Colgo l’occasione fornita da un commento di Serena con un link che apparentemente non funziona, per familiarizzare ancora un po’, in senso generale, con il codice.
Leggendo il codice che compone l’indirizzo URL messo da Serena nel suo commento, posso fare un’ipotesi che documento con un piccolo esperimento, approfittando del fatto che sia il blog di Serena che il mio sono in WordPress. Ho creato la bozza di un nuovo post, che ho intitolato post di prova, nel quale ho scritto poche parole, poi ho chiesto di vederne l’anteprima. Così facendo, wordpress apre una nuova pagina per mostrarmi l’anteprima, e l’indirizzo di tale pagina risulta essere
che ha esattamente la stessa struttura del link postato da Serena:
Da questo deduco che probabilmente Serena ha linkato un post che invece le è rimasto in bozza. Ci penserà lei a indagare e, se vorrà, a farci sapere, ma non è tanto questo il punto. Ci interessa invece scoprire che quelle strane stringhe di caratteri (si chiamano proprio così in gergo) hanno un senso non così oscuro.
Proviamo ad evidenziare:
Ecco che emerge una struttura: un indirizzo URL, seguito da un carattere ?, poi dal nome di una variabile posta uguale ad un certo valore, seguita a sua volta dal carattere &, e poi ancora dal nome di un’altra variabile posta uguale ad un altro valore …
Gioco: provate a mettere nel browser l’indirizzo
Domanda:
Ovviamente le dichiarazioni di voto sono più che gradite 🙂
@GranDiPepe: di sicuro io e te non abbiamo paura di metterci in gioco e di sbagliare, come diceva Ken Robinson nel suo video, siamo talmente abituate a fare e rifare che quando qualcosa va subito nel verso giusto ci guardiamo stupite…
piano, piano. Un sacco di codici e formule. Qui per forza devo fare ordine, la logica nel caos non mi permette di riallineare il pensiero. Le formule matematiche da sempre mi spaventano e mi affascinano, per la difficoltà nel doversi spingere oltre il normale calcolo e per l’ordine che arrecano in sè. La matematica non è un’opinione, si dice, è quindi dimostrabile, è conoscenza sul sapere e non sul credere, come disse Socrate a Gorgia. @serena non posso che ringraziarla per un errore di “distrazione” (penna blu e non rossa…) da cui è emerso questo post chiarificatore. I commenti di @Claude non posso che essere sempre costruttivi: la revisione del post mi sembra un’ottima opportunità, per far si che si sviluppi la collaborazione come supporto e non, in questo caso, interazione. Cioè il post rimane di proprietà intellettuale (poi magari @Andreas mi spieghi meglio anche questo concetto…) di chi scrive, ma con un aiuto di revisione. La scrittura collaborativa ha necessità di essere manipolata da più, come i “monticini” di Don Lerenzo Milani: tutti insieme a scrivere e poi non si può più dire di chi è quel passo o l’altro. Quello che facciamo io e @Samantha, mescoliamo le idee e poi sono di tutte e due. E’ il valore dei tanti che dà forma e sostanza, in senso Aristotelico “maschio e femmina” le due parti del tutto.
Grazie, Roberta: Etherpad lo conoscevo nella versione Piratepad – se ricordo bene tramite Andreas. Altro strumento di scrittura collaborativa: il toolkit di Google Traduttore, dove puoi caricare un file ed editarne in più persone la traduzione, volendo partendo da quella automatica di Google 😉
Me lo ha suggerito Naomi Black, di Google, quando ha editato poi ripreso i miei sottotitoli Universal Subtitles nel video originale Android 4.0 Accessibility Demo: Turning on Accessibility su YouTube. Lo sto provando con il file .srt di altri sottotitoli, ma non ho ancora ben capito in cosa differisca dalla possibilità di fare la stessa cosa direttamente su Universal Subtitles – salvo forse che se si fa sul Toolkit di Google, si contribuisce a migliorare Google Traduttore.
Risposta lampo, ma credo che ci ritornerò sopra. In generale sì. I motori di ricerca, nello sforzo di finire addirittura con il diventar semantici, prendono un sacco di decisioni. Tipo fanno una cosa che si chiama stemming, risalendo alla radice delle parole per acchiappare anche forme derivate o rimediare a errori ortografici semplici. Ancora, se uno introduce una manciata di termini, anche una frasetta, il motore butta via termini probabilmente inessenziali, accoppia in modi vari le parole e molto altro ancora. Un po’ in tutti i motori di ricerca, apporre le virgolette intorno ad un gruppo di parole, vuole dire che si vuole cercare quell’esatta sequenza di caratteri, quindi è naturale che la ricerca si restringa, ma anche che si impoverisca, usando le virgolette. Probabilmente approfondiremo ancora un po’. Grazie Roberta.
@Claude, grazie per avere riportato l’avventuroso making di quel wiki 🙂 Forse per lavori simili avrebbe funzionato anche un Etherpad. Tu lo conoscerai sicuramente, lo sto usando in questi giorni per una traduzione (“traduzione” nel mio caso è una parola grossa, diciamo “accrocchio verso l’italiano”, ecco) di un talk sul software libero. Ha salvataggio automatico e consente revisioni collaborative da parte di gruppi anche consistenti, mi par di capire. Anche etherpad è un prodotto Google, tuttavia si può installare su un proprio server in modo più appropriato per la privacy di contenuti, infatti il “taccuino” che sto usando nel lavoro di cui sopra è in un server privato. Niente cloud 🙂
@Andreas: (disclaimer:dirò sicuramente qualcosa che non ci azzecca, ma mi incuriosisce)
se mettiamo i termini della ricerca tra virgolette, ovvero usiamo la cd ricerca esatta, l’url che vediamo sulla barra del browser diventa chilometrico https://www.google.com/search?q=IUL+firenze#pq=iul+firenze&hl=it&cp=1&gs_id=b&xhr=t&q=%22IUL+firenze%22&pf=p&sclient=psy-ab&source=hp&pbx=1&oq=%22IUL+firenze%22&aq=f&aqi=&aql=&gs_sm=&gs_upl=&bav=on.2,or.r_gc.r_pw.r_cp.,cf.osb&fp=c9ccdc56daabce4b&biw=1280&bih=687
pur riferendosi sostanzialmente sempre a IUL+firenze, i risultati calano e la ricerca diventa più precisa, o dovrebbe esserlo, come dice Wikipedia qui http://it.wikipedia.org/wiki/Google#Ricerca_con_.22.2B.22_e_.22-.22.2C_stringa_esatta_e_carattere_jolly. E’ così?
Bellissimo il tuo lavoro Serena! Lo riprendiamo in un post oggi.
Claude, potare consapevolmente va bene, perché gettare via il soverchio sapendo che non serve nel contesto che ci interessa fa bene alla qualità. Ma potare perdendo opportunità di comprensione deprime la qualità. Non dico questo per te, Claude, lo dico per dare un chiaro messaggio alla comunità.
Don Milani andava su tutte le furie quando i ragazzi facevano finta di nulla di fronte ad una parola sconosciuta – “Ogni parola che rinunciate a conoscere sarà un calcio nel culo nel futuro” – diceva, più o meno.
Non voglio assolutamente dire che bisogna sapere tutto, assolutamente no, perché è impossibile. Ma è l’attitudine che conta. E io insisto tanto con il codice, perché so che codici e formule, se ce ne sono, vengono saltate a piè pari, complici anche i risultati non proprio brillanti degli insegnamenti matematici nelle scuole, salvo non poche splendide eccezioni, ma pur sempre eccezioni. Perchè l’insegnamento della matematica, non dovrebbe essder ridotto a cumulo di formule da applicare al momento giusto, ma familiarizzazione con il linguaggio e il pensiero matematico, che è un’altra cosa.
E invece, quello che tento di dirvi, è che l’attitudine alla ponderazione e alla comprensione, quando e solo quando serve, degli innumerevoli frammenti di codice che oggi contaminano il testo con il quale comunichiamo alla neomacchina, fatta di macchina e di umanità, tale attitudine contribuisce all’uomo alfabetizzato della società della conoscenza.
È veramente illuminante il post di Serena, in questo senso. Io nei panni dello studente non l’avrei saputo fare così bene.
Riguardo alle anteprime dei post in bozza che in wordpress si possono inviare ad altre persone, si tratta di usare gli strumenti per ciò per cui sono pensati. Quello non è uno strumento adatto alla scrittura collaborativa, ma è uno strumento per consentire agli autori di utilizzare un meccanismo di revisione. Tipo: devo scrivere un post in inglese ma so che il mio inglese è raffazzonato. Ne spedisco un’anteprima a te, che sei una gentile e competentissima amica, affinchè tu me lo corregga o integri. Poi io pubblico il post stando attento ad attribuirti il credito adeguato per l’aiuto ricevuto. A questo serve, ad esempio.
Del resto, se un lavoro richiede scrittura collaborativa, nemmeno il blog è adeguato, in senso generale. Per questo esiste proprio il wiki. Il blog può essere usato come uno splendido Content Management System, reso vitale da un buon flusso di articoli di buona qualità e molta cura per i dialoghi che vi possano emergere. Non scrittura collaborativa.
Ma veramente, questa opzione “request feedback” è una trucchetto divertente, e potrebbe funzionare in contesto educativo, dove ad es. agli studenti si chiede di far rileggere la loro bozza da un altro. Ma una cavolata bella e grossa se vuoi collaborare davvero con qualcuno.
L’avevamo provata con Roberta Ranzani per la bozza di un post che preparavamo per etcjournal.com, prima su quel mio blog di bozze almansi.wikispaces.com. Io potevo leggere i feedback di Roberta, ma non si poteva dialogare. Allora l’avevo invitata come co-autrice del blog: WordPress ha anche una storia delle revisioni, come un wiki. E così funzionava meglio… fin quando abbiamo sottoposto la bozza su etcjournal.com a Jim Shimabukuro.
Lì non potevo invitare Roberta come co-autrice, perché veramente ero la sola a scrivere le bozze direttamente nel blog: Jim postava – e posta – tutti i testi degli altri lui stesso. Quindi su etcjournal.com ho di nuovo “requested feedback” da Roberta affinché potesse seguire le revisioni di Jim e mie. Solo che a un certo punto, lui ha pubblicato per sbaglio la bozza quando era piena di commenti multicolori, poi l’ha messa come “pubblicata come privata”. Però questo bloccava l’accesso in “Request Feedback” di Roberta alle revisioni.
Alla fine – dopo oltre 60 revisioni solo su ETCJ con divergenze insanabili su punti strutturali – Roberta ed io abbiamo ritirato il post e ne abbiamo pubblicato le varie parti sulle pagine di un wiki, http://subtitling-for-accessibility-education-and-creativity.wikispaces.com (1). Veramente sarebbe stato più semplice iniziare da lì, da un wiki: etcjournal.com ne aveva uno. Però Jim si era messo a credere nella parte “journal” (rivista accademica) del nome del blog, e quindi voleva soltanto testi inediti.
(Certo, sarebbe anche stato possibile collaborare su un google doc privato – però in quel momento – agosto 2011 – a google docs mi era venuta l’allergia forte).
(1) Un URL bestialmente lungo, da qui quello più breve indicato nel menù di navigazione: http://bit.ly/subtitling. Ma è che volevamo un titolo veramente descrittivo.
Andreas, la tua ricostruzione dell’evento è perfetta :-). A post ultimato sono ricorsa all’anteprima per accertarmi che tutto fosse ok, ma ho riscontrato delle anomalie (maiuscole alla fine di parola, accenti insoliti…) Ancora non so spiegarmi il perché. È questione di codifica?
Ciò che mi rasserena è la constatazione che l’errore è servito per l’apprendimento e per gli sviluppi successivi. Mi riferisco anche all’intervento di Claude che ha segnalato la possibilità di “condividere anteprime di post WordPress per chiedere un feedback prima della pubblicazione”.:-)))
Grazie
Però tornando alle anteprime di post WordPress: è possibile condividerle per chiedere un feedback prima della pubblicazione: vedi spiegazione in http://almansi.wordpress.com/?p=443&shareadraft=4ee26aba591ed (che è appunto una bozza così condivisa).
….i termini della ricerca, nonché il browser utilizzato, l’OS, l’età della bisnonna e chissà cos’altro ancora… Ho iniziato col potare sistematicamente questa roba dopo il ? negli URL di pagine YouTube che si aprono a partire da video inseriti (embeddaed).
Mi è capitato diverse volte di memorizzare l’URL di una ricerca effettuata con Google e avevo notato che i termini della ricerca venivano riportati all’interno di una stringa complessa nell’indirizzo completo.