Cenni su un percorso di scoperta del computer e dei suoi codici nella scuola primaria

Avevo promesso a diversi amici di raccontare qualcosa sulla sperimentazione nella scuola primaria di Strada in Chianti, che ho iniziato a novembre e che volge ormai al termine. Ma devo anche ringraziare varie persone. Lo faccio subito.

In primo luogo le maestre Attilia Greppi, Laura Mariano, Manuela Bagni e Serena Taiti. Le ringrazio per avere avuto il coraggio di lanciarsi in un’avventura inedita e per essersi sobbarcate l’onere di un’organizzazione piuttosto intricata, ivi inclusi vari inevitabili imprevisti, al fine di permettere la partecipazione ai bambini di due classi IV.

La dirigente dell’Istituto Comprensivo di Greve in Chianti, Antonella Zucchelli, per avere accolto il progetto.

Le ricercatrici Laura Vanni e Romina Nesti del Dipartimento di Scienze della Formazione e Psicologia dell’Università di Firenze, per avermi dato preziosi consigli metodologici e pratici sul campo, mettendo un po’ d’ordine nel mio caos operativo.

La laureanda in informatica Andrea Migni per avermi aiutato in alcuni degli incontri in classe.

Gli amici che hanno prestato varie videocamere: Aurora Abatemattei, Lisa Salvetti, Barbara Degl’Innocenti, Francesco Cosi.

Caroline Clark, del team Kano (fino a poco fa, la mobilità…), gentilissima nel darmi le informazioni necessarie per tradurre il software che abbiamo usato – fantastica esperienza di collaborazione nel mondo del software libero.

In ultimo un ringraziamento particolare al maestro Franco Lorenzoni che, grazie ai dialoghi raccontati nel suo libro I bambini pensano grande, mi ha fatto capire come dovevo entrare in classe e confrontarmi con i bambini, cosa che non avevo mai fatto in vita mia. Ma forse di più: mi ha dato l’ispirazione che non sapevo dove trovare.

Riporto qui le note a caldo, scritte durante l’ultimo incontro, in mezzo ai bambini che mettevano tutti gli attrezzi a posto, e venivano a controllare cosa stessi facendo: – Ma te scrivi proprio tutto… – Madonna come scrivi veloce… – Perché vibri? (tremore essenziale di sessantenne…)

Mi trovo in classe, con bambini di IV e le loro maestre. Da un’ora stanno imparando comandi UNIX con un videogioco narrativo nel computer didattico Kano, che avevo tradotto in italiano in agosto. Nell’ora precedente hanno montato il computer.

Sorprendente la concentrazione. Era la domanda fondamentale che mi ponevo in questo progetto: che succede portandoli in un videogioco che poi videogioco – nel modo a loro noto – non è, perché “è tutto scritto”? È un gioco impegnativo: si devono leggere le risposte, capirle e poi scrivere comandi apparentemente astrusi. Ebbene, la risposta è positiva. Dopo solo un’ora, in uno dei gruppi, c’è chi detta al compagno alla tastiera il comando a mente, mostrando di averne capito perfettamente la struttura:

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Siamo arrivati a questo punto dopo una preparazione piuttosto lunga, iniziata a novembre, ove

  • con varie riunioni in cerchio abbiamo discusso di ciò che loro conoscono di computer e internet, sempre lasciando che trovassero le loro risposte, stimolate solo con domande (grazie maestro Lorenzoni!)
  • abbiamo “sbudellato” un vecchio computer, riconoscendo i pezzi e trovando le corrispondenze con la propria realtà: la mia memoria che si perde (il numero imparato ieri), la mia memoria che rimane (il nome della mamma), il mio ragionamento… ma poi il computer le idee ce l’ha…?
  • hanno costruito più volte il computer Kano, riconoscendo e discutendo i pezzi
  • hanno esplorato liberamente il sistema operativo, scoprendo da soli il gioco Minecraft, che hanno riconosciuto subito e in cui hanno giocato un paio di volte
  • hanno affrontato il videogioco narrativo che stanno facendo ora
  • alla fine di ogni incontro, smontano e rimettono sempre tutto accuratamente a posto
  • ora stanno leggendo i loro elaborati e mostrando i loro disegni, perché sono divisi in 4 gruppi di 4, dove uno costruisce e comanda il computer, uno fa i video, uno scrive la storia e uno disegna – quando si stancano si possono aiutare e cambiare i ruoli

 

Ciliegina sulla torta. Neri, diventato mio tecnico ufficiale – appena arrivo è lui che monta i vari cavalletti e altra roba – in questo preciso momento, mi fa:

– Andreas, è bello lavorare con te…
– Grazie, perché?
– Perché si fanno cose interessanti…

Nota importante. Sono sicuro che le cose funzionano perché questi bambini sono abituati a lavorare e a collaborare. Mi ha colpito molto questo atteggiamento costruttivo: collaborare senza strapparsi le cose di mano ma aiutando. E sono sicuro che questo è merito delle maestre Attilia, Laura, Manuela e Serena che hanno portato i bambini fino a questo punto.

Nota tecnica. Il gioco narrativo si chiama terminal-quest. Qui c’è una breve presentazione della versione in inglese. Io ne ho fatto una traduzione in italiano, grazie al fatto che i software di Kano sono software liberi, rilasciati con licenza GPL. Tutti i loro codici sono disponibili nel repositorio internazionale di software liberi Github, possono essere clonati (fork) e ci si può lavorare sopra. Qui c’è la mia versione.

Ci sono tante cose da dire su questa storia ma occorre tempo per sistemare l’enorme mole di materiale accumulato. Arriveranno.

10 pensieri riguardo “Cenni su un percorso di scoperta del computer e dei suoi codici nella scuola primaria”

  1. Ciao Andreas, fortunati i tuoi bambini 🙂
    Ho un Kano a casa e mi piacerebbe utilizzare anche la versione in italiano.
    Potrei farla provare a mia figlia che frequenta la quarta primaria e magari fare vedere il prodotto alle sue maestre che potrebbero farlo vedere alle loro colleghe ecc. ecc.
    Naturalmente rimaniamo in attesa dei vostri suggerimenti per l’uso in classe.
    Nel frattempo impariamo ad utilizzarlo anche noi.
    Una volta scaricata la tua versione hai qualche indicazione su come utilizzarla?

    1. Eh, non so, io di sicuro fortunato per essermi potuto immergere in quest’umanità così viva. Il team di Kano sta pensando di integrare la mia versione fra i package standard. Ora si può usare come package aggiuntivo. Appena ho un attimo di quiete scrivo le istruzioni qui.

  2. Grazie Costantino, Roberta, Alberto, Paolo, Claude: il riflesso dell’altro.

    La questione del documentario. Sarebbe davvero interessante. Ci sono sequenze tanto deliziose quanto significative. Mi ci arrovello senza costrutto, per via del problema della diffusione delle immagini delle persone.

    Avevo giù composto un paio di video ma li ho mostrati solo in occasione di incontri chiusi. Quelle manine così esplorative e già così abili, nonostante che dieci anni fa non esistessero ancora, quel loro lavorare insieme inclusivamente, quelle faccine intente in una concentrazione assoluta, mi hanno profondamente impressionato. Dicevo alle maestre:

    – Guardate come è intenta quella bambina, mi ha stupito anche le altre volte; rimane concentrata per un tempo incredibilmente lungo ma alla fine – mani e mente in perfetta sintonia – risolve: smonta quando c’è da smontare, monta quando c’è da montare. È lei che nel primo incontro aveva smontato un componente del vecchio computer che io, la sera avanti, non ero riuscito a tirar fuori!

    E loro:

    – In effetti è interessante, perché quando invece si fa lezione, lei è sempre persa da qualche altra parte.

    Non può non venire il sospetto che poi, dopo nelle scuole successive, si stia sbagliando quasi tutto, o comunque davvero molto. Non per motivo degli insegnanti, che ne conosco di straordinari in tutti gli ordini di scuole, ma per come il sistema nel suo insieme è congegnato, prima e dopo “buona scuola”. Per la filosofia banalmente competitiva che ispira tutto.

    Tornando al problema del documentario, per fare questo tipo di lavori occorre farsi firmare una “liberatoria” dai genitori, assicurando che i materiali registrati saranno utilizzati solo a scopo scientifico. Per questo motivo mi sono affidato a brevi parole, sentendomi tuttavia tristemente afono.

    Forse qualcuno di voi ha in mente una soluzione

    1. Che bello Andreas leggere queste note sull’evoluzione del progetto. Penso che il materiale documentario raccolto (video ma anche disegni, diari di bordo ecc.) sia preziosissimo per ricostruire a distanza l’esperienza, dando valore ai diversi sguardi sull’esperienza e, in modo particolare, allo sguardo dei bambini sul loro fare. Spesso infatti la documentazione riporta lo sguardo dell’adulto e necessariamente dà una particolare interpretazione del reale. Le considerazioni sulla scuola e sul modo di fare scuola (in modo particolare nei gradi superiori) mi porta a tante riflessioni anche perchè, come sai, da settembre mi confronterò con quel mondo dopo anni di ricerca universitaria. Spesso mi viene da pensare che io in quella scuola – piena di ansie, di valutazioni, di giudizi, di studiare e ripetere solo per la paura della prova da superare – non ci voglio andare perchè è quanto di più lontano dal mio modo di pensare al processo di formazione di un soggetto che si fa persona. Poi penso che magari ci sarà qualcuno che come me pensa ad un’altra scuola e che da tempo la sta sperimentando e che a poco a poco qualcosa combierà. Certo Dewey, a fine Ottocento, cercava dal rigattiere banchi per “fare” e non solo per “ascoltare” per la sua scuola sperimentale. Ancora quei banchi per “ascoltare” imperversano nelle nostre classi legandoci ad un modello di insegnamento spesso ancora vincolato al “sorvegliare e punire”. Aver visto insieme a te i ragazzi lavorare a Strada è stata una bellissima esperienza. Penso anch’io che le insegnanti abbiano un grande merito, quello di aver coltivato un bel modo di apprendere e di stare insieme, fondato sullo scambio e sul rispetto. Poter usare i video per fini scientifici sarebbe molto interessante. Speriamo che i genitori, opportunamente informati, concedano il permesso. Eventualmente potremmo comporre il video e farlo vedere ai genitori in un’occasione finalizzata alla presentazione del progetto e poi parlare con loro direttamente rassicurandoli, anche in forma scritta, sull’uso che verrà fatto del video. Un caro saluto
      Laura

      1. Grazie Laura,
        grazie per questo bel commento.
        Per quanto riguarda la questione della pubblicazione dei video, la liberatoria per usi scientifici è già stata firmata. Infatti quei video in riunioni chiuse con colleghi e allievi li mostro. La domanda, se vogliamo, è fin dove possa essere considerato scientifico l’uso. Certo, se io pubblico quei video qui, l’uso è scientifico perché per me questo è uno strumento di lavoro. Tuttavia questo è anche un luogo pubblico, perché ci può accedere chiunque. Quindi…?

  3. Veramente Andreas sono convinta che questo sia l’approccio giusto “non consumista”, ma da “consumatore consapevole” della tecnologia:così hai guidato i bambini alla scoperta che è la cosa più bella e più soddisfacente del nostro lavoro.
    “La scelta compiuta da Mario Lodi è stata quella di mettere in atto una continuità tra la vita del bambino ( sia precedente sia parallela all’esperienza scolastica ) e la vita della classe, nella quale l’esperienza prescolare di esplorazioni occasionali e disorganizzate del mondo, che ha avuto come principale strumento di conoscenza il “gioco”, diventa un’attività programmata di “gioco, sperimentazione, ricerca organizzata”, indispensabile per un passaggio consapevole alla costruzione di conoscenza e all’integrazione culturale.
    Per rendere concreto ed attuabile un simile progetto pedagogico, viene messa in atto una strategia metodologica e didattica adeguata al raggiungimento delle finalità educative su cui si basa il progetto educativo.
    Viene programmata e messa in atto una situazione scolastica nella quale ogni bambino è attivo e protagonista, con momenti e spazi organizzati per pensare, parlare ( nella forma del dialogo, della discussione sociale ed euristica, della libera espressione ), proporre, sperimentare e cooperare attivamente nella costruzione della conoscenza comune.
    Metodologicamente si mette in atto la scuola delle situazioni di apprendimento significativo, la scuola della motivazione all’apprendere anche attraverso l’uso di un metodo che è “naturale”, la scuola della partecipazione al proprio progetto di crescita attraverso la consapevolezza del processo che si sta vivendo, dell’uso progressivo ed epistemologicamente corretto delle discipline come strumenti culturali, che sono realmente agite ( e non confuse con le materie di studio e con i loro contenuti ).
    Per realizzare questa scuola è necessario superare le procedure tipiche dell’insegnamento direttivo e unidirezionale: la lezione proposta ad alunni che vivono un ruolo passivo/ ricettivo, l’uso dell’esercitazione spesso ripetitiva e poco significativa, sganciata dal reale, la formazione di conoscenza ottenuta soprattutto attraverso i libri e la memorizzazione, l’uso esclusivo del pensiero consequenziale basato solo sul perché e sulla relazione causa/ effetto e mai sul pensiero analogico e sulle sue creative capacità di connessione tra concetti anche lontani.
    La scuola di Mario accoglie il bambino come “persona intera”: corpo e mente, mani e testa, con qualità originali e con problemi, con razionalità ed emozioni… e lo si accoglie come è realmente, e cioè come un bambino reale/storico”
    Questa citazione è stata presa da alcuni appunti di un mio ex collega (collaboratore di M. Lodi) per un Corso di Aggiornamento per insegnanti…e quello che tu hai concretizzato nel tuo lavoro. Grazie!

  4. Complimenti, Andreas. Cercherò, spero, anche io di condividerlo nei miei ambienti di lavoro.
    Non sono tanto tecnico (anche se mi piacerebbe imparare), ma desidero sottolineare due passaggi che mi hanno molto colpito.

    Il primo:
    – Andreas, è bello lavorare con te…
    – Grazie, perché?
    – Perché si fanno cose interessanti…
    Bellissima questa riposta. Non perché sei bravo, sei tu, ecc…, ma “Perché si fanno cose interessanti”. Fare cose interessanti: oltre le persone, i fatti; oltre le procedure o le tecniche, le cose interessanti. Davvero bello. Poi, certo, so che molto del merito è tuo, ma il fatto che tu sia riuscito a far passare “il fare le cose interessanti” prima, lasciando sullo sfondo percepito la persona è un altro capolavoro di didattica. Molto bello!

    Il secondo.
    Il secondo sono i tuoi ringraziamenti. Gratitudine e riconoscenza sono il sale della vita. I successi condivisi, come i lavori e le fatiche condivise: E, poi, i tempi passate insieme a scoprire, inventare, rendere possibile. Insieme. Altro grande insegnamento. Complimenti!

  5. Bellissimo racconto della tua esperienza. Lo condivido subito nei vari ambienti in cui partecipo. Bello il riferimento alla scoperta attraverso il dialogo, presa da Lorenzoni. Ne verrà fuori un documentario da tutte le riprese video?

    1. Grazie, Andreas!

      Mi piace l’idea del documentario di @maupao … Magari coinvolgendo gli allievi nel preparare il documentario, ad esempio anche nel descrivere i contenuti, le persone, chissà altro ,in vista del montaggio?

      Problema: gli strumenti collaborativi online con i quali si potrebbe fare impongono tutti almeno 13 anni per crearsi un’ID. – per non parlare delle normative italiane in merito. Ma forse si potrebbe aggirare con un’ID di classe di cui le maestre deterrebbero (e cambierebbero spesso) la password.

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