Due parole su twitter

Grazie alla diavolessina di Potenza, catepol, mi ritrovo in Twitter. Una vera e propria diavolessina del WEB 2.0. Ogni pochino è lì a tesser le lodi di qualche nuova diavoleria e ci riesce bene … i curiosi come il sottoscritto vengono inesorabilmente accalappiati 🙂

E pensare che detesto ogni tipo di chat perché le trovo insopportabilmente intrusive. Ok, Twitter è diverso ma a prima vista sembra orribilmente intrusivo, una montagna di ciance che ti sommerge. Ci ho comunque provato dopo avere letto un recente post di catepol. Ci sono cascato subito. Complimenti!

La cosa più interessante che mi sta offrendo Twitter è la possibilità di seguire da vicino alcuni dei compagni di classe del corso OpenEd. Questo è molto piacevole perché durante i tre o quattro mesi del corso si era creata una notevole atmosfera della quale poi ho sofferto la mancanza. Tramite Twitter ho la sensazione di averla in parte recuperata. Non solo, succede che si raggiungono altre persone che non hanno partecipato al corso OpenEd ma che sono interessate all’argomento.

È notevole la quantità di notizie utili che si ricevono. Per esempio è da questa comunità che ho saputo dell’esistenza di un dibattito intorno al social networking sull’Economist oppure della disponibilità dei primi XO, i computer sviluppati nel progetto One Laptop Per Children, in Canada.

La questione cruciale è: come si fa ad aumentare la quantità di notizie utili affinché il costo di dover seguire un’ennesima fonte valga la pena d’esser speso? Incrementando il numero di persone da seguire, ovviamente, almeno fino al limite oltre il quale uno non ce la fa più. Numero che può essere diverso per ognuno di noi ma che dipende anche dalle persone che si seguono.

Qui ho una perplessità, quando Twitter viene usato come conversazione continua, come dice catepol alla fine del decalogo nel suo post. Se una persona pone molti messaggi su fatterelli spiccioli succede che la massa si diluisce e il rapporto beneficio-costo summenzionato cala. Parlare della vita spicciola può essere simpatico ma dipende dalle persone a cui ci si rivolge.
Secondo me si può usare per due tipi di comunicazione diversi:

  1. Affettivo: cicaleccio che ha senso entro una cerchia ristretta di amici più o meno intimi, un modo per sentirsi vicini
  2. Generalista: diffusione di notizie che hanno probabilità di essere di interesse generale, un modo per informare

Credo che il primo tipo di comunicazione andrebbe svolto in forma privata perché sennò può succedere di abbuiare qualcuno che dà ogni tanto delle notizie interessanti ma che, generando troppo flusso privato, rischia di offuscare gli altri. Mi pare però di avere capito che in Twitter si può lavorare o in modo pubblico oppure privato. Quindi bisogna decidersi … o magari fare due account … o mi sta sfuggendo qualcosa?

2 pensieri riguardo “Due parole su twitter”

  1. Non lo so… [mumble, mumble] Nonostante Cate abbia anche segnalato la guida non riesco a desiderare neanche provarci ad usare Twitter…

    Sarà che di chiacchiericci in rete ce ne sono già troppi…

  2. ciao 🙂
    eccomi qui a provare a rispondere…
    twitter è nato per rispodere alla domanda “che cosa stai facendo”
    quindi in teoria è proprio il cicaleccio di fatti privati il suo fondamento
    però come dici tu
    si ricevono una enorme mole di contenuti utili

    Si tratta di utilizzarlo (sui fatti privati) tenendo a mente che i nostri followers vanno anche interessati. Non è magari il caso di twittare tutti i fatti privati minuto per minuto
    Ma la situazione è soggettiva. Certo occorre anche autoregolarsi…sempre tenendo conto che, nel bene o nel male, c’è un pubblico che ci leggee che come ha deciso di seguirci, così ad un certo punto può decidere che non ci segue più.

    Interessante è invece cominciare ad utilizzarlo, come avete fatto voi colleghi di corso, in piccoli gruppi che hanno interesse a scambiare conoscenza, notizie, risorse tra loro.

    Diventa così uno straorinario mezzo di diffusione.

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