Qui ho fatto un collage di frammenti del seminario I Care.
Materiale di fortuna ed eterogeneo che tuttavia dovrebbe consentire a chi non ha potuto assistere di avere un’dea di quello che è successo al seminario.
Brogliaccio
Questo è il brogliaccio originale del seminario
Audio
L’audio del seminario è quasi integrale, l’ho un po’ ridotto di dimensioni perché era un po’ troppo lungo. Ho cercato naturalmente di rispettare il messaggio fondamentale. L’ho inoltre ripulito dai brani inutili, rumori, interruzione per il cellulare che squilla.
Il pezzo musicale iniziale è tratto dal CD Tacchi & Spillo di Felice Pantone, Beppe Finello e Massimo Lupotti. Felice Pantone è uno straordinario artista di strada, famoso in tutto il mondo per essere uno straordinario suonatore di sega, sì, proprio una sega da falegname suonata come fosse uno strumento ad arco!
Il brano finale è Freedom, suonato da Richie Havens a Woodstock nel 1969.
Video dell’irruzione dei clown
Compensa la parte ovviamente meno intelligibile dell’audio. È una ripresa piuttosto ballerina, fatta in una situazione di notevole caos. Grazie a Francesca che si è cimentata. Una volta tolte le sequenze occasionalmente poco centrate su azioni o figure, rende forse abbastanza bene l’idea dell’atmosfera …
13 giugno 2013: mi fa effetto rivedere questo video, questi ragazzi che conosco così bene, sono quasi tutti diventati medici ora…
Slideshow
Chiunque può contribuire ulteriormente a questo slideshow …
13 giugno 2013: questo non lo trovo più…
Impressioni degli studenti
E questa è la parte più importante: la raccolta dei messaggi degli studenti a partire dai più immediati, scritti a caldo, fino a quelli più recenti.
I CARE
vuole 200 parole prof?
via..no, almeno in questa occasione no..
grazie per l’opportunità!
tante sensazioni su questa mattinata fuori dall’ordinario..
STUPORE – beh si..non ero pronta a qualcosa di innovativo, forse mi aspettavo la solita conferenza…e uscire dalla scontatezza è sempre qualcosa di bello, che dà energia! una boccata d’ossigeno ricevere la testimonianza di un’esperienza diversa, di come si possa integrare i nostri studi con qualcosa di più.
sentirmi CARICA – Non posso arrendermi a credere che questa facoltà mi indurrà a chiudere le ali e non volare più; ho troppa energia dentro perchè questo accada..ho fatto questa scelta non per imparare a riparare delle macchine, ma perchè sono convinta che l’uomo non sia una macchina e che la medicina possa insegnarmi tanto sull’uomo e sull’Umanità, sul valore della vita e su quello della morte. Stamattina tutto il mio entusiasmo ha fatto di nuovo capolino…mi ha parlato di strade da percorrere in modo nuovo, di stimoli da ricercare sempre, di interessi da coltivare. Ma…
ANSIA – quale la strada? in cosa devo spendermi? ho il bisogno di un obiettivo. Bisogno di combattere per qualcosa, della mia battaglia in cui spendere tutte le energie che sento di possedere.. mi hanno detto: vivi il tempo dell’attesa. Ma attendere è quanto di più difficile si possa chiedere ad una vita.
INCONTRO – al di là di tutto, come sempre, a tessere la trama sta l’incontro con le persone..che fa scoppiare il cuore da quanto è bello. difficile spiegare l’entusiasmo che sento a leggere qualcosa oltre i volti, ad intuire un frammento di vissuto…meravigliosi meccanismi della vita.
I CARE.
Cosa aggiungere a questo? Forse niente è necessario dire di più.
E’ la mia regola e la mia necessità. La mia croce e la mia delizia.
Ma ne vado fiera.
E’ una delle mie più grandi paure, quella di rimanere, semmai anche inconsciamente, ingabbiata in regole, siano esse imposte dal luogo dove oggi studio, e dove spero un domani di lavorare, siano esse frutto di retaggi mentali, condizionati dalla paura dell’esclusione e dall’omologazione.
Alla soglia del mistero arrivano gli uomini dell’interrogazione.Quando il prof d’informatica è entrato in aula ho pensato :”questo è un pazzo” e siccome sono convinta che chi è pazzo ha in sè del geniale confermo l’affermazione. C’è una canzone famosa dei the ark che dice: “bisogna essere pazzi per rimanere sani”. Credo sia vero, sana follia aiuta l’uomo a non perdersi. Follia, pazia e creatività si danno la mano da sempre. Ciò che più mi ha colpito è stato il modo in cui ci parlava. Non da”professore” in senso stretto, della serie “sono io che sto in cattedra e ho il coltello dalla parte del manico” ma con lo sguardo appassionato di chi si aspetta di essere travolto da un’ondata di giovinezza, dall’entusiasmo che ci caratterizza, dalla speranza creativa di un sogno di collaborazione. La citazione di Don Milani mi è tornata in mente leggendo il titolo del seminario: I care. Mi interessa. Don Milani la usava come provocazione al motto fascista del “me ne frego” ma non credo che sia semplicemente un motto, era una sfida. Una sfida lanciata da un paesino minuscolo sperso nel mugello: Barbiana.
Non so se qualcuno di voi c’è mai stato. E’ proprio sopra casa mia, immersa in un bosco, in cima ad un monte. Non vi aspettate granchè. C’è la chiesa, il cimitero e poco più, una piccola piscina ed un albero da datteri fantastico. Tempo fa lessi “lettera ad una professoressa”. Ero arrabbiata con i miei professori perchè mi sentivo poco stimolata, mi sembrava che ci volessero tutti uguali, diligenti al programma e ai libri di testo. Mio padre mi disse di leggere questo libro. Non avevo molta fiducia nella scelta. Pensavo: ” un prete cosa mai potrà dirmi di così interessante”…
La sfida e la speranza sono la chiave dell’esistenza. Mi interesso al mondo, sono parte del mondo. Non solo mi interesso a ciò che mi circonda ma anche mi appassiono a ciò che ho vicino. E’ facile dare la colpa di un cattivo insegnamento al professore. Abbiamo una responsabilità grossa tra le mani, la responsabilità di interessarci e appassionarci. Non importa se chi deve trasmetterci passione non lo fa. La possiamo trovare noi, la dobbiamo cercare. Siamo una generazione abituata a pretendere in tempi molto rapidi i frutti, diciamolo, abituati a durare poca fatica. Ecco la sfida, cercare di durare fatica per formare il nostro modo di essere domani, per formare cittadini e uomini responsabili e coscienti. Il futuro è davvero in mano nostra e dobbiamo lottare per volerlo migliore, lotta che passa dalla conoscenza dell’altro e dall’appassionarsi ed interessarsi al mondo di cui siamo parte. Giorgio La Pira ripeteva sempre “spes comtra spem”, sperare contro ogni speranza, Don Milani viveva tutto questo benchè esiliato tra i monti.

ciao ragazzi, inizio dicendo che il seminario di stamattina credo sia stato a dire poco spettacolare.. idea veramente bella quella di portare un pò di spirito e allegria negli ospedali… vedere dei ragazzi così impegnati mi ha fatto venire voglia di partecipare e di trasmettere agli altri qualcosa.. la cosa che mi ha veramente fatto piacere è che x fortuna c’è ancora qualcuno che SA E HA VOGLIA DI RIDERE!!! sembra una stupidaggine, ridere, una cosa da bambini e invece credo sia una delle cose più belle che esistono… un sorriso (almeno x me) ti illumina la giornata, ti fa apparire tutto più semplice, ti rende felice, ti fa capire che non sei solo… ma ciò che è ancora più bello è il riuscire a far ridere qualcuno, non una risata x prendere in giro, una risata vera, sentita, spontanea… queste sono le piccole cose che ti fanno stare bene, che tutti dovrebbero ricordare e soprattutto che dovrebbero conoscere… e poi che dire ancora, le cose sarebbero davvero tante.. x adesso vi lascio con questo mezzo sfogo (se così posso definirlo!!)e vi dico anche che, come ci hanno dimostrato oggi, non si vive di solo studio teorico!!!!
Il seminario è cominciato normalmente con un’introduzione del Prof sul tema principale,ovvero “I care”, quindi la parola è stata data alla Prof.ssa Berlingieri, un’ esperta dei diritti d’autore e di quant’altro riguardi il copyright.
E qui hanno iniziato ad accadere strani fatti.. Infatti nel bel mezzo di una tirata retorica , quasi una filippica,da parte della Prof.ssa Berlingieri, contro Medwiki e quant’altro un ragazzo si è alzato e ha preso in mano il microfono… Ragazzi,panicoooo!!Sembrava stesse per iniziare un vero e proprio acceso dibattito, o forse peggio..Il nostro giovane collega dava l’aria di essere davvero infervorato e la Prof.ssa sembrava destinata a soccombere..Addirittura una nostra compagna si è gettata in mezzo alla disputa per difendere la povera donna(con rispetto parlando)!!!
Ecco che allora tutto un gran caos!!Medici-pagliacci, o pagliacci-medici, si sono fiondati nell’aula grande ed hanno iniziato a fare una sorta di danza tribale lanciando volantini fra noi attoniti studentelli del primo anno…Ecco svelato l’arcano!!!E bravi i nostri teatranti, ci eravamo proprio cascati!!Riusciamo a capire tutto anche noi finalmente!!I medici-pagliacci non sono altro che i componenti di “Castellinaria”, una compagnia nata circa dieci anni fa col principale scopo di far sorridere chi non ha molti motivi per farlo..
Hanno parlato alcuni studenti di Medicina ed anche altri elementi dell’associazione che, pur non essendo futuri medici, partecipano attivamente al progetto che a molti di noi ha ricordato il famoso film di Robin Williams, “Patch Adams”.
Che dire??Personalmente ho provato una grande emozione nel vedere ragazzi poco più grandi di noi rappresentare egregiamente il titolo stesso del seminario:”I care”!!Penso che quello che hanno detto e quello che fanno ogni giorno sia una cosa rara che appaga l’animo più di qualunque media alta scritta sul libretto..Dare un sorriso, donare momenti di gioia laddove sembra non possa più esserci..Questo un medico non deve dimenticarlo mai, deve ricordare sempre che lavora a contatto dei pazienti e soprattutto per i pazienti, persone come tutti gli altri e non solo casi clinici..
Questo seminario così inatteso si è concluso con una processione, all’interno di Careggi,guidata dai promotori del progetto “M’illumino d’immenso” e molti di noi studenti, recanti uno strano messaggio per buoni intenditori: “Nonostante lo sforzo dei medici..Sono ancora vivo”!!!
Penso proprio di aver capito il significato dell’espressione “I care”, spero solo di ricordarlo nel corso dei miei lunghi studi e soprattutto nel corso della mia futura carriera..
Fortunatamente mi sono dovuto ricredere: la “conferenza” mi ha davvero STUPITO!!!
Una gran bella lezione di vita!!! Ci vorrebbero più lezioni così…
Sono rimasto colpito molto positivamente da come è stato presentato il personaggio di Don Milani, un uomo cha ha lottato tutta la vita per sradicare dagli animi umani la mala pianta della miseria e dell’ignoranza, la madre di tutte le guerre (a mio parere!).. soprattutto mi è piaciuto il voler andare oltre gli schieramenti di comodo, le ideologie standard, quelle etichette che la società odierna si sforza di imporci ad ogni costo.. mi sono subito tornate in mente le parole di un saggio, lo scrittore Tiziano Terzani (nei confronti del quale ho quasi una venerazione, come avrà capito chi ha letto il mio blog) :
“In fondo trovo difficile questo definirmi. Sono arrivato alla mia età senza mai aver voluto appartenere a nulla, non a una chiesa, non a una religione: non ho avuto la tessera di nessun partito, non mi sono mai iscritto a nessuna associazione… qualunque organizzazione mi sta stretta. Ho bisogno di sentirmi libero”
Io sono fermamente convinto che la bussola decisiva per questo viaggio chiamato vita sia lo
spirito critico… “il dubbio è il fondo della nostra cultura. Voler togliere il dubbio dalle nostre teste è come voler togliere l’aria ai nostri polmoni”.
E credo anche che per noi futuri medici (e in generale per ogni uomo) il sapere non sia semplicemente un bagaglio di conoscenze enciclopediche sterili, che uno si forma con uno studio “matto e disperatissimo” avulso completamente dalla realtà vera, dalla vita concreta… credo al contrario che il sapere si costruisca a poco a poco, con pazienza e fatica, se si riesce ad andare oltre all’apparenza, oltre alla superficie delle cose e ci si preoccupa del “nocciolo”, della sostanza, se si i ricerca insomma il cuore delle cose, in ogni ambito e in ogni momento della nostra esistenza… come??! Leggendo, studiando, analizzando, ponendosi domande, provando stupore, mettendo in dubbio tutto ciò che proviene dall’esterno, prima di farlo nostro, come qualcosa di preconfezionato, da accogliere acriticamente e passivamente “a scatola chiusa”.
… Ma soprattutto condividendo, collaborando, mettendo al servizio degli altri se stessi
Mi piace concludere queste mie impressioni “a caldo”, dettate dall’emozione del momento, con le parole che Mario Capanna rivolge al figlio(nella Lettera a mio figlio sul sessantotto):
“Sottoponi a verifica tutto ciò che vieni a conoscere. Tutto. Anche il concetto che afferma la necessità di verificare ogni conoscenza”
Che avrà mai da dirci il professore?
Il seminario ha inizio..occhi un po’ stupiti..quale aspettativa?
Il prof apre il Seminario con un’ introduzione sul significato dell’ “I care”…con qualche informazione su don Milani…per arrivare poi a parlare di coscienza, condivisione, umiltà, conoscenza …del valore del rapporto medico/paziente…dell’attitudine allo stupore e dell’importanza del contesto in campo medico… del futuro che ci aspetta…la strada è lunga, sì, è vero, ma possiamo percorrerla insieme, condividendo il condivisibile…
Ed è questo lo spirito con cui è nata Medwiki.
Quanto però oggi la condivisione può essere limitata dal diritto di proprietà?
La parola passa alla professoressa Berlingeri. Questa definisce Medwiki immorale ed essenzialmente un covo di criminali. Sta scherzando? Ci stanno prendendo un po’ in giro? Trapela un sorriso dalla bocca della professoressa, ma continua ad andare avanti, finché un ragazzo non sale sul palco e le toglie la parola.
Chi avrebbe mai pensato ad una lezione così!..Una signora Lezione, con tanto di L maiuscola. Entrano in aula un gruppo di ragazzi vestiti da clown. Poche le parole, eppure mi hanno detto e lasciato tanto.
Il loro messaggio è arrivato!!!..La loro è stata una bellissima testimonianza..sono stati essi stessi il messaggio!
Occhi brillanti, ragazzi gioiosi, occhi felici di chi ha trovato quel qualcosa in più che dà senso al correre quotidiano…di chi ha capito che non si può stare con le mani in mano e preoccuparci soltanto di noi stessi e dei nostri problemi..di chi ha capito di avere qualcosa da condividere con gli altri, di essere capace di regalare sorrisi a chi ne ha bisogno, di guardare al malato come ad un fratello e non come ad un oggetto su cui lavorare.
Sono rare infatti le occasioni che ti portano a scoprire l’aspetto più umano di una persona o di un docente specialmente nell’ambito universitario…ma in queste poche possibilità ci rendiamo conto di quanto sia importante riflettere ed osservare queste cose.
Stamani ci sono stati presentati esempi di persone che hanno saputo rendere vivo l’ “I Care” di Don L. Milani. E per questo ringrazio con tutto il cuore chi ha organizzato questo “seminario” ;)…
Vivere i nostri studi e il mondo dell’università non può limitarsi ad un assorbimento passivo di concetti e nozioni. Certo: è necessario un passaggio del genere. Ma la professione che abbiamo scelto è pure altro. Piano piano ci si accorge dell’esigenza di mettere in gioco se stessi e i propri sentimenti nel momento della relazione con l’altro, non per uno scadente e poco costruttivo sentimentalismo né solo con i pazienti, quando saremo medici.
Quella che compiono i ragazzi di “M’illumino d’immenso” è un’opera che lascia il segno e che vive di gesti semplici, che poi sono quelli che in un rapporto confermano continuamente l’affetto che proviamo nei confronti di qualcuno. Spendere del proprio tempo per l’altro, per farlo sentire felice ed importante. Specie se nel bisogno.
A questo proposito vorrei consigliare di leggere la storia di S. Camillo De Lellis (1550-1614) che nel contesto in cui si trovava compì una vera e propria rivoluzione nell’ambito ospedaliero. Un opera che per certi aspetti, nel nostro piccolo, risulta realizzabile (e i ragazzi di stamani ne sono la prova!) al di là delle confessioni di ciascuno…
Grazie ragazzi per la vostra empatia e per il vostro coraggio di mettervi in gioco e andare oltre la banalità, per averci donato l’esempio di chi sa mettersi nei panni dell’altro e condividerne le sofferenze, per averci ricordato che siamo uomini prima ancora che medici.

Graaaaaaaaaaaaziiiiiiiiieeeeeeeee Prooof.!!!! Che stupenda scoperta oggi!! Non solo ha rallegrato la triste mattinata ma ci ha dato (con tutta l’equipe) una lezione di vita. Ci ha insegnato che tutto ciò che riguarda gli altri riguarda indirettamente noi e viceversa. I CARE.. io non lascio scorrere il tempo senza interrogarmi, senza occuparmi del prossimo, senza stupirmi.. é questo il messaggio che dobbiamo scolpire nelle nostre menti. Non dobbiamo essere spettatori, ma attivi partecipanti di questa commedia che è la vita. Lo sguardo di una persona triste, malata, sola che si illumina di gioia per un nostro sorriso: questo è il miracolo che si compie quando si “partecipa”. Un domani, di fonte al mio paziente, non mi nasconderò dietro il camice, non “salirò sul piedistallo”. Non ha senso… Dovremmo essere in grado di prendere per mano chi ci è di fronte… chiamarlo per nome… far sentire che per noi lui- il paziente- non è uno dei tanti ma unico. Questo discorso naturalmente non riguarda solo l’ambito professionale… é la regola che dovrebbe guidare tutti noi in ogni momento…. i politici, gli insegnanti, gli infermieri… Immaginate un pò come andrebbe il mondo…

Lottare per i propri ideali; farsi in quattro per strappare un sorriso a qualcuno; incazzarsi tanto da voler spaccare tutto; amare;fare follie che chissà dove ti porteranno…ecco cosa significa secondo me vivere. Da qualunque lato la si guardi, bello o brutto che sia, la vita è comunque forte ed è per questo che reputo l’indifferenza il peggior veleno che ci sia: non si può vivere convinti che ciò che accade nel mondo non ci riguardi. Inoltre, se una persona è totalmente indifferente all’ambiene che la circonda io credo che essa sia, indirettamente, anche indifferente alla propria vita perchè noi siamo entità inscindibili da ciò che chiamiamo mondo. Il messaggio che mi è arrivato questa mattina è stato questo: valorizziamo, rispettiamo e lottiamo per la vita!! Mentre camminavamo per careggi ho visto uno di quei ragazzi vestiti da clown fermarsi a parlare con una signora anziana che ci osservava incuriosita e impaurita e l’ho trovata un’immagine bellissima… ecco il vero medico: quello che nonostante la fine del turno si ferma per un sorriso o una parola perchè salvare la vita è molto di più che prendere un bisturi in mano!!
Comunque vorrei ringraziare il prof. e le persone che hanno organizzato il seminario di oggi, è stato veramente divertente e competente!!
Profe lei è troppo.
Sì, è troppo, forte, divertente…e non lo sto elogiando con un secondo fine, glielo giuro, è solo che mai mi sarei aspettata di trovare in questo “contesto” universitario una persona come lei.
Ok, non sarà un insegnamento usuale il suo ma ciò che dice e come lo dice rimane davvero molto impresso, anche senza prendere paginate e paginate di appunti.
Mi sono divertita un sacco oggi, ascoltando gli episodi che raccontava, che alla fine sono lezioni di vita, un modo diverso di imparare cose serie. Che buffo l’omino che chiudeva il cassone dell’ape con una botta di anca…e sto ancora ridendo davanti al computer a ripensarci…mia mamma crederà ora che io sia matta!
Poi la professoressa Berlingieri…ma la vorrei chiamare per nome, Elvira…perchè con la sua improbabile serietà nel darci dei “criminali” è proprio una di noi…
E cosa c’è da dire dei ragazzi “M’illumino d’immenso”?
Mi sto accorgendo che sto ancora scrivendo al pc con il sorriso sulle labbra…GRANDI GRANDI GRANDI, avevo le mani rossissime da quanto li ho applauditi…
Questa è la grande forza, il sorriso…
E non solo in questo caso ma nella vita di tutti i giorni,
a volte un sorriso è meglio di 1000 medicine.
Grazie, grazie, grazie.”Un giorno senza un sorriso è un giorno perso.” Charlie Chaplin
(p.s. uffa, l’ho fatto ancora, un’altra citazione, ora devo pagare il copyright!!!)
Dovendo essere sincero, non avrei mai pensato che un seminario potesse essere così ricco di colpi di scena…
Mi ricordo che nella prima parte il prof ha parlato di una cosa importante: ovvero di quanto sia fondamentale, anche per un medico, essere capace di stupirsi. Stamattina io l’ho certamente fatto…
Quando quel ragazzo ha strappato il microfono di mano alla prof Belingieri, ho pensato che fosse veramente arrabbiato e che la situazione stesse degenerando…infatti sono rimasto per qualche istante a bocca aperta interdetto…Che dire, faccio davvero i miei complimenti a tutti per l’idea che avete avuto ed anche per la sua ottima riuscita…
Credo che alla fine di questo seminario siamo riusciti a capire che, certo, i diritti d’autore esistono, preservano in molti casi il prodotto di un duro lavoro, e vanno quindi rispettati; dall’altra parte, però, non dovrebbero essere eccessivamente restrittivi, come ad esempio nel caso della ragazza del fumetto che vuole girare un documentario. Non dovrebbe poi, secondo me, essere considerato reato condividere in rete del materiale. Specialmente materiale didattico, come nel caso di MedWiki, che può servire a tutti, come sappiamo bene. Oltretutto, questa forma di condivisione permette di accrescere anche la coesione tra le persone, in particolar modo tra noi, che vivremo una buona parte dei prossimi 6 anni a stretto contatto, dal momento che ognuno, con il suo lavoro, è messo nelle condizioni di aiutare gli altri. Per questo mi impegnerò sicuramente a condividere su MedWiki qualsiasi cosa utile ed interessante che dovessi realizzare ( spero) nei prossimi anni, e mi auguro vivamente che lo facciano in molti: non costa fatica e l’aiuto che si può dare, ma anche ricevere, è grande.
Poi,l’inaspettato:la “povera” Berlingieri spodestata da uno studente che si ribella alle solite lezioni inutili e fuori contesto..”cavolo,siamo a medicina!!!!”..ed ecco che l’aula si illumina d’immenso:i clown inscenano con una bravura che ha dell’incredibile(forse parlo così perché era la prima a cui assistevo..ma mi sono sembrati cmq fantastici e lodevoli!!!!)un paziente vittima dell’arrivismo e della superiorità di più medici che,invece di metter lui,le sue paure,la sua vita,i suoi bisogni,il suo dolore sul piedistallo, si litigano il podio della diagnosi esatta, mentre il povero protagonista, indegnamente privato del suo ruolo, agonizzante aspetta il tragico epilogo…ma la morte non lo vince:”nonostante lo sforzo dei medici..è ancora vivo!!!!!”
E giù una cascata di applausi tutti per loro..e subito tante riflessioni, tanti pensieri per la testa, in particolare uno:”non voglio diventare come QUEI MEDICI”..Tornata la “calma” e rilassati gli addominali che quasi fanno male dalle sane risate per le quali ringraziamo tutti gli organizzatori di questa giornata, ecco la ciliegina sulla torta: una parata contro QUEI MEDICI,contro QUEL SISTEMA, all’interno di Careggi!!!
Ok d’accordo ,forse nelle nostre vite passate non siamo stati dei mlitari,e il ritmo del battito di mani a volte perdeva un po’ di tono e continuità, e magari ci voleva anche un coro,ma sicuramente non sono mancate la grinta e la voglia di far capire a tutti quelli (in particolare medici) che ci gettavano occhiate di disapprovazione e quasi schifate che non siamo noi nel torto,bensì loro che non hanno capito niente della medicina..loro che pensano solo al prestigio che una laurea di questo tipo può dare,loro che svolgono questo mestiere con superficialità,loro che “salgono sul piedistallo e diventano sempre più piccini” come giustamente ha detto il Formiconi,loro che trattano il paziente come un ignorante pavoneggiandosi con paroloni volti a non far capire all’interessato che diavolo gli stia succedendo..loro che non capiscono che la superiorità del medico sta invece nel mantenere sempre cmq quell’ umanità e quell’ umiltà necessarie e fondamentali per formulare una diagnosi corretta e salvare una vita..loro che vogliono mettersi in proprio,magari per guadagnare di più, quando invece si sa che “Tante teste sono meglio di una” ( ops..ho copiato il titolo di un blog di cui non sono autore!!) e che, collaborando con altri colleghi, si può più facilmente arrivare alla radice del problema di un paziente..perchè non sempre si può riuscirci da soli..il medico non è un Dio, anche lui può sbagliare..ma gli errori spesso possono essere evitati, e un modo a mio parere è questo:la collaborazione e il sostegno reciproco..
Grazie ancora al prof Formiconi e a tutti i membri del progetto M’illumino d’immenso!!!
Credo di essere, dunque, la persona meno adatta a parlare di quel che oggi ci ha mostrato il prof. (arf…^^) con il seminario “I Care”: vedere soggetti del calibro di quei pazzerelloni di “Mi Illumino d’Immenso” mi ha fatto riflettere…studenti di medicina come me, che danno un bel calcio in culo alle loro paure e alla loro vergogna e si caricano sulle spalle i dolori degli altri, così, come se fosse niente, come se fosse facile trovare il coraggio per fare il clown davanti a 200 coetanei, come se fosse facile mettere il sorriso degli altri davanti al proprio…che bellezza…condividere, mettere a disposizione della comunità le proprie facoltà, anche a costo di violare qualche legge sul diritto d’autore, era questo il senso del seminario, no??
Tra l’altro, con le loro scenette, mi hanno fatto ridere davvero, e di gusto!!!…E poi il corteo, con il cartello “Sono vivo…nonostante i medici” portato in testa alla fila mentre attreversavamo le viuzze di Careggi…Che spettacolo!!!(mi dolgono ancora le mani per gli applausi e per il ritmo tribale…)…Il pezzo meglio è stato un tizio che guidava la macchina: vedendoci passare s’è messo ad applaudire con noi, lasciando il volante e rischiando di uscire di strada…
Cazzate apparte…ma ci pensate a cosa deve voler dire riuscire a far ridere uno di quei bambini del Meyer, col pigiamino, senza capelli…costretto a stare in ospedale quando si meriterebbe più di ogni altro di stare a giocare al parco con gli amici e i genitori??!! Riuscire a portargli uno di quei raggi di sole a cui una bastarda di malattia lo ha sottratto?? Che belli che siete…davvero…
Tutto mi sarei aspettata tranne che una cosa del genere… Beh… che dire: raccontiamo un po’ cosa è successo nell’aula geande… 🙂
Tutto inizia con un’introduzione del Prof. Formiconi sulla vita di Don Milani e sul messaggio che ha voluto comunicare con la sua attività, sul significato del tanto chiacchierato “I care”… La definizione di “partecipazione empatica” data dal Prof. mi è sembrata molto azzeccata… Dare importanza a chi ci sta intorno senza limitarsi, senza preoccuparsi esclusivamente di sè e del proprio piccolo mondo…
Il discorso è poi sfociato nella problematica del diritto d’autore e del
Davvero senza parole…
Sono persone incredibili: sono riusciti a farci rimanere col fiato sospeso, per una mezz’ora succubi di qualche strano incantesimo… Non si poteva davvero imparare più di così in quest’oretta di “seminario”: la comunicazione di un’esperienza è senza dubbio il modo più bello di conoscere qualcosa… e chissà… magari di farne parte. Vedere con quanto entusiasmo e con quanta dedizione quei ragazzi lavorano per far stare bene gli altri attorno a sè è stato qualcosa di indescrivibile, difficile da raccontare a parole…
Cosa aggiungere…? Grazie, Prof. E’ stata un’ottima idea… Si devono organizzare più spesso giornate così.
🙂
Compito 6 I care..fantastico!
…dire k è stata una bella esperienza è dire poco..a ql seminario ho capito k ho davvero fatto la scelta giusta!
Aula di lezione..ore 10.30 inizia il seminario..l’idea iniziale era..almeno la mia..sarà il solito seminario noioso e lungo..di qli a cui il tempo nn passa mai e invece..sorpresa!!!
..entra una ventata di freschezza gioia e allegria..è un modo diverso per riflettere e mettersi a rivedere la spinosa questione del rapporto MEDICO-PAZIENTE..a volte il medico si estranea da qla k è la realtà, o meglio, la vede solo con occhio OGGETTIVO..si..il paziente rappresenta una macchina k..ha qlcs k nn va..deve essere riparata e rimessa a nuovo..
..come abbiam detto nl iniziale corso di scienze umane,cn il progressivo sviluppo della medicina,con tt le novità apportate dalla ricerca scientifica, i medici han pian piano perso di vista il lato “soggettivo” del malato..
Si, i malati sn prima di tt dl PERSONE piene di ansie paure tensioni e il compito del medico..del futuro medico..nn è solo quello di guarire la malattia in senso stretto..deve aiutare il paziente a recuperare fiducia nl vita e in tt cio k gli sta intorno..a volte basta un sorriso, una parola di conforto e una gg k è iniziata nera cambia completamente colore..forse qnd saremo li,in corsia..cm mi sembra lontano ql momento..nn dovremo sl pensare a cacciare il microbo, suturare nl migliore dei modi..dobbiamo ricordare di avere davanti PERSONE..persone k han bisogno di aiuto, nn sl fisico ma anke morale..soprattutto morale..
All’inizio ho detto k qst seminario mi ha convinto della mia scelta..SI è proprio vero..sn una sognatrice,vorrei riuscire a far star bene tutti e se anke cn un sorriso ci riuscirò qst sarà la dimostrazione k..anke se ci ho messo 2anni in più ne sarà valsa la pena!
…spero di riudcire ad essere un buon medico..a fare il meglio di me..anke se nn mi laureerò cl 110 e lode..spero di riuscire a dare ad ogni paziente qlcs di me..a farlo star bene e nn sl perchè avrò tolto un’infezione o messo a posto qlcs..
Ps..ho voluto aprire il post con la foto di Patch Adams, medico statunitense che, per primo,ha portato avanti la clownterapia..è stato infatti lui a convincersi k..nn è solo compito dl medico curare la malattia ma..è prima di tt compito suo prendersi cura dl malato..malato inteso come PERSONA..
Pps..lo so..ho abbondato cn le parole..please..
Immagino sia rigidità, o forse sensibilità eccessiva per il vuoto dietro al lieve; comunque, per me, il riso resta un’esperienza ambigua, tesa.
Ho “documentato” volentieri il seminario e il suo proseguo, ma se non fosse stato per questo non avrei seguito il corteo; niente in contrario, solo, è una cosa estranea.Il protocollo, il rito, non sono necessariamente soffocanti; non penso serva sempre dissacrare ciò che può rassicurare.

Quando ci è stato chiesto di ipotizzare perchè l’incontro fosse stato rinominato, ho ragionato in maniera un po’ obliqua, come per risolvere un indovinello. Per la mia ignoranza della storia e dell’operato di Don Milani non ho visto il collegamento con il titolo del seminario. Non ho cercato il motto sui motori di ricerca, che in effetti restituiscono molti riferimenti a progetti anche attuali afferenti al mondo della scuola, della didattica e in generale dell’impegno sociale.
Ero convinto di assistere ad una lezione decisamente tecnica, su norme e regolamenti relativi al diritto d’autore che interessano chi fa uso intenso della rete.
Lo scopo che ci viene proposto in questo corso della rete e degli strumenti WEB_2.0 è quello dello scambio liberale delle informazioni, perchè questo scambio può avere un valore enorme per la crescita delle persone e conseguentemente delle società. Si tende quindi a far circolare qualunque elemento informativo si ritenga utile alla comunità, e questo potrebbe portare, in alcuni casi, alla sottovalutazione degli obblighi normativi in ordine alla proprietà intellettuale. Ecco perchè veniva organizzato questo incontro!
Con questa bella sceneggiatura dipanata, mi sono fatto rapire emotivamente dalla reprimenda iniziale della docente di diritto, ed ho abboccato come un luccio, ingozzando esca, amo e lenzafino alla canna.
Ma son contento così, è stata una bella sorpresa.
Mi ha permesso di conoscere un’iniziativa che, adesso, vorrei non credere così particolare come temo che sia; l’attività di un gruppo di studenti che trovano lo spazio ancheper girare nelle corsie degli ospedali, a volte guidati da due veri clown, per portare un segno tangibile di partecipazione a chi sta male, offrendo beni preziosi: il propriotempo, la propria energia, il proprio ottimismo.
Il titolo dell’incontro è incondizionatamente condivisibile: indipendentemente dallo stato laico o religioso delle persone che lo propongono, l’impegno e la solidarietà per il prossimo sono valori degni di rispetto ed emulazione, sempre. Ancora di più se traguardano non solo le necessità materiali, ma anche quelle della formazione e della crescita culturale; per non confondere l’assistenzialismo, o peggio il paternalismo, con la faticosa opera di accrescimento degli individui che è il vero capolavoro degli insegnanti. Quando credono nel loro lavoro.
Rifletto.Non ho mai avuto davvero paura. Le mie più grandi preoccupazioni? Da piccola, paura di una sala operatoria dove avrei lasciato le mie tonsille, paura che la mamma si dimenticasse di venire a prendermi all’asilo…ora, paura di perdere il mio piccolo e incantato mondo…possono, queste, essere definite “PAURE”?!La paura vera è qualcos’altro. E’ un vuoto che ti senti dentro, che ti stringe…Rifletto.
Ci sono bambini che sanno cosa è la paura vera, anche se non riescono ad esprimerla a parole. È vedere una madre piangere, è il viso scuro dei medici, addormentarsi stringendo forte una mano grande, come per aggrapparsi alla vita…
Non è giusto. Nessun bambino dovrebbe soffrire.
Ma le malattia è pura ragione. Colpisce. E basta.
Spesso pensiamo che i bambini non comprendano quello che vivono. Sbagliato. Credo che si rendano conto inconsciamente del più piccolo gesto, di ogni lacrima nascosta, di ogni sospiro…
Perché tutto questo ad un bambino?
Cosa posso fare, io?
Posso fare dimenticare il dolore e la paura ad un bimbo, posso alleggerire anche solo per un attimo il cuore di una madre con una carezza?…posso portare un sorriso tra le lacrime?
Forse sì, forse no, dipende.Di sicuro posso condividere una parte di dolore e di gioia con quelle creature e con quelle mamme…forse loro non se ne accorgeranno neanche, degli sforzi…ma io sì. E non perché tornerò a casa stanca e annoiata…ma perché mi addormenterò con impresso nella mente uno sguardo tenero, un sorriso innocente. E quel bambino triste ha riso DI ME, PER ME, CON ME! È il mistero più grande che un dio, se davvero esiste, potesse creare. TRASFORMARSI in un clown, VIVERE per un giorno come un bambino e CONDIVIDERE con lui parte della sua “infanzia”.
Complimenti a tutti coloro che si mettono in gioco, che hanno il coraggio di assumersi in modo semplice l’altruidolore e l’altruisofferenza…facendo brillare gli occhi di chi soffre, anche solo per un attimo…spero di avere la forza di farlo anch’io…
Ho preferito mettere “compito 6” tra virgolette perché non penso che si possa scrivere sull’argomento pensando ad un voto finale, ad un esame…
Per chi non fosse venuto martedì… mi dispiace, si è perso veramente un bel seminario. Posso consigliare di andare nella pagina condivisa del prof. http://www.google.com/reader/shared/05025714390186738945 a leggere gli innumerevoli riassunti della giornata. Per quanto mi riguarda ritengo i post molto esaurienti e pertanto non scriverò un altro riassunto sugli avvenimenti di martedì e mi limiterò ad esprimere le mie impressioni. Sono rimasto molto colpito dal lavoro che i ragazzi svolgono negli ospedali, quindi sono andato su Google ed ho cercato Clownterapia. Con il motore di ricerca ho trovato il sito ufficiale http://clownterapia.it. Non pensavo ci fosse così tanta gente che si preoccupa di tirare su il morale ai malati, sono rimasto veramente entusiasta dall’impegno e dal tempo che queste persone dedicano ad una così bella attività. Consiglio vivamente a tutti di visitaree il sito per vedere come lavorano queste stupende persone. Voglio citare una frase che ho trovato nella Home:“Le parole hanno il potere di distruggere o di risanare. Quando sono vere e gentili, possono cambiare il mondo” (Buddha). Come poi viene spiegato “Impegnamoci a praticare la gentilezza amorevole quando parliamo. Comunichiamo consapevolmente, trasmettendo buon umore e rallegrando lo spirito di ogni persona con cui veniamo a contatto”. Questa è un’ importante lezione per noi futuri medici affichè capiamo che il paziente è un essere umano e va trattato con gentilezza.
Purtroppo non c’ero al seminario di informatica. Dopo aver letto i vostri commenti e dopo essermi fatta raccontare tutto dai miei compagni, mi è dispiaciuto un sacco di essermi persa questo evento, anche perché ero a fare qualcosa di molto molto più noioso. Ma a voi non ve ne frega niente, quindi passo al mio commento sul seminario.
Nella mia vita, soprattutto da piccola, mi è capitato di passare lunghi periodi in ospedale, grazie al cielo mai per qualcosa di grave, solo che da piccola mi sono rotta più o meno tutte le ossa del corpo (mi chiamano la donna di ghiaccio), e quindi tra operazioni varie e ricoveri ho conosciuto molto bene la realtà ospedaliera da paziente.
Ad essere sincera ho un pessimo ricordo del comportamento della maggior parte dei medici. Un bambino in ospedale è terrorizzato, e di solito i medici non fanno molto per farlo sentire a suo agio. Arrivano, ti visitano dicendoti 2 paroline gentili all’inizio (grazie!) e poi se ne vanno dopo aver dato all’infermiera di turno una serie di istruzioni per il bambino incomprensibili. Devo dire che invece ho un ricordo migliore della categoria degli infermieri, che, nonostante l’enorme mole di lavoro, restavano sempre a fare due chiacchiere con me e con mia madre. Niente di speciale, solo un gesto gentile in un periodo di stress per entrambe.
Quanto avrei voluto incontrare i ragazzi di “M’illumino d’immenso”!!! A quei tempi il film “Patch Adams” (bellissimo, tra l’altro), non era ancora uscito, e il dottore-pagliaccio non era ancora famoso come adesso.
Ricordo l’esperienza del ricovero prima e dopo l’operazione al menisco destro come la più brutta. Ero in stanza con 3 anziani, che passavano le giornate a parlarmi della loro gioventù e a regalarmi caramelle. Avevo “già” 10 anni e il giorno in cui tornai a scuola fu uno dei giorni più belli della mia vita, perché l’esperienza in ospedale era stata terribilmente noiosa e avevo avuto tanta paura.
La mia non è l’opinione di una giovane studentessa di medicina idealista, anche perché ormai ho deciso che a settembre non sarò più studentessa di medicina, ma semplicemente l’opinione di una che gli ospedali li conosce bene e che è arrivata a disprezzarli. Il lavoro di un medico è guarire il paziente con tutti i mezzi a sua disposizione. Non dirò mai che la “cura morale” del paziente è più importante di quella fisica, perché secondo me sarebbe falso. Nessun comportamento gentile mi avrebbe guarito il menisco, ovviamente, e i medici che ho avuto hanno fatto il loro lavoro, anche se qualche acciacco è rimasto (avere 20 anni con le ossa di una sessantenne!)… Ma la paura del dolore e dell’anestesia non me la toglierà mai nessuno, perché nessuno mi ha mai sorretto nei momenti peggiori. Ci provava mia madre, certo, ma io avevo bisogno di un dottore che mi rassicurasse, che mi dicesse che potevo stare tranquilla, che mi sarei sicuramente risvegliata dall’anestesia… Ci credete che nessuno mi ha mai detto questo? Che mi hanno semplicemente addormentata senza dirmi nulla? Immaginate lo spavento con quella mascherina sul viso e la mente che cominciava ad annebbiarsi…
Per questo il lavoro dei ragazzi di “M’illumino d’immenso” è favoloso, perché i bambini più di tutti, ma anche gli adulti, hanno bisogno di un sorriso, di una distrazione, per poter dimenticare la paura. Certo, un medico ha 1000 preoccupazioni e pochissimo tempo, ma non c’è bisogno di passare delle ore al letto del malato. Basta una parola sincera, un sorriso, una pacca sulla spalla… Ci sono tanti modi per rassicurare qualcuno, anche una semplice stretta di mano. Quanto tempo serve a stringere una mano? 5 secondi? E cosa sono 5 secondi, se servono a dare pace a un bambino che sta male?
Beh, quando il prof ha scritto il primo post sul compito n° 6, sono andata a dare un’occhiata al blog di Elvira Berlingieri, che si occupa di diritto d’autore e proprietà intellettuale, tutela del software e diritto delle nuove tecnologie… mammamia!! ho pensato: chissà che barba, …ma insomma si deve andare…. Quando poi il prof ha cambiato il titolo del seminario in “I care” ho subito pensato al suo significato: “io ci sono, me ne assumo la responsabilità”, “voglio essere partecipe, voglio essere utile”…….ma che c’entra col seminario dell’Elvira?
E poi quel giorno nell’aula grande, quelle parole su Don Milani, un prete che insegnava agli altri come diventare dei veri esseri umani da un minuscolo paesino vicino a Vicchio, Barbiana….la sua “partecipazione empatica” (I care) nei confronti degli altri esseri umani. E poi parla Elvira e fa un sacco di discorsi su Medwiki, che è illegale condividere materiale didattico (criminali!)…e poi il colpo di scena, qualcuno le prende il microfono e inveisce contro questo modo assurdo di pensare (attimi di disappunto e panico: la Burchi interviene…..)
Ma ecco che entrano loro, i medici-clown, i Patch Adams di casa nostra, che danzano, suonano e scherzano: li riconosco, sono quelli di M’ILLUMINO D’IMMENSO: mio padre, che è medico al Meyer me ne aveva parlato. Sono un gruppo di studenti e medici che usano la cura del sorriso, la clownterapia: aiutano con il buonumore i piccoli pazienti e i loro familiari a vivere con serenità l’esperienza ospedaliera….e allora ho capito che lo spirito che li spinge sta tutto in questo darsi agli altri, nel mettere l’aspetto umano del rapporto col paziente alla stessa stregua dell’aspetto medico, e che anzi il medico saccente e distante (su un piedistallo) anche se competente non cura veramente l’individuo nella sua totalità. Sì, perchè il medico si deve…


Una parola del seminario continua a presentarsi nella mia mente…il CONTESTO!
Ebbene è proprio questo insieme di situazioni che circondano un particolare e più rilevante evento delle nostre vite che può fare la differenza. Per questo a noi futuri medici vengono presentati Progetti che hanno lo scopo di rendere migliore il difficile Contesto all’interno di una struttura ospedaliera! Al di là delle attività proposte l’importante è capire quanto l’approccio umano sia Fondamentale per un buon medico: prima di tutto conquistare la fiducia dei propri pazienti e delle loro famiglie. Parlo da persona molto diffidente: so quanto sia difficile riporre fiducia in qualcosa o in qualcuno, oggi che la parola chiave del nostro mondo è Egoismo, per questo posso immaginare quanto ancora più impegnativo sia riuscire a dare in mano a qualcun altro le sorti della propria salute o peggio della propria vita! Ma lo scopo non è Vincere le insicurezze del paziente…no!
Lo scopo è voler veramente aiutare qualcuno, fare il possibile per instaurare un rapporto sincero con i bisognosi, in modo da creare un contesto favorevole alla lotta della malattia.
I primi a doversi mettere in gioco non dovrebbero essere studenti-clown, bensì i dottori nei reparti…mettersi in gioco in modo diverso, ma pur sempre mettersi in gioco per i propri pazienti.Parlando di egoismo non si può trascurare l’altro tema discusso all’incontro: la Condivisione!
Purtroppo il problema del copy right è prevalentemente questo. Esistono due chiavi di lettura…quella dell’artista, dello scrittore, dello studioso, della casa editrice, ecc…e quella dei “consumatori” di cultura, di sapere, di attualità e di conoscenza.
Limitare l’approccio a determinate fonti se non pagando i diritti d’autore…sì, forse quei diritti sono lo “stipendio” di alcuni, di quelli che interpretano il problema con la prima chiave di lettura, ma ci potrebbe essere anche un diverso tipo di stipendio…non tangibile in tempistiche strette come il precedente…uno stipendio di tutti, uno stipendio per tutti! Ma non sto parlando di denaro.
Vale a dire la condivisione al fine di offrire più materiale possibile, dando il diritto a chiunque di studiarci sopra, come nel caso di noi studenti, per fare qualcosa di veramente utile a chiunque. Chi non può permettersi cifre da capogiro per comprare un libro, un programma sul pc, è destinato a reprimere la propria voglia di conoscenza, di studio, reprimere magari i propri sogni e le possibili espressioni di sé contro l’interesse di tutti!
I Dottori che tante volte ho incontrato, quelli con l’aria arrogante e con sguardo sprezzante verso i pazienti, anche se capaci di perfette diagnosi, hanno ormai, per fortuna, vita breve. A me purtroppo è spesso mancato l’approccio umano da parte del medico nelle mie esperienze in ospedale da bambino, eppure ne sentivo fortemente la necessità.
Ma la civiltà sta capendo, con grande disappunto della Medicina occidentale (civiltà non è sempre uguale a Occidente), che la prima terapia sul paziente è quella della cura umana ed empatica. Figuriamoci se aggeggi complicati come i nostri organismi non hanno in sé la soluzione a tutti i problemi. Forse il compito delle figure mediche è solo quello di stimolare l’organismo a difendersi. Di “cura” ed “empatia” si è parlato al seminario che il nostro ganzo prof ha tenuto martedì 8 aprile e che ha presentato la realtà della clownterapia di “M’illumino di immenso“. Questo è un progetto realizzato in collaborazione con la nostra università dall’associazione artistica Castellinaria: due “clown-dottori” accompagnano studenti di Medicina e delle Professioni Sanitarie nei reparti di pediatria e di neonatologia per renderli consapevoli del grande beneficio che si ha sulla salute quando si sta bene “con l’umore”. Una cosa che mi colpiva leggendo i resoconti delle splendide giornate ( forse sono loro ad averle rese splendide!) di “Nuvola e Formaggino” è il fatto che ogni bambino viene chiamato per nome, dandogli quindi un’identità non solo clinica, ma umana! Hanno proprio centrato il segno!
Ormai è ampiamente verificato “empiricamente” che “iniezioni di allegria”hanno implicazioni fondamentali nella cura delle patologie ma siccome gli scienziati pretendono sempre spiegazioni biochimiche a tutto, gli studi si stanno sviluppando, ed ecco un articolo molto interessante, su un sito altrettanto utile per chi ne vuole sapere di più sulla clownterapia.
Magari diventassimo tutti clown-dottori o semplicemente medici “empatici” che, come dice Umberto Veronesi nel suo ultimo libro, sanno “guarire con le carezze”. Abbiamo ancora molti anni per affinare queste capacità e, se vogliamo, per accrescere il nostro “know how… to care about others”!
Devo essere sincera nel dire che ho avuto serie difficoltà a svolgere questo compito…perché sono troppe le cose che mi passano in testa ripensando al seminario…tutte positive certamente, ma anche complesse…allora ho letto un po’ dei posts altrui,trovandone alcuni interessanti, altri meno condivisibili..
oggi il professore di istologia ha detto una cosa realissima “quelli che sono più capaci nella loro professione sono quelli che sanno molte cose che esulano da essa”.. svolgere una professione in modo completo credo sia realmente difficile…perché ci sono troppe variabili…il mondo è complesso e la nostra necessità di razionalizzazione è spesso vana…e allora c’è chi si rassicura con il “protocollo”, le poche regole che l’uomo trova e in cui cerca certezza e spesso la rintraccia, sono gli “uomini che non si voltano” di Montale, le “maschere” di Pirandello….poi ci sono le persone che non si soffermano a pensare ma semplicemente “vivono e non si guardano vivere”, che si godono la vita con leggerezza senza troppe paranoie….e poi ci sono infine persone come me, che possono rendersi conto che il mondo potrebbe non avere un senso, che provano la vertigine del vuoto ma che nonostante ciò non si accontentano della sicurezza ipocrita di tre regole…e allora perché non chiedersi se alla fine il vero significato delle cose consista nel tipo di viaggio piuttosto che nella meta??alla fine tutti dovranno morire ma non per questo affermiamo che il senso della vita risieda nella morte e tanto meno potremmo affermare che una vita vissuta pienamente, per quanto finita, si equivalga nella morte ad un’altra non ugualmente densa di significati ed esperienze…
la professione del medico è troppo complessa per esaurirsi negli esami e negli argomenti strettamente didattici..
Scriveva Gorge Bernard Shaw nel 1911: “ Sta di fatto che i medici in massa non sono più scientifici dei loro sarti: o, se preferite l’inverso, i loro sarti non sono meno scientifici di loro. Fare il medico è un’arte, non una scienza…Fare il dottore non è nemmeno l’arte di tenere la gente in salute: è l’arte di curare la malattia.”
Condivido pienamente questa affermazione; l’oggetto della scienza medica è l’uomo e l’uomo non è una macchina, la mente non è il corrispettivo del cervello…l’uomo ha la creatività, lo stupore, la capacità di soffrire e sorridere.. e tutto questo crea una perfetta unità con il corpo…sono sempre rimasta affascinata dalla psicosomatica, dal potere della mente e dalla relativa sottomissione del corpo.. documentandomi ho scoperto che non solo le malattie psicosomatiche esistono e che sono più frequenti di quanto chiunque possa pensare ma che sono soprattutto una cartina tornasole della realtà storica in cui si sviluppano…come non domandarsi dell’”epidemia” di paralisi femminile dell’800? Non è un fatto privo di importanza che questo comportamento si sia presentato in un tempo in cui le donne erano impedite nella loro sessualità, nei loro movimenti, nella loro espressione. Le tensioni di una vita repressa si manifestavano in forme di paralisi fisica o passività;la donna vittoriana, stereotipata al suo tempo come debole e passiva, spesso poteva comunicare con un mondo dominato da maschi potenti solo diventando “paralizzata”.
Una ventata di vita, finalemente qualcosa che fosse al difuori dagli schemi!!!
Ormai avevo perso la speranza che in quell’aula, da quel palco potesse accadere qualcosa in grado di farmi ridere, divertire e al tempo stesso riflettere. Credo che un vero medico debba, prima di tutto, prima di sapere a memoria milioni e milioni di ossicine, muscoli e paroloni, conoscere l'”uomo”, sapersi rapportare con esso. Dunque, quella che si dovrebbe respirare all’interno del cubo dovrebbe essere un’aria di solidarietà, e non un frenetico arrivismo !!!! Penso che l’iniziativa di “m’illumino d’ immenso” sia molto importante, in quanto non solo permette di donare un sorriso a persone malate ma soprattutto perchè è in grado di insegnare qualcosa che nessun libro può fare. Imparare ad entrare in contatto con l’animo delle persone stabilire un rapporto più profondo e personale che vada oltre la fredda analisi scientifica. Si dice che un sorriso allunghi la vita, io ci credo!

Il titolo del seminario era “I care” e già da qui, forse, potevamo immaginarci qualcosa..
Ma certo non tutto quello che è successo!!
L’inizio è stato “scolastico”, anche se, molto, molto interessante, di sicuro più di una lezione di biochimica o di istologia.
Il tema affrontato è un tema forte, Moravia ci ha scritto sopra un romanzo, non certo per spendersi in elogi o per glorificarla e io resto convinta che l’indifferenza sia uno dei mali peggiori..perchè fregarsene, di una persona, di una cosa, di un’idea, di un progetto non significa soltanto non amare, significa proprio che quella cosa, quella persona, quell’idea non è riuscita a lasciare dentro di te nessun segno del suo passaggio.
Ho cominciata a considerarla un male terribile già tempo fa, quando ho cominciato a muovere i primi passi in un mondo fatto di esperienze personali che hanno lasciato segni sulla mia pelle, ed ora la mia idea non può essere che rafforzata.
Credo davvero che lasciarsi scivolare le cose addosso sia una cosa tremenda, come spiegava il prof la parola I care non ha una traduzione precisa in italiano, si potrebbe definire come un interessamento empatico, di condivisione totale: riesco a far mie tutte le tue sensazioni, sia felici che infelici.
Il messaggio che quei ragazzi travestiti da pagliacci hanno portato oggi in aula secondo me è stato importante, prima di tutto perché hanno mostrato una cosa fondamentale, oltre al fatto che se si vuole davvero una cosa il modo per farla si trova, che amare è fondamentale.
Io penso che ogni lavoro richieda un amore iniziale: non si può durare fatica se non si ama almeno un po’ quello che si fa, ma credo che il lavoro che, si spera, andremo a fare noi un futuro richieda uno sforzo maggiore, cioè riuscire ad amare anche le persone a cui rivolgeremo le nostre cure, dedicandogli attenzione e impegno.
Camminare per careggi, facendosi portatori di questo messaggio, è stato bello e divertente ( soprattutto perché non si riusciva a coordinare il battito delle mani ).. e io penso che sarebbe veramente importante che ogni persona che si appresta a svolgere questo mestiere, cosi bello quanto impegnativo, riuscisse ad alleviare il peso di una malattia, di una sofferenza attraverso l’attenzione e, perché no, anche attraverso una risata.
Quindi un enorme evviva per chi ha il coraggio di improvvisarsi Patch adams per un po’!

Novembre 2005. Mio nonno è un po’ più giù del solito..ha avuto una brutta influenza che ha scombussolato il suo delicatissimo equilibrio…
Il medico di famiglia dice che non è necessario portarlo all’ospedale…
Il nonno insiste…vuole sentirsi più tranquillo, dice.
Si alza e come se fosse domenica si fa la doccia, si fa la barba e si prepara ad uscire. Da solo. Si sente indipendente, anche se non più di tanto in forma.
Lo saluto prima di andare a scuola. Non potevo immaginare che non l’avrei mai più trovato in casa la mattina, prima di uscire. E’ un po’ affannato, ma a volte l’ho visto peggio.
La mamma lo porta al Pronto Soccorso…
Nel frattempo le condizioni si sono aggravate…la considerazione data agli anziani lascia desiderare…c’è da attendere per il ricovero…
Finalmente qualche attenzione… nonno viene ricoverato e sistemato in un letto dell’ ospedale.
La mamma è fuori che aspetta…che esca la dottoressa che lo sta visitando…vuole darle un po’ di informazioni..spiegarle un po’ la situazione..dal suo punto di vista…dal punto di vista di chi da tempo si alza la notte per vedere se chi dorme nella stanza accanto ha il respiro affannato, di chi senza essere troppo insistente, con discrezione, controlla se il nonno beve abbastanza e se la sua diuresi è regolare..da chi, seppur senza nessuna competenza medica, per esperienza, si accorge tempestivamente se il nonno è in scompenso…
Si apre la porta..e forse assieme a lei qualche speranza…
La mamma si avvicina.. “ Scusi dottoressa…”
“Io e lei non abbiamo niente da dirci. Non adesso.”
Le condizioni si aggravano repentinamente. Di lì a pochi giorni il funerale.
Nonno non c’è più e la mamma resta con il rimorso di non essere riuscita a parlare con la dottoressa, con quella dottoressa e in quel momento.
…Risuonano nella mente ancora le parole: “Io e lei non abbiamo niente da dirci”.
Già il nome che è stato scelto, quello della breve quanto densa di significato poesia di Giuseppe Ungaretti, è di per sè indicativo, e mi fa subito pensare allo scopo dell’opera di queste persone: far illuminare con un grande sorriso il volto di tutti quei bambini che si trovano, purtroppo, in una stanza d’ospedale. Questo tipo di terapia, la clownterapia, fu ideata da Hunter “Patch” Adams, ed è una terapia olistica: considera il paziente nella sua complessità e totalità, poichè, oltre ad essere un caso clinico, è prima di tutto una persona, in questi casi addirittura un bambino, il quale ha bisogno di vivere serenamente un’esperienza che si può, purtroppo, verificare come quella dell’ospedale. Ha bisogno di sentirsi, per quanto possibile, a casa, sicuro, ed il lavoro di tutte queste persone è rivolto proprio in questa direzione. La loro attività presenta senza dubbio affinità con l’ “I Care” di Don Lorenzo Milani, di cui abbiamo parlato martedì: a loro “sta a cuore” la serenità dei piccoli degenti, sta a cuore questo progetto, che mi sembra portino avanti con grande determinazione, nonostante la terapia del sorriso incontri ancora qualche resistenza ad essere accettata, soprattutto da parte delle grandi case farmaceutiche.
Le zampette di gallina ai margini degli occhi, vengono alle persone anziane che spesso hanno sorriso!
Sorridere e divertirsi è uno slancio per fare ciò che si vuol fare: i ragazzi ieri, mi hanno ricordato che, gustando ciò che si studia e divertendosi a farlo, porta a vedere le cose più semplicemente.
Credo sia bello vedere un bimbo che improvvisamente sorride, anche se si trova nel dolore, e credo che il rapporto, che viene ad instaurarsi col clown, non sia uno qualunque (cioè un bambino vale l’altro), ma un legame intimo di gioia, che permette di avere un sorriso intimo per quella persona con quella storia.
Un volto, una persona, un essere sono qualcosa di unico… penso che sia imporatnte vivere e convivere insieme con questa prospettiva per trovare il gusto di un rapporto e l’amore per potersi sostenere a vicenda, anche se talvolta è molto duro.
Vorrei ringraziare i ragazzi, soprattutto perchè ieri hanno fatto conoscere questo progetto e con semplicità hanno detto…La vita é bella!
I clown mi hanno sempre affascinato… Da piccola, i miei mi portavano spesso al circo perchè ridevo proprio come una matta a vedere quegli strani soggetti con quelle grandi parrucche e il viso tutto truccato, con un grandissimo nasone rosso; mi sedevo sempre nei primi posti con il mio enorme zucchero filato o i miei enormi pops corn e ridevo dall’inizio alla fine… poi, da quando sono diventata adolescente, non sono più voluta andare al circo perchè mi sentivo “grande” e i clown non mi facevano più ridere… ma damartedì scorso ho cambiato di nuovo opinione: quando sono entrati i ragazzi vestiti da clown sono scoppiata a ridere, tanto che mi sono venute le lacrime dalle risate, ed in quel momento sono tornata per un attimo quella bambina di qualche tempo fa, che amava il circo… Allora, mentre guardavo il loro spettacolo, mi sono tornate in mente anche le parole che aveva pronunciato poco prima lei, prof, ” il medico non deve mai perdere le capacità di stupirsi”: io, invece, mi sa che un pò l’avevo persa quando “decisi” di essere troppo grande per il circo… ed invece, grazie a quel semplice spettacolino, ho capito che non si è mai troppo grandi per stupirsi, anzi è un modo per restare sempre bambini! quei ragazzi, che sono nostri compagni di studio, hanno saputo catturare tutti noi spettatori, un pò spaesati e stupiti da tutto ciò che stava accadendo in quell’aula universitaria dove passiamo la nostra mattinata tutti intenti a prendere appunti… e se sono riusciti a far ridere noi, figuriamoci cosa riescono a fare negli ospedali: alle persone che stanno male a volte basta un piccolo gesto per sorridere e per gustare le troppo poche cose belle che la vita riserva loro… insomma penso che anche il titolo del seminario non potesse essere più giusto: lei, prof, martedì si è veramente “preso cura” di noi: ci ha mostrato come all’università si potrebbero imparare molti concetti in modo nuovo; inoltre si è “preso cura” di noi perchè ci ha permesso di capire veramente quanto è importante sorridere e far sorridere gli altri, cosa che a volte ci dimentichiamo, tutti presi dai tempi frenetici delle nostre vite.
Grazie ancora per la bella esperienza e complimenti ai ragazzi del progetto “M’illumino d’Immenso”!
Martina Bianconi
Lezione memorabile !
Questo si che vuol dire saper fare dell educazione con metodi alternativi e molto soddisfacenti dal punto di vista della recezione per noi studenti!..
Il seminario ha offerto degli spunti di riflessioni eccezionali, spingendoci a capire più a fondo l avventura “professionale” che ci aspetta.
Innanzi tutto va cambiato il modo di pensare: per un medico è INDISPENSABILE passare dall ” I Cure ” all ” I Care “, ovvero è nessaria una medicina che non dice solamente ‘io ti curo’, ma che dice soprattutto: ‘io mi prendo cura di te’ !!
Il confine è sottile e spesso molti tendono ad equivocare le due cose. Voglio raccontare una mia esperienza.L anno scorso ero iscritta a Scienze Biologiche all interno del Polo di viale Morgagni.Era circa la metà di giugno quando Patch Adams arrivò come ospite all università per raccontare la sua esperienza di medico che impiega l arte del sorriso come tecnica di guarigione per i suoi pazienti. é normale che non si riesca a guarire una persona “semplicemente facendola ridere”, ma quanto è necessario per un paziente che deve affidare la propria vita nelle mani di uno sconosciuto, riuscire a mettersi a proprio agio e raccontarsi !! Penso che la freddezza di animo che molti attribuiscono a questa professione vada assolutamente debellata..per lasciar spazio ad un atteggiamento di disponibilità verso gli altri, offrendo una relazione di qualità basata sull’ ascolto non valutativo, fatto di comprensione nei confronti dei fabbisogni del prossimo. La frase che più mi è rimasta in mente durante il seminario è stata: “Più un medico sale su un piedistallo, più diventa piccino“! Beh penso che queste siano parole sante!.. Non è voler fare della retorica la mia, ma è un dato di fatto.
Si è vero, ognuno di noi è felice e orgoglioso di sè se raggiunge risultati soddisfacenti e tenta sempre di superare i propri limiti.. ma tutto ciò non deve allontanare dalla missione che sei chiamato a svolgere.. entrare nella mente e nel cuore di una persona e rivoluzionarla, aiutandola a eliminare le sue paure e a far di tutto per guarirla. Se uno si allontana, si eleva dalla massa e si vanta dei propri meriti, non fa altro che allontanare se stesso dal proprio paziente, che continuerà a guardarlo sempre con occhi diffidenti,con distacco,non riuscendo mai ad aprirsi completamente. Non bisogna mai pensare di “essere arrivati” nella vita, perchè proprio in quel momento ti può sconvolgere!! Questa è un concetto che ho imparato a mie spese e spero di poter continuare a perseguirlo sempre.
Quello proposto dal professore è un singolo evento (ce ne vorrebbero molti di più).. ma non basta, anche se è già un inizio, parteciparvi empaticamente, bisogna viverlo nel quotidiano .. e spero che un giorno se riuscirò ad indossare quel tanto sospirato camice riuscirò a farlo..
L’8 aprile è stata una mattinata davvero entusiasmante, che mi ha portato a fare i conti con me stessa. I ragazzi dell’organizzazione m’illumino d’immenso sono fantastici e mi hanno risvegliata da un sogno, ormai diventato quasi incubo. Grazie a loro mi sono ritrovata a pensare, a chiedermi perché ho intrapreso questa strada, perché voglio fare proprio il medico e non il panettiere, l’insegnante o magari l’astronauta?! C’è stato un periodo in cui quando mi chiedevano perché volevo fare il medico la mia risposta era immediata, decisa, non avevo alcun dubbio: voglio fare il medico per i sorrisi della gente. Credo che nulla al mondo riesca a riempirti più di un sorriso sincero, niente riesce a farti sentire così vivo come la risata di un bambino, una di quelle che sembrano partire dallo stomaco e che poi restano nell’aria. Ora vi chiederete perché se è così che la penso non ho fatto il comico, dato che il medico si può dire che venga incontrato solo se costretti e sotto tortura (sono la prima che ha una paura assurda del dentista!!!); bhè non so se riesco a spiegarmi ma credo che il medico è proprio questo che tenta di fare, ovvero cerca di riportare il sorriso dopo la sofferenza e lo fa curandoti o curando una persona a cui vuoi bene, lo fa rassicurandoti con la sua presenza. Magari vi sembrerò presuntuosa ma è proprio questo che voglio fare. Anche se l’anno passato (drammaticamente iscritta a biologia per non aver passato i test di ammissione) mi ha portato a perdere di vista il mio “perché”, è stato un anno in cui non ho fatto altro che ripetermi che medicina è una facoltà come un’altra, che è solo una professione e che non è detto che sia la mia strada. Poi a settembre la svolta, ho rifatto il test quasi con paura e con terrore ho scoperto di averlo passato. Terrore perché non mi ci identificavo più, non riuscivo più a trovare il mio “perché”, con il rischio di diventare uno di quei dottori che non chiedono mai al proprio paziente “come va?”, che non si presentano mai e che cercano in ogni modo di instaurare un certo distacco. Non è quello che voglio. Non è questo il mio sogno. Non è questo quello per cui ho “lottato” (perché per me è stata una battaglia anche solo riuscire a iscrivermi). Poi è arrivato l’8 aprile, ho visto quello che dei ragazzi come me sono in grado di fare, ho visto il loro entusiasmo, la loro grinta, il loro impegno, la loro passione. E ho deciso che voglio ritrovare la mia. Grazie ragazzi.
Ovviamente più di 200 parole…ops..
Devo dire che già aprire il blog mi è servito molto a ricordarmi cosa ero e cosa sono, poi la manifestazione davanti alla presidenza (e la foto su repubblica!) mi ha fatto tornare un pò dissidente… Con il seminario dei nostri colleghi medici di m’illumino d’immenso la patina opaca che mi aveva coperto si è praticamente dissolta…
Ho scoperto che c’è gente come me a cui piace ridere, scherzare, trovare il lato buffo anche in quella che deve essere la professione più seria perchè ti mette in mano la vita della gente… Proprio per questo forse uno la vita deve imparare ad apprezzarla, a godersela, a VIVERLA! Un medico che non impara a stabilire rapporti umani con chi ha di fronte non sarà mai in grado di guarire nessuno. Certo, potrà alleviare le sue sofferenze con medicinali, ma non avrà imparato nulla confrontandosi con il suo paziente e seguendo il sentimento umano più bello che è quello della COMPASSIONE, di prendersi carico delle sofferenze di chi ti stà accanto…
So di essere andato spesso e volentieri fuori tema, ma come dice il Romagnoli mi è venuto di fare un “fervorino”…
Grazie ai nostri colleghi pagliacci che ci hanno ricordato quanto una risata possa essere importante!
il finto funerale, e Satana (con la sciarpa bianca)

Poi il racconto dell’operato di Don Milani: il motto “I care” era scritto a grandi lettere sulla parete della sua scuola e questo da solo basterebbe a dire tutto sul suo impegno e la sua dedizione. Io non sono religiosa, ma non penso sia necessario esserlo per apprezzare certi valori. Infondo la necessità di condividere le nostre conoscenze, di stupirsi, di interrogarsi, di avere a cuore il prossimo sono valori che tutti possono comprendere.
Poi il gran finale! Mentre la Professoressa Berlingieri additava lo staf di Medwiki come “covo di criminali” (a proposito è stata divertentissima; secondo me ha un futuro di attrice!) arriva questo ragazzo che a gran voce comincia a ribattere e qualche secondo dopo fa irruzione nell’aula tutto il gruppo di clown che con una scenetta divertentissima ci presenta il progetto M’illumino d’immenso. Che bel modo di vivere questi anni di studio:non c’è solo il piegarsi sui libri, ma esistono per fortuna anche esperienze che ci danno l’opportunità, sin dai primi anni di formazione, di aiutare i malati (e guardate che riuscire a far sorridere dei bambini ricoverati in ospedale non è cosa da poco!). C’erano anche delle ragazze che non frequentano medicina sintomo che il progetto riesce a essere appassionante e coinvolgente anche per chi nella vita non vuole fare il dottore…
Che altro dire: grazie professore!!!
Eccomi qua a parlare del seminario “I care”, forse un pò in ritardo ma l’emozione del momento è rimasta lo stesso intatta. Devo dire che sono rimasto impressionato dall’entusiasmo e dalla spontaneità con cui i ragazzi di M’illumino d’immenso si mettono in gioco…deve essere davvero bello per un ragazzo malato essere colpito da una tale ondata di allegria e spensieratezza e poi, se sono riusciti a coinvolgere me nel ritmo della scena e nell’improvvisata manifestazione sono davvero bravi.
Non è cosa nuova, almeno per me, che fin da piccolo ho avuto varie occasioni di soggiornare in ospedale, vedere quest’ultimo come un luogo abbastanza triste e tutto uguale dove i medici sono troppo impegnati nelle diagnosi o rincorsi dal tempo e le infermiere troppo occupate a berciare contro i parenti di non intralciare il loro lavoro. Quante volte avrei preferito essere accolto da dei ragazzi come quelli del seminario invece che da macchine; sì perchè molte volte è così. Dopo anni di duro servizio il medico dimentica la necessità di creare quel rapporto emotivo che vada oltre la pura pratica lavorativa. Svolge così le stesse domande, indifferentemente dal paziente che visita e tralascia di ottenerne la fiducia (perchè secondo me questo è anche curare, apertura reciproca e scambio di idee). Prima dell’incontro di Martedì ero convinto di questo aspetto e adesso lo sono ancora di più…e questo grazie alla storia dell’omino dell’ape.
Quello che mi auguro per il futuro è di riuscire a rimanere fuori dal circolo vizioso “cultura=potere” e basare il mio lavoro sulle persone e non su me stesso perchè sia ben chiaro, chi pone la propria persona su di uno scalino sopraelevato rispetto agli altri e crede da lì di potere dispensare giudizi universali, sarà un pessimo medico o meglio maestro di cultura ma eterno apprendista in fatto di relazioni medico-paziente.
Mi spiego meglio:condividere significa mettere a disposizione degli altri le proprie risorse, il proprio sapere, il proprio lavoro….Solo così si riesce a crescere, solo così si può veramente capire cosa significhi andare avanti. Molto spesso forse ce ne dimentichiamo, molto spesso pensiamo a noi e niente più… ma bisogna sempre tener presente che tutto ciò che circonda ci interessa, ci riguarda da vicino, è un qualcosa di nostro…spesso ci dimentichiamo che noi possediamo uno strumento che fino a qualche decennio fa non esisteva:internet. Ultimamente internet viene presentato come luogo di perversione, come un mondo virtuale nmel quale si può solo truffare o essere truffati…sicuramente in tutto questo non c’è niente di sbagliato ma d’altra parte bisogna tener ben presente che internet non è solo questo, anzi è molto molto di più. Internet è il mezzo per eccellenza per condividere, per mettere in comunione qualcosa, per far comunicare tutto il mondo…non scordiamolcelo.
Concluderei ringraziando tantissimo tutti i ragazzi che ieri si sono presentati, il prof(arf) che ci ha dato la possibilità di uscire un pò dagli schemi facendoci capire che medicina non è solo libri, appunti, fotocopie, laboratori, etc ma è molto di più:medicina è il contatto con gli altri. Grazie, grazie e ancora grazie per avermi permesso di rispondere a una domanda che sempre più spesso mi stavo ponenedo “Ma io cosa ci faccio qui?”
Bene a sapersi, che esiste nella nostra università un’ organizzazione come “M’illumini d’immenso”, io li identifico tutti come medici del sorriso, anche se non tutti sono medici, ma per me lo sono e vanno presi come esempio.
Devo rivelarvi che ci sto pensando seriamente se unirmi a loro (magari tra qualche anno), chi mi conosce sa che anche a me piacerebbe partecipare, la mia famiglia sa anche che quando ero più piccola volevo fare medicina proprio per diventare un medico del sorriso (io li chiamo così ma non sono sicura che sia il nominativo adatto), mia mamma dice sempre che mi vedrebbe bene, io non lo so, sono un tipo abbastanza timido e questo alcune volte può diventare un problema.
Ma ora parliamo di loro, la compagnia “M’illumino d’immenso”, ragazzi come noi, studenti come noi, per di più studenti della nostra facoltà, che vivono con l’idea che donare un sorriso possa migliorare la vita, o almeno la giornata di qualcuno, soprattutto di chi più soffre, di chi ne ha più bisogno, di chi si sente più solo.
Questi ragazzi vogliono provare a migliorare la situazione di coloro che sono costretti a stare in un letto di ospedale per molto tempo, donandogli un sorriso ma anche uno stimolo ad andare avanti quando ormai tutto sembra perduto, a vivere giorno dopo giorno, solo grazie all’idea che un sorriso, un semplice gesto oltre che illuminarti il viso possa anche illuminarti di immenso il cuore. Però non è tutto rose e fiori purtroppo, spesso ricevono porte in faccia, no secchi, costretti ad andare via quando chiude l’orario di visite, perché chi è sano, chi sta bene non sempre riesce a mettersi nei panni di chi, invece, è costretto a rimanere solo, fermo immobile su di un letto.
Bisogna aggiungere, in oltre, che su 100 persone (malati stessi) che approvano il loro fare, attendono la loro visita perché si divertono, ci scherzano e altro, ci sono altri 100 che pensano <>. Purtroppo non si può aver tutto dalla vita e si deve accettare il bello e il brutto delle persone.
Un’altra cosa da ammirare di questi ragazzi è che devono riuscire a mantenere il sorriso, la voglia di scherzare davanti a tutti e tutto, anche ai malati più gravi, ai bambini più sofferenti e questo non è un lavoro semplice da fare, io non so se ci riuscirei.
Potrei fare un poema su quest’argomento, quando qualcosa ti punge sul vivo vorresti avere uno spazio illimitato e un lettore mai annoiato che legge quel che scrivi, ma per tutti il tempo scorre e le cose da fare sono tante, ma ci si deve sempre ricordare che sorridere a se stessi, al vicino, allo sconosciuto che ti è vicino fa bene, fa bene al cuore, alla salute, all’umore, può cambiarti la giornata, ma lo ammetto alcune volte quando le cose vanno male è proprio difficile sorridere, però si dovrebbe imparare a farlo.
Ricordate ” Chi sa sorridere, sa vivere” (mi sembra che sia una citazione di qualcuno, ma potrebbe anche essere di mio babbo, non lo so ma non è importante, ciò che conta è il significato).
Ma come fare a domare un’esperienza del genere? Come riuscirci quando ogni cambiamento del vento è emozionante? Questo post è la mia piccola sfida, vediamo se riesco a vincerla con voi, miei amici e lettori.Di poche cose sono certo nella vita, pochissime. Quattro, per l’esattezza:
1) Siamo tutti nati
2) Tutti moriremo e doneremo i nostri atomi ad altra vita, altri miracoli.
3) Tutti proviamo dolore.
4) Tutti ci adoperiamo per non provarne.
Vi starete dicendo: ” Belle parole, sei un filosofetto in gamba, ma cosa c’entra?”.
Vi racconto una storia. L’unica storia possibile. LA Storia.
Matteo ha un Problema. Un Problema che lo fa soffrire limitando la sua libertà di azione nel mondo.
Anche Marco ha un Problema.
Marco e Matteo sentono di non poter convivere col Problema, e decidono di tentare di risolverlo, indipendentemente l’uno dall’altro. Entrambi sono tutti concentrati nella propria tribolazione, camminano a testa bassa, concentrando tutte le loro energie nella risoluzione del Problema, senza mai alzare la testa, pensando ognuno per sé. Prima che se ne possano rendere conto, Marco e Matteo inciampano l’uno sull’altro. Adesso hanno due problemi: il dolore che già provavano, e quello che si sono procurati scontrandosi. I due, però, sono adesso costretti a guardarsi in faccia. accade una cosa inaspettata. Entrambi pensano: “Cosa accadrebbe se io gli proponessi di aiutarmi a risolvere il mio problema, aiutandolo in cambio a risolvere il suo?”. In men che non si dica, Marco e Matteo hanno formato un’unione solidale. Le conseguenze? Il dolore provocato dal loro scontro è svanito, e i loro Problemi adesso possono avvalersi dell’aiuto di un’altra persona. Non solo. Qui arriva il bello: Marco e Matteo incontrano Filippo, che ha un Problema. Immediatamente si rendono conto che adesso possono esercitare insieme una forza ancora maggiore per aiutare questa terza persona. Ecco che si aggiunge un terzo individuo all’unione solidale. Adesso queste tre persone possono affrontare un numero di problemi già MOLTO maggiore. Sono in tre: possono già esercitare forze interne molto intense, e cominciare a pensare che – in tre – si possono esercitare verso l’esterno azioni mirate ad aiutare non una sola persona, bensì due.
Insomma, avete già capito come va a finire la storia. Più il gruppo si ingrandisce, più la sua forza diventa travolgente. Ma c’è un aspetto da chiarire.
Detto molto brutalmente: quando ci troviamo nella merda e riusciamo ad uscirne, abbiamo tre opzioni:
1) Non rivelare a nessuno come abbiamo fatto —> solipsismo. Morte della società.
2) Rivelare a pochi eletti la soluzione —-> élite. Massoneria, classismo, società immobile ma viva.
3) Rendere “opensource” la nostra soluzione —-> Società Solidale. Proliferazione. Miracolo. Amore, convivenza. Il genere umano che si alza, guarda il sole dritto negli occhi e sceglie di essere più felice, di marciare unito verso un obbiettivo: non certo quello di vincere il dolore, i problemi, la conflittualità, ma almeno quello di immaginare e vivere un mondo in cui ognuno di noi possa beneficiare della “saggezza” e del senso pratico di tutti gli altri, vivere sorretto da una rete di rapporti solidali, e provare sommo piacere nel contribuire a questa rete.
Che il vostro modo di amare la vostra umanità sia condividere materiale su MedWiki, regalare una risata a chi soffre in corsia, dare la vita, offrire un caffè al vostro migliore amico, mettervi a nudo come fa questa bellissima anima , offrire ai propri amici sicurezza, una buona dose di stronzate giornaliere, lealtà come fa questo pazzo , vincere ogni malumore con la propria genuinità, come fanno questa tizia, quest’altra e quest’altra ancora, dimostrare tenacia, intelligenza e sensibilità come lei – in ogni caso c’è bisogno di voi. Io ho bisogno di voi, tutti ne abbiamo, tutti ne possiamo avere.
I Clown mi hanno colpito, e mi hanno fatto capire proprio questo. Io parto da qui: questa sarà la maglia incrollabile del mio Social Network, lo scheletro solido della mia fragilità di essere umano. Voi cosa ne dite? Vi unite a noi? Al Cubo siamo 200… Se Marco, Matteo e Filippo potevano già essere una squadra indistruttibile, imamagainate cosa potremmo essere noi, per i nostri amici, per i nostri figli (un giorno), e soprattutto, per i nostri futuri pazienti, che ci meritano al meglio delle nostre potenzialità di esseri umani.
Qui secondo me si gioca il futuro di questo meraviglioso genere umano.
Caro Prof, io ho capito questo.
Condivisione, partecipazione, stupore sono aspetti dell’ “I care” di don Milani, espressione dell’interesse verso gli altri, del sentirsi responsabili, condizione fondamentale per l’ascolto (se me ne frego di tutti, non ascolto di certo nessuno), quindi della conoscenza.
“I care”, oggi risuona poco volte nella vita della gente a ogni livelli, ognuno guarda al suo. Non è una critica, perché nessuno è migliore degli altri, ma una constatazione di quello che tutti viviamo.
“I care”, “stupore”, “condivisione” e altro venuto fuori quel giorno, fanno scaturire l’immagine di un medico diverso, forse semplicemente normale, umano. Un medico che rifiuta il piedistallo , parla col suo paziente, lo chiama per nome ,non si fa prendere dalla routine di un mestiere che forse è un po’ diverso. Di fronte alla persona malata conta più un saluto, un sorriso, una parola semplice . Bisogna richiamarsi a quell’umanità personale che tutti abbiamo ma che spesso nascondiamo.
Infine la dimostrazione di tutto, l’esperienza dei clown, momento di condivisione di un’esperienza accompagnato dallo stupore da cui potrà nascere partecipazione attiva. Chi meglio di loro potrebbe spiegare l’importanza del sorriso in ospedale. Chi studia l’aspetto scientifico della medicina completandolo con simili esperienze, probabilmente saprà un giorno fare il medico un po’ meglio. La medicina non cura tutto, forse mai lo farà, ma un briciolo di calore umano, di “I care” medico dà risultati sempre positivi perché cura la persona e non la malattia. Questo è un ricordo (mi pare) del film Patch Adams. Chi cura la malattia vince o perde ma chi cura la persona vince sempre.
Ho forse esagerato con le parole (un po’ tante) ma era forse necessario, almeno per me.
Probabilmente una certa parte nell’ evoluzione della filosofia e della scienza la ha avuta anche lo stupore di uomini che hanno avuto il coraggio di sondare terreni nuovi, perchè stupirsi è il contrario di quella chiusura mentale che blocca ogni cosa, la raffredda infatti, -‘ Stupirsi’delle cose è tenere sgranati gli occhi sul reale e vedere le cose come per la prima volta, nel miracolo del loro esserci e della loro forma – (Heidegger). Un continuo mettersi in gioco, vedere le cose note ma da punti di vista nuovi, è quindi fonte di conoscenza.
Non a caso i filosofi antichi stessi parlano dello stupore e della meraviglia trattando del sorgere della filosofia.
Platone, nel dialogo tra Teeteto e Socrate si richiama a questo stupore originario: “[Teeteto] – In verità, o Socrate, io sono straordinariamente meravigliato di quel che siano queste «apparenze»; e talora se mi fisso a guardarle, realmente, ho le vertigini. [Socrate] – Amico mio, non mi pare che Teodoro abbia giudicato male della tua natura. Ed è proprio del filosofo questo che tu provi, di essere pieno di meraviglia: né altro inizio ha il filosofare che questo: e chi disse che Iride fu generata da Tarmante, non sbagliò, mi sembra nella genealogia” (Platone).
Lo stupore apre quindi alla conoscenza schiudendo il desiderio di capire che nasce di fronte a ciò che ancora non si conosce. Precede la razionalità e la sostiene.
Anche la scienza, nella sua ricerca è sostenuta dallo stupore che permette l’avanzamento, il cambiamento, che sa cogliere gli aspetti nuovi della natura, Einstein diceva che chi non prova stupore è come se fosse cieco.
Dopo questo breve discorso, sicuramente superficiale mi piacerebbe introdurre, rapidamente un discorso sulla scuola. Se lo stupore è così importante come molla del desiderio di conoscere allora proprio nella scuola dovrebbe essere primariamente vissuto. Sinceramente, tranne qualche volta, a scuola non mi sono molto “stupito”. Si dà magari più importanza alla conoscenza, spesso solo superficiale di qualche nozione, piuttosto che far entrare nell’animo dei ragazzi l’attitudine allo stupore. Ma mi pongo di nuovo la stessa domanda, si può insegnare le persone a stupirsi?
Infine, volevo concludere con un ultimo elemento. Lo stupore è un tema comune a tanti aspetti dell’uomo, dalla filosofia alla scienza e anche alla religione. Quest’ultima suscita lo stupore dell’uomo di fronte alle sue domande perenni(un po’ come la filosofia ma in un modo molto diverso), lo sottrae da una vuota superstiziosità, da un banale cumulo di regole. “Chi si sottrae allo stupore dell’avvenimento, e all’attenzione, alla venerazione, alla curiosità rispettosa e umile che l’avvenimento istintivamente suscita, diventa schiavo di regole. Chi tenta di sottrarsi all’avvenimento si fa inevitabilmente schiavo di regole” (Luigi Giussani).

Stamattina in facoltà c’è stato il seminario di informatica!Temevo sarebbe stato molto noioso ma mi son davvero ricreduta: è stato davvero divertente e molto interessante…Il professore ha iniziato col parlare di Don Milani, ci ha spiegato l’espressione “I care” per poi parlare di condivisione, umiltà, rapporto medico-paziente…Su queste basi si è sviluppato il progetto medwiki in cui si condividono appunti, dispense utili ai fini dello studio. Poi la prof Berlingeri è intervenuta col dire che tutto era uno scandalo elencando vari decreti! ero un pò allibita dalle sue parole!Ma ecco che un ragazzo la interrompe e poi arrivano tanti clown…Una cosa meravigliosa…insolita! mi è venuto subito in mente il film di Patch Adams….I clown erano ragazzi che frequentano il corso di laurea in medicina . Ritengo che un bravo dottore debba mettere i pazienti a proprio agio; trasmettere loro vitalità ed ottimismo , cercando di far dimenticare i propri problemi e mettendo da parte la propria vita privata. Spesso un semplice sorriso vale più di una medicina!condivido pienamente le finalità dell’associazione:”m’illumino d’immenso”(associazione che cerca di sperimentare la musicoterapia e cerca di creare gioia nei reparti in cui si lavora)e appena ne avrò l’occasione penso proprio di entarne a far parte…
Che dire il seminario del Professor Formiconi si è rivelato a dir poco sorprendente… Di cose ce ne sarebbero fin troppe dadire e non credo neanche di essere troppo brava con le parole quindi non ho intenzione di dilungarmi, però una cosa lasciatemela dire: GRAZIE.
Un grazie di cuore al prof che a mio modesto parere martedì ha tenuto la lezione più bella dall’inizio dell’anno accademico (tralascio il liceo perché probabilmente potrei arrivare molto più indietro). Finalmente qualcuno ci ha parlato di cose realie che non siano esami e crediti, ci ha dimostrato che fare medicina non significa necessariamente non vivere e dedicarsi unicamente allo studio; certo è importante, ma se si vuole con un po’ di impegno si possono fare molte altre cose come ci hanno dimostrato i ragazzi dell’associazione m’illumino d’immenso. Quindi un sincero grazie sia al professore che a quei fantastici clown!
Ecco perché l’esperienza che ci è stata proposta sa anche trasmettere con grande forza una passione tutta particolare per lo studio che è stato intrapreso, ne fa intravedere un po’ la bellezza ma anche la difficoltà nel rapporto con le altre persone. Non è facile trattare con chi è malato.
Insomma il seminario mi ha fatto vedere l’importanza della centralità del malato. Forse studiare con tale elemento ben chiaro fin dall’inizio può essere un buon aiuto e una buona spinta.
Il seminario è iniziato con l’introduzione del prof. sulla vita di Don Milani e sul tema principale, ovvero “I care”, dopo la parola e passata alla Prof.ssa Berlingieri, esperta di copyright e di diritti d’autore. Nel bel mezzo del discorso della Prof.ssa Berlingieri, contro Medwiki …un ragazzo va alla cattedra e sbraitando le strappa il microfono di mano ho pensato…”questo è matto“… e che la situazione stesse degenerando! (ma in realtà era tutto preparato).

La loro è stata una bella lezione di vita….
( non so se una futura infermiera potra entrare a far parte del progetto “M’illumino d’immenso” ma se fosse cosi ne sarei veramente contenta perchè mi hanno toccato il cuore nel profondo ” touché “ )
Grazie di cuore al prof Formiconi che con questo seminario mi ha fatto conoscere il progetto “M’illimino d’ immenso”
Da qui è nata la mia necessità di aggiungere ancora qualche riflessione rigurdo al seminario..non che rinneghi ciò che ho scritto..ma mi rendo conto che quella è la parte complessa, che nasconde la genuinità della felicità che ho provato in quegli istanti,la forza che mi hanno trasmesso, la passione che hanno rafforzato…l’altro post non è altro che espressione della mia paura di un’insensatezza del mondo, di una trascendenza negativa…della mia necessità di razionalizzare la complessità del mondo o meglio di razionalizzare la presa di coscienza che il mondo è troppo complesso per essere capito…in questo senso ho motivato l’importanza di un sorriso, in un mondo in cui le regole dovrebbero essere troppe….
Ma se mi avessero dato un foglietto dopo il seminario non avrei scritto tutto quello…avrei scritto frasi piene di gioia e ammirazione, simpatia ed empatia..della necessità della condivisione, della forza che scaturisce dalla comunità…gli altri hanno un senso..perchè possono darti più di quanto ciascuno di noi possa credere..perchè danno forza, trasmettono coraggio, comunicano esperienze, condividono paure e gioie…la diversità è una ricchezza,la condiivisione necessità..necessità non per sopravvivere, ma per vivere felici….
Ci sono cose che singolarmente non hanno un senso…un organo non ha un senso se non inserito in un apparato così come una ruota se non connessa ad un auto… un insieme di persone è molto di più, e sottolineo, MOLTO DI PIU’, della sommatoria delle caratteristiche delle singole persone che lo costituiscono… dall’insieme si creà un’unità inscindibile dotata di una forza rivoluzionaria, travolgente, disarmante…
Non so se sia errato collegare il compito 6 al 5…ma io credo che ci sia una connessione…gli altri esistono anche per dare un senso a noi stessi, per prendere da piccoli conoscenza del limite tra noi ed il mondo per poi da grandi cercare di superare tale limite e conquistare la ricchezza della pluralità..gli altri sono il contesto rispetto al quale la nostra vita assume un senso, lo sfondo sul quale cerchiamo le nostre risposte..sono indispensabili come lo sfondo nero per un’immagine bianca…senza di loro ci confonderemmo nel tutto..e quindi nel nulla..
Un ringraziamento di cuore a tutte le persone che si donano agli altri…
Eppoi (ho la licenza poetica, posso scrivere come mi pare) non so quanto uno possa restare impassibile di fronte a certe situazioni: per dire, tempo fa ho avuto un incidente in macchina (mezzo ribaltato dal mi’ lato) e mi sono lacerato il dorso della mano, usciva sangue che non vi dico, eppure non mi impressionava poi più di tanto (ero molto + preoccupato per la macchina semisfasciata e per come sarei dovuto uscire). Sta di fatto che, dopo la meritata dose di “sei un coglione, hai fatto una cazzata disumana, da irresponsabile” , alcuni miei amici mi hanno detto che in quella situazione sarebbero svenuti o cosa e che ero davvero nato per fare il medico.
Mah, può anche darsi, però non saprei proprio cosa pensare se mi trovassi davanti dei casi clinici tremendi a persone già disperate di conto loro.
Per questo quello che hanno fatto e che fanno tuttora i ragazzi del progetto “M’illumino d’immenso” (sì, i Patch Adams dello spettacolo) è qualcosa da ammirare e da imitare: portare infatti il buonumore negli ospedali può essere apparentemente inutile, ma in realtà la cosa veramente inutile è stare a non fare niente, a non lasciarsi coinvolgere ogni tanto da una cosa così pura e speciale e nel complesso semplice e spontanea. Perchè le persone in difficoltà hanno bisogno di tutto l’aiuto possibile.
Io, che posso dire, ancora non mi sento prontissimo a partecipare direttamente a quest’iniziativa, ma se non altro quei ragazzi sono riusciti a farmi uscire da questo mia barriera di scetticismo, questo mio alone di aridità apatica (senti lì, senti lììì). E, conoscendomi, direi che non hanno fatto poco.
Ringrazio il professore per l’interesse e la passione con cui ci sta seguendo e l’intelligenza con cui ci offre spunti per crescere;
e soprattutto terrò a mente l’esempio che questi ragazzi martedì mattina ci hanno mostrato: delle persone che vivono, sentono e partecipano con empatia ai problemi di chi hanno di fronte. E’ proprio questo che voglio essere, non voglio studiare per sapere più degli altri, per curare il mio paziente e rimandarlo a casa il più presto possibile. Certamente mi sforzerò a curare non solo con le medicine ma con il mio coinvolgimento stesso ai problemi degli altri e la mia persona. Secondo me un dottore deve essere un sostegno, un punto di riferimento, un esempio e come hanno fatto i nostri “clown” deve anche saper far sorridere perché deve ricordare che la vita è bella sempre anche quando sembra averti tolto la possibilità di viverla. Un dottore del tipo “I care” guarda anche al contesto, a tutta la vita del paziente e lo visita nella sua particolarità, non solo come caso da ricondurre a una patologia da libro di testo perché così si arriverebbe ad escludere il malato, come è successo nella recita in aula, e si assisterebbe solo a un capriccio tra dottori e malattie.
CC è un’associazione no-profit nata negli U.S.A. che ha creato le Creative Commons Public Licenses (CCPL), che non sono altro che licenze di diritti d’autore completamente gratuite e a disposizione di tutti! Il funzionamento delle CCPL è reso possibile dal fatto che la legge italiana sul diritto d’autore – così come, in generale, le corrispondenti normative nazionali e internazionali – riconosce al creatore di un’opera dell’ingegno una serie di diritti; allo stesso tempo, la legge permette al titolare di tali diritti di disporne. Per esempio:
Io mi faccio un blog, ok? In cui metto 1 sacco di roba, poesie, canzoni e altre cose, proprio come facciamo noi a medicina…a questo punto posso decidere come regolarmi con le persone che lo visitano e possono usare il materiale; posso scegliere l’opzione “non opere derivate” che permette che la mia opera non venga modificata da nessuno. Oppure “non commerciale” e nessuno potrà usare la mia roba per fini commerciali; oppure che qualora si modifichi un’opera e la si ridistribuisca, la cosiddetta “opera derivata” debba essere ridistribuita sotto le medesime condizioni alle quali si è ricevuta l’opera originaria (opzione “Condividi allo stesso modo”).
Insomma chiediamoci perchè 1prof di Torino si è preso la briga di tradurre in italiano tutto ciò che riguarda la CC e di adattarlo al nostro sistema giuridico, creando questa gran figata!
potete informarvi anche voi su:http://www.creativecommons.it/cosa-fa-cc


Dopo il seminario “I care” ho pensato che forse sarebbe stato utile e produttivo leggere nuovamente “Lettera a una professoressa”. La prima volta che lessi questo scritto, quindi tre o quattro anni fa, rimasi profondamente colpita da quest’uomo…spinta anche dallo spirito rivoluzionario che caratterizza i quindici anni lo “classificai” come simbolo della lotta di classe. Ho pensato che sarebbe stato istruttivo rileggerlo ora, e confrontare le due mie interpretazioni.
Ma la frase che mi ha colpito, ora come tre o quattro anni fa, è sempre la stessa…
“…la scuola ha un problema solo: i ragazzi che perde. Voi dite di avere bocciato i cretini e gli svogliati. Allora sostenete che Dio fa nascere i cretini e gli svogliati nelle case dei poveri…” (da “Lettera a una professoressa”)
Penso. Cosa è per me Don Milani, ora?
Non ho cambiato molto idea…per me è sempre l’uomo rivoluzionario che è stato capace di lottare contro la cosiddetta “gente perbene”, contro la gente ricca e benestante, in nome di valori quali la cultura universale e il rispetto. Come si può infatti pensare che la cultura sia una prerogativa delle persone che possono pagarla? Come si può pensare che l’istruzione sia un qualcosa che non riguardi i contadini, gli operai, le persone a basso reddito? Certo, uno dice, sono cose che accadevano tanti anni fa, ora non è più così, non c’è più questo tipo di razzismo. Non esiste più questo tipo di razzismo??!! Allora perché ci sono ragazzi che devono andare a lavorare invece di studiare perché non si possono permettere di pagare le tasse e i libri? È questa la grande rivoluzione culturale cui siamo giunti? Wow! Che modernità!
Per non parlare del liceo! Si parla di scuola dell’obbligo e si propongono gite da 400euro in su, precludendo la possibilità di arricchirsi culturalmente e umanamente a molti ragazzi. E la situazione non migliora se guardiamo a tale problema dal punto di vista degli studenti…
Non viene in gita=non ha soldi=è un poveraccio!! Questo è il pensiero che ci passa nella testa, anche solo per un momento…è da stupidi negarlo! Che modernità che trasmettiamo! Che valori! Complimenti alla nostra società!
“…ho imparato che il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne insieme è politica. Sortirne da solo è avarizia” (da “Lettera a una professoressa”)
Lo scorso martedì, durante il seminario “I care” ho provato una sensazione stranissima e bellissima allo stesso tempo, qualcosa che raramente avevo percepito prima di quel momento…Quando ho visto entrare i ragazzi di “M’illumino d’ immenso”mi sono sentita letteralmente rapita dai loro volti, dalle loro espressioni. Durante quelle due ore non sono riuscita a distogliere lo sguardo dai loro occhi, ero come ipnotizzata e, senza accorgermene, mi sono ritrovata con un sorriso a 32 denti stampato in faccia…Avrei voluto passare tutto il giorno a osservarli, a scrutarli..Mi hanno fatto sentire come da bambina, non mi era più capitato di essere così totalmente coinvolta da una situazione, da un’atmosfera….Non saprei trovare le parole adatte per definire ciò che mi hanno trasmesso, anzi, dovrei dire ciò che mi hanno regalato….Posso dire soltanto che di fronte a loro, dei ragazzi di pochi anni più grandi di me, mi sono sentita piccolissima, minuscola, seduta sulla mia sedia, a guardare la loro passione, la loro dedizione, che traspariva sotto quelle parrucche, sotto quei vestiti colorati ed esageratamente grandi…Nutro per questi ragazzi un’ ammirazione sconfinata, gli auguro di continuare a portare un sorriso a chi è meno fortunato per i prossimi 1000 anni e riguardo al mio futuro, beh, spero di riuscire a fare qualcosa per gli altri, anche se non so ancora con quali mezzi o se ci riuscirò davvero fino in fondo…
Allora cosa c’era di diverso tra noi e il nostro professore? Non facevamo lezione in giardino, non ci rollavamo canne a vicenda, non facevamo dissertazioni da sala d’aspetto. Facevamo l’ora di Filosofia. Eppure tra classe e professore c’era ( e c’è) un rapporto che non è mai esistito con altri insegnanti, c’erano stima e rispetto reciproci, una vicendevole curiosità, una confidenza tanto intima quanto silenziosa e mai grossolana o fuori luogo. Tutto ciò nulla toglieva allo studio e all’impegno, anzi elevava la qualità generale e moltiplicava l’interesse per la materia.
Credo che un atteggiamento del genere possa valere tanto per la didattica quanto per la professione, in particolare parlando dei medici/clown.
Quando si sente la parola “alternativo” si pensa spesso a qualcosa di qualità inferiore, ad una scusa per trovare una scappatoia al metodo più difficile ma efficace, accademicamente ed universalmente riconosciuto.
Ma se la differenza tra “standard” e “alternativo” sta soltanto nella qualità di un rapporto umano, se un medico preparato ha voglia di mettersi in gioco e di vestirsi da clown per far sorridere i bambini in corsia, che male può fare? Perché non incoraggiarlo?
E’ chiaro che il primo dovere del medico è sapere ciò che fa e farlo bene. Deve curare la gente nel migliore dei modi, questo gli è tassativamente richiesto. Il resto è un di più, se lui è un robot senza sentimenti poco importa, se lo fa solo per soldi pazienza. L’efficienza è tutto ciò che gli serve.
Ma se c’è qualcuno che ha voglia di dare ancora un altro po’ di sé stesso, che non è ancora abbastanza stanco e disgustato dalla vita, che anzi spera ancora di migliorare anche solo un po’ la sua e quella degli altri, perché non incoraggiarlo?
Ben venga “Castellinaria”, andate avanti così, siete forti.
P.s. Io non ho seguito il corteo e nemmeno mi sento adatto ad essere ora né mai un clown di “Castellinaria”. Tuttavia tacciarmi di ipocrisia per questo sentito incoraggiamento sarebbe come minimo rigidità mentale
Con la scusa di dover fare questo compitino sono andata a cercare qualche informazione in più sulla clown terapia.
Insomma abbiamo bisogno sia di Patch Adams che del dottor House!
«Ridere è contagioso! Noi dobbiamo curare la persona, oltre alla malattia» (Patch Adams)
Intanto…una domanda: dico io, ma potevamo aspettarci un seminario classico, normale, al quale prendere appunti (c’è chi l’ha fatto, tra l’altro 😉 ) magari, organizzato dal mitico prof. di informatica?! Noooooooo…mi chiedo ancora come ho potuto crederci ^_^
Bando alle ciance, questo seminario mi è piaciuto TUTTO, dall’inizio alla fine, dalla premessa del prof. alla parata in gran stile per Careggi…indimenticabile!!
Intanto mi ha fatto piacere che sia stato rammentato Don Milani…purtroppo – pensiero molto di parte, lo so, ma d’altronde è il mio – noto una crescente e diffidente laicità tra i giovani, pieni di pregiudizi verso la Chiesa e la religione, spesso superficiali e infondati. Sono stata contenta, quindi, che si sia fatta luce su un personaggio – sì, proprio un prete – esemplare, dai pensieri stupendi e attuali, condivisibili anche da chi non crede. Non è bello vedere che un ragazzo di vent’anni non ha la minima idea di chi sia don Milani…ma la finisco qui. Concentrandomi sul motto “I care”, condivido appieno ciò che ha detto il prof. ; non è possibile vivere non curandosi di ciò che ci avviene intorno, delle persone vicine a noi, del ‘contesto’, soprattutto noi che, un giorno – speriamo – diverremo medici. Come è possibile studiare medicina senza sentirsi dentro quella voglia prorompente di aiutare gli altri, di guarirli mettendosi a loro completo servizio..? Come è possibile far prevalere l’orgoglio di blaterare termini aulici sull’umiltà di parlare semplicemente per mettere il paziente a proprio agio e capirlo?! Ecco, “I care” non è solo un motto da cattolici, ma per chiunque creda nell’amore per gli altri e per la vita.
Detto ciò…non posso non congratularmi con gli attori-pagliacci-medstudenti, e pure l’amica del prof., che si sono prestati alle divertenti scenette del dopo-premessa…con la loro allegria ed il loro ritmo sono riusciti a coinvolgerci tutti, entrando come un arcobaleno nella grigia aula del Cubo. Trovo stupendo come queste persone siano vive, creative, nonostante l’impegno ed il tempo che dedicano allo studio, e soprattutto come riescano a trasmettere tutto questo e a fare del bene agli altri così, GRATUITAMENTE. Mi ha molto colpito la vitalità di uno dei “capi”, Nuvola…dove riesce a trovare tutta questa forza un malato cronico come lui?! Ha sempre la battuta pronta, è simpatico, non sembra mai stanco…e io che a volte metto il muso per delle scemenze! Queste persone riescono davvero a farti capire quanto sia bella la vita, quano ci sia da fare, da inventare al mondo…aiutano a non perdere mai la speranza!
Infine, il “seminario” si è concluso con la processione per le vie di Careggi, idea originale e coinvolgente. Abbiamo sfilato quasi tutti noi studenti di medicina, con i clown in testa, tutti colorati, sotto un cielo plumbeo…che soddisfazione vedere medici e infermieri affacciati alla finestra e sorridere, magari sollevati per qualche secondo durante una giornata difficile…e poi…si fanno tanti bei discorsi ma alla fine ci si scontra sempre con l’autorità, le istituzioni o la burocrazia…lo dimostra la parte che ci siamo beccati dal rettore, alla quale ho assistito, purtroppo. Si è arrabbiato con una delle ragazze clown dicendo che quelle “non sono cose da fare, questo è un ospedale, la gente muore qua”…Io so che il rettore deve fare il rettore, ma non ci trovo niente di male a portare un po’ di colore ai malati e ai ricoverati…non abbiamo offeso nè disturbato nessuno; anzi, credo che nel nostro piccolo siamo comunque riusciti a trasmettere un po’ di gioia…io spero che non ci siano state gravi conseguenze anche per lei, prof., perchè mi dispiacerebbe davvero…
Concludo esprimendo tutta la mia ammirazione per chi prende parte al progetto “M’illumino d’immenso”, augurandomi di rimanere “viva” anche io negli anni avvenire…e ovviamente dico grazie, grazie e ancora grazie al prof., che ci ha dato questa opportunità e ci ha fatto uscire dagli schemi per un po’…I care!
Facile, quando si parla dei bambini del Circo, già…Esistono altre realtà.
Comicoterapia, si chiama così: fu inventata da Patch Adams, un medico americano che ebbe l’idea di sfruttare la comicità dei clown e l’effetto che questa poteva avere sui bambini per dare un sostegno morale ai piccoli pazienti degli ospedali. Proprio questo argomento ci ha portato davanti il nostro professore di Informatica, martedì, con un seminario aperto a tutti; un’esperienza unica, che mi rammarico di non aver potuto vivere in prima persona (esame di inglese, grrr… =_=), ma la cui descrizione, riportatami da alcuni compagni, mi ha colpito ed emozionato molto comunque, davvero.
Non dev’esser facile far ridere i bambini degli ospedali, coloro che, costretti dalla malattia, devono passare molti, se non gli ultimi giorni della loro vita fra le mura di una stanza, o sopra le lenzuola di un letto, coloro che colpiti dalla malattia non possono vivere e nutrirsi appieno della vita, dei loro desideri fanciulli e immacolati, della possibilità di sorridere, in preda alla gioia, tirando quattro calci ad un pallone, correndo su di un prato o guardando sognanti le nuvole, giganti; ecco cosa fanno i clown degli ospedali: cercano di portare loro questo sorriso, con una battuta, un gioco, una carezza, trasformando così per pochi minuti un luogo a loro amorfo in un sogno fanciullo realizzato, un temibile uomo con il camice bianco e una siringa in mano in un caro e raro amico, che ti fa sorridere e giocare, che ti confida i suoi segreti e che… ti porta il sole.
“Sono vivo… nonostante i medici!” questa frase, su di un cartello, apriva il corteo all’interno di Careggi, martedì; come a voler dire: “i farmaci non sono l’unica cura, non sono l’unica alternativa! Occorre fare di più, curare vuol dire anche ricordarsi che in ognuno di noi risiedono dei sentimenti, delle emozioni, uno spirito che, così come il corpo, va curato.”
“I medici devono curare le persone, non le malattie“, diceva Adams, percependo proprio l’importanza di quello spirito, di quel sorriso fanciullo che in ognuno di noi vive.
“vai ora arrivo a casa e c’è l’esercito, la finanza, la squadra mobile, il r.i.s. di Parma, Napolitano ecc” poi entrati i clown è stata una festa vera e prorpia. La scenetta è stata davvero forte ed essendo un grande estimatore di “Anche le formiche nel loro piccolo si incazzano” di Gino e Michele mi è molto piaciuto la frase”Nonostante l’impegno dei medici…..sono vivo!”.Personalmente credo che l’impegno ed il lavoro fatto dai partecipanti al progetto “m’illumino d’immenso” sia davvero eccezionale: allietare la degenza in ospedale soprattutto di bambini è un servizio che fa bene sia a chi lo fa che a chi lo riceve. L’idea di non presentarsi ai pazienti solamente come dottore- distributore di cure, ma anche come amico è davvero allettante e credo che prima o poi cederò alla tentazione.
“Seminario”.. richiama una dimensione conviviale. Il mio sogno rispetto alla scuola : un luogo di confronto dove la didattica, perseguendo lo scopo di valorizzare lo studente e di ottenerne il meglio, lo stimoli e solleciti ad un ruolo veramente attivo, ad essere, in una parola, se stesso.
“I care”: certo, anche se non amo gli slogan, di per se stessi riduttivi e un pò populisti, questa è veramente un’espressione che emana dall’umanità più genuina, che è interesse, coinvolgimento per tutto ciò che esiste . Ma questa tensione,io credo innata in ogni persona, corre sempre il rischio di venir soffocata dalle delusioni, dall’amarezze che finiscono a volte per sconvolgere le più ingenue speranze ed indurire, per difendere, i cuori più generosi.
Come conservare e nutrire la voglia di esprimere sempre, senza mai stancarsi, il nostro desiderio?
Forse con lo stupore, la meraviglia, la fame di conoscenza, l’amore. Lo dico con entusiasmo: volere è potere o, almeno, è credere di potere.
Dell’incontro, una cosa mi è rimasta particolarmente impressa, una considerazione che il professore ha fatto richiamando il miracolo dei pani e dei pesci di Gesù: la quotidianeità è quel miracolo. Ogni giorno partecipiamo al miracolo che viene dalla condivisione con gli altri, e che è l’arricchimento della nostra esistenza.
é stata come “un’intermittenza del cuore”, un’epifania: io lo sapevo che sono amata e che posso amare, ma non sempre me ne ero accorta.
sono rimasta molto felice nel sentire le parole giuste che
tanti giovani e futuri medici hanno pronunciato a favore
della terapia del sorriso e della umiltà che è la prima dote che deve accompagnare sempre i bravi , i veri medici
coraggio, Vi auguro la realizzazione nella Vs. professione
abbiamo bisogno di persone come Voi, continuate così siete
sulla giusta via!!!! PATRIZIA infermiera in pensione