Monica è contenta che il lavoro realizzato con i suoi allievi di quarta elementare sia finito sul giornale ed io sono contento che i miei allievi, come Monica, mettano a frutto ciò su cui abbiamo lavorato insieme in un corso.
Monica è contenta perché i suoi bambini hanno realizzato un podcast e voi penserete che io abbia insegnato a Monica come si fa a fare un podcast. Niente affatto. A Monica, come ai suoi compagni di corso e come a tutti gli altri studenti io non insegno quasi nulla di specifico, solo pochissime cose assolutamente non comprensive di tutto quello che potrei pensare di insegnare loro in materia, ammesso che ne sia capace.
Non insegno loro il maggior numero possibile di contenuti ma suggerisco loro, e solo a volte mostro loro, come muoversi su alcuni contenuti esemplificativi affinché poi siano autonomi. Non insegno loro la disciplina ma cerco di far crescere in loro il pensiero che caratterizza quella disciplina.
Ricevo innumerevoli testimonianze della concretezza di questo processo. Eccone una recente ma particolarmente significativa perchè scritta da uno studente estremamente critico oltre che molto bravo:
Dunque, le scrivo per dirle che il suo corso, a distanza di un anno, mi ha dato tanto. Non l’avrei pensato all’inizio, però sono rimasto favorevolmente stupito. Mi ha dato tanti spunti, mi ha cambiato, mi ha reso più sensibile a certe problematiche… insomma, personalmente è stato uno dei corsi che mi hanno lasciato di più. E, per la cronaca, non lo considero ancora terminato (il corso) 🙂
I risultati che si ottengono sono concreti e non si basano né sulla copertura di un programma né sull’esecuzione di esami.
A me non interessa dare voti su domande fatte in ambiente controllato perché quei voti non significano quasi nulla. A me interessa che chi ha vissuto un corso, dopo sappia immaginare qualcosa e sappia fare qualcosa che prima non avrebbe avuto la capacità o il coraggio di immaginare e di fare. Per inciso questa è anche la base di un vero lifelong learning, non l’attuale ridicolo mercato di crediti raccattati in giro per congressi e eventi pseudoformativi.
Attenzione, fare può significare anche qualcosa di completamente teorico: per esempio essere in grado di studiare da soli la fisica quantistica grazie al fatto di avere interiorizzato il pensiero fisico in un semplice corso di meccanica classica.
Mi sto convincendo che l’università pubblica, specialmente ma forse non solo, italiana, specialmente ma forse non solo, non abbia la capacità di rinnovarsi come la società sta chiedendo con sempre maggiore urgenza. Credo che il futuro sia in qualche forma di apprendimento extra-accademico.
È fuori o comunque altrove che mi interessa spendere energie prossimamente, qui mi sembra di raschiare il fondo del barile.
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