Servizi di scrittura collaborativa e un primo progetto – #loptis

Aggiornamento 26 dicembre. Ogni tanto mi perdo qualcosa, ma cerco di rimediare. A proposito di scrittura collaborativa è necessario aggiungere qui il riferimento al post Perché è più utile correggere i compiti online… di Fabrizio. In questo post trovate anche un elenco di risorse che complementa quelle citate qui.


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In questo post:

  1. una breve ricognizione degli strumenti di collaborazione che vanno per la maggiore – suddivisi in categorie che riflettono obiettivi ben distinti, anche se per certi impieghi in parte coincidono
  2. una prima proposta di collaborazione utilizzando un wiki – poi ne verranno delle altre
  3. qualche precisazione aggiuntiva su editori collaborativi e pad

Strumenti di collaborazione

  • Wiki. È un servizio web che ti consente di fare un sito, con tutti i contenuti che vuoi e sul quale si può lavorare molto facilmente in gruppo. Si possono fare siti molto articolati e dinamici, grazie anche alla possibilità di inserire una varietà di oggetti. Per esempio nel servizio Wikispace si possono inserire: lista dei contenuti del wiki, web feed (potete fare una pagina da usare come aggregatore di web feed [1]), video, quiz per gli studenti, esercizi GeoGebra, calendari, fogli di lavoro, finestre di chat, sondaggi, presentazioni di slide, mappe geografiche, frammenti codificati in HTML eccetera…
    Tocca fare un account per partecipare. Proporremo alcune attività di collaborazione in un wiki, a partire da questa.
  • Drive e similari. I documenti stile Office portati nella NuvolaCloud – dove ci si può anche collaborare. A dire il vero i confini stanno sfumando. Office di Microsoft è andato anche lui nella nuvola, e anche iWork di Apple. E poi ce ne sono altri simili, Zoho e tanti altri – il link non so quanto sia aggiornato ma a maggior ragione è impressionante… Comunque qui si tratta di “oggetti” stile office (testi, fogli di lavoro, presentazioni, magari database) tenuti e gestiti là fuori, nella nuvola, su cui si può collaborare. Tutti servizi tesi alla fidelizzazione: necessario fare l’account.
  • Dropbox e similari. Il mio hard disk portato nella Nuvola. Lo vedo come una cartella del computer o del touch-coso. I file che metti nella sottocartella Public sono dotati di un URL che puoi dare a chiunque per condividere – cliccare con il tasto destro del mouse poi Dropbox->Copy Public Link – i vostri amici possono così scaricare quei file sulle loro macchine. Dropbox dice di tenere i vostri documenti nella Nuvola in forma cifrata, però le chiavi le ha lui… Anche qui ci vuole l’account.
  • Blog. Tutti i blog possono essere gestiti da più autori, che possono così collaborare nell’offerta di informazione o formazione. Ci vuole l’account.
  • Pad. Taccuino nella nuvola con semplici possibilità di editing, fatto per scrivere testi in modo condiviso. Molto usato nelle comunità di sviluppatori software, hacker, attivisti più o meno geek (hacktivist). Immediato, comodissimo, non richiede account. Ma nessuna possibilità di controllo della visibilità, minore garanzia di persistenza dei documenti. I servizi di pad sono di solito mantenuti da gruppi motivati da principi etici. Abbiamo gia usato un pad in questo laboratorio, nel post il laboratorio nel computer e seguenti; ce ne siamo serviti per scambiarci qualche informazione sugli esperimenti con il codice. Era questo. Nell’ultima parte altri dettagli sui pad.
  • Editore collaborativo Questo me l’ha twittato ieri Paolo (blog), non lo conoscevo: si chiama Gobby. Funziona in modo simile ad un pad ma in modo privato e attraverso un canale criptato, se ci riesce. Non c’è bisogno di account ma occorre un server a cui riferirsi. È interessante il fatto di poterlo facilmente installare su un proprio server perché poi si può lavorare in gruppo ma in maniera non pubblica – appropriato per vari usi scolastici. Altra particolarità è quella di offrire il syntax highlighting, vale a dire la capacità di utilizzare i colori per evidenziare gli elementi sintattici di molti tipi di codice. Qualche altra considerazione su Gobby nell’ultima parte.
  • ULTIM’ORA: La nuvola che controlli te E questo viene da un commento scritto da Marco pochi minuti fa. Il riferimento è a WebODF: se hai un tuo sito allora puoi inserirci un pezzetto di HTML, un pezzetto di codice Javascript e poi scarichi sul medesimo server i documenti che vuoi offrire per lavorare collaborativamente. Nella pagina Getting started spiegano esattamente come. Naturalmente, la cosa è possibile se hai un sito che controlli abbastanza da poterci mettere pezzi di HTML e di Javascript – per esempio in un blog WordPress.com come questo non si può fare. In uno WordPress.org ospitato da qualche parte penso di sì. Molto bellino. Osservazione: forse avere fatto un po’ di fatica con HTML e Javascript ci serve a farsi un’idea di cosa ci sia scritto in una pagina come Getting started.

Una proposta di lavoro

Qualche tempo fa lessi un articolo che mi piacque: Expanding the zone of reflective capacity: taking separate journeys together – Espandendo la zona di capacità riflessiva: unendo percorsi diversi – correggetemi se si può tradure meglio. È apparso nel 2009 sulla rivista Networks – An Online Journal for Teacher Research.

Parla dell’esperienza di un gruppo di insegnanti, molto diversi per età, scuola e disciplina, che alla fine di un corso di aggiornamento si lasciano coinvolgere in un esperimento di pratica riflessiva. Quando l’ho letto, la prima cosa che ho pensato è che a me avrebbe fatto molto bene una cosa del genere. Ma sarei curioso di sapere cosa ne pensate voi.

È vero, c’è il problema che è in inglese, ma vediamo di creare valore dal problema. Ovviamente, chi insegna inglese l’articolo se lo può godere subito. Compensiamo quindi questo vantaggio con un contributo: perché non fare una traduzione in collaborazione? Magari usando un wiki e così imparando anche a editare in un wiki? Non è lunghissimo, se ci aiutiamo forse ce la facciamo.

Ci sarebbero altre attività da proporre – le rimandiamo ai prossimi post.

A questo punto vi rimando al materiale preparato nel wiki, con questi due link: la home page di http://loptis.wikispaces.com, dove ho inserito un po’ di istruzioni e riferimenti per l’editing, e la pagina dell’articolo da tradurre e discutere.

Mi rendo conto che la traduzione potrà andare un po’ per le lunghe, non importa, basta che progredisca. Richiameremo l’attenzione di tutti quando sarà completata, per vedere che effetto fa il contenuto dell’articolo.

In generale questo e i prossimi esperimenti con il wiki sono interessanti perché allargano gli orizzonti delle pratiche di editing.

Ero incerto su come procedere per come gestire le iscrizioni al wiki e alla fine mi sono risolto a questo:

chiunque voglia partecipare in questa o nelle prossime attività, oppure voglia farne partire una, oppure voglia solo provare ad entrare nel wiki e creare delle pagine per esercizio, lo chieda con un commento qui oppure scrivendomi un’email, ed io farò partire l’invito da Wikispace

Qualcuno noterà una sorta di contraddizione con quanto avevo scritto a proposito di fare gli account nel post Non solo luci – sì, la faccenda attiene all’opportunità di doversi sporcare le mani, pronti a trovar di meglio appena possibile…

Editori collaborativi: I “pad” e il caso di Gobby

Due parole sui pad.

Si tratta di uno strumento usato primariamente da comunità di hacker e gruppi di attivisti (per esempio del Partito Pirata) perché l’hanno trovato congeniale allo sviluppo dei loro progetti, in forme collaborative leggere, dinamiche, online, e se lo sono forgiato così perchè fa comodo loro cosi.

Non va assolutamente bene per tenerci documenti, non c’è nessuna garanzia di persistenza, anche se fino ad ora non ho mai perso niente, quando mi è capitato di usarlo. Ma sarebbe sciocco pretenderlo. Quando si usa va sempre esportato il contenuto – ma questo è vero anche con tutto il cloud. Non c’è nemmeno nessuna garanzia che qualcuno vi ciacci indebitamente: godetevi l’assenza di account ma siate consapevoli di essere all’aperto; basta salvare localmente e eventualmente ripristinare una versione precedente nella timeline – sistema che i pad offrono per controllare l’evoluzione di un documento.

Una vostra collega mi scrisse una sera disperata perché aveva coinvolto i suoi piccoli bambini in un lavoro con Piratepad, pensando che poi finisse lì. La sera tardi si accorse che i “piccoli” eran tutti a chattarci dentro. Le prese il terrore di averli sguinzagliati nel cyberspazio, terrore delle reazioni dei genitori…

Esplorai alla svelta ma senza trovar rimedi pronti: i pad non possono essere limitati. Dopo rapida consultazione m’improvvisai sabotatore, inondando il pad di messaggi deludenti – System failure… – suggerendo di comunicare il giorno dopo ai bambini che quello era sì un balocco divertente, ma che spesso si rompeva. La soluzione a questo tipo di problemi potrebbe essere quella di utilizzare il Gobby segnalato da Paolo. Dopo vediamo un attimo.

Invece i pad sono ottimi per collaborazioni focalizzate su temi specifici. Ci sono vari servizi a giro, eccone alcuni:

Nel cMOOC #ltis13 abbiamo usato molto http://piratepad.net/:

Se aprite un documento in PiratePad, prendete nota (copia-incollate) del suo indirizzo URL, è con questo che poi lo ritroverete là fuori. Potete anche crearlo “imponendo” un URL che vi piace, tipo http://pirate.pad/ e poi aggiungendo quello che volete, pippo, ilmiopad, ilpadpiuganzodelmondo ecc. Non vi affezionate troppo ai colori, riaccedendo da macchine diverse possono cambiare, servono lì per lì.

I pad non vanno confusi con i wiki, che sono strumenti adatti alla collaborazione di comunità che possono essere assai vaste, strutturabili come veri e propri siti articolati in gerarchie di pagine e ammennicoli vari. Come questo per esempio, che ho usato molto in passato – ora ci lascio qualche dispensa che talvolta suggerisco a qualche studente.

Vanno invece benissimo invece per buttarci dentro delle note su cui lavorare in piccoli gruppi, con una chat che consente la discussione estemporanea. Costano veramente zero: né $ né identità. Disponibilità ubiquitaria, puro strumento di rete: chiaro che soffrono le connessioni ballerine e i sovraccarichi di rete. Da non usare con iPad – tablet fantastico ma un po’ troppo chiuso: le grandi aziende perdono facilmente la testa e vogliono imporre i loro standard tentando di decretare la morte di altri: Apple, Microsoft, Google, Facebook… Noi qui ci esercitiamo a popolare gli interstizi, più saremo e più questi si gonfieranno. Ci piace più la libertà della comodità.

Riciclo qui due tutorial sull’impiego di Piratepad.

E infine Gobby. L’apparenza è simile ai pad ma è archittetato per essere gestito in proprio, all’interno di una rete locale per esempio. Ha una finestra per connettersi ai server che offrono i documenti, una per editare il file, una per la chat, consente di usare la sintassi del codice con i colori, consente di esportare i documenti in formato HTML – quel gradevole misto di semplicità e di roba che funziona che solo coloro che lavorano per davvero sono in grado di concepire.

Ho appena provato. Mi limito a raccontare cosa ho fatto. Non sono vere istruzioni, perché voglio solo dare l’idea che si può fare: non è terribilmente difficile ma richiede un pochino di impegno. Se poi a qualcuno interessa approfondiamo, magari anche con l’aiuto di altri che abbiano già sperimentato la stessa cosa.

Dalla pagina Download di Gobby mi sono scaricato l’editore vero e proprio, Gobby, e il software che funge da server e che si chiama infinited. Ho scelto le versioni per Linux Ubuntu, che è il sistema su cui lavoro tutto il tempo in questo periodo, e ho installato seguendo le istruzioni. L’installazione prevede che ad un certo punto si debba memorizzare una password: servirà a garantire l’accesso al server infinited solo a chi è autorizzato

Poi, su un altro computer, questo con Windows 7, ho scaricato la versione per Windows di Gobby. I due computer sono collegati alla stessa rete locale.

Quindi prima ho lanciato il server infinited sulla macchina Linux. Più precisamente si dovrebbe dire il demone infinited – demoni si chiamano quei programmi che girano in silenzio su una macchina offrendo una varietà di servizi, per esempio quello di fungere da server per certi determinati compiti. Poi ho lanciato Gobby, l’ho connesso al server, locale in questo caso (dopo mostro in un video come si fa), ho creato un documento e ci ho scritto qualcosa dentro.

Sono poi andato sul computer Windows, dove ho lanciato il suo Gobby, dicendoli di connettersi al server, che nel mio caso stava sulla macchina Linux (per chi è pratico: è bastato dare l’IP del computer. Ha funzionato subito: potevo così editare lo stesso file un po’ di qua e un po’ di la.

A me ora piacerebbe provare piazzando il server infinited su un computer esposto a internet, ma non posso fare la prova alla svelta, non ne ho uno a disposizione in questo momento. Proverò quando mi capiterà.

Invece ho potuto provare un’altra cosa, e questa la mostro con un video perché potete metterci le mani anche voi. Si tratta di installare semplicemente Gobby (c’è per Linux, Windows, Mac). Poi, dopo averlo fatto partire, farlo connettere al server gobby.0x539.de, che è offerto dagli sviluppatori di Gobby. Nella finestra di sinistra appaiono una quantità di cartelle e di file. Ci ho messo una cartella di nome loptis, e dentro un file di nome prova-editing. Apritelo e pasticciateci liberamente.

Ecco il video sull’installazione e l’impiego minimo di Gobby:


Note

  1. Molto interessante il caso di Claude che avvalendosi della possibilità di inserire web feed, ha realizzato il suo aggregatore in una pagina di Wikispace.

83 pensieri riguardo “Servizi di scrittura collaborativa e un primo progetto – #loptis”

  1. Conosco Goggle Drive e Piratepad per la scrittura collaborativa anche se ogni volta che ci rimetto mano devo ricominciare da capo per ricordare come importare i file, condividerli… questo perché li uso principalmente in estate per l’organizzazione- costruzione di campi scuola con adolescenti che prevedono la collaborazioni di più teste-mani che si trovano dislocati nei posti più strani per motivi di studio o vacanza. Non ho mai utilizzato un Wiki e adire il vero un po’ la cosa mi spaventa. In questi giorni però un gruppo di compagni della Iul, capitanati dalla splendida AntoC, sta realizzando un lavoro tramite Wiki e mi ha invitato a visionarlo -previsto comunque dalle docenti-. Mi si è aperto un mondo. Vorrei perciò provare ad avvicinarmici, magari attraverso il Wiki di cui si parla in questo post. E’ ancora possibile?

    1. Grazie del complimento! troppo buona…

      Comunque, mi sono avvicinata con un certo criterio a wikispaces frequentando questo laboratorio e quando appunto si è trattato di dover aprire uno spazio per un’attività collaborativa, in un altro contesto, ho pensato ad un wiki piuttosto che ad altre opportunità abbastanza comuni, come per esempio google drive.

      L’esperienza del Wiki Laboratorio di Tecnologie Internet per la Scuola mi ha catapultato in un’esperienza significativa come quella della traduzione dall’inglese di un articolo fortemente coinvolgente per il suo contenuto: insegnanti coinvolti in un percorso formativo che prevedeva videoregistrazioni di lezioni, discussioni dell’insegnamento praticato, delle modalità con un gruppo di pari che, oseri dire, spietatamente, ma con onestà, ti mettenevano a nudo, sottolineando le criticità con il solo scopo di una crescita e di un miglioramento: io ho sempre fatto il tifo per uno dei protagonisti, Cliff.

      Non ti pare sia quello che stiamo facendo noi nell’insegnamento di “Metodi di ricerca in ambiente multimediale”? Abbiamo videoregistrato una nostra lezione, l’abbiamo passata al setaccio secondo dei criteri che ci sono stati forniti dalle docenti e poi abbiamo praticato la peer review: pratica inconsueta per la scuola italiana, no?

      Poi per me frequentare il wiki del laboratorio era stato fortemente gratificante, perchè mi ero cimentata, supportata da persone splendide come Claude, nella traduzione dall’inglese, io che ho della lingua inglese una conoscenza scolastica livello A1: dove si può arrrivare quando si lavora insieme, eh?

      Infine nel “mio” wiki di cui parli mi sono mossa all’inzio con molta incertezza, ho cercato di mettere in pratica quello che avevo già imparato e poi mi ha aiutato Paolo a cui più volte ho chiesto consiglio e che pure lui ha aperto un wiki molto interessante e utile per noi insegnanti.

      Dopo qualche dritta, un pizzico di confidenza con l’ambiente, una buona dose di ragionamento che non guasta, ora mi muovo con agilità e semmai provo provo provo….

      Buon Wiki!

  2. Buonasera Dott.Andreas, solo adesso trovo il tempo di dedicarmi al percorso con l’attenzione dovuta, sono studente iuline, ma per varie vicissitudini personali non ho potuto preparare prima quest’esame…
    Purtroppo le devo comunicare, mia pecca ahimè, che ho stampato tutte le pagine da lei elaborate…nonostante quotidianamente utilizzi il pc sia per motivi di studio, che lavorativi a scuola con i bambini, sono ancora legata allo studio e comprensione tipica dell’era guttemberghiana…. Sarà sicuramente una pecca, alla luce di tanti, ma mi è più semplice acquisire e immagazzinare in questa maniera!… Trovo molto interessante l’opportunità di servizi di scrittura collaborativa..ho avuto precedenti esperienze attraverso i servizi di google e in questo immagino riceverò una sgridata!!.. Condivido in realtà appieno la possibilità di potenziare l’utilizzo dei servizi free…. Avrei voluto partecipare alla scrittura collaborativa dell’articolo nel wiki, ma arrivo tardi!!…

    1. Anch’io preferisco leggere sulla carta o in un libro, se mi devo concentrare. Ma non voglio lasciarmi sfuggire le nuove opportunità di espressione e comunicazione offerte dai nuovi strumenti. Tutte le tecnologie del passato hanno offerto nuove opportunità di espressione e comunicazione, che hanno a loro volta forgiato il modo di pensare degli uomini. In questo senso le ultime tecnologie non sono affatto nuove, semplicemente la famiglia umana le produce ad un ritmo sempre più sostenuto: il miracolo dell’intelligenza.

      Non sei in ritardo, se vuoi puoi aggiungere contributi, o anche no.

      1. Aneddoto: nel 2009, a mio padre (classe 1923) rimaneva una sola copia di un libro che aveva pubblicato nel 1988, l’editore non ne aveva più – però il libro rimaneva tuttora nelle liste di letture di certe scuole di giornalismo, e lo seccava non poterne più dare copie a studenti.

        Aveva uno scanner e un software di riconoscimento dei caratteri un po’ “vintage”, però funzionanti. Perciò gli ho proposto di farne una versione digitale. Quando abbiamo finito, tira fuori un indice tematico stampato che si era fatto con Word 3.0 quando l’editore aveva rifiutato di inserirne uno nel libro.

        Controlla alcuni lemmi con Cerca nella versione digitale e si accorge che ci sono occorrenze che gli erano sfuggite nel suo indice. Ci pensa su poi: “Ho sempre detto che non avrei mai letto un libro su uno schermo e mantengo, per quanto riguarda la lettura di divertimento. Però certo, se si deve studiare un testo, la versione digitale è più comoda. Come posso condividerla senza doverla spedire sempre come allegato?”

        Risultato in https://archive.org/details/JournalisteQuiTaFaitRoi (e anche nella pagina Repéré pour vous del sito del Centre de formation au journalisme et aux médias di Losanna, che ha aggiunto il file sul proprio server).

        Cinque anni dopo, mio padre continua a preferire la carta per leggere per divertimento, però i giornali li legge sul tablet.

        Simile esperienza con il vedovo dell’autrice di “The Graffiti on the Khonsu Temple Roof at Karnak: A Manifestation of Personal Piety”, uno studio erudito dei graffiti di un tempio di Carnac, quando gli ho mostrato sul mio tablet la versione digitale scaricata da http://oi.uchicago.edu/research/pubs/catalog/oip/oip123.html . Beh, era un po’ preoccupato all’inizio di vedere le evidenziazioni e domande che vi avevo aggiunto, ma si è rassicurato quando gli ho mostrato che non apparivano sul PDF originale e comunque, si potevano cancellare anche sul mio tablet.

        La presbizia aiuta probabilmente i nonni a raggiungere i nativi digitali. Per la generazione attuale di padri, la migrazione è più difficile – a meno che loro stessi abbiano un problema di vista o di dislessia.

  3. Buongiorno gentile Professore,
    mi piacerebbe inserire del materiale sul Wiki – Pratiche tecnologiche a scuola. Mi sembra che che mi serva un invito…
    Così imparo un po’ ad usarlo! E’ veramente interessante questo mezzo, lo penso molto utile per coinvolgere i colleghi gutenberghiani, “dolcemente e senza strappi al motore” in nuove modalità collaborativo-didattiche. :-)) Buona domenica!

  4. Ho appena effettuato l’istallazione di gobby ed è risultato molto facile sia il collegamento che l’utilizzo. più vado avanti con queste lezioni e più mi rendo conto di quante cose ci sono da conoscere per facilitarci lavoro o altro. Devo ammettere che la mia conoscenza è veramente inesistente se mi rapporto in questa materia…ma è bello conoscere cose nuove proprio per questo!

  5. Gentilissimo professore ,poichè mi rendo conto di essere tremendamente in ritardo sulla tabella di marcia , vorrei delle delucidazioni su come comportarmi da qui in avanti per le varie attività .Grazie e mi scuso ancora .

    1. Siamo in due. Anch’io mi sento in ritardo sulla tabella di marcia che mi vado figurando 🙂 Credo che sia una condizione fisiologica di coloro che tentano di ottenere qualcosa di concreto. Dal mio punto di vista tu non sei indietro. Scegli tu la prossima cosa da fare, tenendo presente che non devi occuparti di tutto quello che propongo, dovresti invece occuparti bene di ciò che decidi di affrontare, come mi pare che tu abbia fatto fino ad ora.

      1. @ Andreas, una certa tabella di marcia l’avrai pure in mente. Però se ce la imponesti rigidamente in #loptis, tipo i 3 moduli + “capstone project” della nuova specializzazione certificata Foundations of Teaching for Learning di Coursera, mi sa che il risultato assomiglierebbe alla Corsa elettorale nell’Alice di Carroll/Disney:

        @ mariab72: mi è piaciuto molto il tuo modo di combinare stili gerarchici di titoli e tag di colori nel tuo blog, trasformando gli esercizi sul codice in poesia visiva. Ne fai anche con i tuoi studenti?

  6. Salve,
    vorrei ricevere l’invito su Wikispaces per partecipare all’attività
    “Pratiche tecnologiche a scuola” raccontando un’esperienza nella mia scuola, svolta insieme ai colleghi Barone e Bongiorno.

  7. Salve, desidero partecipare all’attività “Pratiche tecnologiche a scuola” per raccontare un’esperienza di collaborazione che ho condiviso con i colleghi Bongiorno e Mezzatesta lo scorso anno scolastico.

  8. Buonasera, desidero inserire la mia esperienza sulle “Pratiche tecnologiche a scuola”, esperienza che ho condiviso, in maniera collaborativa e differenziata, per alcuni aspetti, con le colleghe Barone e Mezzatesta.
    Per questo motivo vorrei essere invitato su Wikispaces.
    Grazie Fabio Bongiorno

  9. Anche se in ritardissimo, richiediamo- se ancora possibile-l’accesso al wiki, che useremo come gruppo docenti Enac

  10. Mi scuso ma il mio modo frettoloso di leggere il post , il lungo periodo in cui sono stata lontano dal corso e la voglia di rimettermi in pari,non mi hanno fatto seguire l’iter consigliato .Mi sono iscritta comunque al Viky e mi piacerebbe collaborare in qualche modo….mi perdonate?Antonella Coppi

  11. Ciao sono Matteo ed è la prima volta che scrivo.
    Sono stato coinvolto dall’illuminato Paolo Mauri e spero di poter imparare molto e condividere quel poco che so.
    Volevo confermare la grande facilità di utilizzo di Abiword per la scrittura collaborativa.
    Abiword è il primo strumento di videoscrittura son possibilità di inserimento di immagini che conosco che permette una scrittura collaborativa in rete locale (dal menù connessioni si aggiunga un connessione tcp.ip scegliendo di essere server o client).
    Personalmente da un punto di vista didattico e di apprendimento mi par di poter affermare che la scrittura di un documento in comune obblighi i contributori a rispettare “forma e sostanza” e a fare compromessi stilistici complessi.

    Al momento mi sto dedicando con fatica a webodf.js, segnalato qui, mi piacerebbe riuscire ad ottenere uno strumento complesso di scrittura collaborativa installabile in rete locale, ma non ho ancora grande successo. (la rete locale permette di non dover avere grande banda verso internet)

    Webodf.js è disponibile anche dentro owncloud http://owncloud.org/ ma non ho ancora scoperto il perchè non mette a disposizione la possibilià di nmaneggiare immagini e fare commenti com in http://www.webodf.org/demo/
    ciao e buon anno nuovo Matteo

    1. proprio stamattina grazie al lavoro di Marco Cassisa, un collega insegnante, che ha lavorato a sistemare il javascript,

      eccovi un sito dove editare file .odt, al momento, funziona solo il local editor

      http://www.mattruffoni.it/webodf/editor/localeditor.html

      spero di riuscire a circuire il marco (ancora grazie) per far funzionare l’editor collaborativo

      qui http://www.mattruffoni.it/webodf/editor/

      datemi una mano e provatelo (senza esagerare se no mi scoppia il sito)

      Ciao matteo

      1. Bello! L’ho provato con un tablet Galaxy sotto Android IceCreamSandwich, con Chrome, per ora: non è che sono riuscita a fare molto, ma questo è dovuto al fatto che scrivere su cose tattili mi risulta comunque difficile. Mi piace molto l’idea di poter creare documenti ODT col tablet, usando questo editor online.

  12. Caro prof e cari tutti,
    In ritardo leggo il post come sempre interessante e mi propongo per il wiki. L’inglese é quel che é ma spero di contribuire ugualmemte in qualche modo al lavoro condiviso.
    Per ora m leggo l’articolo.
    Mi iscriva dunque caro prof..
    Un abbraccio post natalizio
    Sabina

      1. tutto fatto, ho avuto qualche difficolta’ nel creare il mio account…non ricordavo che quando hai gia’ un wiki hai automaticamente account che ti permette di tenere piu’ wiki insieme. Comunque ok. Ad inglese io sto ai limiti, quindi andrei non a tradurre ma “tradire” il testo originale! Non voglio fare male al prossimo!!!!

        1. Non c’è pericolo, su un wiki vengono conservate tutte le versioni anteriori, e sono confrontabili 😉
          Sul serio: per la traduzione serve soprattutto la competenza nella lingua bersaglio. E lì è la mia che traballa (per fare solo un esempio: non so mai quando si mette quello o questo), perciò ogni correzione di quel che traduco è benvenuta.

  13. Presto vi farò conoscere due esperienze con Wikispaces Classroom. Datemi un po’ di tempo! Wikispaces a scuola, specialmente scuole superiori…e sbarbatelli e/o presunti nativi digitali… è un successo. Sia chiaro, bagaglio e risorsa conosciuta in #linf12 e approfondita con un Progetto “Roma-Palermo, classi senza pareti” trattato in Tecnologia dell’Istruzione e dell’Apprendimento con il Prof.re Ferri di Milano Bicocca. Quanto prima vi esporrò con piacere l’esperienza.
    Mariantonietta

    1. Grazie, sono proprio curioso. Anche io credo che wikispaces sia una risorsa notevole, e cerco di farlo conoscere nel mio istituto. Non è che ci riesca molto, ma adesso le proposte del prof. mi hanno fatto venire un’idea che cercherò di concretizzare al più presto.
      A risentirci!

  14. Buongiorno a tutti e buone Feste in ritardo! Anche io voglio usare un po’ di tempo vacanzieri per mettermi in pari con gli articoli e partecipare a questa esercitazione sul wiki. Grazie in anticipo!

  15. Buongiorno e buon santo Stefano!
    Dopo una piccola pausa dove ho letto di straforo gli articoli precedenti di Andreas, questo è davvero interessantissimo. Non sapevo neppure io quanto mi interessasse il discorso della scrittura collaborativa. Ho ripreso PiratePad del quale non ricordavo proprio tutto (mi domando se le altre volte che l’ho usato ad esempio, salvavo oppure no) ed apro una paginetta per alcune prove: http://piratepad.net/nuovocod. Ovviamente vorrei essere invitata anche io nel wiki: ho trovato quello di wikispace dove ho potuto scrivere qualcosa (forse non dovevo…) e anche quello di http://infomedfi.pbworks.com/w/page/19907730/FrontPage dove ho richiesto l’accesso. Grazie per gli spunti su Get Stared e Gobby che voglio proprio andare a provare!
    Cordialmente
    Nicoletta Farmeschi

      1. il wiki di pbworks l’avevo trovato anche io. Era una piattaforma che non conoscevo. A prima vista ho trovato abbastanza interessante la piattaforma e mi chiedevo come mai fosse non più usata.

        1. Il servizio web di wiki di PBworks esiste sempre. Anche il mio vecchio wiki InfoMedFi esiste sempre, solo che non lo sto usando se non in modo passivo come repositorio di contenuti, ogni anno che passa un po’ più obsoleto.

          Per le attività di questo laboratorio ho deciso di provare Wikispace perché mi è sembrato più adatto e anche perché ho bisogno di provare per sapere…

  16. Vorrei partecipare anche io al wiki… non conosco moltissimo l’inglese…pertanto non confidate molto nel mio aiuto per quanto riguarda la traduzione!
    Ma sono invece molto interessata a capire come potrebbe essere utilizzato a scuola con le colleghe o con i bambini
    Auguro buone feste a tutti!
    Paola Belli

    1. Bene Paola. Appena rimetto le mani su un computer faccio inviare l’invito da Wikispaces. Poi introdurremo un’altra attività nel wiki, che potrà subito coinvolgere un maggior numero di persone.

  17. Piacerebbe anche a me provare il wiki.
    Ne ho sentito parlare molto ma non ho mai avuto occasione o forse il coraggio di usarlo.
    L’articolo sembra davvero interessante e partecipo volentieri alla traduzione (per quanto potrò fare … dovrò tra breve sostenere un esame a riguardo e approfitto volentieri dell’occasione).
    Mi sembra un’ottima idea usare un articolo in inglese da discutere con i ragazzi che nel frattempo traducono … chiederò alla collega di inglese un testo che possa essere alla loro portata.
    Intanto provo a vedere se riesco io qui con voi!

    1. Dai Martina, coraggio. Dopo il blog crearsi un wiki è una cosa facilissima.
      Ne ho fatto uno per le mie colleghe, dove possono metterci un po’ di tutto: link, video, attività… Non lo stanno usando molto ma intanto vedono qualcosa di diverso. Intanto è diventato un po’ un deposito disordinato di materiale. Una sorta di cartella in remoto dove appoggiare materiale.

    2. Allora benvenuta alla traduzione dell’articolo, Martina – magari invita anche le tue colleghe d’inglese, così vedono come si fa?

      Oltre a quanto detto da Maupao sulla facilità di creare un wiki, l’altro vantaggio dei wiki è la correzione facile degli errori: rimodificando il testo, di solito, ma persino se, mettiamo, qualcuno lo cancella interamente per sbaglio, si può tornare alla versione precedente (è capitato recentemente in un’applicazione wikioide dove in 3, avevamo già trascritto ca un terzo di un video di un’ora e mezza).

      Quanto al tradurre, soprattutto in questo caso, è più una questione di padronanza della lingua bersaglio che non della lingua originale. Per un motivo che mi sfugge, Google traduttore sembra rifiutare di tradurre pagine wikispaces dal semplice URL. Ma se ci sbatti dentro il testo pezzo per pezzo, già avrai una buona idea. E se il pezzo non è troppo lungo (mi pare sotto 12 righe), puoi cliccare sulle parole della traduzione per vedere traduzioni alternative.

      Perciò la difficoltà sta nella resa in italiano agevolmente leggibile. Mia figlia, che ha fatto una tesi in studi della traduzione (e per fortuna traduce anche concretamente) mi diceva l’altro giorno che mentre nelle lingue europee, l’etimologia della parola traduzione evoca di solito un semplice spostamento o trasloco, c’è una lingua africana dove, più accuratamente, la parola per “tradurre” significa letteralmente “smontare e rimettere assieme”. Gli algoritmi di Google traduttore, applicati a una banca dati enorme di testi in varie lingue, smontano e rimettono assieme in modo quasi, ma non del tutto, umano (1). Le traduzioni umane invece sono a volte difficili da leggere perché la lingua originale interferisce con i nostri tentativi: perciò meglio se si è in più, come quando bisogna spostare un oggetto pesante, tipo pianoforte.

      In questo testo, tra quegli oggetti pesanti, oltre a (poche) difficoltà sintattiche, ci sono soprattutto locuzioni, dove i dilemmi di traduzione possono anche essere spunti per la discussione. Ad es. Giulio Falco, che ha coraggiosamente iniziato la traduzione, ha scelto di lasciare “life-long learning” anche in italiano. In effetti la Commissione Europea ha un progetto in merito, e nella versione italiana ufficiale, usa “apprendimento permanente”. Però il logo del progetto conserva “lifelong learning”. Quindi si potrebbe discutere di cosa sono le differenze tra “lifelong learning”, “continuous learning”.
      (In passato ci sono state soluzioni pesanti (altro che pianoforte), come “apprendimento lungo tutto l’arco della vita”).

      Altra locuzione per la quale sarà meglio metterci in più per trovare una traduzione: “capstone project”, che ricorre spesso. Il testo stesso spiega chiaramente cos’è in questo contesto (2). Il problema è: esiste, istituzionalmente, la stessa cosa nei corsi di Master italiani e se sì come viene chiamata ufficialmente? E se no, come facciamo? Per trovare una soluzione non serve tanto sapere l’inglese quanto conoscere la realtà italiana

      (1) Su come vengono funziona Google traduttore, vedi l’intervista a uno dei suoi sviluppatori, Ashish Venugopal, in http://www.techcentral.co.za/googles-babel-fish-heralds-future-of-translation/28396/ . All’ultima domanda, sul coinvolgimento di linguisti, Venugopal risponde:
      “Abbiamo un team di statistici (…). [Lo sviluppo è] meno orientato verso la linguistica, ma ci sono idee linguistiche che influenzano le nostre decisioni. Ad esempio, quando stavo lavorando sull’ultimo gruppo di lingue dell’India che abbiamo aggiunto, non ho utilizzato nessuna conoscenza di linguistica; ho utilizzato Wikipedia e mia nonna. Quindi: Wikipedia, mia nonna e statistiche: ecco le cose che utilizziamo per mettere assieme una lingua.” (traduzione mia)

      (2) “…The capstone project serves as the conclusion to our master’s degree in the same way as a traditional thesis, and it includes many of the traditional components of a thesis, such as a review of relevant literature, data collection, data analysis, and reflections on the data.
      Our capstone was designed to differ from a traditional thesis in several significant ways. The focus of our capstone was to be on improving individual practice through active classroom research, rather than on conducting literary or experimental research.”(per ora non traduco: provate con Google traduttore: lui mette “chiave di volta” per capstone: interessante trasposizione della metafora ma funziona male con “The focus of our capstone”)

      1. Grazie del benvenuto Claude!
        Al momento ho letto l’articolo tutto in un fiato senza preoccuparmi della traduzione.
        Davvero ci sono docenti che si sono videoregistrati durante le lezioni e in seguito hanno sottoposto tali video al giudizio di colleghi ed esperti per comprendere meglio come operano in classe?
        Beh! Grande cultura dell’autocritica e autovalutazione ai fini del proprio miglioramento professionale e personale!
        Sinceramente … sono stupita da tanta apertura all’autoanalisi. Bello!
        E mi sono immersa nella nostra realtà scolastica, culturale …
        Per capire come gestire la classe, tanto tempo fa, ricordo di aver chiesto aiuto a colleghi che gentilmente mi avevano concesso con un sorriso di entrare nelle loro classi ed assistere alle loro lezioni.
        Questo è stato l’unico modo che avevo trovato per capire come affrontare in modo costruttivo una classe di adolescenti.
        Oltre a chiedere a come avrei potuto fare se questo o quello si comportavano un questo o in quest’altro modo ai colleghi durante i cambi dell’ora in corridoio.
        E sono stata fortunata ad aver incontrato colleghi disponibili e sinceramente comprensivi e collaborativi … devo a loro l’amore per questo lavoro, ora.

        Ritornando all’articolo mi sono resa conto che mi mancano specifiche conoscenze su alcuni punti di contesto perché possa comprenderlo fino in fondo:
        1 – Come funziona il sistema di formazione (americano?)
        [ne ho un’idea piuttosto vaga in seguito alla lettura di questa estate di un testo autobiografico di Howard Gardner, l’autore della teoria delle intelligenze multiple … mi piacerebbe approfondire]

        2 – Come tradurre National Board for Professional teaching Standards? In Italia ? In Europa?

        3 – Cosa intendono per Educators world-wide have embraced the notion that engaging in action research can empower teachers as classroom researchers who improve their teaching practices and encrease their students’ learning outcomes?
        Lavorano sull’ipotesi di un insegnante ricercatore che lavori progettando proposte educative e attività, ne analizzi i risultati osservando quello che accade in classe durante la loro realizzazione, si confronta con i colleghi e gli esperti per aggiustarne il tiro, per valutarle e modificarle con il fine di migliorare la resa e la competenza dei propri alunni? Se sì … sarebbe bellissimo!

        4 – L’insegnante in quel contesto assume un ruolo centrale in ambito educativo e diventa protagonista del proprio operato che è in continua evoluzione.
        Qui, in Italia, cosa si chiede all’insegnante?
        I corsi di formazione, prima di entrare in ruolo e dopo … sono finalizzati a cosa? Cosa si chiede di sviluppare nelle competenze di un insegnante?

        5 – In effetti mi ero bloccata su una possibile traduzione di “Capstone course”… non sono in grado, al momento, di partecipare fornendo una mia possibile traduzione …

        6 – Come funziona il Master of Arts in Education a cui stanno partecipando i 12 insegnanti di vari ordini e gradi di scuola?

        7 – The capstone experience è quindi una delle tante tematiche o meglio laboratori che questi insegnanti devono affrontare?

        8 – Cosa può averli spinti a partecipare a questo master?

        9 – In quale contesto di formazione si inserisce questo master?

        Credo che potrei andare avanti all’infinito con le cose che mi servirebbe sapere …

        Mi dispiace, inoltre, di aver scritto un così lungo commento ma avevo solo due scelte:

        a) Non partecipare a questo corso in quanto non sono nemmeno in grado di scrivere su un wiki [per ora] e quindi non partecipare ad un lavoro collaborativo che trovo invece molto interessante.

        b) Scrivere un lungo commento.

        🙂 ho scelto la seconda!

        Grazie per avermi invitata nel Wiki e grazie per l’articolo proposto!

        1. Ciao Martina,

          Le tue domande sono soprattutto spunti ottimi per la discussione dell’articolo. Ad alcune, ai fini della sola traduzione, si potrebbe rispondere, ad es. a:

          – 1.: vedi https://it.wikipedia.org/wiki/Istruzione_negli_Stati_Uniti_d%27America e articolo inglese originale corrispondente, inclusi i riferimenti citati/linkati
          – 2.: lasciamo in inglese, con rimando a https://en.wikipedia.org/wiki/National_Board_for_Professional_Teaching_Standards

          Ma sarebbe riduttivo, persino per queste due domande. Poi le altre…

          Però potremmo fare una cosa (però forse una volta ottenuta una prima versione italiana dell’articolo): aggiungere una sezione “Ampliamenti” alla pagina, dove elencheremmo appunto le tematiche che sollevi e che altri solleveranno, trasformandole in sottopagine linkate dove svilupparle: in effetti per creare una sotto pagina, basta trasformare un intitolato in un link interno al wiki (vedi Creare collegamenti tra pagine nell’aiuto italiano di wikispaces). Poi, da qualche parte in quelle sottopagine, converrebbe anche fare un link che rimandi alla pagina principale dell’articolo.

  18. Gentile prof. E gentilissimi tutti,
    Sono molto interessata a partecipare ad un wiki, cosi’ come mi piacerebbe accedere alla lettura/riflessione sull’articolo indicato.
    Non conosco pero’ l’inglese e non sono per nulla avvezza a molte delle modalita’ di scrittura collaborativa indicati dal prof.
    Posso solo cercare di provare, capire, fare …
    Posso comunque partecipare a questa “avventura”?
    Colgo l’occasione per augurare a tutti un Natale sereno nell’anima e con le persone che ci circondano.
    Buon Natale
    Giusi Po

    1. Io da quando ho incontrato il wiki non l’ho più abbandonato e lo propongo come modalità di lavoro a tutte le mie colleghe. Non sempre in modo produttivo, ognuno hai i suoi tempi…. ma intanto non scoraggiarti: prova e riprova e così pian piano diventerai sempre più esperta

    2. Presto proporrò altri lavori di collaborazione nel wiki. Ovviamente per quanto riguarda la traduzione dell’articolo il lavoro riguarda chi sa l’inglese. Una volta tradotto, all’eventuale discussione potranno partecipare tutti.

  19. Ho inserito nel wiki una chat “invernale”, Andreas, ma se non tipiace il background, puoi cambiarlo con uno più serio e adatto al wiki di °loptis.

    Grazie a Claude per il tutorial in italiano: l’ho copiato e incollato nei miei wiki di classe.
    M.Antonella

  20. Ciao a tutti,
    Sono entrato sul wikispaces, ho lasciato commenti e chiedo di essere invitato. Il mio inglese è molto street oriented, ma me la cavicchio.
    Collaborerò quanto potrò e se necessario.
    Ho un account wikispace csoudaz
    Sono andato anche su docuwiki ed ho lasciato tracce anche li.
    Infine, di mattino presto, sono andato su Gobby, ho lasciato due messaggi ed ho parto un nuovo documento:
    Non ho il link ma una volta sulla cartella LOPTIS basta scendere nella directory Ziz e aprire un file che ho chiamato provaditino.
    Grazie er le interessantissime segnalazioni e sollecitazioni e Buone Feste a tutti
    Costantino

  21. Con l’inglese sono a livello base base, elementare direi, ma la proposta é allettante, per cui vorrei dare anch’io la mia disponibilità a collaborare nel wiki.
    Grazie per tutti questi stimoli!

    Nella email si parlava anche di auguri, vorrei ricambiarli con un’attività che ho preparato con i miei alunni auguri III B

    1. Congratulazioni e auguri ai tuoi allievi e a te, Antonella.
      Per quanto riguarda la conoscenza dell’inglese: per fortuna, le sintassi dell’inglese e dell’italiano sono abbastanza simili per non creare problemi di comprensione, di solito. Inoltre l’inglese universitario è più semplice dell’italiano universitario.
      Quindi semmai la rogna è quando bisogna tradurre in inglese accettabile un paper accademico italiano convoluto, ma viceversa è molto più facile, a patto di non incaponirsi a “scrivere complicato per far serio” :D.
      Rimane il problema del lessico. Allora ho descritto alcuni dizionari e altri strumenti lessicali in http://loptis.wikispaces.com/share/view/65514300 (“Dizionari ecc”)

  22. Ciao, Andreas!
    In Wikispaces mi sento a casa mia: insieme a Claude lo abbiamo usato
    per il progetto IGI Global (ricordi quella pubblicazione di esperienze e strategie didattiche che abbiamo elaborato nell’ambito della Scuola che Funziona???).
    Poi, da due anni lo sto usando insieme ai miei alunni liceali e devo riconoscere che è uno strumento davvero innovativo, duttile e utilissimo per promuovere la scrittura (individuale e collaborativa) e per i lavori di gruppo. Inoltre è free per insegnanti e studenti.
    La cosa strana è che nel wiki che hai fondato io riesco a entrare pur non essendo ancora tra i membri, e mi fa pure editare…
    come va questa faccenda???

  23. La resurrezione mia sta per avvenire, pc nuovissimo, mi mettero’ al passo molto presto. Ho seguito ma non ho potuto operare. I post li ho letti e approfonditi, ora le esercitazioni. Dimenticavo, buone feste

  24. Post ricchissimo di spunti e di risorse!
    Prime cose a getto: aggiungimi su wikispaces (il mio account è maupao), il caso di gobby è al centro di alcune discussioni che si stanno sviluppando nella lista wii libera la lavagna, una riguardo alla possibilità di avere una lavagna condivisa, un’altra rispetto al programma AbiWord che permette di agire in locale in condivisione, link per scaricare il programma.
    La piattaforma wikispaces è ricchissima e permette anche di gestire il wiki come un sito web e anche come una piattaforma di e-learning. Si può vedere l’attività di ogni singolo iscritto e credo che offra un buon compromesso tra lo sporcarsi le mani e l’indipendenza e la consapevolezza.
    Per esperimento ho provato anche una soluzione wiki molto fai da te utilizzando dokuwiki. Quando si passa in modalità modifica si entra subito a contatto il codice, ma è possibile, attraverso dei plugin, installare un front-end più amichevole. Ho fatto una piccola prova che tengo come spazio per appunti veloci, se avete voglia di dare un’occhiata fate pure, il wiki, per comodità mia, è libero alle modifiche di chiunque.
    Un’ultima cosa: l’universo framasoft offre tanti altri servizi oltre al pad, ma con lo stessa modalità: crei al volo la pagina che ti serve. Nel pad però dà la possibilità di creare degli account, in modo che ogni utente possa gestire i propri lavori. Un passetto in più rispetto alla soluzione completamente aperta di pirate pad.

    p.s. Se a qualcuno interessa partecipare attivamente alla lista wiildos ci si può iscrivere mandando una mail vuota a wii_libera_la_lavagna+subscribe@googlegroups.com

    p.s. 2 scusate la lunghezza

  25. Grazie, Andreas.

    Sono volontaria per collaborare alla traduzione di Expanding the zone of reflective capacity: taking separate journeys together.

    Piccolo caveat rispetto alla tua nota 1 sul mio uso del widget wikispaces che consente di inserire un lettore di web feed in una pagina:

    1) Se si inseriscono molti di questi lettori di feed, il caricamento della pagina diventa lentissimo: da qui la mia decisione, nell’esempio che dài, di poi dividerla in più sottopagine.

    2) Uno dei feed, pur perfettamente normale di per sé, mi ha ripetutamente rovinato la pagina nonché tutte le sue revisioni precedenti. E nemmeno quelli di Wikispaces capivano perché. Perciò da allora, ogni volta che volevo inserire un nuovo lettore di feed, copiavo prima la pagina (in modalità Edit/Modifica) da qualche altra parte.

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