Un podcast per iniziare Editing Multimediale – #edmu14

Editing in WordPress

Inizia qui un ciclo di post destinato agli studenti di Editing Multimediale del corso di laurea in Metodi e Tecniche delle Interazioni Educative della IUL.

Questi post sono designati dall’hashtag #edmu14 ma implicitamente anche da #loptis: #edmu14 è un sottoinsieme di #loptis.

Iniziamo a tratteggiare l’idea che ci saremmo fatti per questa edizione del corso, e lo facciamo con il seguente podcast:

Se preferite ascoltarlo con qualche altro mezzo lo potete scaricare qui (11 MB – per salvare cliccare con il testo e poi “Salva con nome…”).

Abbiamo affidato al podcast il compito di introdurre il percorso ma non ci basta, lo vogliamo sfruttare ancora di più. Ecco quindi l’idea di farci un esercizio, dal triplice valore:

  1. conoscere un modo semplice per sottotitolare un video in rete
  2. fare un lavoro in collaborazione
  3. lambire la questione dell’accessibilità

L’accessibilità è un attributo delle risorse Web del quale si parla troppo poco. Un video in flash è un buco nero per chi non vede o vede poco. Un file audio è un buco nero per chi non sente.

Questo non significa pretendere di creare materiali in grado di ovviare a tutti i problemi di accessibilità, cosa impossibile. Si tratta tuttavia di porsi il problema, in funzione della platea a cui ci si rivolge e del mezzo che si usa. Qui noi stiamo usando un podcast, può essere una buona idea corredarlo del testo. Non è solo per chi ha problemi di udito: anche coloro che non conoscono bene la lingua possono essere avvantaggiati dalla disponibilità del testo scritto – nelle classi di 300-400 studenti di medicina, si trovano sempre un certo numero di stranieri che sono alle prime armi con l’italiano. Stesso discorso per i video.

Passiamo quindi all’azione. Anche se il nostro scopo è semplicemente quello di trascrivere un podcast, per poterlo fare in maniera collaborativa utilizziamo un servizio web per la sottotitolazione collaborativa dei video. Sono molto interessanti questi servizi perché consentono di rendere accessibile un video in altre lingue, forniscono un testo che torna utile a chi ha problemi di vista – i sottotitoli possono essere esportati in file di testo e i testi posson essere letti dai ciechi con i sintetizzatori vocali – e a coloro che hanno problemi di udito. Abbiamo scelto di usare il servizio Amara.

Per mettere in piedi l’attività, abbiamo creato un video “finto”, nel quale di mobile c’è solo la traccia audio, e lo abbiamo messo in Youtube. Lo potete vedere qui di seguito anche se non è questo che dovremo usare:

Infatti, successivamente, in Amara abbiamo creato un link a questo video Youtube. Sì perché in Amara non si caricano direttamente i video, ma si producono i sottotitoli che vengono sovrapposti al video originale quando questo viene fatto girare attraverso il link creato in Amara.

L’audio dura 12’26”, ovvero 746″. Voi siete 20, un primo pezzetto l’ho trascritto io, per innescare il processo. Quindi ognuno dovrebbe trascrivere circa 30-40″.

Nel tutorial seguente mostriamo come si fa a svolgere il lavoro.

Qui abbiamo preparato anche una versione sottotitolata con Amara, appunto. Nei sottotitoli c’è qualche informazione in più, rispetto al parlato.

Ognuno di voi, una volta entrato nel link qui sotto e giunto all’editore dei sottotitoli, come spiegato nel tutorial precedente, dovrà far scorrere in baso i sottotitoli, individuando l’ultimo, posizionarvi il cursore, e poi far partire li video con il comando “tab”. Arrivato alla fine dell’ultimo sottotitolo già redatto, iniziare a scrivere i propri, come mostrato nel tutorial, per un periodo di circa 30-40 secondi. Non importa essere precisi. Aggiusteremo dopo.

Non rimane che buttarsi. Qui: link per sottotitolare il podcast.

33 pensieri riguardo “Un podcast per iniziare Editing Multimediale – #edmu14”

  1. Ciao a tutti,
    riprendo questa discussione in quanto, essendo “rimasta indietro” con il compito dell’abstract, ho avuto bisogno di riprendere le fila del lavoro e ne ho approfittato per fare la sottotitolazione del tutoria di Andreas sull’uso di Thingiverse. Mi sono imbattuta in qualche difficoltà, anche in quella di trovare bloccato l’accesso alla modifica (così imparo a leggere prima tutti post!!) e ho capito anche come si fa a sincronizzare. devo ancora ottimizzare i tempi, perché faccio un po’ troppo “avanti/indietro”, ma posso dirmi abbastanza soddisfatta.

    Per quanto riguarda il libro di Paolo Beneventi, anche a me ha mosso un bel po’ di nostalgia… Io ho cominciato a entrare nel mondo della scuola facendo progetti di laboratorio, molti dei quali presupponevano l’uso di videocamere, registratori, macchine fotografiche. Devo dire che l’intervento da esterni, a scuola, gode di un’aura di privilegio (adesso non gode più di niente, perché non ci sono quasi più fondi per farlo…), perché rompe la monotonia e già questo stimola, a priori, l’interesse dei bambini e dei ragazzi. Mi chiedo, però, quanto queste esperienze, di cui gli anni settanta e gli anni ottanta sono stati ricchi, siano state implementate dalla scuola e quanto, invece, siano rimaste dei begli episodi da ricordare con nostalgia o da studiare a scuola (vedi Mario Lodi). È così difficile rendere l’apprendimento piacevole e divertente? Che la maledizione della cacciata dall’Eden riguardi anche la scuola? … “Tu imparerai con fatica e con dolore”…

    1. Grazie Sandra per questo bel commento. Al margine di questo, sto giusto lavorando con una vostra collega che insegna in una scuola primaria nei paraggi – è stata maestra dei miei figli, a suo tempo 🙂 – per immaginare una collaborazione dove aiuterei loro a utilizzare alcuni computerini Kano in classe. Lo voglio fare come volontario che, nella mia ottica non vuol dire gratis, anzi, voglio essere pagato lautamente! Non in denaro ma in esperienza, di cui il mio lavoro e il mio studio beneficerebbero grandemente. Lo studio non può essere separato dalle esperienze concrete, questi due ingredienti devono alimentarsi reciprocamente per generare crescita vera. Così come sono andato a fabbricare stampanti da chi è molto più giovane di me vorrei stare a fianco di qualche maestro in classe, delle ore, per capire cosa significa per davvero stare in mezzo ai bambini. Non posso solo basarmi su ciò che mi ricordo di tempi peraltro ormai lontani o su ciò che leggo – troppe chiacchere, non le sopporto più le chiacchere, spesso nemmeno quelle dotte (?).

      Ma… in questo paese dove anche i gatti sono diventanti burocrati, anche questo è difficile. Lo si potrà fare forse, ma a certe condizioni che devo ancora capire.. ci sono sempre questi “forse” che fanno venire il mal di testa, mi pare d’aver capito che, forse, sì ma in modo “irregolare”! E, naturalmente, si deve poter accedere al mio casellario giudiziario eh… non si sa mai…

      1. @ Sandra: mia figlia aveva fatto le elementari alla scuola del Sodo, frazione del comune di Cortona (AR) che era a tempo pieno, negli anni 80: e lì le maestre erano bravissime nello sfruttare i momenti di compresenza per integrare l’apprendimento creativo interclasse. Idem prima, alla scuola materna di Camucia (altra frazione di Cortona). Però so che non era così già allora in tutte le scuole italiane – e nemmeno in tutte quelle di Cortona, purtroppo.

        @ Andreas (ué, potrei anche scrivere @iamarf e pare che arriverebbe il tuo profilo Google+ – un nuovo plugin di WordPress?) sui modi “irregolari”: quando facevo la lettrice al Magistero di Arezzo negli stessi anni, ero stata inaspettatamente nominata a capo della sezione “francese” di un corso post-laurea di traduzione indetto dal preside Attilio Brilli, ma soltanto didatticamente, non per gli aspetti amministrativi.

        Avevo chiesto di invitare Diana Grange-Fiori, ottima traduttrice di poesia francese moderna e contemporanea che viveva a Parigi, ma siccome veniva a Torino comunque per discutere con un editore, era d’accordo per un rimborso spese soltanto da Torino. Brilli aveva detto di sì, però a poche settimane dall’incontro previsto, mi aveva chiamata in ufficio: l’università di Siena (di cui il Magistero era una facoltà) aveva messo il veto perché lei non era laureata.

        Allora avevo ribattuto: “Mi lascia usare il suo telefono che ha il collegamento esterno diretto? Vorrei dettare un telegramma di scuse con spiegazione di diverse pagine.” Lui mi aveva detto di aspettare che esplorasse altre soluzioni, e alla fine l’incontro con Diana Grange-Fiori avvenne – con spese pagate da un qualche altro fondo.

        Ed era stato un bellissimo incontro: Diana, appunto perché non aveva la laurea, aveva un po’ strafatto nella preparazione di testi teorici sulla traduzione che all’inizio provava a presentare. Solo che a leggerli ad alta voce davanti agli studenti, la colpiva il senso della realtà e dopo poche righe diceva: “No, però questo non funziona.” Alla quarta volta, avevo chiesto se magari non potevamo passare agli esercizi pratici che aveva previsto, e questi erano andati alla grande.

        Tornando a bomba: oggi la minaccia del telegramma pluripagine ovviamente non funzionerebbe più. Però forse ci sono altre minacce costruttive e creative che si potrebbero adoperare…

        1. L’università è un mondo chiuso. Non sempre, certo, ma nell’insieme è un mondo troppo chiuso per i tempi. Paradossalmente, è proprio da insigni accademici che vengono le analisi sulle learning organization – Argyris e Schön, tanto per menzionarne due – e nemmeno da poco tempo. Ecco, di quei modelli nelle istituzioni universitarie non si vede nemmen l’ombra, e nemmeno nelle teste che le abitano. Sono d’accordo con Pier Luigi Celli, in questa sua risposta a Loredana Lipperini (Radio 3, Fahrenheit, 9 aprile 2014) a 22′ e 49″: “… non possono cantarsela, giocarsela e poi dopo godersela…”

          Qui bisogna allargare la visione, e di parecchio. La laurea serve? Sì, sicuramente, ma a volte anche no.

  2. A proposito della nuova interfaccia di Amara: congratulazioni ai sottotitolatori del podcast ne hanno scoperto da soli aspetti avanzati, tipo come attivare la “riga del tempo” per già sincronizzare quanto trascritto, prima di aver finito di trascrivere, e la possibilità di lasciare appunti all’interno della pagina di lavoro.

    Davvero impressionante, però come ho scritto nei commenti ai sottotitoli italiani, mi chiedevo se potremmo fare una pagina o due in http://loptis.wikispaces.com/ per tradurre il tutorial illustrato da uno screenshot http://support.amara.org/solution/categories/13504/folders/23204/articles/192110-the-anatomy-of-the-subtitling-editor sulle varie parti dello strumento di sottotitolazione, e aggiungere link a – oppure embeddare – i tutorial video che sono in inglese, ma già sottotitolati in italiano. Saresti d’accordo, Andreas?

    1. Certo che sono d’accordo Claude! Ti ho appena conferito diritti di “organizer” in http://loptis.wikispaces.com, se tu volessi buttar giù una pagina di partenza. Va da sé che la proposta è indirizzata in prima istanza a #edmu14 ma chiunque può partecipare nell’ambito del #loptis. Del resto, mi pare che il testo da tradurre sia abbastanza breve.

      1. Salve Prof ,
        Ho seguito le istruzioni del tutorial , ma ho avuto la sensazione di arrivare vicino alla meta senza riuscirvi completamente ! 😐
        Come le accennavo ieri sera ..
        Quando puo’mi da un riscontro sul compito dei sottotitoli ! Grazie .

  3. Un saluto veloce a tutti, sono felicissima di ritrovarvi qui, ho fatto i compiti e mi sono divertita a smanettare alla grande e si vede ( visto l’orario) spero di non aver combinato troppi casini.
    Un bacio a tutti

  4. Salve a tutti, finalmente ri-comincia il nostro fantastico percorso iniziato proprio in questo luogo, un luogo che ci accoglie come la nostra casa, in cui abbiamo costruito i legami del gruppo, il legame tra il gruppo e il prof Andreas. Mi sono buttata cogliendo l’invito del prof, i sottotitoli, la possibilità di imparare come inserirli mi affascina moltissimo, così temo di aver sottotitolato ciò che non mi spettava, mi scuso! l’attività mi ha preso la mano…non mi sembra ancora vero l’aver scoperto il processo, la tecnica. A parte questo entusiasmo che mi prende di fronte a ciò che imparo di nuovo nel mondo della tecnologia, vorrei aggiungere che condivido pienamente il filo rosso che il prof ci tende, Ho ascoltato con attenzione il podcast, ho intra-letto tra le sue parole una straordinaria cura e sensibilità verso i bisogni della persona. L’interpretazione del concetto di accessibilità, intesa come la possibilità concreta per tutti di poter usufruire delle risorse della rete è ciò che ci porta qui, è ciò che ci spinge a metterci in gioco professionalmente, ma anche come studenti della IUL. Quanto all’approccio collaborativo, qui possiamo scrivere un libro! l’evoluzione che il nostro gruppo ha avuto in un arco di tempo tendenzialmente breve ha dell’incredibile…ma avremo modo di approfondire la tematica…
    Salutando auguro a tutti, a me stessa, e a chi sarà disposto a guidarci fino alla meta, un terzo anno proficuo, ricco di scoperte ed esperienze significative.
    Lisia.

  5. Bentrovato professore, Bentrovato gruppo, Bentrovata anche me…in questo “luogo” che in passato ha permesso legami “impensabili” e “reali” contesti di apprendimento…
    Cosa dire…Mi ci Butto “a braccia aperte”, conoscendo i miei limiti, e “con occhi grandi” per cogliere anche il minimo prezioso consiglio di ognuno.

  6. Bentrovati a tutti.
    Professore è un piacere rincontrarla (virtualmente).
    Ho trascritto fino al punto 6.11
    Spero di aver svolto bene il “compito”
    Un caro saluto
    Sabrina

  7. Bentrovati a tutti!
    Professore è un piacere incontrarla (virtualmente) nuovamente.
    Ho appena fatto la registrazione fino a 6.11.
    Spero di aver svolto bene il “compito”
    Un caro saluto
    Sabrina

  8. Ciao a tutti! Finalmente si ricomincia!Ho scritto. Sono uscita e rientrata in Amara … sembra sia andato tutto bene. Ho il libro di Beneventi sul comodino, l’ho solo sfogliato, ma dopo l’incipit di Roberta inizierò subito a leggerlo.
    a presto
    Paola

  9. Ce l’ho fatta…mi permetto di dare un’indicazione (sicuramente scontata per tutti voi, ma per me non è stata da subito immediata)…riportate l’indirizzo URL del video pubblicato da Andreas nella pagina di Amara perché vi appaia da sottotitolare…

  10. Buonasera a tutti…ho appena seguito le indicazioni del primo lavoro e subito ho visto che qualcuno mi ha preceduto (grande Flavia) ma nonostante l’impegno e l’entusiasmo ho trovato il primo intoppo: mi dice che non posso sottotitolare perché l’attività è bloccata…che faccio?
    Intanto rispondo fornisco alcune notizie che potrebbero essere utili: continuo ad utilizzare Window come sistema operativo ma dal pc che utilizzo ho un problema che potrebbe rallentare una parte del lavoro previsto, ho la funzione microfono inutilizzabile. Cercherò di rimediare appena possibile. In alcune occasioni utilizzo Ipad con tutti i limiti che conoscete…per il resto…sono sempre io…Lisa by Ventolino. Bentornati a tutte/i e buon lavoro…a presto

  11. Ho sottotitolato fino a 0:57 per la parte che mi spettava. Volevo andare a fare ancora qualcosa ma mi appare il messaggio ” Non può modificare questo sottotitolo perchè è bloccato”
    Come mai se pochi minuti prima me lo ha fatto fare? Ho combinato per caso qualche pasticcio? Attendo ILLUMINAZIONE 🙂

    1. Rieccomi, un fulmine ha fatto riapparire le candele sulla collina dove abito. Dopo un intervento dei pompieri e uno dell’Enel siamo tornati alla normalità. Ottimo servizio.

      Sulla questione dei sottotitoli che possono risultare bloccati, l’ipotesi che posso fare è che accedendovi simultaneamente, il sistema blocchi un sottotitolo tutte le volte che una persona ci lavora. Anzi, è naturale che sia così.

      1. Proprio così, Andreas.

        E in effetti è meglio: ricordo un webinar dove la conduttrice aveva sguinzagliato 300 partecipanti sulla stessa pagina del suo wiki, dove non c’era quel tipo di blocco: la vedevi muoversi tipo i serpenti in “I predatori dell’arca perduta”. A me divertiva (da vigliacca, mi ero anche fatta una sotto-pagina dove assolvere il compito in santa pace), ma gli altri partecipanti continuavano a lagnarsi nel webinar che non ci si capiva niente.

        Amara è wikioide: guardate la pagina delle revisioni dei sottotitoli italiani, http://www.amara.org/en/videos/3FTVGsVTvcCJ/it/849177/?tab=revisions : uau, già 11! Le potete anche confrontare, proprio come quelle di un articolo Wikipedia

        1. Ecco, vedete come intorno ad un’attività concreta si condensi subito conoscenza? Qui c’è sotto il concetto di transazione. Tutti questi sistemi consistono in sostanza di un database più una specifica interfaccia adatta alla manipolazione di quel particolare tipo di dati. Ma sotto c’è sempre un database. Ebbene, una regola fondamentale che tutti i database moderni osservano è quella della protezione della tansazione: quando io inizio una operazione – edito quel certo sottotitolo in Amara, chiedo di eseguire un pagamento nel mio home banking ecc. – il database che ospita i dati in questione apre una transazione, e così facendo blocca l’accesso a tutti gli altri, onde evitare che più richieste simultanee possano rendere i dati inconsistenti.

  12. … poi siccome hai anche sottotitolato il video del tutorial inserito – https://www.youtube.com/watch?v=LCKc9Cf7yFo – con Amara in http://www.amara.org/en/videos/bneLYCd5i79z/info/tutorial-sottotitolazione-video-in-amara/ – adesso lì in Amara possiamo sfruttare la trascrizione interattiva generata dai sottotitoli (attivabile dal pulsante a righine nel player) per navigarci più facilmente, così:

    cattura di schermo del player Amara con trascrizione

    (cliccare sull’immagine per ingrandirla)

    E così sarà anche con il podcast, una volta sottotitolato.

  13. Bene ciao a tutti si ricomincia! Ricordo il primo anno di aver fatto a titolo volontario una parte di sottotitolazione in Amara, perciò mi ci butto e ci provo. Intanto volevo dire due cose sul libro di P. Beneventi. Ebbene lo definirei “aria di casa piuttosto lontana”. Ricordo di aver vissuto esperienze simili a quelle raccontate nel testo, documentato dal mio collega di allora, un vero “maestro alla Mario Lodi” (anzi suo collaboratore) con gli “strumenti tecnologici” degli anni ottanta:una cinepresa che produceva filmini in super 8, macchina da scrivere per registrare le discussioni con i bambini, le storie che si inventavano, le matrici, il ciclostile, i registratori con le audiocassette. Ripeto questa “aria di casa” che ho sentito è però lontana, perchè purtroppo dopo che me ne sono andata da quella scuola, ho perso un po’ di treni e sto cercando di recuperare ora. Devo ancora capire molto, sul senso dell’uso della tecnologia nei percorsi formativi, ma quanto proposto da Beneventi mi fa pensare che a casa ci posso tornare eccome…

    1. Ciao Roberta!

      Eh sì, anch’io ho un ottimo ricordo di quella volta prima – da allora è cambiata l’interfaccia di Amara, ma vedo con piacere che la cosa non sembra turbarti?

      Sulla scuola italiana creativa degli anni 80: mia figlia ebbe la fortuna di frequentarla da allieva, nel cortonese: scuola materna a Camucia, elementare al Sodo.

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