La traduzione in collaborazione è stata completata – #loptis

Il 22 dicembre nel post Servizi di scrittura collaborativa e un primo progetto avevamo proposto l’idea di tradurre in collaborazione un articolo dall’inglese. L’idea consentiva di fare esercizio di editing in un wiki e allo stesso tempo di offrire materia di riflessione sull’aggiornamento professionale degli insegnanti in una modalità particolarmente coinvolgente.

L’articolo si intitola Expanding the zone of reflective capacity: taking separate journeys togetherEspandendo la zona di capacità riflessiva: unendo percorsi diversi. È apparso nel 2009 sulla rivista Networks – An Online Journal for Teacher Research.

Una settimana dopo, con il post Traducendo e collaborando…, abbiamo ripreso l’argomento per darci qualche regola, perché il lavoro era partito come una fiammata. Dopo un’altra settimana anche Claude è intervenuta, dando utili consigli sulle modalità di editing di un testo bilingue.

Poi il lavoro è andato sobbollendo grazie alla collaborazione di varie persone e alla cura continua di Claude. Ora è stato completato, grazie al contributo finale di Simona che ha estratto una versione ripulita dall’intrico di pagine che si era formato cammin facendo.

Intendiamoci, come dice Claude – che di traduzioni e di Lettere se ne intende – una traduzione non finisce mai. E noi lasceremo che chiunque voglia, possa contribuire a migliorarla, ove opportuno. Ma qui non dobbiamo dare qualcosa alle stampe, bensì solo consentire a tutti di accedere al contenuto dell’articolo – è in questo senso che possiamo ritenere completato il lavoro. Per chi volesse controllare la traduzione sulla carta, ecco i file pdf della versione inglese e della versione italiana. Chi volesse poi intervenire sulla versione finale oppure commentarla, può accedere alla versione preparata da Simona nel wiki.

Se non vado errato, al lavoro di traduzione hanno collaborato 13 persone,  che hanno creato 8 pagine revisionate in totale 133 volte, e che hanno comunicato fra loro nel wiki con 191 commenti. Non male! Ringraziamo quindi:

Se ho dimenticato qualcuno o qualcosa segnalatelo, aggiornerò conseguentemente questo post.

Quanto al contenuto, l’articolo narra del lavoro conclusivo di un percorso formativo, nel quale un gruppo di insegnanti, eterogeneo per disciplina e scuola, accetta di confrontarsi filmando alcune lezioni nelle rispettive classi e discutendole criticamente insieme. A me era parso un approccio formidabile e coraggioso, che faccio fatica ad immaginare nel nostro contesto – sto pensando al mio, naturalmente, ma credo che nella scuola non sia molto diverso. Mi piaceva sapere cosa pensavano le persone… ora lo possono leggere tutti.

22 pensieri riguardo “La traduzione in collaborazione è stata completata – #loptis”

  1. Gentilissimi/e
    Volevo chiarire che non ho contribuito alla traduzione sul piano linguistico, in quanto non conosco la lingua inglese, ma sono intervenuta in merito ai contenuti dell’articolo.
    I rimandi riflessivi di questo lavoro in wiki sono stati di una grande ricchezza: valore della cooperazione che nasce dall’ input della traduzione , attivazione di una collaborazione a 360 gradi, perché è richiesta la capacità di mobilitare competenze anche su altri piani,oltre quello linguistico. Questa necessità mi è parsa evidente nel momento in cui Claude mi ha posto un quesito di carattere”metodologico- didattico”… lì è stato evidente che tradurre oltre a essere un’azione linguistica è atto concettuale complesso che richiama la complessità delle conoscenze …Davvero motivante!
    Avrei voglia di fare molte riflessioni, ma non voglio occupare uno spazio alterandone la funzione principale.
    Sento però forte il bisogno di sottolineare che quello che all’inizio di questo laboratorio, a ottobre, mi ha creato ansia,dopo questi mesi di lavoro, mi appare come la sua forza fondamentale: avere uno spazio in cui collegare, unire, mobilitare, interagire su problem solving diversi, evitando le omologazioni delle risposte, accettando una pluralità di competenze, valorizzando le diversità che nella loro espressioni sanno con consapevolezza farsi responsabili del proprio percorso.
    Gestire uno spazio così è possibile solo a chi possiede una grande competenza, che non è solo accademica
    ( tutto quello che conosco e so esporre) ma che trova la sua ragione stessa nel fare: cioè essere, saper essere e saper fare. Un’esperienza arricchente, le riflessioni proverò a metterle nel blog.
    In riferimento all’articolo, lo leggo e rileggo perché come ho già detto trovo molti aspetti comuni che ritrovo nella mia esperienza di supervisore: nel 2010, con il gruppo del III anno di tirocinio, è stata attivata una ricerca-azione proprio sull’uso della video registrazione come strumento di riflessione sulle pratiche di tirocinio nelle classi ospitanti, il risultato della ricerca è stata pubblicato in un documento che ne descrive il disegno di ricerca e i risultati.
    Questa metodologia di video ripresa risulta però ancora poco accettata dagli insegnanti di classe che ci vedono una “violazione della privacy”, inutile negare che ci sono una serie di problematiche, ma che i riflessi positivi sono altrettanti numerosi.
    Grazie prof. E grazie a tutti voi
    Giusi

  2. Ho partecipato all’attività e da questa ne sono uscita più ricca e motivata, come ho avuto modo già di esprimermi in un precedente articolo del laboratorio e sul mio blog.

    Mentre traducevo ho “conosciuto” Cliff: uno dei protagonisti del percorso formativo descritto nell’articolo. Ho simpatizzato con lui, ho fatto il tifo, perché ha accettato di mettersi a nudo, ha accettato il cambiamento, consigli di altri colleghi espressi con correttezza e assertività e proprio perché autentici, a volte potevano sembrare “spietati” o spiazzanti. Ha filmato le sue lezioni, ha permesso che venissero, e lui naturalmente per primo, passati al setaccio, ha studiato, letto, approfondito e alla fine ha preso consapevolezza e ha modificato il suo modo di insegnare. Vorrei sottolineare: ha studiato, senza ricerca e conoscenza non si va da nessuna parte.

    Eppure noi insegnanti …spesso ci sentiamo degli intoccabili…non è così scontato quello che Cliff ha affrontato.

    Vorrei citare Aristotele: “Si accetta a malincuore d’esser sempre soggetto di critiche. E dire che avevo introdotto una filosofia… tutta positiva. Nondimeno, le critiche sono intelligenti o sciocche. Da quelle intelligenti si impara a migliorare; da quelle sciocche che è sempre buona cosa far esercizio di magnanimità”.

    Adesso devo chiudere, ma poi vorrei scrivere, qua o sul mio blog, una riflessione sulla “traduzione che non finisce mai” e quindi anche sul concetto di riscrittura che ritengo sia una magnifica opportunità.

    1. Vero, senza studio e senza ricerca non si va da nessuna parte, e non è una cosa che si realizza partecipando a qualche corsetto, ma un modo di vivere…
      Grazie Antonella.

  3. Il contenuto della traduzione mi ha ricordato una mia esperienza, che all’inizio fu scioccante ma che doveva essere quella che avrebbe cambiato il mio modo di essere insegnante. Molti anni fa svolsi una ricerca azione con il Centro Linguistico dell’Università di Siena, per l’insegnamento della lingua inglese alla scuola primaria. Praticamente dovetti tenere una telecamera fissa nell’aula, per quasi un anno, durante lo svolgimento delle lezioni. Questa esperienza, oltre che da un’accurata programmazione giornaliera delle attività didattiche, era accompagnata da registrazioni delle mie osservazioni personali, da quelle incrociate delle mie colleghe e quelle della mia docente, Alison Duguid. I primi tempi, presa dal panico e dalle mie insicurezze la vivevo come un tormento, poi, piano piano mi sono abituata ed alla fine divenne una situazione normale. Non vi so descrivere quanto mi sia stata utile, mi ha dato proprio quella sicurezza che mi mancava, facendomi conoscere l’Antonella e la maestra nascoste dentro di me, aprendomi agli altri in modo spontaneo e naturale – questa sono io, con i miei pregi e i miei difetti, diamoci una mano per crescere insieme – un’apertura all’autoanalisi e al confronto che dura tuttora, nonostante siano passati 20 anni. Peccato che la documentazione dettagliata fu fatta solo sul cartaceo e dattiloscritta!

      1. No Andreas,non ha trovato molto consenso tra le mie colleghe…ma si potrebbe riprovare …le tue proposte invogliano sempre a rimettersi in gioco

  4. E’ stata la prima esperienza sia di traduzione, sia di partecipazione ad un lavoro collaborativo, sia all’uso del wiki … tre piccioni con una fava! Una esperienza che definirei … entusiasmante.
    E’ stato possibile anche grazie al tempo libero delle vacanze natalizie.
    Un tempo che è stato così arricchito da questo studio, da questa sfida, da questo confronto con persone speciali.
    Ringrazio di cuore Claude, i compagni di traduzione e il prof. Andreas, ideatore dell’attività.
    Mi è dispiaciuto interrompere bruscamente la partecipazione… ma … come si dice … con il 6 gennaio … la befana tutte le feste si porta via. Ho cercato di seguire la traduzione, anche se in modo fugace. Avere ora in mano l’articolo tradotto … beh … un grande regalo.
    Grazie!

  5. Spesso nelle mie classi ci sono allievi che dicono ma io non ho fatto quasi niente, poco e non hanno idea di aver partecipato al raggiungimento di un obiettivo comune; ogni anno pubblico questa favoletta:

    La leggenda del COLIBRÌ

    Narra un’antica fiaba africana che,

    bruciando la foresta,

    tutti gli animali si misero a fuggire,

    compreso il leone.

    Solo un colibrì

    Volava intrepido verso l’incendio.

    Così il leone, il re della foresta,

    si chiedeva perché il piccolo volatile

    si dirigesse con tanta alacrità

    verso il luogo in cui tutto stava bruciando….

    Il colibrì rispondeva che andava là proprio per questo,

    per spegnere l’incendio.

    “Ma è impossibile domare fiamme così vaste

    con la goccia che porti nel tuo becco”

    gli faceva notare il leone…

    … il colibrì rispose:

    “IO FACCIO LA MIA PARTE”.

    Poi chiedo chi fa la parte giusta?

    Anche in questo caso chi ha fatto qualcosa, piccola, grande ha contribuito al lavoro di tutti, rassicurando, suggerendo e condividendo.

    Ringrazio tutti per le magnifiche opportunità che mi date di fare la mia parte.

    Ciao
    Costantino

      1. Sai, chi mi conosce sa che ho delle sensibilità estetiche da boscaiolo di montagna. Per cui grazie per il lavoro che hai fatto e che rende molto più piacevole la lettura del mio messaggio.
        Ciao

  6. Anche io ho dato solo un modestissimo contributo! Ho imparato però,a
    a conoscere quanto il wiki sia importante nella didattica di ogni giorno potenziando le opportunità di interazione tra gli alunni che mettono in pratica un’idea progettuale ,come se usassero i mattoncini Lego per la costruzione di un edificio e questo non necessariamente nella stessa scuola ma tra scuole diverse e molto lontane. Lavorando con i progetti europei il wiki sarà per me ,uno strumento insostituibile anche per la progettazione tra i docenti.grazie a tutti voi,siete davvero preziosi!

    1. Spinto dall’entusiasmo dell’esperienza proposta da Andreas, ho avviato un wiki che ha come obiettivo quello di aiutare a conoscere ed apprezzare le potenzialità di questa piattaforma. Se ti può servire per pasticciare ancora un po’ sei la benvenuta!

  7. Grazie per l’occasione, Andreas.

    Quando partecipo ad attività di scrittura collaborativa che proponi all’interno dei tuoi corsi e laboratori online, mi colpisce ogni volta la rapidità ed efficacia con la quale i partecipanti si avvalgono non solo dello strumento principale di scrittura, ma anche delle funzionalità per interagire (commenti dello strumento stesso e/o al tuo post sull’attività).

    Oltre a questa traduzione, succede regolarmente nei pad di piratepad che proponi, è successo nella traduzione di un tutorial sull’uso di Diigo.com con il Google Translator Toolkit, in attività di sottotitolazione di video con amara.org.

    Certo, quasi tutti gli strumenti detti “Web 2.0” (ma anche alcuni “desktop”) forniscono queste funzionalità di interazione. Ma c’è un salto psicologico nell’adoperarli. “Scripta manent”, gli scritti rimangono, allora a volte questo può creare remore, a volte. Però quando vengono sormontate, non solo il lavoro è agevolato, ma c’è un arricchimento della comprensione.

    Si tratta di un approccio del senso “par le petit bout de la lorgette”, usando il cannocchiale al rovescio. Cioè: tu scrivi del contenuto dell’articolo: “A me era parso un approccio formidabile e coraggioso, che faccio fatica ad immaginare nel nostro contesto – sto pensando al mio, naturalmente, ma credo che nella scuola non sia molto diverso.”

    E noi, traducendo il testo, ci siamo ripetutamente imbattuti in parole e locuzioni che ci resistevano, proprio per questa differenza di contesto: ad es. “capstone project”, “practitioner researcher”. E la ricerca di equivalenti italiani ci ha portati ad approfondire assieme il significato e il contesto dei concetti originali, e a riflettere sul perché non c’erano equivalenti ovvi. Però con un sentimento non di disfatta, ma di terreni nuovi da esplorare.

    Questo avviene in quasi tutte le traduzioni (salvo forse in quelle dei componenti di medicinali o di alimenti). Però se traduci da solo, c’è più rischio di prendere cantonate, in parte per stanchezza. Traducendo assieme, è più facile essere vigili… e ci si diverte di più 😀

  8. Grazie per avermi citato, ma io, in verità, ho fatto praticamente niente….
    Un grazie enorme invece a tutti quelli che hanno lavorato duramente per avere la traduzione completa!

Lascia un commento