptive technologies  – IBM se ne intende perché negli anni ’80-’90 riacciuffò il business dei computer all’ultimo tuffo, prima da essere travolta dallo tsunami di “quei giocattoli”.

All’inizio questi fenomeni ti raggiungono dall’alto delle cronache della globalizzazione, poi all’improvviso fanno capolino dalle tue parti. Scopri che non è solo roba d’oltre oceano, c’è un Fablab anche nella tua città, che già organizza giornate di informazione e offre corsi. Perfetto: non c’è modo migliore per conoscere che partecipare. Ed è così che, frequentando il Fablab di Firenze, ho conosciuto la Kentstrapper, startup famigliare, due fratelli e il padre. Artigianato che si reinventa. Ti trovi proiettato dagli articoli futuristici dell’Economist a Via Antonio del Pollaiolo 130, roba di casa tua, incredibile. Ora il modello Galileo è quello che uso quando vado a visitare le scuole.

FallaContea
Fabbricando la stampante al Fablab di Contea

Da lì ho poi conosciuto il Fablab di Contea, dove un gruppo di giovani sviluppa progetti innovativi, come la stampante a levitazione magnetica Fa)(a. La propongono con un modello “fai da te”, dove in un workshop di due giorni fabbrichi la tua stampante sotto la loro guida. L’ideatore del progetto è Giacomo Falaschi, uno che con quelle macchine ci parla.

Contea, ancor più aria di casa, tutto ricorda qualcosa.  I locali attigui alla Chiesa del Pizzicotto o l’Alimentari di Marcello, indistinguibili da quelli frequentati cinquant’anni fa, a pochi chilometri.

E ora questi ragazzi, fra un panino di Marcello e l’altro, ti fanno un fork di un progetto in rete, lo innovano e vanno a presentarlo al Maker Faire a New York! Globalizzazione, localizzazione: glocalizzazione.

Modeling 3D

Il termine stampante è fuorviante. Il verbo stampare evoca Gutenberg: carta, testi, immagini. In realtà le stampanti 3D non stampano, semmai creano: all’inizio non c’è nulla e alla fine c’è l’oggetto. Se proprio si vuole completare l’analogia, il foglio di carta è il filo di plastica che viene spinto nell’estrusore, il quale fondendolo “lo disegna” sul piatto della macchina, un piano sopra l’altro. Quando si stampano testi con un computer, questi vengono codificati nei modi che sappiamo, ASCII, Unicode ecc. Le immagini sono memorizzate sotto forma di contenuti di pixel. Ma gli oggetti? Questi sono memorizzati attraverso le mesh: insiemi di punti che descrivono la superficie dell’oggetto, dove ogni punto è caratterizzato dalle sue tre coordinate spaziali.

Modellare un oggetto tridimensionale mediante un computer è complicato. Ci sono vari tipi di metodi e nessuno di questi è totalmente preferibile agli altri, dipende da quello che si deve fare. Alcuni di questi consentono di lavorare direttamente sui punti che compongono la mesh,  per esempio Blender. Un software libero potentissimo ma difficile da imparare, gira su tutti i sistemi. È pensato per la produzione di animazioni 3D ma si può usare anche per la modellazione di oggetti da stampare. Ecco l’esempio di un semplice oggetto modellato “a mano” con Blender.

"Segnalibro" per il lavoro a maglia. Modellato con Blender. Immagine della mesh di punti che sottendono la superficie dell'oggetto.
“Segnalibro” per il lavoro a maglia. Modellato con Blender. Immagine della mesh di punti che sottendono la superficie dell’oggetto.
"Segnalibro" per il lavoro a maglia. Modellato con Blender. Immagine dell'oggetto ricostruito.
“Segnalibro” per il lavoro a maglia. Modellato con Blender. Immagine dell’oggetto ricostruito.

I software di elaborazione delle mesh consentono di operare attraverso una serie di astrazioni matematiche che vedono l’insieme di punti come forme poligonali complesse che si estendono nello spazio, caratterizzabili attraverso vertici (i punti), spigoli (edges: linee che congiungono i vertici) e facce (le singole superfici piane delimitate dagli spigoli). Blender offre modi molto sofisticati per operare sulle mesh, mediante l’editing di singoli vertici, insiemi di vertici, interi oggetti o parti di essi. Sono lavori molto lunghi e occorre un certo addestramento per operare efficacemente.

Esistono anche metodi con i quali non si editano direttamente le mesh. Se per esempio gli oggetti da modellare sono descrivibili in termini matematici, si può ricorrere alle mirabili capacità di sintesi della matematica e ad opportuni sistemi di codifica delle formule. Ecco un esempio realizzato con il software libero Openscad.

Esempio di produzione di una forma geometrica complessa con il software libero OpenSCAD.
Esempio di lavoro con OpenSCAD. Nella sezione di sinistra si scrive il codice, in quella in alto a destra viene mostrata la forma risultante e in basso a sinistra le sue caratteristiche numeriche.

Con questi metodi non è che la mesh non ci sia, semplicemente viene calcolata attraverso la forme matematiche che il software ci consente di determinare.

Infine ci sono strumenti che consentono una manipolazione più intuitiva degli oggetti. Uno di questi è SketchUp che funziona solo in Windows. Per esempio, nella figura seguente si vede il modello della stampante Fa)(a e di tutte le sue parti sviluppato in SketchUp, così come lo si può scaricare dal progetto Falla3D in GitHub.

Modello della stampante 3D Falla costruito in SketchUp
Modello della stampante 3D Fa)(a costruito in SketchUp

Fin qui gli esempi di software da scaricare e eseguire sulla propria macchina. Ma abbiamo visto che questo mondo si espande in maniera esplosiva e in tali frangenti tendono a emergere fenomeni nuovi. Ne menzioniamo due. Il primo è Thingiverse, l’universo delle cose. Un sito dove si possono scaricare e caricare modelli di ogni tipo. Crescita esponenziale degli oggetti caricati in thingiverseAttualmente in Thingiverse vengono caricati 30000 progetti al mese, con una progressione che dal 2008 ad ora ha avuto un andamento quasi esponenziale (grafico ridisegnato sui dati di una ricerca congiunta IBM-Economist). Il secondo è Tinkercad, un servizio web si possono modellare gli oggetti in maniera incredibilmente semplice. Modellare con Tinkercad è come un gioco. Con una semplice interfaccia si possono creare oggetti a partire da un certo numero di forme preconfezionate che possono essere deformate e combinate in vari modi. Un gioco sì ma non banale, perché appena si cerca di fare qualcosa di più complesso occorre applicarsi, con impegno e ingegno.

Il procedimento tipico

Facciamo un esempio. Voglio provare la LIM a basso costo WiiLD (Wiimote Lavagna Digitale). Mi farebbe comodo un supporto per il telecomando Wiimote. Non è che qualcuno l’ha già fatto? Si va vedere in rete, per esempio in Thingiverse. Si trova qualcosa, si scarica, si stampa e si prova. A volte va già bene, a volte no. In tal caso si modifica il modello con il software più adatto per quel caso particolare. Si stampa e si prova. Se funziona sarebbe bene ripubblicarlo, affinché anche altri ne possano trarre vantaggio. Nei due video seguenti si mostra brevemente come funzionano Thingiverse e Tinkercad.

Aggiornamento 21 Dicembre: Questo primo video è stato sottotitolato in Amara da Sandra. Vi potete accedere qui: http://amara.org/it/videos/d7BNNs5DpI8b/info/usare-thingiverse/

Una proposta per Editing Multimediale…

Agli studenti di Editing Multimediale cui arride l’idea di provare…

Create un oggetto in Tinkercad e rendetelo pubblico. Se è fattibile io lo stampo e ve lo farò avere in qualche maniera – magari ve lo darò all’esame…


Fork

È l’operazione con la quale si crea una copia esatta di un intero progetto software o hardware, al punto in cui si trova in quel momento e dal quale derivare una nuova via di sviluppo. Il fork è un comando standard del servizio web GitHub destinato alla pubblicazione dei siti web e alla collaborazione. Si basa su Git, un software per la gestione dei progetti software che ideò Linus Torwalds nel 2005 per gestire la tumultuosa crescita del sistema operativo Linux in quegli anni.

Giacomo Falaschi è partito dal progetto di stampante pieghevole Mondrian facendo un fork del progetto Mondrian in GitHub. Il fork ha così generato il progetto Fa)(a, con il quale è stata sviluppata una variante che usa la levitazione magnetica per i movimenti nel piano x-y del gruppo di estrusione, come ha spiegato nel post con cui il 28 aprile di quest’anno ha annunciato la disponibilità di tale progetto.

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Sì, era il picchio. Ora organizziamoci per i prossimi passi – #edmu14

Post aggiornato il 14 dicembre.


Bene, era il picchio.

Ora approfondiremo alcune delle operazioni che sono occorse per produrre i brani che abbiamo sentito. Potremmo provare a vedere qualcosa insieme nell’aula virtuale. Stasera (giovedì 12) la terrò aperta dalle 19 alle 20 e dalle 21 alle 22. Senza ansia, la prossima settimana la terrò aperta più spesso di quanto abbia fatto fin’ora. Ripeteremo.

Inoltre sto preparando una scheda tecnica per cercare di spiegare qualche aspetto tecnico.

Nel frattempo, ci possiamo preparare per i prossimi passi:

  • Elaborazione immagini. Scaricare Gimp. Ottimo sostituto di Photoshop. Contrariamente a quest’ultimo – molto caro – è software libero: usarlo liberamente è una scelta di alto valore etico e, incidentalmente, è gratis. Si può scaricare per tutti i sistemi: Windows, Mac, Linux. Quindi, se non l’avete già fatto, scaricatelo e esploratelo a piacimento.
  • Montaggio Video per chi ha Windows. La Microsoft offre liberamente (per ora) un insieme di applicazioni che si chiama Windows Essentials 2012. Fra queste c’è Movie Maker. Ho provato a scaricarlo e l’ho aperto. Impareremo insieme ciò che ci serve. Scaricatelo e esplorate.
  • Montaggio video per chi ha Mac. Dipende dalla versione del sistema operativo. Se il vostro sistema non è dei più recenti c’è il caso che abbiate una versione di iMovie dentro. Altrimenti si può scaricare dal Mac Apple Store per 13.99$.
  • Aggiornamento 14 dicembre: alcune persone hanno avuto problemi con CamStudio perché può capitare che l’antivirus segnali la presenza di malware all’atto dell’installazione. A me non era mai successo nulla ma da quando l’autore si è affidato a un installer terzo per la distribuzione del software molte persone hanno lamentato questo problema. Con l’ultima versione di CamStudio, all’inizio del 2013, quello che si scarica non è il software stesso ma un installer, che insieme a CamStudio offre anche altri prodotti. Se la gente non li rifiuta l’autore di CamStudio si becca una commissione. Lui si giustifica dicendo che non ce la fa più a mantenere il software e ha bisogno di qualche provento. Probabilmente vero, ma le cose si sono un po’ intorbidate. Io comunque non me la sento di creare problemi alle persone, anche se non succede sempre, quindi ritiro la proposta di scaricare CamStudio e vi prego di considerare le altre alternative che ho suggerito o altre che magari scoprite voi. Purtroppo per quel che concerne montaggio video e screencasting il panorama degli strumenti disponibili è farraginoso. Scusate per l’inconveniente.
    Screencasting per chi ha Windows. Screencasting vuol dire fare un video di ciò che succede sullo schermo del proprio sistema – si usa molto per fare i tutorial. Per Windows c’è un software open source che si chiama CamStudio. Scaricate e esplorate.
  • Screencasting per chi ha Mac. La prima opzione è usare Quicktime, che c’è in tutti i sistemi Mac. È molto limitato, per esempio può registrare solo lo schermo intero. Dipende da quello che si vuole fare. In rete si trova qualcosa (post in inglese), più o meno gratis o a basso costo.
  • Screencasting via servizio web. Per un periodo avevo usato Jing. Non male, poi quando ci prendi la mano ti accorgi che per fare meglio devi pagare qualcosa. Comunque si poteva già fare abbastanza. Ce ne sono altri in giro, come Screenr, ScreencastOMatic, e probabilmente altri ancora. Basta cercare, per esempio in questo post c’è un riassunto (inglese) di sistemi di Screencasting alla larga. Qualcuno di voi potrebbe avere esperienza con qualcuno di questi o altri sistemi; bene, le condivida.

Staniamolo… – #edmu14

Allora, dal post Che animali sentite nel bosco? avevate scaricato un primo file di lavoro.

Ci abbiamo riconosciuto il cuculo e, con un po’ di fatica in più, il capriolo. Manca ora il terzo animale misterioso. Due o tre di voi l’hanno trovato ma noi continuiamo il gioco per tutti – paleseremo tutti i commenti alla fine.

Vi aiuto un po’ a stanarlo, con un altro file di lavoro, dove ho “evidenziato” ulteriormente il “verso”. Scaricatelo, caricatelo in Audacity, fatelo girare ciclicamente con Attività->Riproduci ciclicamente… stoppatelo col solito tasto quadrato prima di diventare matti… riflettete su quali potrebbero essere state le operazioni necessarie per “evidenziare” il suono, osservate la differenza fra le due tracce… (cercate il pezzo corrispondente nel brano originale e confrontatelo)

Il cuculo e poi… – #edmu14

Questa estate ho dovuto introdurre la moderazione dei commenti al blog. Piaciuto per niente fare una cosa del genere, incline a vedere in ogni chiusura più i danni che i vantaggi. Ma ci sono le eccezioni. Con la popolarità di un blog cresce anche la pressione dello spam. Questo blog in 7 anni ha ricevuto circa 12000 commenti veri ma anche oltre 100000 commenti di spam. Il sistema di protezione Akismet, offerto gratis da WordPress.com, li ha intercettati tutti eccetto 200. Un ottimo risultato percentuale ma, considerati i valori assoluti, insufficiente per non rendere fastidioso l’inevitabile intervento manuale. Da qui la decisione di moderare, obtorto collo.

Ma come sempre, prima o poi un aspetto positivo salta fuori e così è successo anche nel caso del  nostro gioco, dove la moderazione è tornata inaspettatamente utile. Infatti un mio amico ha snocciolato subito gli animali che si sentono nel brano audio, almeno quelli che intendevo; e anche un altro di voi, addirittura facendo ipotesi sugli autori dei cinguettii. Attualmente ci sono ancora sei commenti da sdoganare. Ma qui interessa l’atmosfera del gioco più del risultato. Interessa che tutti provino a chiudere gli occhi e ad immaginare il loro bosco con quei versi dentro. Interessa che questo induca a immaginare un gioco simile per i propri bambini o ragazzi. Ed altre cose simili.

D’accordo, sul cuculo ci siamo tutti. E con qualche oscillazione ci siamo avvicinati anche al…

Anche se nel video si parla di abbaio, mi risulta che si tratti di bramito, come quello di altri ungulati simili. Il verso è comunque quello. Non cani ma caprioli, dunque, che da queste parti abbondano.

Ma c’è n’è un terzo da scoprire. Vi propongo un “ingrandimento” del brano precedente, questa volta sotto forma di un semplice file MP3 (non di file di lavoro AUP – mi raccomando, tenere presente la distinzione):

Vediamo, se scopriamo tutti il verso misterioso. Poi, una volta scoperto: che c’è di diverso fra questo brano e il precedente che avevate ascoltato?

Che animali sentite nel bosco? – #edmu14

Nel post precedente avevo suggerito di andare a leggere un paio di brani de “I bambini e l’ambiente”. Giustamente Lisia mi ha fatto notare che qualcuno potrebbe non disporre del libro. Allora, prima trascrivo i brani che avevo suggerito di leggere. Eccoli.


Pag. 79

La radio

Sarebbe più esatto parlare di montaggio sonoro, una pratica ignota ai più, ma assolutamente amata dai pochi bambini che la conoscono.

Data la cultura dominante estremamente sbilanciata sull’immagine, l’idea di mettersi lì soltanto ad ascoltare può sembrare sulle prime poco “spettacolare”. In realtà sollecita canali di attenzione meno utilizzati e per questo, superato il primo impatto, spesso più interessanti. Ai bambini poi piace moltissimo giocare con la loro voce, con i suoni, oltre che naturalmente con le musiche e , anche se nella cultura informatica corrente il software di elaborazione del suono non è considerato “di base” come quello da ufficio – nella vita di tutti i giorni infatti, ognuno di noi ha a che fare continuamente con grafici e tabelle, mentre le voci, i suoni e le musiche sono esperienze da “professionisti”! – esistono diversi programmi (anche gratis, a buon mercato ecc.) che consentono a chiunque con poco esercizio di incominciare a trattare il suono come un tempo, con la registrazione analogica, era quasi impossibile.

Provare a tagliare, incollare, sovrapporre, qua e là inserire effetti. E poi ascoltare insieme. Possiamo anche metterci le presentazioni degli “inviati speciali”, come una vera radio!

 

Pag. 98

AMBIENTI SONORI

Gran parte dei film disponibili in casa in DVD, così come molti videogiochi, hanno un sonoro dolby digital con effetti surround, che per essere apprezzato appieno richiede un impianto audio a cinque o più casse acustiche, disposte in modo strategico nella stanza, e il subwoofer per i bassi. Allora i suoni sembra che vengano non solo da destra e sinistra, ma anche dalle spalle dello spettatore o giocatore, avvolgendolo in un “ambiente sonoro” tridimensionale di grande effetto.

[…]

Nella scuola, insegnamento della musica a parte, l’elemento suono è di solito sottovalutato. È un peccato, perché già l’effetto stereo dato anche da una qualsiasi videocamera economica, ascoltato in cuffia o con casse ben distanziate, rende in modo intenso e realistico l’ambiente sonoro.

I suoni e le macchine per registrarli e riprodurli

Registratori a bobine, registratori a cassette, registratori digitali che sono anche radio e lettori di musiche MP3, vidocamere che possono essere utilizzate anche per le loro eccellenti qualità di registrazione audio, microfoni collegati al computer…

Siamo letteralmente circondati di macchine per registrare il suono, e normalmente, non siamo affatto abituati a usarle.


Il mio vecchio registratore analogico tipo walkman funziona ancora: lo presi usato da un amico nel 1981! Appena un po’ più grande di una cassetta normale (le “micro” non mi sono mai piaciute, perché poi non si possono mettere nello stereo) ha una qualità discreta e permette di passare velocemente dalla registrazione all’ascolto. Con un tastino accelero o rallento la riproduzione, con effetti comici molto apprezzati dai bambini e, regolando la sensibilità del microfono, posso allontanare i rumori d’ambiente e ottenere una voce abbastanza chiara anche nel mezzo di un frastuono assordante: il che sorprende e incoraggia all’uso dello strumento.

Il nuovo registratore digitale è piccolissimo, ha il microfono stereo e una fedeltà strepitosa. È dotato di memoria interna in cui vengono memorizzati i file audio, che poi si trasferiscono al computer collegandolo alla porta USB come una pen drive. Altre macchine simili usano schede di memoria flash. Rispetto ai lettori MP3 con funzioni di registrazione, si differenziano a prima vista perché hanno un piccolo altoparlante che permette di riascoltare insieme, a volume ovviamente molto basso, tutti in silenzio e attenti…

Biblioteche di suoni


Sono andato a ritrovare una vecchia cassetta audio, che mi fu data un giorno da una maestra della scuola dell’infanzia. Sull’etichetta sta scritto: “Gocce, vento, fuoco”. Ascolto ad alto volume… Sembra di stare in una immensa grotta sotterranea, dal cui soffitto stilla acqua a intervalli regolari… Poi è un incendio nel bosco… Poi ancora acqua, a fiumi, che scroscia e pare spargersi dappertutto, come l’inondazione di New Orleans!

Se la registrazione magnetica presenta difficoltà oggettive di catalogazione (non si possono propriamente “sfogliare” i diversi suoni su un nastro come le pagine di un libro, e non è così facile e automatico compilare un indice, o ritrovare le singole voci disperse tra decine di bobine o musicassette: tutto sommato un lavoro per gente un po’ speciale!), con i suoni digitalizzati e trasformati in file dentro un computer, al solito assegnando nomi, dividendo in cartelle e giocando con i collegamenti, ognuno può agevolmente organizzarsi la sua personale “biblioteca” di suoni.

Si può registrare in proprio, “estrarre” da documenti di diversi tipo (un uso didattico non lede comunque i diritti d’autore), o utilizzando le raccolte esistenti: audiocassette CD, file sonori accessibili in rete, dove troviamo di tutto, dal rumore di una fabbrica al canto struggente delle balene.

Il suono e il computer

Esiste tutta una produzione musicale che si basa sul riutilizzo di musiche, suoni, canzoni. Il remix, al di là delle intenzioni commerciali o artistiche, è innanzitutto un grande gioco artigianale, a cui le moderne tecnologie offrono possibilità pressocché infinite.

Se però ricostruire musiche e canzoni basandosi su materiale già esistente comporta capacità tecniche di tipo professionale, il gioco di accostare e mescolare insieme le voci, i rumori, i versi degli animali, il vento, le onde del mare, non solo è ormai possibile a chiunque, ma può spalancare orizzonti impensati e assolutamente interessanti. Un po’ come quella prima sorprendente esplorazione del cortile della scuola, dove non immaginavamo neppure che potessero vivere tanti animali.

Con il computer il suono si vede. I bambini di cinque anni, quando gli mostri per pochi minuti come si può giocare con il “disegno della voce”, rovesciandolo (voce al contrario), tagliando, incollando, applicando effetti come echi, accelerazioni e rallentamenti, voci da papera e da robot, subito ti propongono elaborazioni sonore non solo divertenti, ma anche estremamente appropriate: “Metti lì la voce, abbassa il rumore del traffico, alza l’urlo della bambina che si spaventa!”. Sembra che sappiano già tutto quello che un computer può fare con il suono, e senza bisogno di “insegnargli” nulla! Probabilmente, si tratta di un’altra di quelle competenze latenti che aspettano solo di essere sollecitate per potersi esprimere.

Fino alla metà degli anni Novanta era abbastanza facile trovare programmi accessibili anche ai bambini, che consentivano di prendere la propria voce campionata (ma anche un altro suono qualsiasi, il rumore di una porta che cigola, il miagolio del gatto) e “suonarla” come uno strumento dentro una musica, usando la tastiera stessa del computer e avendola accordata automaticamente con una base di accompagnamento. Successivamente il mercato ha stabilito che queste sono cose eventualmente da professionisti e che non interessano ai bambini.

Dopo averlo verificato personalmente con centinaia, posso garantire che il mercato si sbaglia!


E ora un gioco. Cliccando qui potete scaricare il frammento di una registrazione fatta durante una passeggiata nel bosco questa estate. Quello che scaricate è un file zip (3.3 MB) che, una volta scompattato fornisce due oggetti: un file e una cartella i cui contenuti sono ciò che serve a Audacity per lavorare. Avrei potuto esportare la registrazione in formato MP3 ma questo comporta una perdita di informazione. Con il formato di lavoro di Audacity siamo sicuri di lavorare tutti sugli stessi identici dati.

La registrazione ha vari difetti e si possono fare varie cose per estrarre cose interessanti.

La domanda è: che animali sentite?

Lo strumento della seconda attività: Audacity – #edmu14

Prima di tutto procuriamoci lo strumento: useremo Audacity che è software libero. Ecco come installarlo:

Poi registrare un brano e salvarlo…

Operazioni di taglio e sostituzione…

Aggiustamento dell’amplificazione dell’input

Accompagnando con la rilettura della sezione “La radio” (pag. 79) e “Il suono e il computer” (pag. 100) de “i bambini e l’ambiente”.

Quindi baloccatevi: provate a registrare qualcosa e a farci qualche operazione esplorando i menu. Poi faremo qualcosa.

Preparazione per le prossime attività – #edmu14

Ricapitoliamo. L’attività precedente si conclude con la scrittura di un abstract di 1000 parole da redigere con il programma LibreOffice. A prescindere dal tipo di partecipazione questo va fatto obbligatoriamente – ognuno partecipa nei limiti delle proprie possibilità, che possono dipendere da fattori ambientali, quali la disponibilità di banda, che è spesso un grave collo di bottiglia nel nostro paese; non importa, si descrivano (presunti) successi e (presunti) insuccessi. Il documento così preparato deve essere caricato nella piattaforma IUL. Fino ad ora sono arrivati i contributi (ottimi) di Alessandro, Roberta e Flavia. Chi ha difficoltà contatti Lucia o il sottoscritto, meglio se attraverso commenti a (per esempio) questo post: i problemi condivisi fanno crescere tutti.

Nel frattempo bisogna però prendere le mosse per le prossime attività, iniziando ad organizzarsi: chi non ha una cuffia se la procuri, per due motivi:

  1. La prossima delle 5 attività riguarda l’elaborazione di file audio. Vi darò un paio di file (credo) che dovrete ascoltare attentamente e magari farci poi dei lavori sopra: occorre sentire bene. Ci vogliono quindi le cuffie, meglio se di buona qualità.
  2. Dobbiamo (lo impone il regolamento) fare anche degli incontri in videoconferenza. In teoria dovrebbero essere delle lezioni del docente. Faremo ciò che serve. Utilizzeremo in ogni caso il sistema di videoconferenza della piattaforma IUL, accessibile mediante il link “Eventi Sincroni” una volta che siete nella pagina di Editing Multimediale. Anche per questa attività è obbligatorio usare le cuffie, senza le quali si producono echi che possono vanificare la comunicazione.

Ora, avrei intenzione di fare un uso abbastanza flessibile dello strumento di videoconferenza, per metterlo al servizio delle vostre necessità. Penserei anche a un collegamento quasi quotidiano, ad una certa ora, da utilizzare alla larga: domande, consigli, approfondimenti. Quasi come fosse un programma radiofonico, che c’è ad una certa ora, solo che è un programma dove possiamo parlare tutti

Prima di iniziare questa pratica vorrei però avere un’indicazione da parte vostra su quale potrebbe essere l’ora preferita. Poi vedremo di trovare una soluzione ottimale, ben consapevoli che ottimale per la comunità non equivale necessariamente a ottimale per i singoli. Per esperienza so già che le preferenze si addenseranno intorno a due o tre alternative. Vedremo.

Occorre che che vi esprimiate tutti, dichiarando le vostre preferenze mediante commenti a questo post.