Frammenti del seminario I Care

Qui ho fatto un collage di frammenti del seminario I Care.

Materiale di fortuna ed eterogeneo che tuttavia dovrebbe consentire a chi non ha potuto assistere di avere un’dea di quello che è successo al seminario.

Brogliaccio

Questo è il brogliaccio originale del seminario

Audio

L’audio del seminario è quasi integrale, l’ho un po’ ridotto di dimensioni perché era un po’ troppo lungo. Ho cercato naturalmente di rispettare il messaggio fondamentale. L’ho inoltre ripulito dai brani inutili, rumori, interruzione per il cellulare che squilla.

Il pezzo musicale iniziale è tratto dal CD Tacchi & Spillo di Felice Pantone, Beppe Finello e Massimo Lupotti. Felice Pantone è uno straordinario artista di strada, famoso in tutto il mondo per essere uno straordinario suonatore di sega, sì, proprio una sega da falegname suonata come fosse uno strumento ad arco!

Il brano finale è Freedom, suonato da Richie Havens a Woodstock nel 1969.

Video dell’irruzione dei clown

Compensa la parte ovviamente meno intelligibile dell’audio. È una ripresa piuttosto ballerina, fatta in una situazione di notevole caos. Grazie a Francesca che si è cimentata. Una volta tolte le sequenze occasionalmente poco centrate su azioni o figure, rende forse abbastanza bene l’idea dell’atmosfera …

13 giugno 2013: mi fa effetto rivedere questo video, questi ragazzi che conosco così bene, sono quasi tutti diventati medici ora…

Slideshow

Chiunque può contribuire ulteriormente a questo slideshow …

13 giugno 2013: questo non lo trovo più…

Impressioni degli studenti

E questa è la parte più importante: la raccolta dei messaggi degli studenti a partire dai più immediati, scritti a caldo, fino a quelli più recenti.

I CARE

vuole 200 parole prof?
via..no, almeno in questa occasione no..

grazie per l’opportunità!
tante sensazioni su questa mattinata fuori dall’ordinario..

STUPORE – beh si..non ero pronta a qualcosa di innovativo, forse mi aspettavo la solita conferenza…e uscire dalla scontatezza è sempre qualcosa di bello, che dà energia! una boccata d’ossigeno ricevere la testimonianza di un’esperienza diversa, di come si possa integrare i nostri studi con qualcosa di più.

sentirmi CARICA – Non posso arrendermi a credere che questa facoltà mi indurrà a chiudere le ali e non volare più; ho troppa energia dentro perchè questo accada..ho fatto questa scelta non per imparare a riparare delle macchine, ma perchè sono convinta che l’uomo non sia una macchina e che la medicina possa insegnarmi tanto sull’uomo e sull’Umanità, sul valore della vita e su quello della morte. Stamattina tutto il mio entusiasmo ha fatto di nuovo capolino…mi ha parlato di strade da percorrere in modo nuovo, di stimoli da ricercare sempre, di interessi da coltivare. Ma…

ANSIA – quale la strada? in cosa devo spendermi? ho il bisogno di un obiettivo. Bisogno di combattere per qualcosa, della mia battaglia in cui spendere tutte le energie che sento di possedere.. mi hanno detto: vivi il tempo dell’attesa. Ma attendere è quanto di più difficile si possa chiedere ad una vita.

INCONTRO – al di là di tutto, come sempre, a tessere la trama sta l’incontro con le persone..che fa scoppiare il cuore da quanto è bello. difficile spiegare l’entusiasmo che sento a leggere qualcosa oltre i volti, ad intuire un frammento di vissuto…meravigliosi meccanismi della vita.

I CARE.
Cosa aggiungere a questo? Forse niente è necessario dire di più.
E’ la mia regola e la mia necessità. La mia croce e la mia delizia.
Ma ne vado fiera.

via I’m not Superman by NotSuperman on 4/10/08

E’ una delle mie più grandi paure, quella di rimanere, semmai anche inconsciamente, ingabbiata in regole, siano esse imposte dal luogo dove oggi studio, e dove spero un domani di lavorare, siano esse frutto di retaggi mentali, condizionati dalla paura dell’esclusione e dall’omologazione.

Avere stamani la prova tangibile che scavalcare i recinti di silenzio e perbenismo è una possibilità reale, ha avuto su di me un effetto rigenerante; il seminario di oggi è stata una di quelle iniezioni di fiducia memorabili:
fiducia nel percorso che ho intrapreso, fiducia nel mio giovane entusiasmo, fiducia in persone incredibili, che hanno il coraggio di tirare fuori le palle,smascherare tutta quest’aurea di sacralità che aleggia sulla medicina e uscire fuori da tutto questo protocollo accademico, da tutta l’aria pesante (metaforicamente e non..!) dell’università.
Ammetto che anch’io purtroppo ogni tanto incespico in automatismi senza nemmeno accorgermene, ma bastano giornate come oggi a farmi rialzare un attimo la testa. Adagiarsi è nocivo, adagiarsi a 20 anni, un peccato mortale, perchè come si diceva, è nello stupore che si ritrova quel “quid” che fa da spartiacque fra lo svolgere una professione e l’empatizzare con una persona.
Perchè io un giorno, che oggi appare un’ologramma, ma forse tanto lontano non è, avrò di fronte qualcuno che in me riporrà piena speranza, ed io non arriverò a quel giorno inaridita da tutti i rospi che avrò ingoiato, da tutti gli autografi dei baroni della medicina sul mio libretto, schiacciata da un sistema che fa della mia remissione la sua riuscita.
Perchè se mi aspetto fiducia da coloro che aiuterò, è necessario prima di tutto che io stessa riponga fiducia in coloro che mi accompagneranno in questi 6 anni.
Con ciò mi riferisco sì, ai miei futuri insegnanti, ma soprattutto a tutta la gente che incontrerò fuori da quelle aule e dalla mia stanza, a tutti coloro che entreranno nella mia vita e mi regaleranno qualcosa, a tutti gli amici cui “ruberò” sapere e modi di fare, perchè per l’ammirazione ed il conseguente tentativo di miglioramento non c’è copyright, giusto?!
Voglio continuare sulla strada della coscienza, delle scelte difficili e affrontare il mio studio e la mia vita con la stessa dedizione ed energia che ho visto in questi ragazzi.
Al di là di tutto quello che mi indispone, di tutte le tipine con le scarpine e la borsetta in tinta, di chi non ha l’umiltà o il buon senso di tacere per una volta, di quelli che mi giudicano senza che io apra bocca, io seguo la mia strada: chi è amico di tutti non è amico di nessuno, ed io preferisco continuare ad avere una vita in salita, costellata da incazzature ma vera e coerente, piuttosto che abbassare la testa e seguire il gregge.
L’I care lo si conosce negli occhi di un amico in difficoltà, di un padre che un giorno scopri essere umano; lo scopro quando sto male e qualcuno sorride solo per me, quando vacillo ed un amico si prende la briga di rimettermi in carreggiata.
Io, per fortuna, credo a tutto ciò e tutte le fregature che prenderò, perchè sono una stramaledetta ingenua, e ne prenderò tante, non basteranno a spegnere questo piccolo grande amore per la medicina e per la vita.

(Non so se c’era un limite di parole, ma ho come l’impressione che anche se ci fosse, io l’abbia ampiamente superato..Io scrivo di pancia, le parole, oggi, non potevo contarle!)
via niente ostacoli, solo orizzonti by Rospetto on 4/6/08
In cammino sono gli uomini della domanda.
Alla soglia del mistero arrivano gli uomini dell’interrogazione.Quando il prof d’informatica è entrato in aula ho pensato :”questo è un pazzo” e siccome sono convinta che chi è pazzo ha in sè del geniale confermo l’affermazione. C’è una canzone famosa dei the ark che dice: “bisogna essere pazzi per rimanere sani”. Credo sia vero, sana follia aiuta l’uomo a non perdersi. Follia, pazia e creatività si danno la mano da sempre. Ciò che più mi ha colpito è stato il modo in cui ci parlava. Non da”professore” in senso stretto, della serie “sono io che sto in cattedra e ho il coltello dalla parte del manico” ma con lo sguardo appassionato di chi si aspetta di essere travolto da un’ondata di giovinezza, dall’entusiasmo che ci caratterizza, dalla speranza creativa di un sogno di collaborazione. La citazione di Don Milani mi è tornata in mente leggendo il titolo del seminario: I care. Mi interessa. Don Milani la usava come provocazione al motto fascista del “me ne frego” ma non credo che sia semplicemente un motto, era una sfida. Una sfida lanciata da un paesino minuscolo sperso nel mugello: Barbiana.
Non so se qualcuno di voi c’è mai stato. E’ proprio sopra casa mia, immersa in un bosco, in cima ad un monte. Non vi aspettate granchè. C’è la chiesa, il cimitero e poco più, una piccola piscina ed un albero da datteri fantastico. Tempo fa lessi “lettera ad una professoressa”. Ero arrabbiata con i miei professori perchè mi sentivo poco stimolata, mi sembrava che ci volessero tutti uguali, diligenti al programma e ai libri di testo. Mio padre mi disse di leggere questo libro. Non avevo molta fiducia nella scelta. Pensavo: ” un prete cosa mai potrà dirmi di così interessante”…
La sfida e la speranza sono la chiave dell’esistenza. Mi interesso al mondo, sono parte del mondo. Non solo mi interesso a ciò che mi circonda ma anche mi appassiono a ciò che ho vicino. E’ facile dare la colpa di un cattivo insegnamento al professore. Abbiamo una responsabilità grossa tra le mani, la responsabilità di interessarci e appassionarci. Non importa se chi deve trasmetterci passione non lo fa. La possiamo trovare noi, la dobbiamo cercare. Siamo una generazione abituata a pretendere in tempi molto rapidi i frutti, diciamolo, abituati a durare poca fatica. Ecco la sfida, cercare di durare fatica per formare il nostro modo di essere domani, per formare cittadini e uomini responsabili e coscienti. Il futuro è davvero in mano nostra e dobbiamo lottare per volerlo migliore, lotta che passa dalla conoscenza dell’altro e dall’appassionarsi ed interessarsi al mondo di cui siamo parte. Giorgio La Pira ripeteva sempre “spes comtra spem”, sperare contro ogni speranza, Don Milani viveva tutto questo benchè esiliato tra i monti.

via Meditazione di benevolenza by cris on 4/8/08
Beh, che dire? Il prof ci ha davvero stupito stamani! E piacevolmente! Anche perchè oggi era una di quelle giornate grige e cupe, quelle in cui sei stanco e ti sfugge il perchè di quello che stai facendo. Ti senti come con un velo davanti, ti svegli alle 6.30 prendi due autobus e vai a lezione a sentire per la milionesima volta il significato di “anfipatico”(Eri stava per vomitare!) sentendoti estraneo a tutto quello che fai. Poi, ad un tratto, m’illumino d’immenso, nel vero senso della parola. Il velo è scomparso e grazie a quei ragazzi è tornato almeno a me chiaro il perchè sono qui e faccio quello che faccio, hanno spezzato la nostra triste giornata facendoci ridere e ricordandoci che per le persone, in particolare come medici, possiamo fare molto di più del fare una diagnosi. Curare il malato, non la malattia. So fin troppo bene cosa vuol dire stare dalla parte del malato e so che una parola in più o un gesto amichevole possono fare la differenza. Mi ha colpito molto il discorso sul sacrificio, tutto costa fatica ma ne vale la pena, è un’esperienza che credo possa dare tanto! Un grazie particolare a due persone: a Sandro che ci fa sempre ridere ed è ogni volta pronto ad accoglierti con un abbraccio e a Laurina dai mille impegni che è il mio esempio perchè mi ricorda che non sono i voti degli esami a fare un buon medico ma l’umanità. Grazie ragazzi e grazie prof, ne avevamo bisogno!!!

ciao ragazzi, inizio dicendo che il seminario di stamattina credo sia stato a dire poco spettacolare.. idea veramente bella quella di portare un pò di spirito e allegria negli ospedali… vedere dei ragazzi così impegnati mi ha fatto venire voglia di partecipare e di trasmettere agli altri qualcosa.. la cosa che mi ha veramente fatto piacere è che x fortuna c’è ancora qualcuno che SA E HA VOGLIA DI RIDERE!!! sembra una stupidaggine, ridere, una cosa da bambini e invece credo sia una delle cose più belle che esistono… un sorriso (almeno x me) ti illumina la giornata, ti fa apparire tutto più semplice, ti rende felice, ti fa capire che non sei solo… ma ciò che è ancora più bello è il riuscire a far ridere qualcuno, non una risata x prendere in giro, una risata vera, sentita, spontanea… queste sono le piccole cose che ti fanno stare bene, che tutti dovrebbero ricordare e soprattutto che dovrebbero conoscere… e poi che dire ancora, le cose sarebbero davvero tante.. x adesso vi lascio con questo mezzo sfogo (se così posso definirlo!!)e vi dico anche che, come ci hanno dimostrato oggi, non si vive di solo studio teorico!!!!
Stamattina si è tenuto nell’aula grande del cubo il seminario “I care”, al termine del quale il Prof ci ha detto di fare quest compito..Beh, io non lo definirei affatto un compito, quanto un piacevole modo di farci raccontare a chi non ha partecipato oggi che cosa è accaduto..
Il seminario è cominciato normalmente con un’introduzione del Prof sul tema principale,ovvero “I care”, quindi la parola è stata data alla Prof.ssa Berlingieri, un’ esperta dei diritti d’autore e di quant’altro riguardi il copyright.
E qui hanno iniziato ad accadere strani fatti.. Infatti nel bel mezzo di una tirata retorica
, quasi una filippica,da parte della Prof.ssa Berlingieri, contro Medwiki e quant’altro un ragazzo si è alzato e ha preso in mano il microfono… Ragazzi,panicoooo!!Sembrava stesse per iniziare un vero e proprio acceso dibattito, o forse peggio..Il nostro giovane collega dava l’aria di essere davvero infervorato e la Prof.ssa sembrava destinata a soccombere..Addirittura una nostra compagna si è gettata in mezzo alla disputa per difendere la povera donna(con rispetto parlando)!!!
Ecco che allora tutto un gran caos!!Medici-pagliacci, o pagliacci-medici, si sono fiondati nell’aula grande ed hanno iniziato a fare una sorta di danza tribale
lanciando volantini fra noi attoniti studentelli del primo anno…Ecco svelato l’arcano!!!E bravi i nostri teatranti, ci eravamo proprio cascati!!Riusciamo a capire tutto anche noi finalmente!!I medici-pagliacci non sono altro che i componenti di “Castellinaria”, una compagnia nata circa dieci anni fa col principale scopo di far sorridere chi non ha molti motivi per farlo..
Hanno parlato alcuni studenti di Medicina ed anche altri elementi dell’associazione che, pur non essendo futuri medici, partecipano attivamente al progetto che a molti di noi ha ricordato il famoso film di Robin Williams, “Patch Adams”.
Che dire??Personalmente ho provato una grande emozione nel vedere ragazzi poco più grandi di noi rappresentare egregiamente il titolo stesso del seminario:”I care”!!Penso che quello che hanno detto e quello che fanno ogni giorno sia una cosa rara che appaga l’animo più di qualunque media alta scritta sul libretto..Dare un sorriso, donare momenti di gioia laddove sembra non possa più esserci..Questo un medico non deve dimenticarlo mai, deve ricordare sempre che lavora a contatto dei pazienti e soprattutto per i pazienti, persone come tutti gli altri e non solo casi clinici..
Questo seminario così inatteso si è concluso con una processione, all’interno di Careggi,guidata dai promotori del progetto “M’illumino d’immenso” e molti di noi studenti, recanti uno strano messaggio per buoni intenditori: “Nonostante lo sforzo dei medici..Sono ancora vivo”!!!
Penso proprio di aver capito il significato dell’espressione “I care”, spero solo di ricordarlo nel corso dei miei lunghi studi e soprattutto nel corso della mia futura carriera..
Sono sincero: non ero molto entusiasta di rimanere al “seminario” organizzato per il corso di informatica questa mattina… ero convinto che sarebbe stata una conferenza noiosa, tutt’altro che interessante e stimolante… anche perché io non mi intendo molto di computer (lo sapete) e pensavo che mi sarei sentito come un pesce fuor d’acqua…
Fortunatamente mi sono dovuto ricredere: la “conferenza” mi ha davvero STUPITO!!!
Una gran bella lezione di vita!!! Ci vorrebbero più lezioni così…
Sono rimasto colpito molto positivamente da come è stato presentato il personaggio di Don Milani, un uomo cha ha lottato tutta la vita per sradicare dagli animi umani la mala pianta della miseria e dell’ignoranza, la madre di tutte le guerre (a mio parere!).. soprattutto mi è piaciuto il voler andare oltre gli schieramenti di comodo, le ideologie standard, quelle etichette che la società odierna si sforza di imporci ad ogni costo.. mi sono subito tornate in mente le parole di un saggio, lo scrittore Tiziano Terzani (nei confronti del quale ho quasi una venerazione, come avrà capito chi ha letto il mio blog) :
In fondo trovo difficile questo definirmi. Sono arrivato alla mia età senza mai aver voluto appartenere a nulla, non a una chiesa, non a una religione: non ho avuto la tessera di nessun partito, non mi sono mai iscritto a nessuna associazione… qualunque organizzazione mi sta stretta. Ho bisogno di sentirmi libero
Io sono fermamente convinto che la bussola decisiva per questo viaggio chiamato vita sia lo
spirito critico… “il dubbio è il fondo della nostra cultura. Voler togliere il dubbio dalle nostre teste è come voler togliere l’aria ai nostri polmoni”.
E credo anche che per noi futuri medici (e in generale per ogni uomo) il sapere non sia semplicemente un bagaglio di conoscenze enciclopediche sterili, che uno si forma con uno studio “matto e disperatissimo” avulso completamente dalla realtà vera, dalla vita concreta… credo al contrario che il sapere si costruisca a poco a poco, con pazienza e fatica, se si riesce ad andare oltre all’apparenza, oltre alla superficie delle cose e ci si preoccupa del “nocciolo”, della sostanza, se si i ricerca insomma il cuore delle cose, in ogni ambito e in ogni momento della nostra esistenza… come??! Leggendo, studiando, analizzando, ponendosi domande, provando stupore, mettendo in dubbio tutto ciò che proviene dall’esterno, prima di farlo nostro, come qualcosa di preconfezionato, da accogliere acriticamente e passivamente “a scatola chiusa”.
… Ma soprattutto condividendo, collaborando, mettendo al servizio degli altri se stessi
Mi piace concludere queste mie impressioni “a caldo”, dettate dall’emozione del momento, con le parole che Mario Capanna rivolge al figlio(nella Lettera a mio figlio sul sessantotto):
Sottoponi a verifica tutto ciò che vieni a conoscere. Tutto. Anche il concetto che afferma la necessità di verificare ogni conoscenza
via Piga by Piga on 4/8/08
Scrivo a caldo, perché quel caldo che avete creato in me durante l’incontro di oggi è raro e imperdibile. Una verità che non dimentico la sentii dire proprio da un prete che conosceva Don Milani, quest’uomo sosteneva che un profeta è una persona che prima di tutto ha piena coscienza del presente poi ha sguardo lungimirante ed è capace così di intuire la via giusta. Proprio l’attenzione per il presente e la disposizione d’animo di chi dice “mi interessa” “mi sta a cuore” è quello che serve dentro di noi per cogliere il futuro da aprire. Questa puntuale attenzione e questo sguardo fermo e profondo ho trovato in voi. Io considero questo progetto, che parte dall’informatica e arriva a toccare la vita, come frutto della mente di profeti divertenti del nostro tempo (con i loro abbagli e le dovute imperfezioni). Grazie a questa atmosfera che avete creato attorno a noi studenti forse ci siamo sentiti profeti come voi, forse custodiamo una scintilla di interesse e di diversità che ci donate. Spero vivamente di custodire tutto questo e di condividere tutto, senza arroccamenti di nessun tipo, perché la soddisfazione sta proprio nel fatto di crescere con gli altri.
via Ghost busters by Lory on 4/8/08
Chi se lo sarebbe mai aspettato…proprio lei prof che parlava di stupirsi di fronte a tutto…ebbene penso che sia riuscito a stupire tutti…comunque ciò che mi ha veramente colpito sono stati i clown…persone che con semplicità e ironia sanno far ridere persone che tutti i giorni sono obbligate a vedere solo un letto, una finestra, un loro caro e un infermiere…mi è subito venuto in mente un bellissimo film di Robin Williams intitolato Patch Adams…lo consiglio a chiunque!!! E’ fantastico vedere il cuore di una persona “in condivisione” con chi ha meno…senza remunerazione, senza loschi scopi ma solo con la voglia di far stare meglio chi purtroppo sta peggio…Trovo positivo anche il fatto di potere stare negli ospedali fin dal primo anno di facoltà allo scopo di regalare un sorriso…P.S. Ridere è contagioso!!!
Sono rientrata in casa da solo mezzora..il tempo di mangiare in furia una cosuccia e sono già qui davanti al computer presa dalla voglia di dire qualcosa sul seminario di stamani..come avevo immaginato sarebbe stato molto interessante..ma non pensavo fino a questo punto..io quel professore lo adoro..e,tanto per puntualizzare,questa non è una frase che ha un secondo fine,sono del tutto disinteressata,non me ne importa niente del voto dell’esame,o comunque non è quello che mi preme in questo momento..anche perchè credo che il professore non si faccia certo convincere per una frase carina o cosa..tra l’altro vorrei riaggancirmi alle discussioni che ho letto in alcuni blog..una ragazza dice ad un altro che il suo blog è impostato in un certo modo solo perchè così si mette in evidenza e ha un bel voto assicurato..questi discorsi non hanno senso..primo:perchè ognuno è liberissimo di scrivere quello che vuole,il blog è bello proprio per questo,è tuo e lo organizzi come credi..secondo: mi sembra che sia chiaro che soprattutto questo prof(altri non saprei..forse si..) non valuta certo la frase ruffiana piuttosto l’impegno e il miglioramento,e questo sia che tu scriva un post di tipo personale sia che tu parli di nobili argomenti..quindi..tornando a me..dico che mi piace il prof non perchè penso di ricavarne un vantaggio semplicemente come lo direi a una qualunque altra persona che apprezzassi(d’altra parte il suo modo di essere prof è diverso dagli altri..e forse avrà anche bisogno del parere di qualche studente!!)..mi piace quello che organizza e di cui si occupa..perchè trovo bellissimo poter affrontare certi argomenti in totale semplicità,senza l’ufficialità della lezione..magari nel toscanaccio smaccato e spontaneo..senza dover essere consoni e in linea con un certo modo di esprimersi,di parlare..trovo bello che tutti dicano le cose che pensano e che,ancor di più,tutti siano invitati a farlo..è bella la condivisione..è bello ascoltare..è bello tutto..è Meraviglioso quello che ho visto oggi in aula dalle 10:30 in poi,da quando i fantastici medici-clown hanno fatto il loro ingresso con tamburi,flauti,maracas,quando abbiamo “marciato” in mezzo a Careggi tutti quanti insieme..è entusiasmante vedere che tanta gente ha partecipato,spero che altrettanta possa dire “I Care” dopo questo incontro..il professore venendo via ci ha detto che lo scopo di questo sesto compitino è di dire qualcosa,quello che il seminario ci ha fatto venire in mente..non so nemmeno io quante cavolo di cose mi sentirei di dire adesso,tantissime..il professore,la ragazza laureata in legge,ma soprattutto Loro,i ragazzi di Mi illumino d’immenso,mi hanno tirato fuori una voglia di parlare incredibile..e soprattutto tanta voglia di fare..in questo momento devo un attimo organizzarmi perchè ho per la testa talmente tante cose che vorrei condividere con voi che forse prima è il caso che le sistemi..devo fare mente locale e trovare il modo per dirle tutte e nel modo migliore..per questo penso anche che il mio compitino 6 si articolerà in vari post..uno solo mi verrebbe troppo lungo e dovrei mettere insieme argomenti anche leggermente diversi..la lezione del prof mi ha dato miliardi di spunti..meglio se li separo così sono sicura che la cosa sarà molto più chiara per tutti..spero che in molti vengano sul mio blog e leggano gli articoli che lascerò perchè davvero questa mattinata è stata importante e ho tanta voglia di coinvolgervi nel mio entusiasmo..per adesso non aggiungo altro,solo che la vita secondo me va vissuta così..per noi,per gli altri..e per noi con gli altri..
via posso farcela by madda on 4/8/08

8 Aprile 2008, h 10.30, Seminario I care.
Che avrà mai da dirci il professore?
Il seminario ha inizio..occhi un po’ stupiti..quale aspettativa?
Il prof apre il Seminario con un’ introduzione sul significato dell’ “I care”…con qualche informazione su don Milani…per arrivare poi a parlare di coscienza, condivisione, umiltà, conoscenza …del valore del rapporto medico/paziente…dell’attitudine allo stupore e dell’importanza del contesto in campo medico… del futuro che ci aspetta…la strada è lunga, sì, è vero, ma possiamo percorrerla insieme, condividendo il condivisibile…
Ed è questo lo spirito con cui è nata Medwiki.
Quanto però oggi la condivisione può essere limitata dal diritto di proprietà?
La parola passa alla professoressa Berlingeri. Questa definisce Medwiki immorale ed essenzialmente un covo di criminali. Sta scherzando? Ci stanno prendendo un po’ in giro? Trapela un sorriso dalla bocca della professoressa, ma continua ad andare avanti, finché un ragazzo non sale sul palco e le toglie la parola.
Chi avrebbe mai pensato ad una lezione così!..Una signora Lezione, con tanto di L maiuscola. Entrano in aula un gruppo di ragazzi vestiti da clown. Poche le parole, eppure mi hanno detto e lasciato tanto.
Il loro messaggio è arrivato!!!..La loro è stata una bellissima testimonianza..sono stati essi stessi il messaggio!
Occhi brillanti, ragazzi gioiosi, occhi felici di chi ha trovato quel qualcosa in più che dà senso al correre quotidiano…di chi ha capito che non si può stare con le mani in mano e preoccuparci soltanto di noi stessi e dei nostri problemi..di chi ha capito di avere qualcosa da condividere con gli altri, di essere capace di regalare sorrisi a chi ne ha bisogno, di guardare al malato come ad un fratello e non come ad un oggetto su cui lavorare.
Quella di oggi è stata proprio un’esperienza. Già, perché è da 6 mesi che non facciamo altro che frequentare i corsi a macchinetta, a volte senza neanche essere coscienti di quello che saremo chiamati a fare tra qualche anno.
Sono rare infatti le occasioni che ti portano a scoprire l’aspetto più umano di una persona o di un docente specialmente nell’ambito universitario…ma in queste poche possibilità ci rendiamo conto di quanto sia importante riflettere ed osservare queste cose.
Stamani ci sono stati presentati esempi di persone che hanno saputo rendere vivo l’ “I Care” di Don L. Milani. E per questo ringrazio con tutto il cuore chi ha organizzato questo “seminario” ;)…
Vivere i nostri studi e il mondo dell’università non può limitarsi ad un assorbimento passivo di concetti e nozioni. Certo: è necessario un passaggio del genere. Ma la professione che abbiamo scelto è pure altro. Piano piano ci si accorge dell’esigenza di mettere in gioco se stessi e i propri sentimenti nel momento della relazione con l’altro, non per uno scadente e poco costruttivo sentimentalismo né solo con i pazienti, quando saremo medici.
Quella che compiono i ragazzi di “M’illumino d’immenso” è un’opera che lascia il segno e che vive di gesti semplici, che poi sono quelli che in un rapporto confermano continuamente l’affetto che proviamo nei confronti di qualcuno. Spendere del proprio tempo per l’altro, per farlo sentire felice ed importante. Specie se nel bisogno.
A questo proposito vorrei consigliare di leggere la storia di S. Camillo De Lellis (1550-1614) che nel contesto in cui si trovava compì una vera e propria rivoluzione nell’ambito ospedaliero. Un opera che per certi aspetti, nel nostro piccolo, risulta realizzabile (e i ragazzi di stamani ne sono la prova!) al di là delle confessioni di ciascuno…
Grazie ragazzi per la vostra empatia e per il vostro coraggio di mettervi in gioco e andare oltre la banalità, per averci donato l’esempio di chi sa mettersi nei panni dell’altro e condividerne le sofferenze, per averci ricordato che siamo uomini prima ancora che medici.



Graaaaaaaaaaaaziiiiiiiiieeeeeeeee Prooof.!!!! Che stupenda scoperta oggi!! Non solo ha rallegrato la triste mattinata ma ci ha dato (con tutta l’equipe) una lezione di vita. Ci ha insegnato che tutto ciò che riguarda gli altri riguarda indirettamente noi e viceversa. I CARE.. io non lascio scorrere il tempo senza interrogarmi, senza occuparmi del prossimo, senza stupirmi.. é questo il messaggio che dobbiamo scolpire nelle nostre menti. Non dobbiamo essere spettatori, ma attivi partecipanti di questa commedia che è la vita. Lo sguardo di una persona triste, malata, sola che si illumina di gioia per un nostro sorriso: questo è il miracolo che si compie quando si “partecipa”. Un domani, di fonte al mio paziente, non mi nasconderò dietro il camice, non “salirò sul piedistallo”. Non ha senso… Dovremmo essere in grado di prendere per mano chi ci è di fronte… chiamarlo per nome… far sentire che per noi lui- il paziente- non è uno dei tanti ma unico. Questo discorso naturalmente non riguarda solo l’ambito professionale… é la regola che dovrebbe guidare tutti noi in ogni momento…. i politici, gli insegnanti, gli infermieri… Immaginate un pò come andrebbe il mondo…
Oggi, dopo tanto tempo, ho assistito ad una “lezione” che mi ha toccata davvero. Una volta qualcuno mi ha detto che ognuno è fortunato se, in tutta la sua vita, incontra due buoni insegnanti. Io credevo di avere incontrato i miei due rispettivamente all’asilo ed in prima elementare. Ma oggi mi sono accorta che i migliori insegnanti sono quelli che riescono ad insegnarti qualcosa non comportandosi da tali. Tante sono state le considerazioni fatte durante il seminario “I care”, tante le cose che ho visto e le emozioni che ho provato… ma c’è stata una cosa in particolare che mi ha colpita molto profondamente: “Più un medico sale su un piedistallo, più diventa piccino”. Queste parole. Queste parole che hanno risvegliato in me un’eco molto profonda, l’eco di qualcosa che avevo pensato quando decisi di tentare il test d’ammissione a medicina. Qualcosa che, forse, sul momento non avevo neanche ben concretizzato, eppure qualcosa che queste parole hanno risvegliato. Forse lo sapevo già, ma era bloccato dentro di me, incastrato da qualche parte, forse in attesa. In attesa del giorno giusto, dell’emozione giusta, delle parole giuste. Forse in attesa di oggi. Ho deciso di provare il test d’ammissione per medicina, ma fino all’ultimo momento sono stata incerta se tentare con medicina o con psicologia. In entrambi i casi, in modi differenti, desideravo paradossalmente salvare qualcuno. Sono stata indecisa fino all’ultimo momento. Poi, parlandone con un mio amico, mi è uscita fuori la frase: “Però, se mi si presenta un tipo che mi dice di volersi suicidare, con quale diritto posso cercare di manipolarlo in modo da fargli cambiare idea? Se però il tipo di prima ha già provato a commettere il suo gesto ma non è riuscito ad andare fino in fondo e c’è ancora la possibilità di salvargli la vita, allora sarei pronta a fare qualsiasi cosa, unendo la mia esperienza a strumenti adatti, per dargli una seconda possibilità”. E il mio amico mi ha detto che avevo scelto. Avevo scelto. Tra sei anni chissà cosa succederà. È difficile prevederlo. Può darsi che sia in procinto di laurearmi come può darsi che abbia deciso di mollare tutto a metà strada. Già in questi pochi mesi, del resto, ho avuto tanti ripensamenti, mi sono vista inadatta a ricoprire il ruolo medico. Ma chi mi ci vede, a fare la dottoressa? Io, che ho passato gli ultimi 5 anni a fare dentro-fuori da una clinica, etichettata nei peggiori dei modi, che mi metto in testa di aiutare qualcun altro, magari con i miei stessi problemi… Viene quasi da ridere! Eppure, altre volte, non la vedo così… E forse questo rientra nel discorso del salire sul piedistallo… Io che ho avuto a che fare con tanti medici, forse posso capirlo. Perché non sono mai riuscita ad aprirmi con loro? Perché l’idea che loro stessi hanno di loro (e che talvolta io ho di me stessa nei loro panni) è quella di persone infallibili, che studiano sui libri le malattie ed applicano sistematicamente i loro schemi come fossero ingegneri meccanici. No. Anche loro sono esseri umani. Io che certe cose le ho vissute sulla mia pelle, lo capisco cosa vuol dire… io sono un essere umano, e per questo fallibile, fragile, dubbioso. Io conosco il dolore. Agli intoccabili non sono riuscita a dire nulla… troppo lontani. Certe cose non si studiano. È come se conoscessero i titoli di mille libri senza mai averne letto uno. Io sto forse leggendo un libro infinito, il titolo non vale quasi più niente … è questo quello di cui forse gli altri hanno bisogno? C’è un solo medico con il quale sono riuscita forse un po’ di più ad aprirmi… Ed è perché questa dottoressa ha sofferto e tuttora sa cosa voglia dire lottare tutti i giorni senza neanche sapere quale sia lo scopo di questa lotta. Perché è un essere umano e si dimostra tale, ammettendo spesso di non volerlo essere. Solo per questo. Se la mia psicoterapeuta si fosse presentata come un dio in terra, con il DSM4 in un angolo e il volto di chi ti considera su un piano differente o dall’altra parte del muro… sarebbe stata l’ennesima figlia di puttana alla quale avrei raccontato puttanate. Nonostante tutto, credo che io non potrei mai essere così. Perché quando certe cose si toccano… non si dimenticano. Non si dimenticano mai. Si possono rielaborare, si possono indirizzare, ma non si dimenticano. Io quando parlo con questa dottoressa so di parlare a un essere umano, a un’amica, a una sorella, a una compagna… e la reputo splendida e coraggiosa perché so che l’uomo ha paura dell’uomo e dunque di se stesso e mette in atto strategie improponibili per dimenticarsi di esserlo… Perciò io cerco di non farlo, ogni giorno mi rendo conto di indossare maschere e non ne sono felice. Mi guardo intorno e vedo. Maschere, maschere, maschere che chi le indossa non sa neanche di avere. È orribile rendersi conto di fingere, ma non è più orribile farlo senza saperlo? “Più un medico sale su un piedistallo, più diventa piccino”. È vero… Se sali su un piedistallo stai più in alto degli altri, quindi puoi vedere più cose… ma ti sei anche allontanato dagli altri. Forse è questo che mi piacerebbe riuscire a fare: avere conoscenze tali da poter stare su quel piedistallo, ma rinunciare consapevolmente a salirci non per mettermi sotto o sopra gli altri ma per potermi mettere esattamente all’altezza dei loro occhi. Forse un giorno indosserò un camice. Ma spero di essere vista. Spero che gli occhi degli altri non si fermino al camice ma guardino oltre, guardino sotto. E vedano una ragazza.
Oggi, quando sono andata al seminario di informatica non credevo che mi sarei trovata a ridere e a trattare argomenti che mi interessavano così tanto: è stata una bellissima sorpresa, anzi una serie di sorprese. Ad un certo punto del seminario un ragazzo si alza per esprimere il proprio disappunto; l’attimo dopo un gruppo di persone fa invasione nella stanza ridendo e urlando… due immagini piuttosto diverse legate solamente dall’intensità con cui sono state rappresentate!!
Lottare per i propri ideali; farsi in quattro per strappare un sorriso a qualcuno; incazzarsi tanto da voler spaccare tutto; amare;fare follie che chissà dove ti porteranno…ecco cosa significa secondo me vivere. Da qualunque lato la si guardi, bello o brutto che sia, la vita è comunque forte ed è per questo che reputo l’indifferenza il peggior veleno che ci sia: non si può vivere convinti che ciò che accade nel mondo non ci riguardi. Inoltre, se una persona è totalmente indifferente all’ambiene che la circonda io credo che essa sia, indirettamente, anche indifferente alla propria vita perchè noi siamo entità inscindibili da ciò che chiamiamo mondo. Il messaggio che mi è arrivato questa mattina è stato questo: valorizziamo, rispettiamo e lottiamo per la vita!! Mentre camminavamo per careggi ho visto uno di quei ragazzi vestiti da clown fermarsi a parlare con una signora anziana che ci osservava incuriosita e impaurita e l’ho trovata un’immagine bellissima… ecco il vero medico: quello che nonostante la fine del turno si ferma per un sorriso o una parola perchè salvare la vita è molto di più che prendere un bisturi in mano!!
Comunque vorrei ringraziare il prof. e le persone che hanno organizzato il seminario di oggi, è stato veramente divertente e competente!!

Premessa: vorrei scrivere di getto…senza pensare troppo alle parole da usare…sarà un commento ale seminario di oggi curando poco poco la terminologia…ciò che mi interessa è il succo, far capire cosa mi è arrivato…
Profe lei è troppo.
Sì, è troppo, forte, divertente…e non lo sto elogiando con un secondo fine, glielo giuro, è solo che mai mi sarei aspettata di trovare in questo “contesto” universitario una persona come lei.
Ok, non sarà un insegnamento usuale il suo ma ciò che dice e come lo dice rimane davvero molto impresso, anche senza prendere paginate e paginate di appunti.
Mi sono divertita un sacco oggi, ascoltando gli episodi che raccontava, che alla fine sono lezioni di vita, un modo diverso di imparare cose serie. Che buffo l’omino che chiudeva il cassone dell’ape con una botta di anca…e sto ancora ridendo davanti al computer a ripensarci…mia mamma crederà ora che io sia matta!
Poi la professoressa Berlingieri…ma la vorrei chiamare per nome, Elvira…perchè con la sua improbabile serietà nel darci dei “criminali” è proprio una di noi…
E cosa c’è da dire dei ragazzi “M’illumino d’immenso”?
Mi sto accorgendo che sto ancora scrivendo al pc con il sorriso sulle labbra…GRANDI GRANDI GRANDI, avevo le mani rossissime da quanto li ho applauditi…
Questa è la grande forza, il sorriso
E non solo in questo caso ma nella vita di tutti i giorni,
a volte un sorriso è meglio di 1000 medicine.
Grazie, grazie, grazie.”Un giorno senza un sorriso è un giorno perso.” Charlie Chaplin
(p.s. uffa, l’ho fatto ancora, un’altra citazione, ora devo pagare il copyright!!!)

via Il magazzino delle idee by Viso on 4/8/08

Dovendo essere sincero, non avrei mai pensato che un seminario potesse essere così ricco di colpi di scena…
Mi ricordo che nella prima parte il prof ha parlato di una cosa importante: ovvero di quanto sia fondamentale, anche per un medico, essere capace di stupirsi. Stamattina io l’ho certamente fatto…
Quando quel ragazzo ha strappato il microfono di mano alla prof Belingieri, ho pensato che fosse veramente arrabbiato e che la situazione stesse degenerando…infatti sono rimasto per qualche istante a bocca aperta interdetto…Che dire, faccio davvero i miei complimenti a tutti per l’idea che avete avuto ed anche per la sua ottima riuscita…
Credo che alla fine di questo seminario siamo riusciti a capire che, certo, i diritti d’autore esistono, preservano in molti casi il prodotto di un duro lavoro, e vanno quindi rispettati; dall’altra parte, però, non dovrebbero essere eccessivamente restrittivi, come ad esempio nel caso della ragazza del fumetto che vuole girare un documentario. Non dovrebbe poi, secondo me, essere considerato reato condividere in rete del materiale. Specialmente materiale didattico, come nel caso di MedWiki, che può servire a tutti, come sappiamo bene. Oltretutto, questa forma di condivisione permette di accrescere anche la coesione tra le persone, in particolar modo tra noi, che vivremo una buona parte dei prossimi 6 anni a stretto contatto, dal momento che ognuno, con il suo lavoro, è messo nelle condizioni di aiutare gli altri. Per questo mi impegnerò sicuramente a condividere su MedWiki qualsiasi cosa utile ed interessante che dovessi realizzare ( spero) nei prossimi anni, e mi auguro vivamente che lo facciano in molti: non costa fatica e l’aiuto che si può dare, ma anche ricevere, è grande.

via ..sognando il camice.. by silvia on 4/8/08
Giornata indimenticabile..in principio,un po’ scettici, ci aspettavamo il solito seminario in cui se non scappi prima che scocchi il decimo minuto minimo ti addormenti all’undicesimo…e invece il prof Formiconi,primo a prendere la parola, centra subito l’ argomento che più può toccare un aspirante medico:”il rapporto col paziente”.Subito conquista l’ attenzione di tutti, che più lo ascoltano e più si chiedono:”ma perché non si è laureato in medicina???”.Poi, abilmente si ricollega al “tema del valore del contesto” e, infine, al tema dei Diritti d’autore facendo un po’ di storia del copyright apprezzata da chi (me tra questi) ignora gran parte dell’argomento.Cede al momento giusto la parola a Elvira Berlingieri, consulente legale esperta di diritto d’autore e proprietà intellettuale,che, a differenza dell’ “informatico”(o perché no, anche “fisico”) che aveva buttato tutto su scherzo e battute(dicendo cmq cose sensate),da brava “paladina della legge”, sicura nel linguaggio e padrona dell’ argomento, passa a elencare un infinità di illegalità commesse da noi poveri increduli e stupiti e quasi spaventati da tali toni d’accusa..questa ci fa arrestare tutti!!!!!
Poi,l’inaspettato:la “povera” Berlingieri spodestata da uno studente che si ribella alle solite lezioni inutili e fuori contesto..”cavolo,siamo a medicina!!!!”..ed ecco che l’aula si illumina d’immenso:i clown inscenano con una bravura che ha dell’incredibile(forse parlo così perché era la prima a cui assistevo..ma mi sono sembrati cmq fantastici e lodevoli!!!!)un paziente vittima dell’arrivismo e della superiorità di più medici che,invece di metter lui,le sue paure,la sua vita,i suoi bisogni,il suo dolore sul piedistallo, si litigano il podio della diagnosi esatta, mentre il povero protagonista, indegnamente privato del suo ruolo, agonizzante aspetta il tragico epilogo…ma la morte non lo vince:”nonostante lo sforzo dei medici..è ancora vivo!!!!!”
E giù una cascata di applausi tutti per loro..e subito tante riflessioni, tanti pensieri per la testa, in particolare uno:”non voglio diventare come QUEI MEDICI”..Tornata la “calma” e rilassati gli addominali che quasi fanno male dalle sane risate per le quali ringraziamo tutti gli organizzatori di questa giornata, ecco la ciliegina sulla torta: una parata contro QUEI MEDICI,contro QUEL SISTEMA, all’interno di Careggi!!!
Ok d’accordo ,forse nelle nostre vite passate non siamo stati dei mlitari,e il ritmo del battito di mani a volte perdeva un po’ di tono e continuità, e magari ci voleva anche un coro,ma sicuramente non sono mancate la grinta e la voglia di far capire a tutti quelli (in particolare medici) che ci gettavano occhiate di disapprovazione e quasi schifate che non siamo noi nel torto,bensì loro che non hanno capito niente della medicina..loro che pensano solo al prestigio che una laurea di questo tipo può dare,loro che svolgono questo mestiere con superficialità,loro che “salgono sul piedistallo e diventano sempre più piccini” come giustamente ha detto il Formiconi,loro che trattano il paziente come un ignorante pavoneggiandosi con paroloni volti a non far capire all’interessato che diavolo gli stia succedendo..loro che non capiscono che la superiorità del medico sta invece nel mantenere sempre cmq quell’ umanità e quell’ umiltà necessarie e fondamentali per formulare una diagnosi corretta e salvare una vita..loro che vogliono mettersi in proprio,magari per guadagnare di più, quando invece si sa che “Tante teste sono meglio di una” ( ops..ho copiato il titolo di un blog di cui non sono autore!!) e che, collaborando con altri colleghi, si può più facilmente arrivare alla radice del problema di un paziente..perchè non sempre si può riuscirci da soli..il medico non è un Dio, anche lui può sbagliare..ma gli errori spesso possono essere evitati, e un modo a mio parere è questo:la collaborazione e il sostegno reciproco..
Grazie ancora al prof Formiconi e a tutti i membri del progetto M’illumino d’immenso!!!
via Simply Biagio by Biagio on 4/8/08
La mia scelta di studiare medicina non è stata dettata nè da filantropia nè da una passione per la materia di per sè…non mi sento animato dal desiderio di fare del bene al mondo o da ideali del genere, con cui la gente, continuamente, si riempie la bocca (nun è che sono una bestia…ma neppure Madre Teresa di Calcutta, per intendersi…proprio no)…nè diventare medico era il mio sogno fin da piccolo, come, invece, so essere stato per molti altri studenti (non voglio assolutamente mancare di rispetto a nessuno…io, però, volevo fare il maitre chocolatier Lindt…oppure il narcotrafficante colombiano, ma questa è un’altra storia…); a dir la verità, inizialmente, questa facoltà non mi piaceva neppure molto: finito il liceo non sapevo cosa scegliere, sono figlio di medici e ho fatto il test…tutto qui…poi sono venuti i compagni e gli amici, e tutto è divenuto più sopportabile…
Credo di essere, dunque, la persona meno adatta a parlare di quel che oggi ci ha mostrato il prof. (arf…^^) con il seminario “I Care”: vedere soggetti del calibro di quei pazzerelloni di “Mi Illumino d’Immenso” mi ha fatto riflettere…studenti di medicina come me, che danno un bel calcio in culo alle loro paure e alla loro vergogna e si caricano sulle spalle i dolori degli altri, così, come se fosse niente, come se fosse facile trovare il coraggio per fare il clown davanti a 200 coetanei, come se fosse facile mettere il sorriso degli altri davanti al proprio…che bellezza…condividere, mettere a disposizione della comunità le proprie facoltà, anche a costo di violare qualche legge sul diritto d’autore, era questo il senso del seminario, no??
Tra l’altro, con le loro scenette, mi hanno fatto ridere davvero, e di gusto!!!…E poi il corteo, con il cartello “Sono vivo…nonostante i medici” portato in testa alla fila mentre attreversavamo le viuzze di Careggi…Che spettacolo!!!(mi dolgono ancora le mani per gli applausi e per il ritmo tribale…)…Il pezzo meglio è stato un tizio che guidava la macchina: vedendoci passare s’è messo ad applaudire con noi, lasciando il volante e rischiando di uscire di strada…
Cazzate apparte…ma ci pensate a cosa deve voler dire riuscire a far ridere uno di quei bambini del Meyer, col pigiamino, senza capelli…costretto a stare in ospedale quando si meriterebbe più di ogni altro di stare a giocare al parco con gli amici e i genitori??!! Riuscire a portargli uno di quei raggi di sole a cui una bastarda di malattia lo ha sottratto?? Che belli che siete…davvero…
Queste parole in libertà vogliono essere un ringraziamento sincero ad Andreas(mi permetta!!)per essere stato il primo da settembre ad aver almeno “provato” ad aprire gli occhi a molti di noi…sono sempre stata convinta che per intraprendere Medicina servisse un sogno,ma dall’inizio dei corsi non ho sentito parlare che di appunti,esami,libri…gente continuamente angosciata,anime alla deriva le definirebbe qualcuno,col perenne,nauseante bisogno di una guida…POI è arrivata una nuova lezione(il prof non la chiamerebbe così ma per me lo è stata…):sono scomparse(apriti cielo!)cattedre,lavagne e microfoni e per la prima volta abbiamo toccato con mano quello che ci aspetterà…parlarne non sarebbe servito,era necessario vedere…e soprattutto prenderne parte:mi sono guardata intorno ad un certo punto…e tutti ridevano!!Il mio sogno era questo,fin da bambina e oggi l’ho visto materializzarsi:ho visto che 5 clown hanno reso felici 200 persone,che quelle 205 andando in giro per Careggi,cantando e battendo le mani,ne hanno rese felici tante altre…che non voglio passare i prossimi sei anni sui libri,perdendo me stessa e la mia passione.Se è vero che la perenne tentazione della vita è quella di confondere i sogni con la realtà allora voglio essere un clown per tutta la vita:voglio giocare,lottare,urlare;voglio sfide,avventure,misteri da scoprire…E diventare poi un medico certo…ma uno che sappia amare chi ha di fronte,che non riesca a nascondere la sua gioia perchè trabocca da ogni parte…e risplende nei suoi occhi…”vivere è il coraggio di sempre”…
via Anna Rosa’s Blog by Anna Rosa on 4/8/08
Ragazzi, che giornata!
Tutto mi sarei aspettata tranne che una cosa del genere… Beh… che dire: raccontiamo un po’ cosa è successo nell’aula geande… 🙂
Tutto inizia con un’introduzione del Prof. Formiconi sulla vita di Don Milani e sul messaggio che ha voluto comunicare con la sua attività, sul significato del tanto chiacchierato “I care”… La definizione di “partecipazione empatica” data dal Prof. mi è sembrata molto azzeccata… Dare importanza a chi ci sta intorno senza limitarsi, senza preoccuparsi esclusivamente di sè e del proprio piccolo mondo…
Il discorso è poi sfociato nella problematica del diritto d’autore e del copyright, grazie anche alla presenza della Prof.ssa Elvira Berlingieri. Nel bel mezzo della lettura degli articoli legislativi inerenti, un ragazzo ha preso la parola…. E’ iniziato lo spettacolo: a tempo di musica dei clown sono entrati in aula spargendo caramelle e palloncini qua e là… Sono i ragazzi del progetto “M’illumino d’immenso“: volontari che regalano sorrisi ai pazienti in ospedale… C’è stata una gag simpaticissima: “Nonostante lo sforzo dei medici sono ancora vivo!”…
Davvero senza parole…
Sono persone incredibili: sono riusciti a farci rimanere col fiato sospeso, per una mezz’ora succubi di qualche strano incantesimo… Non si poteva davvero imparare più di così in quest’oretta di “seminario”: la comunicazione di un’esperienza è senza dubbio il modo più bello di conoscere qualcosa… e chissà… magari di farne parte. Vedere con quanto entusiasmo e con quanta dedizione quei ragazzi lavorano per far stare bene gli altri attorno a sè è stato qualcosa di indescrivibile, difficile da raccontare a parole…
Cosa aggiungere…? Grazie, Prof. E’ stata un’ottima idea… Si devono organizzare più spesso giornate così.
🙂
via TRUZZO DI NOME, NON DI FATTO by PIETRO on 4/9/08

Il valore di un sorriso è una cosa inimmaginabile. Mi ricordo una poesia che mi recitavano sempre quando ero piccolo.. e mi piaceva così tanto che un giorno la scrissi su un pezzo di carta e l’appesi nel mio armadietto.. ed è ancora lì…
E dice:
Un sorriso non costa niente e produce molto,
arricchisce chi lo riceve, senza impoverire chi lo da.
Dura un solo istante,
ma talvolta il suo ricordo è eterno.
Nessuno è così ricco da poter farne a meno,
nessuno è abbastanza povero da non meritarlo.
Crea la felicità in casa, è il segno tangibile dell’amicizia,
un sorriso da riposo a chi è stanco, rende coraggio ai più scoraggiati,
non può essere comprato, ne prestato, ne rubato,
perchè è qualcosa di valore solo nel momento in cui viene dato.
E se qualche volta incontrate qualcuno che non sa più sorridere,
siate generoso, dategli il vostro,
perchè nessuno ha mai bisogno di un sorriso quanto colui che non può regalarne ad altri..
(Anonimo)
Questo rappresenta, secondo me, un insegnamento del quale ogni persona, ed il medico in particolare, non possa fare a meno. Certo, per fare il dottore servono anche l’atlante di Anatomia e il manuale d’ Istologia… ma credo che nessuno abbia la testa così satura di nozioni da non ricordarsi più come si fa a sorridere !!
Quindi mi raccomando: sorridete di +.. e studiate di meno!!!
Un applauso ai ragazzi di “M’illumino d’immenso”, alla professoressa Berlingieri e al professore Formiconi per l’ottima riuscita del “seminario” e l’interessante mattinata.
Ah.. per il copyright della poesia penso di poter andare sul sicuro, dato che l’autore è anonimo.. (se chi l’ha scritta non ci ha neanche messo il proprio nome in fondo.. figurati se viene a chiedermi i diritti!! )

Compito 6 I care..fantastico!


…dire k è stata una bella esperienza è dire poco..a ql seminario ho capito k ho davvero fatto la scelta giusta!
Aula di lezione..ore 10.30 inizia il seminario..l’idea iniziale era..almeno la mia..sarà il solito seminario noioso e lungo..di qli a cui il tempo nn passa mai e invece..sorpresa!!!
..entra una ventata di freschezza gioia e allegria..è un modo diverso per riflettere e mettersi a rivedere la spinosa questione del rapporto MEDICO-PAZIENTE..a volte il medico si estranea da qla k è la realtà, o meglio, la vede solo con occhio OGGETTIVO..si..il paziente rappresenta una macchina k..ha qlcs k nn va..deve essere riparata e rimessa a nuovo..
..come abbiam detto nl iniziale corso di scienze umane,cn il progressivo sviluppo della medicina,con tt le novità apportate dalla ricerca scientifica, i medici han pian piano perso di vista il lato “soggettivo” del malato..
Si, i malati sn prima di tt dl PERSONE piene di ansie paure tensioni e il compito del medico..del futuro medico..nn è solo quello di guarire la malattia in senso stretto..deve aiutare il paziente a recuperare fiducia nl vita e in tt cio k gli sta intorno..a volte basta un sorriso, una parola di conforto e una gg k è iniziata nera cambia completamente colore..forse qnd saremo li,in corsia..cm mi sembra lontano ql momento..nn dovremo sl pensare a cacciare il microbo, suturare nl migliore dei modi..dobbiamo ricordare di avere davanti PERSONE..persone k han bisogno di aiuto, nn sl fisico ma anke morale..soprattutto morale..
All’inizio ho detto k qst seminario mi ha convinto della mia scelta..SI è proprio vero..sn una sognatrice,vorrei riuscire a far star bene tutti e se anke cn un sorriso ci riuscirò qst sarà la dimostrazione k..anke se ci ho messo 2anni in più ne sarà valsa la pena!
…spero di riudcire ad essere un buon medico..a fare il meglio di me..anke se nn mi laureerò cl 110 e lode..spero di riuscire a dare ad ogni paziente qlcs di me..a farlo star bene e nn sl perchè avrò tolto un’infezione o messo a posto qlcs..

Ps..ho voluto aprire il post con la foto di Patch Adams, medico statunitense che, per primo,ha portato avanti la clownterapia..è stato infatti lui a convincersi k..nn è solo compito dl medico curare la malattia ma..è prima di tt compito suo prendersi cura dl malato..malato inteso come PERSONA..

Pps..lo so..ho abbondato cn le parole..please..

via Funeral on Mars by Duccio on 4/9/08
Senza voler in alcun senso criticare l’altrui percorso, non posso che constatare come, nel caso specifico, non possa fare per me. Una società più solidale, sì; ma per altre vie.
Immagino sia rigidità, o forse sensibilità eccessiva per il vuoto dietro al lieve; comunque, per me, il riso resta un’esperienza ambigua, tesa.
Ho “documentato” volentieri il seminario e il suo proseguo, ma se non fosse stato per questo non avrei seguito il corteo; niente in contrario, solo, è una cosa estranea.Il protocollo, il rito, non sono necessariamente soffocanti; non penso serva sempre dissacrare ciò che può rassicurare.

via Il Girasole Impazzito di Luce by Francesca on 4/9/08
Compito sei: il seminario di oggi! Da non sapere da dove partire! E’ stata in assoluto la lezione più bella dall’inizio dell’anno, quella che ci ha insegnato di più…era quello di cui avevo bisogno dopo mesi di università sterile. Decisamente bello il titolo “I Care” da Don Milani…conoscevo già la sua storia e la sua scuola, anche perchè da piccola mi portavano sempre a messa da un prete, grande amico di Don Milani, che aveva una scuola del tutto simile alla sua. Io sono atea, ma ciò non toglie, come ha sottolineato oggi il prof. Formiconi, che ci sia qualcosa di profondamente giusto, direi geniale da un verso, nell’opera di Don Milani, rimanendo lontani da ogni ideologia. Ma non sapevo quanto quella scuola fosse al passo coi tempi, all’avanguardia “come le più moderne scuole di ricerca all’estero”: la cosa mi ha stupita molto. Lo stupore sì…quello che dobbiamo avere di fronte ai nostri pazienti, alla malattia, di fronte alla vita! Queste due ore sono state pregne di insegnamenti…
Poi siamo entrati nel discorso del Copyright e di Medwiki. Ho letto il fumetto ed è davvero significativo, espone il problema in maniera netta, evidente oltre che piacevole, seppur sottintendendo un problema serio. Nel nostro caso Medwiki è l’oggetto in discussione… che sia un covo di criminali? All’inizio pensavo che Elvira Berlingieri dicesse sul serio! Mi sembra così assurdo, che qualcosa di utile per tutti sia illegale..in Italia non funziona proprio nulla ed anche, anzi soprattutto, le spinte positive, le idee utili a tutti e non ad uno solo, vengono sempre ostacolate.
Insomma per il gusto di raccontare…il Professore ha fatto un bel discorso sui medici, sul nostro rapporto coi pazienti…che io condivido a pieno. Una professoressa del primo semestre ci ha detto che dobbiamo studiare per elevarci e salire su “quel gradino” al di sopra degli ignoranti…per me studiare è esattamente l’opposto, essere medico in particolare. Quando lo disse mi diede un enorme fastidio pari alla soddisfazione di ascoltare il mio pensiero nelle parole di ggi del professore… Insomma ha cominciato a parlare la Berlingieri, tutta seria ci spiega che medwiki è illegale ed inizia a leggere un articolo sul Diritto d’autore, quando sale sul palco un ragazzo ch esce di scena gridando “come si permette di offenderci?ora le facciamo vedere noi!” ed ecco che rientra insiame al tutto il gruppo dei clown (quelli che si prestano ogni volta con gioia e d entusiasmo a dare i loro sorrisi e a riceverne in cambio..una condivisione diretta sulla pelle per e con chi soffre) a fare baccano in un divertentessimo sketch, il quale termina con un paziente che stramazza al suolo e, mentre i “dottori” bisticciano fra sè, appare la scritta “nonostante il lavoro dei medici sono ancora vivo”. Che risate! Gran parte di quel gruppo di persone VIVE lo conoscevo già grazie all’Odp. Eh sì, anch’io faccio parte di questo bellissimo progetto l’Ospedale dei Pupazzi, di cui avrei parlato ad esperienza conclusa. Io e la Chiarina siamo le uniche due del primo anno, che già si sono lanciate in qusta esperienza, perchè, almeno per me, non bastano le lezioni che facciamo, ma c’è bisogno di qualcosa in più, che ci ricordi il vero motivo per cui facciamo medicina.
Io non voglio togliere il loro peso alle materie che studiamo, che effettivamente sono importanti, dico solo che non si può fare soltanto quello e bisogna portare avanti i progetti in cui crediamo, da studenti e da medici. Che rabbia mi fanno a casa -eppure so che lo dicono perchè mi vogliono bene, ma non capiscono- quando mi dicono che faccio troppe cose extra, oltre alla scuola e quanto sono bravi alcuni dei ragazzi che conosciamo che studiano e basta. Io non metto in dubbio che si prenderanno i loro bei 30, ma prima cosa potrei prenderli anch’io, seconda hanno la mente chiusa, che non esce dal libro, dallo stretto indispensabile, che non è vicina alla realtà ed alla gente e questo mi sembra allucinante non solo da fare, ma anche da elogiare e da proporre come esempio. Sono “le mummie” che si aggirano nei corridoi della facoltà, come hanno detto quei ragazzacci, che a me piacciono un sacco.
Dopo tutto questo siamo andati a fare una parata dentro Careggi (Duccio c’ha le prove!) e tutti ci guardavano sorridendo…le infermiere che dicevano “ehi io voglio voi come primari!”, i pazienti che senza capire bene si lasciavano scappare una risata…che bellooooooooooo!!! Poi passando davanti alla presidenza il preside ci ha fermati dicendo: <>…ovviamente…poteva dire diversamente?certo che no! E’ una conferma di tutto quello che abbiamo detto nel seminario…mi ha dato quasi soddisfazione!XD …la classe dirigente…
In conclusione mi è proprio piaciuto, mi ha colpita ogni frase e forse ho fatto anche casino a descrivere il tutto…ma sono troppo entusiasta! Complimenti professore! E…GRAZIEEEEE!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
via Infinito remoto by Alex on 4/9/08

Quando ci è stato chiesto di ipotizzare perchè l’incontro fosse stato rinominato, ho ragionato in maniera un po’ obliqua, come per risolvere un indovinello. Per la mia ignoranza della storia e dell’operato di Don Milani non ho visto il collegamento con il titolo del seminario. Non ho cercato il motto sui motori di ricerca, che in effetti restituiscono molti riferimenti a progetti anche attuali afferenti al mondo della scuola, della didattica e in generale dell’impegno sociale.

Ero convinto di assistere ad una lezione decisamente tecnica, su norme e regolamenti relativi al diritto d’autore che interessano chi fa uso intenso della rete.

Lo scopo che ci viene proposto in questo corso della rete e degli strumenti WEB_2.0 è quello dello scambio liberale delle informazioni, perchè questo scambio può avere un valore enorme per la crescita delle persone e conseguentemente delle società. Si tende quindi a far circolare qualunque elemento informativo si ritenga utile alla comunità, e questo potrebbe portare, in alcuni casi, alla sottovalutazione degli obblighi normativi in ordine alla proprietà intellettuale. Ecco perchè veniva organizzato questo incontro!

Con questa bella sceneggiatura dipanata, mi sono fatto rapire emotivamente dalla reprimenda iniziale della docente di diritto, ed ho abboccato come un luccio, ingozzando esca, amo e lenzafino alla canna.

Ma son contento così, è stata una bella sorpresa.

Mi ha permesso di conoscere un’iniziativa che, adesso, vorrei non credere così particolare come temo che sia; l’attività di un gruppo di studenti che trovano lo spazio ancheper girare nelle corsie degli ospedali, a volte guidati da due veri clown, per portare un segno tangibile di partecipazione a chi sta male, offrendo beni preziosi: il propriotempo, la propria energia, il proprio ottimismo.

Il titolo dell’incontro è incondizionatamente condivisibile: indipendentemente dallo stato laico o religioso delle persone che lo propongono, l’impegno e la solidarietà per il prossimo sono valori degni di rispetto ed emulazione, sempre. Ancora di più se traguardano non solo le necessità materiali, ma anche quelle della formazione e della crescita culturale; per non confondere l’assistenzialismo, o peggio il paternalismo, con la faticosa opera di accrescimento degli individui che è il vero capolavoro degli insegnanti. Quando credono nel loro lavoro.

via ..”sono cose della vita”.. by jenny on 4/9/08


Rifletto.Non ho mai avuto davvero paura. Le mie più grandi preoccupazioni? Da piccola, paura di una sala operatoria dove avrei lasciato le mie tonsille, paura che la mamma si dimenticasse di venire a prendermi all’asilo…ora, paura di perdere il mio piccolo e incantato mondo…possono, queste, essere definite “PAURE”?!La paura vera è qualcos’altro. E’ un vuoto che ti senti dentro, che ti stringe…Rifletto.
Ci sono bambini che sanno cosa è la paura vera, anche se non riescono ad esprimerla a parole. È vedere una madre piangere, è il viso scuro dei medici, addormentarsi stringendo forte una mano grande, come per aggrapparsi alla vita…
Non è giusto. Nessun bambino dovrebbe soffrire.
Ma le malattia è pura ragione. Colpisce. E basta.
Spesso pensiamo che i bambini non comprendano quello che vivono. Sbagliato. Credo che si rendano conto inconsciamente del più piccolo gesto, di ogni lacrima nascosta, di ogni sospiro…
Perché tutto questo ad un bambino?

Cosa posso fare, io?

Posso fare dimenticare il dolore e la paura ad un bimbo, posso alleggerire anche solo per un attimo il cuore di una madre con una carezza?…posso portare un sorriso tra le lacrime?
Forse sì, forse no, dipende.Di sicuro posso condividere una parte di dolore e di gioia con quelle creature e con quelle mamme…forse loro non se ne accorgeranno neanche, degli sforzi…ma io sì. E non perché tornerò a casa stanca e annoiata…ma perché mi addormenterò con impresso nella mente uno sguardo tenero, un sorriso innocente. E quel bambino triste ha riso DI ME, PER ME, CON ME! È il mistero più grande che un dio, se davvero esiste, potesse creare. TRASFORMARSI in un clown, VIVERE per un giorno come un bambino e CONDIVIDERE con lui parte della sua “infanzia”.
Complimenti a tutti coloro che si mettono in gioco, che hanno il coraggio di assumersi in modo semplice l’altruidolore e l’altruisofferenza…facendo brillare gli occhi di chi soffre, anche solo per un attimo…spero di avere la forza di farlo anch’io…


Ho preferito mettere “compito 6” tra virgolette perché non penso che si possa scrivere sull’argomento pensando ad un voto finale, ad un esame…

Se servisse…parole: un sacco, di sicuro più di 200!
via Montebello’s World by montebelloworld on 4/10/08

Per chi non fosse venuto martedì… mi dispiace, si è perso veramente un bel seminario. Posso consigliare di andare nella pagina condivisa del prof. http://www.google.com/reader/shared/05025714390186738945 a leggere gli innumerevoli riassunti della giornata. Per quanto mi riguarda ritengo i post molto esaurienti e pertanto non scriverò un altro riassunto sugli avvenimenti di martedì e mi limiterò ad esprimere le mie impressioni. Sono rimasto molto colpito dal lavoro che i ragazzi svolgono negli ospedali, quindi sono andato su Google ed ho cercato Clownterapia. Con il motore di ricerca ho trovato il sito ufficiale http://clownterapia.it. Non pensavo ci fosse così tanta gente che si preoccupa di tirare su il morale ai malati, sono rimasto veramente entusiasta dall’impegno e dal tempo che queste persone dedicano ad una così bella attività. Consiglio vivamente a tutti di visitaree il sito per vedere come lavorano queste stupende persone. Voglio citare una frase che ho trovato nella Home:“Le parole hanno il potere di distruggere o di risanare. Quando sono vere e gentili, possono cambiare il mondo” (Buddha). Come poi viene spiegato “Impegnamoci a praticare la gentilezza amorevole quando parliamo. Comunichiamo consapevolmente, trasmettendo buon umore e rallegrando lo spirito di ogni persona con cui veniamo a contatto”. Questa è un’ importante lezione per noi futuri medici affichè capiamo che il paziente è un essere umano e va trattato con gentilezza.

via Il blog di Black Mamba by blackmamba11 on 4/13/08

Purtroppo non c’ero al seminario di informatica. Dopo aver letto i vostri commenti e dopo essermi fatta raccontare tutto dai miei compagni, mi è dispiaciuto un sacco di essermi persa questo evento, anche perché ero a fare qualcosa di molto molto più noioso. Ma a voi non ve ne frega niente, quindi passo al mio commento sul seminario.

Nella mia vita, soprattutto da piccola, mi è capitato di passare lunghi periodi in ospedale, grazie al cielo mai per qualcosa di grave, solo che da piccola mi sono rotta più o meno tutte le ossa del corpo (mi chiamano la donna di ghiaccio), e quindi tra operazioni varie e ricoveri ho conosciuto molto bene la realtà ospedaliera da paziente.

Ad essere sincera ho un pessimo ricordo del comportamento della maggior parte dei medici. Un bambino in ospedale è terrorizzato, e di solito i medici non fanno molto per farlo sentire a suo agio. Arrivano, ti visitano dicendoti 2 paroline gentili all’inizio (grazie!) e poi se ne vanno dopo aver dato all’infermiera di turno una serie di istruzioni per il bambino incomprensibili. Devo dire che invece ho un ricordo migliore della categoria degli infermieri, che, nonostante l’enorme mole di lavoro, restavano sempre a fare due chiacchiere con me e con mia madre. Niente di speciale, solo un gesto gentile in un periodo di stress per entrambe.
Quanto avrei voluto incontrare i ragazzi di “M’illumino d’immenso”!!! A quei tempi il film “Patch Adams” (bellissimo, tra l’altro), non era ancora uscito, e il dottore-pagliaccio non era ancora famoso come adesso.
Ricordo l’esperienza del ricovero prima e dopo l’operazione al menisco destro come la più brutta. Ero in stanza con 3 anziani, che passavano le giornate a parlarmi della loro gioventù e a regalarmi caramelle. Avevo “già” 10 anni e il giorno in cui tornai a scuola fu uno dei giorni più belli della mia vita, perché l’esperienza in ospedale era stata terribilmente noiosa e avevo avuto tanta paura.
La mia non è l’opinione di una giovane studentessa di medicina idealista, anche perché ormai ho deciso che a settembre non sarò più studentessa di medicina, ma semplicemente l’opinione di una che gli ospedali li conosce bene e che è arrivata a disprezzarli. Il lavoro di un medico è guarire il paziente con tutti i mezzi a sua disposizione. Non dirò mai che la “cura morale” del paziente è più importante di quella fisica, perché secondo me sarebbe falso. Nessun comportamento gentile mi avrebbe guarito il menisco, ovviamente, e i medici che ho avuto hanno fatto il loro lavoro, anche se qualche acciacco è rimasto (avere 20 anni con le ossa di una sessantenne!)… Ma la paura del dolore e dell’anestesia non me la toglierà mai nessuno, perché nessuno mi ha mai sorretto nei momenti peggiori. Ci provava mia madre, certo, ma io avevo bisogno di un dottore che mi rassicurasse, che mi dicesse che potevo stare tranquilla, che mi sarei sicuramente risvegliata dall’anestesia… Ci credete che nessuno mi ha mai detto questo? Che mi hanno semplicemente addormentata senza dirmi nulla? Immaginate lo spavento con quella mascherina sul viso e la mente che cominciava ad annebbiarsi…

Per questo il lavoro dei ragazzi di “M’illumino d’immenso” è favoloso, perché i bambini più di tutti, ma anche gli adulti, hanno bisogno di un sorriso, di una distrazione, per poter dimenticare la paura. Certo, un medico ha 1000 preoccupazioni e pochissimo tempo, ma non c’è bisogno di passare delle ore al letto del malato. Basta una parola sincera, un sorriso, una pacca sulla spalla… Ci sono tanti modi per rassicurare qualcuno, anche una semplice stretta di mano. Quanto tempo serve a stringere una mano? 5 secondi? E cosa sono 5 secondi, se servono a dare pace a un bambino che sta male?

Odio il vittimismo e mi scuso se questo post è sembrato un gran “piangersi addosso”. Sono consapevole che molti hanno avuto e hanno esperienze molto peggiori delle mie, e che io non posso lamentarmi, ma volevo semplicemente esprimere l’opinione di una che i ragazzi-clown avrebbe tanto voluto conoscerli, 10 anni fa, e che li ringrazia perché sicuramente stanno rendendo la vita migliore a molte persone…
via Caro Blog … by noreply@myblog.it (carolsmile) on 4/10/08

Beh, quando il prof ha scritto il primo post sul compito n° 6, sono andata a dare un’occhiata al blog di Elvira Berlingieri, che si occupa di diritto d’autore e proprietà intellettuale, tutela del software e diritto delle nuove tecnologie… mammamia!! ho pensato: chissà che barba, …ma insomma si deve andare…. Quando poi il prof ha cambiato il titolo del seminario in “I care” ho subito pensato al suo significato: “io ci sono, me ne assumo la responsabilità”, “voglio essere partecipe, voglio essere utile”…….ma che c’entra col seminario dell’Elvira?bf944429038beeff30ca61880c245c9f.jpg

E poi quel giorno nell’aula grande, quelle parole su Don Milani, un prete che insegnava agli altri come diventare dei veri esseri umani da un minuscolo paesino vicino a Vicchio, Barbiana….la sua “partecipazione empatica” (I care) nei confronti degli altri esseri umani. E poi parla Elvira e fa un sacco di discorsi su Medwiki, che è illegale condividere materiale didattico (criminali!)…e poi il colpo di scena, qualcuno le prende il microfono e inveisce contro questo modo assurdo di pensare (attimi di disappunto e panico: la Burchi interviene…..)

Ma ecco che entrano loro, i medici-clown, i Patch Adams di casa nostra, che danzano, suonano e scherzano: li riconosco, sono quelli di M’ILLUMINO D’IMMENSO: mio padre, che è medico al Meyer me ne aveva parlato. Sono un gruppo di studenti e medici che usano la cura del sorriso, la clownterapia: aiutano con il buonumore i piccoli pazienti e i loro familiari a vivere con serenità l’esperienza ospedaliera….e allora ho capito che lo spirito che li spinge sta tutto in questo darsi agli altri, nel mettere l’aspetto umano del rapporto col paziente alla stessa stregua dell’aspetto medico, e che anzi il medico saccente e distante (su un piedistallo) anche se competente non cura veramente l’individuo nella sua totalità. Sì, perchè il medico si deve…

via Immagina by luisa on 4/13/08
Approfitto dell’occasione di parlare di quell’inaspettato quanto sorprendente seminario per esternare dei pensieri che mi stanno assillando da alcuni giorni…
Sinceramente non ero poi tanto entusiasta di rimanere ad un seminario di informatica… pensavo fosse una di quelle solite lezioni in cui qualcuno parla di qualcosa che nemmeno ti interessa… e all’inizio sembrava così…
La Prof.ssa Berlingeri parlava di Diritto d’Autore, Copyright, bla bla bla, bande di criminali e su e giù… Ma poi qualcuno interrompe e lì inizia il bello… Io all’inizio sono rimasta a bocca aperta, interdetta… Mi chiedevo “ma sarà organizzato?” Ripensando poi al prof. ho capito tutto… “ma certo! E’ stato lui!!” ci ha incastrati facendoci pensare che fosse una cosa noiosissima e invece… Una banda di clown, studenti di medicina e non, che si impegnano per portare un sorriso a chi purtroppo non ha più voglia di sorridere, che si impegnano a portare VITA a chi non ha più voglia di vivere!!! Ragazzi da ammirare, portatori e rappresentanti di quel principio “I Care”! Farsi carico dei problemi degli altri per provare a risolverli… Mostrare SOLIDARIETA’ nei confronti di chi ne ha bisogno… Ma cosa più ammirevole, cercare di far star bene e far ridere persone che non stanno affatto bene!!!
A vedere loro e a sentirli parlare mi è venuta voglia di fare qualcosa di più, perchè quello che si fa non è mai abbastanza! Mi è venuta voglia di mettere in atto quell'”I Care” cercando sempre di capire quello che possa significare nelle varie situazioni e nei vari contesti (…ecco che torna il valore del contesto!…)
Ma poi mi guardo intorno e mi chiedo: “ma l’avranno capito tutti cosa significhi “I Care”?” non penso… sentir affermare da qualcuno: ” Sarà che vengo per Careggi a fare il buffone? La medicina deve essre una cosa seria, non una buffonata!” mi ha fatto cadere le braccia! Poi mi accorgo degli atteggiamenti di superiorità e mi chiedo: “Come potrà un futuro medico rapportarsi in questo modo ad un paziente?” a questo punto mi sembra opportuno citare una battuta del prof. : RAGAZZI, SCENDIAMO DAL PIEDISTALLO PERCHE’ PIU’ SI SALE PIU’ SI DIVENTA PICCINI!!!
E’ necessario tentare di tutto per porsi nel miglior modo possibile di fronte ad un paziente o a qualsiasi altra persona e se per portare un SORRISO, per portare ALLEGRIA è necessario vestirsi da clown e fare i “buffoni” ben venga, sarò la prima a farlo e non me ne vergognerò!
“Questa terapia offre conforto umano, amicizia e un sorriso per migliorare la qualità della vita del paziente. La tendenza, attenta soprattutto ai piccoli pazienti, non intende sostituirsi alle cure ospedaliere ma trae vantaggio dai benefici del sorriso sull’organismo. Infatti è un esercizio muscolare e respiratorio, che distende e permette un fenomeno di purificazione e liberazione delle vie respiratorie superiori. L’aumento degli scambi polmonari tende ad abbassare il tasso di colesterolo nel sangue, promuovendo un effetto benefico. Si può quindi affermare che il riso ha un ruolo di prevenzione dell’arteriosclerosi. Ridere combatte la stitichezza perché provoca una tale ginnastica addominale che massaggia in profondità l’apparato digestivo. Combatte la debolezza fisica e mentale: la sua azione infatti causa una riduzione degli effetti nocivi dello stress. Calma il dolore in quanto distrae l’attenzione da esso. Ridere contribuisce a donare gioia di vivere e quindi ha proprietà antidepressive. Fa diminuire l’insonnia perché diminuisce le tensioni interne. E’ il mezzo più sano per vivere meglio e più a lungo possibile, sfidando le frustrazioni della vita.”
Ridere insomma nuoce gravemente alla malattia.
Concludo facendo i miei complimanti ai ragazzi “clown” e accordandogli tutta la mia stima e ammirazione!
Bravi ragazzi, continuate a fare i “buffoni” se questo serve a dare VITA!!!
via La Storia Infinita… by DaNi on 4/12/08

Una parola del seminario continua a presentarsi nella mia mente…il CONTESTO!
Ebbene è proprio questo insieme di situazioni che circondano un particolare e più rilevante evento delle nostre vite che può fare la differenza. Per questo a noi futuri medici vengono presentati Progetti che hanno lo scopo di rendere migliore il difficile Contesto all’interno di una struttura ospedaliera! Al di là delle attività proposte l’importante è capire quanto l’approccio umano sia Fondamentale per un buon medico: prima di tutto conquistare la fiducia dei propri pazienti e delle loro famiglie. Parlo da persona molto diffidente: so quanto sia difficile riporre fiducia in qualcosa o in qualcuno, oggi che la parola chiave del nostro mondo è Egoismo, per questo posso immaginare quanto ancora più impegnativo sia riuscire a dare in mano a qualcun altro le sorti della propria salute o peggio della propria vita! Ma lo scopo non è Vincere le insicurezze del paziente…no!
Lo scopo è voler veramente aiutare qualcuno, fare il possibile per instaurare un rapporto sincero con i bisognosi, in modo da creare un contesto favorevole alla lotta della malattia.
I primi a doversi mettere in gioco non dovrebbero essere studenti-clown, bensì i dottori nei reparti…mettersi in gioco in modo diverso, ma pur sempre mettersi in gioco per i propri pazienti.Parlando di egoismo non si può trascurare l’altro tema discusso all’incontro: la Condivisione!
Purtroppo il problema del copy right è prevalentemente questo. Esistono due chiavi di lettura…quella dell’artista, dello scrittore, dello studioso, della casa editrice, ecc…e quella dei “consumatori” di cultura, di sapere, di attualità e di conoscenza.
Limitare l’approccio a determinate fonti se non pagando i diritti d’autore…sì, forse quei diritti sono lo “stipendio” di alcuni, di quelli che interpretano il problema con la prima chiave di lettura, ma ci potrebbe essere anche un diverso tipo di stipendio…non tangibile in tempistiche strette come il precedente…uno stipendio di tutti, uno stipendio per tutti! Ma non sto parlando di denaro.
Vale a dire la condivisione al fine di offrire più materiale possibile, dando il diritto a chiunque di studiarci sopra, come nel caso di noi studenti, per fare qualcosa di veramente utile a chiunque. Chi non può permettersi cifre da capogiro per comprare un libro, un programma sul pc, è destinato a reprimere la propria voglia di conoscenza, di studio, reprimere magari i propri sogni e le possibili espressioni di sé contro l’interesse di tutti!

via Mr. Freethinker’s by Flavio on 4/12/08


I Dottori che tante volte ho incontrato, quelli con l’aria arrogante e con sguardo sprezzante verso i pazienti, anche se capaci di perfette diagnosi, hanno ormai, per fortuna, vita breve. A me purtroppo è spesso mancato l’approccio umano da parte del medico nelle mie esperienze in ospedale da bambino, eppure ne sentivo fortemente la necessità.

Ma la civiltà sta capendo, con grande disappunto della Medicina occidentale (civiltà non è sempre uguale a Occidente), che la prima terapia sul paziente è quella della cura umana ed empatica. Figuriamoci se aggeggi complicati come i nostri organismi non hanno in sé la soluzione a tutti i problemi. Forse il compito delle figure mediche è solo quello di stimolare l’organismo a difendersi. Di “cura” ed “empatia” si è parlato al seminario che il nostro ganzo prof ha tenuto martedì 8 aprile e che ha presentato la realtà della clownterapia di “M’illumino di immenso“. Questo è un progetto realizzato in collaborazione con la nostra università dall’associazione artistica Castellinaria: due “clown-dottori” accompagnano studenti di Medicina e delle Professioni Sanitarie nei reparti di pediatria e di neonatologia per renderli consapevoli del grande beneficio che si ha sulla salute quando si sta bene “con l’umore”. Una cosa che mi colpiva leggendo i resoconti delle splendide giornate ( forse sono loro ad averle rese splendide!) di “Nuvola e Formaggino” è il fatto che ogni bambino viene chiamato per nome, dandogli quindi un’identità non solo clinica, ma umana! Hanno proprio centrato il segno!

Ormai è ampiamente verificato “empiricamente” che “iniezioni di allegria”hanno implicazioni fondamentali nella cura delle patologie ma siccome gli scienziati pretendono sempre spiegazioni biochimiche a tutto, gli studi si stanno sviluppando, ed ecco un articolo molto interessante, su un sito altrettanto utile per chi ne vuole sapere di più sulla clownterapia.

Magari diventassimo tutti clown-dottori o semplicemente medici “empatici” che, come dice Umberto Veronesi nel suo ultimo libro, sanno “guarire con le carezze”. Abbiamo ancora molti anni per affinare queste capacità e, se vogliamo, per accrescere il nostro “know how… to care about others”!

via My first blog!!! by enusse on 4/18/08

Vorrei dire che qualsiasi parola e frase che potrei scrivere non sarà mai sufficiente a descrivere veramente quel che hanno fatto nascere dentro di me quei cloun e tutto ciò che fanno loro nell’ ospedale coi bambini.Per me quel giorno è stato veramente speciale,l’ora più divertente dell’ università;in quei momenti ho dimenticato tutto e mi sono trovata in un mondo il quale aveva mesi che mi mancava.Anchè se per me a dire il vero non è cosi difficile “essere una bambina”,perchè l’ho detto dall’inizio che dentro di me ci sta e rimarrà sempre lo spirito di una bambina. Ho scelto questa professione perchè da piccola sognavo aiutare chi ha bisogno,crescendo è diventato sempre più grande dentro di me.Ora se vedo un bambino malato oppure peggio ancora di coloro che non possono vedere,camminare…..mi viene un gran rabbia con questo mondo crudele che gli ha fatto soffrire senza averne nessuna colpa .In loro quel giorno ho trovato veramente un gran parte di me stessa.Per me se il mondo fosse stato fatto solo di bambini sarebbe ora una meraviglia! E loro ci dimostrano che si deve far tutto con tutto il cuore e dobbiamo mettere tutti i nostri sentimenti,il nostro potere,la nostra forza,tutto ciò che possiamo per far qualcosa uttile per questo mondo e per coloro che hanno bisognio.
via ..Così è..(se vi pare) by Chiara on 4/14/08

Devo essere sincera nel dire che ho avuto serie difficoltà a svolgere questo compito…perché sono troppe le cose che mi passano in testa ripensando al seminario…tutte positive certamente, ma anche complesse…allora ho letto un po’ dei posts altrui,trovandone alcuni interessanti, altri meno condivisibili..

oggi il professore di istologia ha detto una cosa realissima “quelli che sono più capaci nella loro professione sono quelli che sanno molte cose che esulano da essa”.. svolgere una professione in modo completo credo sia realmente difficile…perché ci sono troppe variabili…il mondo è complesso e la nostra necessità di razionalizzazione è spesso vana…e allora c’è chi si rassicura con il “protocollo”, le poche regole che l’uomo trova e in cui cerca certezza e spesso la rintraccia, sono gli “uomini che non si voltano” di Montale, le “maschere” di Pirandello….poi ci sono le persone che non si soffermano a pensare ma semplicemente “vivono e non si guardano vivere”, che si godono la vita con leggerezza senza troppe paranoie….e poi ci sono infine persone come me, che possono rendersi conto che il mondo potrebbe non avere un senso, che provano la vertigine del vuoto ma che nonostante ciò non si accontentano della sicurezza ipocrita di tre regole…e allora perché non chiedersi se alla fine il vero significato delle cose consista nel tipo di viaggio piuttosto che nella meta??alla fine tutti dovranno morire ma non per questo affermiamo che il senso della vita risieda nella morte e tanto meno potremmo affermare che una vita vissuta pienamente, per quanto finita, si equivalga nella morte ad un’altra non ugualmente densa di significati ed esperienze…

la professione del medico è troppo complessa per esaurirsi negli esami e negli argomenti strettamente didattici..

Scriveva Gorge Bernard Shaw nel 1911: “ Sta di fatto che i medici in massa non sono più scientifici dei loro sarti: o, se preferite l’inverso, i loro sarti non sono meno scientifici di loro. Fare il medico è un’arte, non una scienza…Fare il dottore non è nemmeno l’arte di tenere la gente in salute: è l’arte di curare la malattia.”

Condivido pienamente questa affermazione; l’oggetto della scienza medica è l’uomo e l’uomo non è una macchina, la mente non è il corrispettivo del cervello…l’uomo ha la creatività, lo stupore, la capacità di soffrire e sorridere.. e tutto questo crea una perfetta unità con il corpo…sono sempre rimasta affascinata dalla psicosomatica, dal potere della mente e dalla relativa sottomissione del corpo.. documentandomi ho scoperto che non solo le malattie psicosomatiche esistono e che sono più frequenti di quanto chiunque possa pensare ma che sono soprattutto una cartina tornasole della realtà storica in cui si sviluppano…come non domandarsi dell’”epidemia” di paralisi femminile dell’800? Non è un fatto privo di importanza che questo comportamento si sia presentato in un tempo in cui le donne erano impedite nella loro sessualità, nei loro movimenti, nella loro espressione. Le tensioni di una vita repressa si manifestavano in forme di paralisi fisica o passività;la donna vittoriana, stereotipata al suo tempo come debole e passiva, spesso poteva comunicare con un mondo dominato da maschi potenti solo diventando “paralizzata”.

Ma se la mente può giungere a fare ciò come non essere riconoscenti a questi clown? Come non dare loro parte del riconoscimento per la riuscita di una terapia?Non vorrei che apparisse che io creda di poter curare con un sorriso; sono consapevole della necessità della didattica “formale” e adoro anche studiarla e non nego di essere una delle classiche “secchione”..ma credo che nella vita sia necessario non accontentarsi mai e continuare a cercare e ad apprendere…il mondo è troppo complesso per incastrarlo in regole ferree.. sfuggirà sempre…e così anche l’uomo..e allora invece di sforzarci di capire come tutto possa accadere delle volte credo sia meglio farlo accadere e basta..in questo senso invito tutti a provare a leggere l’esperienza del seminario come una forma di arricchimento non solo morale e interiore ma anche strettamente didattico…di poter pensare un giorno di utilizzare un sorriso non solo per la gioia che ciò comporta ma proprio come arma terapeutica…ringrazio vivamente il prof per il seminario..e soprattutto per la capacità con cui ha saputo utilizzare un insegnamento che ha tratto da Don Dilani cioè la capacità di sconvolgimento positivo e di insegnamento che lo stupore comporta, più del raziocinio, più di una intensa riflessione..grazie professore perché con lo stupore dell’entrata dei clown, con la meraviglia provata da noi tutti di fronte ad un seminario inizialmente creduto “palloso” ma poi divenuto entusiasmante, è riuscito ad insegnarci molto…più di un anno di lezioni…ha trasmesso “l’attitudine allo stupore”..
via Dalle Alpi alle Piramidi… by federica on 4/18/08

Il motto di Don Milani era I care. Questa espressione può essere spiegata in mille modi…Io penso che I care significhi dedicare un attimo della tua giornata a qualcun’altro, anche semplicemente l’attimo di una parola, di un sorriso o di un abbraccio. Ad alcuni potrà sembrare faticoso, ad altri inutile ma io credo che a nessuno costi così tanto far felice o sollevare per un attimo dai suoi pensieri un’ altra persona e anzi, per me, è una cosa che gratifica molto l’animo e ti rende utile…

La conferenza di lunedì mi ha colpita, e pensare che non sapevo se restare oppure no!
Innanzi tutto ho scoperto che per fare il clown non bisogna essere già medici ma ognuno di noi può farlo…inoltre sentendo parlare questi “animatori” ho sentito come il bisogno di fare qualcosa per far stare bene una persona malata, che sia un bambino o un adulto…chissà se non contatterò dott. Gomitolo, dott. Giraffina o qualcun altro dei clown per iniziare una nuova esperienza con loro…Non è da escludere!
Intanto vi mostro qualche foto della parata, non sono venute molto bene, d’altronde tra una bolla di sapone e un’altra non avevo tempo di fare anche la fotografa!
Martedì 8 aprile al cubo qualcosa di diverso è accuduto.
Una ventata di vita, finalemente qualcosa che fosse al difuori dagli schemi!!!
Ormai avevo perso la speranza che in quell’aula, da quel palco potesse accadere qualcosa in grado di farmi ridere, divertire e al tempo stesso riflettere. Credo che un vero medico debba, prima di tutto, prima di sapere a memoria milioni e milioni di ossicine, muscoli e paroloni, conoscere l'”uomo”, sapersi rapportare con esso. Dunque, quella che si dovrebbe respirare all’interno del cubo dovrebbe essere un’aria di solidarietà, e non un frenetico arrivismo !!!! Penso che l’iniziativa di “m’illumino d’ immenso” sia molto importante, in quanto non solo permette di donare un sorriso a persone malate ma soprattutto perchè è in grado di insegnare qualcosa che nessun libro può fare. Imparare ad entrare in contatto con l’animo delle persone stabilire un rapporto più profondo e personale che vada oltre la fredda analisi scientifica. Si dice che un sorriso allunghi la vita, io ci credo!
Certo che se tutti i compitini fossero come quello di martedi scorso sarebbe proprio un gran divertimento farli 
Il titolo del seminario era “I care” e già da qui, forse, potevamo immaginarci qualcosa..
Ma certo non tutto quello che è successo!!
L’inizio è stato “scolastico”, anche se, molto, molto interessante, di sicuro più di una lezione di biochimica o di istologia.
Il tema affrontato è un tema forte, Moravia ci ha scritto sopra un romanzo, non certo per spendersi in elogi o per glorificarla e io resto convinta che l’indifferenza sia uno dei mali peggiori..perchè fregarsene, di una persona, di una cosa, di un’idea, di un progetto non significa soltanto non amare, significa proprio che quella cosa, quella persona, quell’idea non è riuscita a lasciare dentro di te nessun segno del suo passaggio.
Ho cominciata a considerarla un male terribile già tempo fa, quando ho cominciato a muovere i primi passi in un mondo fatto di esperienze personali che hanno lasciato segni sulla mia pelle, ed ora la mia idea non può essere che rafforzata.
Credo davvero che lasciarsi scivolare le cose addosso sia una cosa tremenda, come spiegava il prof la parola I care non ha una traduzione precisa in italiano, si potrebbe definire come un interessamento empatico, di condivisione totale: riesco a far mie tutte le tue sensazioni, sia felici che infelici.
Il messaggio che quei ragazzi travestiti da pagliacci hanno portato oggi in aula secondo me è stato importante, prima di tutto perché hanno mostrato una cosa fondamentale, oltre al fatto che se si vuole davvero una cosa il modo per farla si trova, che amare è fondamentale.
Io penso che ogni lavoro richieda un amore iniziale: non si può durare fatica se non si ama almeno un po’ quello che si fa, ma credo che il lavoro che, si spera, andremo a fare noi un futuro richieda uno sforzo maggiore, cioè riuscire ad amare anche le persone a cui rivolgeremo le nostre cure, dedicandogli attenzione e impegno.
Camminare per careggi, facendosi portatori di questo messaggio, è stato bello e divertente ( soprattutto perché non si riusciva a coordinare il battito delle mani ).. e io penso che sarebbe veramente importante che ogni persona che si appresta a svolgere questo mestiere, cosi bello quanto impegnativo, riuscisse ad alleviare il peso di una malattia, di una sofferenza attraverso l’attenzione e, perché no, anche attraverso una risata.
Quindi un enorme evviva per chi ha il coraggio di improvvisarsi Patch adams per un po’!

via I love Casentino by noreply@myblog.it (marialalla87) on 4/13/08
Lunedì scorso mi hanno detto…”domani c’è il seminario di informatica!!”….e io…”seminario?”…”sì…sul copyright”….tutto mi sarei aspettata meno quello che è successo!!!Devo dire che anche il professore è stato molto chiaro nell’intento di spiegarci “I care”presentandoci la figura di Don Milani….ma tutto mi è apparso più nitido dopo aver conosciuto gli studenti-clown!!cea11a123996b60d562e3274ad26aef2.gif Questi ragazzi fanno qualcosa di veramente speciale…certo come ci hanno spiegato la loro missione richiede tempo e sacrifici ma che soddisfazione riuscire a regalare un sorriso e a far trascorrere qualche momento di allegria a dei bambini che soffrono…L’iniziativa è ancora più utile se si pensa che questi ragazzi saranno dei futuri medici…penso che la loro attività riesca ad inserirli nell’ambiente ospedaliero e a insegnare loro il giusto approccio con i pazienti fin da adesso!!Sulla scia del mitico Patch Adams,al quale i nostri amici hanno attinto,come si legge sul blog(p.s. ANDATE A VISITARLO!!) “M’illumino d’immenso” (alla voce poresentazione)il medico deve essere un clown,deve guarire divertendo…;siamo qui ben lontani da tanti medici di oggi che in cima al loro piedistallo non solo non allietano i loro pazienti, ma con aria burbera e dal’alto del loro sapere…ne prendono le distanze….Concludendo, e soprattutto ricordandomi che anch’io sono una studentessa di medicina e che quindi tutte le cose che ho detto valgono anche per la sottoscritta e per i miei colleghi studenti…CI invito a pensare all’idea di partiecipare all’iniziativa….Basta un pò di ORGANIZZAZIONE…!!!
via Mi ritorni in mente… by Chiaretta on 4/12/08

Chi, almeno una volta nella vita non ha cantato la celebre “Tanti auguri a teee, tanti auguri a teee, tanti auguri a Pincopallinooo, tanti auguri a te”!!!L’avete pagata la SIAE? No?? Male male male..a quest’ora dovreste (e dovrei) essere tutti in galera già da tempo. Sembra un parodosso..eppure nemmeno la canzoncina dei tanti auguri è nostra! A parte le esagerazioni, a mente fredda ho riflettuto sul seminario
“I care”.. Cosa mi è rimasto dentro? L’importanza dello stupore e della meraviglia davanti agli eventi di tutti i giorni, il non fermarsi davanti le apparenze anche se sembrano palesi..ma interrogarsi fino in fondo su quello che ci circonda, l’importanza del non montarsi la testa e di essere sempre alla mano con tutti, ora e nel futuro di medici, il valore della condivisione nel senso più ampio possibile (da internet alle esperienze personali) e quello del sorriso..(mitici i Patch Adams dell’uni!!!).
Chiudo il post con un passo di “Lettera a una professoressa”:
“Disciplina e scenate da far perdere la voglia di tornare. Però chi era senza basi, lento o svogliato si sentiva il preferito. Veniva accolto come voi accogliete il primo della classe. Sembrava che la scuola fosse tutta solo per lui. Finchè non aveva capito, gli altri non andavano avanti.”
In sintesi? Accoglienza e condivisione.
via posso farcela by madda on 4/12/08
Da martedì, dopo la scenetta dei ragazzi-pagliaccio, non riesco a togliermi queste parole dalla testa…parole a cui è da tanto che non pensavo più…: “Io e lei non abbiamo niente da dirci”.
Novembre 2005. Mio nonno è un po’ più giù del solito..ha avuto una brutta influenza che ha scombussolato il suo delicatissimo equilibrio…
Il medico di famiglia dice che non è necessario portarlo all’ospedale…
Il nonno insiste…vuole sentirsi più tranquillo, dice.
Si alza e come se fosse domenica si fa la doccia, si fa la barba e si prepara ad uscire. Da solo. Si sente indipendente, anche se non più di tanto in forma.
Lo saluto prima di andare a scuola. Non potevo immaginare che non l’avrei mai più trovato in casa la mattina, prima di uscire. E’ un po’ affannato, ma a volte l’ho visto peggio.
La mamma lo porta al Pronto Soccorso…
Nel frattempo le condizioni si sono aggravate…la considerazione data agli anziani lascia desiderare…c’è da attendere per il ricovero…
Finalmente qualche attenzione… nonno viene ricoverato e sistemato in un letto dell’ ospedale.
La mamma è fuori che aspetta…che esca la dottoressa che lo sta visitando…vuole darle un po’ di informazioni..spiegarle un po’ la situazione..dal suo punto di vista…dal punto di vista di chi da tempo si alza la notte per vedere se chi dorme nella stanza accanto ha il respiro affannato, di chi senza essere troppo insistente, con discrezione, controlla se il nonno beve abbastanza e se la sua diuresi è regolare..da chi, seppur senza nessuna competenza medica, per esperienza, si accorge tempestivamente se il nonno è in scompenso…
Si apre la porta..e forse assieme a lei qualche speranza…
La mamma si avvicina.. “ Scusi dottoressa…”
“Io e lei non abbiamo niente da dirci. Non adesso.”
Le condizioni si aggravano repentinamente. Di lì a pochi giorni il funerale.
Nonno non c’è più e la mamma resta con il rimorso di non essere riuscita a parlare con la dottoressa, con quella dottoressa e in quel momento.
…Risuonano nella mente ancora le parole: “Io e lei non abbiamo niente da dirci”.
Non l’ho fatto prima, ma adesso mi piacerebbe esprimere la mia opinione sul progetto “M’illumino d’immenso”, che ci è stato presentato martedì al seminario, richiamando l’importanza che riveste, a mio modo di vedere, un’attività di questo tipo.
Già il nome che è stato scelto, quello della breve quanto densa di significato poesia di Giuseppe Ungaretti, è di per sè indicativo, e mi fa subito pensare allo scopo dell’opera di queste persone: far illuminare con un grande sorriso il volto di tutti quei bambini che si trovano, purtroppo, in una stanza d’ospedale. Questo tipo di terapia, la clownterapia, fu ideata da Hunter “Patch” Adams, ed è una terapia olistica: considera il paziente nella sua complessità e totalità, poichè, oltre ad essere un caso clinico, è prima di tutto una persona, in questi casi addirittura un bambino, il quale ha bisogno di vivere serenamente un’esperienza che si può, purtroppo, verificare come quella dell’ospedale. Ha bisogno di sentirsi, per quanto possibile, a casa, sicuro, ed il lavoro di tutte queste persone è rivolto proprio in questa direzione. La loro attività presenta senza dubbio affinità con l’ “I Care” di Don Lorenzo Milani, di cui abbiamo parlato martedì: a loro “sta a cuore” la serenità dei piccoli degenti, sta a cuore questo progetto, che mi sembra portino avanti con grande determinazione, nonostante la terapia del sorriso incontri ancora qualche resistenza ad essere accettata, soprattutto da parte delle grandi case farmaceutiche.
Hunter “Patch” Adams
via Carpe diem by Marti on 4/10/08

Piacevolmente Sorpresa!!

Dicono che quando si sorride siamo più belli…

Le zampette di gallina ai margini degli occhi, vengono alle persone anziane che spesso hanno sorriso!
Sorridere e divertirsi è uno slancio per fare ciò che si vuol fare: i ragazzi ieri, mi hanno ricordato che, gustando ciò che si studia e divertendosi a farlo, porta a vedere le cose più semplicemente.

Medicina è dura, è una serie infinita di libri, di termini, di esami, ma effetivamente è bene ricordare che, se anche uno si laurea con 110, ciò che conta più del sapere e del camice é l’amore che c’é in un rapporto umano.

Credo sia bello vedere un bimbo che improvvisamente sorride, anche se si trova nel dolore, e credo che il rapporto, che viene ad instaurarsi col clown, non sia uno qualunque (cioè un bambino vale l’altro), ma un legame intimo di gioia, che permette di avere un sorriso intimo per quella persona con quella storia.
Un volto, una persona, un essere sono qualcosa di unico… penso che sia imporatnte vivere e convivere insieme con questa prospettiva per trovare il gusto di un rapporto e l’amore per potersi sostenere a vicenda, anche se talvolta è molto duro.
Vorrei ringraziare i ragazzi, soprattutto perchè ieri hanno fatto conoscere questo progetto e con semplicità hanno detto…La vita é bella!

via Il mio primo blog… by marty88 on 4/10/08

I clown mi hanno sempre affascinato… Da piccola, i miei mi portavano spesso al circo perchè ridevo proprio come una matta a vedere quegli strani soggetti con quelle grandi parrucche e il viso tutto truccato, con un grandissimo nasone rosso; mi sedevo sempre nei primi posti con il mio enorme zucchero filato o i miei enormi pops corn e ridevo dall’inizio alla fine… poi, da quando sono diventata adolescente, non sono più voluta andare al circo perchè mi sentivo “grande” e i clown non mi facevano più ridere… ma damartedì scorso ho cambiato di nuovo opinione: quando sono entrati i ragazzi vestiti da clown sono scoppiata a ridere, tanto che mi sono venute le lacrime dalle risate, ed in quel momento sono tornata per un attimo quella bambina di qualche tempo fa, che amava il circo… Allora, mentre guardavo il loro spettacolo, mi sono tornate in mente anche le parole che aveva pronunciato poco prima lei, prof, ” il medico non deve mai perdere le capacità di stupirsi”: io, invece, mi sa che un pò l’avevo persa quando “decisi” di essere troppo grande per il circo… ed invece, grazie a quel semplice spettacolino, ho capito che non si è mai troppo grandi per stupirsi, anzi è un modo per restare sempre bambini! quei ragazzi, che sono nostri compagni di studio, hanno saputo catturare tutti noi spettatori, un pò spaesati e stupiti da tutto ciò che stava accadendo in quell’aula universitaria dove passiamo la nostra mattinata tutti intenti a prendere appunti… e se sono riusciti a far ridere noi, figuriamoci cosa riescono a fare negli ospedali: alle persone che stanno male a volte basta un piccolo gesto per sorridere e per gustare le troppo poche cose belle che la vita riserva loro… insomma penso che anche il titolo del seminario non potesse essere più giusto: lei, prof, martedì si è veramente “preso cura” di noi: ci ha mostrato come all’università si potrebbero imparare molti concetti in modo nuovo; inoltre si è “preso cura” di noi perchè ci ha permesso di capire veramente quanto è importante sorridere e far sorridere gli altri, cosa che a volte ci dimentichiamo, tutti presi dai tempi frenetici delle nostre vite.

Grazie ancora per la bella esperienza e complimenti ai ragazzi del progetto “M’illumino d’Immenso”!
Martina Bianconi

via come tu solo sai… by dalia on 4/11/08

Lezione memorabile !
Questo si che vuol dire saper fare dell educazione con metodi alternativi e molto soddisfacenti dal punto di vista della recezione per noi studenti!..
Il seminario ha offerto degli spunti di riflessioni eccezionali, spingendoci a capire più a fondo l avventura “professionale” che ci aspetta.
Innanzi tutto va cambiato il modo di pensare: per un medico è INDISPENSABILE passare dall ” I Cure ” all ” I Care “, ovvero è nessaria una medicina che non dice solamente ‘io ti curo’, ma che dice soprattutto: ‘io mi prendo cura di te’ !!
Il confine è sottile e spesso molti tendono ad equivocare le due cose. Voglio raccontare una mia esperienza.L anno scorso ero iscritta a Scienze Biologiche all interno del Polo di viale Morgagni.Era circa la metà di giugno quando Patch Adams arrivò come ospite all università per raccontare la sua esperienza di medico che impiega l arte del sorriso come tecnica di guarigione per i suoi pazienti. é normale che non si riesca a guarire una persona “semplicemente facendola ridere”, ma quanto è necessario per un paziente che deve affidare la propria vita nelle mani di uno sconosciuto, riuscire a mettersi a proprio agio e raccontarsi !! Penso che la freddezza di animo che molti attribuiscono a questa professione vada assolutamente debellata..per lasciar spazio ad un atteggiamento di disponibilità verso gli altri, offrendo una relazione di qualità basata sull’ ascolto non valutativo, fatto di comprensione nei confronti dei fabbisogni del prossimo. La frase che più mi è rimasta in mente durante il seminario è stata: “Più un medico sale su un piedistallo, più diventa piccino“! Beh penso che queste siano parole sante!.. Non è voler fare della retorica la mia, ma è un dato di fatto.
Si è vero, ognuno di noi è felice e orgoglioso di sè se raggiunge risultati soddisfacenti e tenta sempre di superare i propri limiti.. ma tutto ciò non deve allontanare dalla missione che sei chiamato a svolgere.. entrare nella mente e nel cuore di una persona e rivoluzionarla, aiutandola a eliminare le sue paure e a far di tutto per guarirla. Se uno si allontana, si eleva dalla massa e si vanta dei propri meriti, non fa altro che allontanare se stesso dal proprio paziente, che continuerà a guardarlo sempre con occhi diffidenti,con distacco,non riuscendo mai ad aprirsi completamente. Non bisogna mai pensare di “essere arrivati” nella vita, perchè proprio in quel momento ti può sconvolgere!! Questa è un concetto che ho imparato a mie spese e spero di poter continuare a perseguirlo sempre.
Quello proposto dal professore è un singolo evento (ce ne vorrebbero molti di più).. ma non basta, anche se è già un inizio, parteciparvi empaticamente, bisogna viverlo nel quotidiano .. e spero che un giorno se riuscirò ad indossare quel tanto sospirato camice riuscirò a farlo..

via my blog, my globe by ire on 4/9/08

I care. I care certe manifestazioni di umanità così viva e nobile, nella congerie di bassezze e orrori e errori della nostra realtà contemporanea; ritrovi in un aula piena tanta grandezza d’animo, quell’impeto umano alla voglia di vivere, di ridere, di fare..Ritrovi lo slancio passionale, la trasparenza, “peaceful easy feelings”come cantavano gli Eagles, sorridere e pensare e riscoprire una bellezza e purezza di sentimenti, chè certe volte ti dimentichi davvero cosa conta, vivi per abitudine e ti “guardi vivere” come diceva Pirandello..e poi all’improvviso “il treno ha fischiato”..e ti svegli e godi della passione e della sensibilità così viva, così vicina, così vera del tuo professore che cammina sul palco e pur parlando di leggi sul copyright in fondo parla di sè, parla di noi, parla di te..Jostein Gaarder ne “Il mondo di Sofia” indica i filosofi, come quelle persone speciali che conservano la capacità di stupirsi di fronte al mondo che è propria dei bambini e che gli adulti dimenticano, il guardarti intorno e vivere con entusiasmo e curiosità, che è poi il fanciullino di Pascoli..La complessità del nostro essere umani è per sua definizione sfaccettata e multiforme..di quelle forme oggi ho apprezzato quelle più nobili e alte..in quel palco oggi c’erano tanti filosofi.
via Cantastorie by Pierpi on 4/24/08
Come al solito in immenso ritardo, questo dovrebbe essere il mio compitino sul seminario I care organizzato dal prof, ma più che un compitino è diventato uno sfogo.
L’8 aprile è stata una mattinata davvero entusiasmante, che mi ha portato a fare i conti con me stessa. I ragazzi dell’organizzazione m’illumino d’immenso sono fantastici e mi hanno risvegliata da un sogno, ormai diventato quasi incubo. Grazie a loro mi sono ritrovata a pensare, a chiedermi perché ho intrapreso questa strada, perché voglio fare proprio il medico e non il panettiere, l’insegnante o magari l’astronauta?! C’è stato un periodo in cui quando mi chiedevano perché volevo fare il medico la mia risposta era immediata, decisa, non avevo alcun dubbio: voglio fare il medico per i sorrisi della gente. Credo che nulla al mondo riesca a riempirti più di un sorriso sincero, niente riesce a farti sentire così vivo come la risata di un bambino, una di quelle che sembrano partire dallo stomaco e che poi restano nell’aria. Ora vi chiederete perché se è così che la penso non ho fatto il comico, dato che il medico si può dire che venga incontrato solo se costretti e sotto tortura (sono la prima che ha una paura assurda del dentista!!!); bhè non so se riesco a spiegarmi ma credo che il medico è proprio questo che tenta di fare, ovvero cerca di riportare il sorriso dopo la sofferenza e lo fa curandoti o curando una persona a cui vuoi bene, lo fa rassicurandoti con la sua presenza. Magari vi sembrerò presuntuosa ma è proprio questo che voglio fare. Anche se l’anno passato (drammaticamente iscritta a biologia per non aver passato i test di ammissione) mi ha portato a perdere di vista il mio “perché”, è stato un anno in cui non ho fatto altro che ripetermi che medicina è una facoltà come un’altra, che è solo una professione e che non è detto che sia la mia strada. Poi a settembre la svolta, ho rifatto il test quasi con paura e con terrore ho scoperto di averlo passato. Terrore perché non mi ci identificavo più, non riuscivo più a trovare il mio “perché”, con il rischio di diventare uno di quei dottori che non chiedono mai al proprio paziente “come va?”, che non si presentano mai e che cercano in ogni modo di instaurare un certo distacco. Non è quello che voglio. Non è questo il mio sogno. Non è questo quello per cui ho “lottato” (perché per me è stata una battaglia anche solo riuscire a iscrivermi). Poi è arrivato l’8 aprile, ho visto quello che dei ragazzi come me sono in grado di fare, ho visto il loro entusiasmo, la loro grinta, il loro impegno, la loro passione. E ho deciso che voglio ritrovare la mia. Grazie ragazzi.
Ovviamente più di 200 parole…ops..
via KungFuPanda by KungFuPanda on 4/11/08
Una delle mattinate spese meglio da quando sono iniziati i corsi del secondo semestre… Visto che non sono proprio la persona più seria del mondo e che anzi mi piace scherzare anche in situazioni un pò ambigue, ritrovarmi di fronte a gente come me mi ha fatto star meglio…Si, perchè in questi mesi mi sono domandato spesso se con il mio carattere sarebbe stato possibile portare avanti serenamente la mia carriera di studente. Combiano le amicizie, cambia la vita, cambia il punto di vista con cui si vedono le cose… Dall’atteggiameto infantile/liceale/idiota ho cominciato (cominciato, eh!) a maturare un atteggiamento responsabile/disilluso/serioso che proprio non mi si addiceva.

Devo dire che già aprire il blog mi è servito molto a ricordarmi cosa ero e cosa sono, poi la manifestazione davanti alla presidenza (e la foto su repubblica!) mi ha fatto tornare un pò dissidente… Con il seminario dei nostri colleghi medici di m’illumino d’immenso la patina opaca che mi aveva coperto si è praticamente dissolta…

Ho scoperto che c’è gente come me a cui piace ridere, scherzare, trovare il lato buffo anche in quella che deve essere la professione più seria perchè ti mette in mano la vita della gente… Proprio per questo forse uno la vita deve imparare ad apprezzarla, a godersela, a VIVERLA! Un medico che non impara a stabilire rapporti umani con chi ha di fronte non sarà mai in grado di guarire nessuno. Certo, potrà alleviare le sue sofferenze con medicinali, ma non avrà imparato nulla confrontandosi con il suo paziente e seguendo il sentimento umano più bello che è quello della COMPASSIONE, di prendersi carico delle sofferenze di chi ti stà accanto…

So di essere andato spesso e volentieri fuori tema, ma come dice il Romagnoli mi è venuto di fare un “fervorino”…

Grazie ai nostri colleghi pagliacci che ci hanno ricordato quanto una risata possa essere importante!

il finto funerale, e Satana (con la sciarpa bianca)

la lunga fila degli studenti, con relativo ingorgo (sempre Satana sulla destra)
via …GongoLanDo… by Sara on 4/10/08
Che seminario favoloso! Ma cominciamo dall’inizio…. condivido a pieno il discorso del professore: facciamola finita con il “latinorum di Don Abbondio”! Che senso sfoggiare estrema erudizione se il paziente non capisce nulla? Diventare medico non dovrebbe equivalere a salire su un gradino ma l’esatto contrario: mettersi a livello del malato dei suoi dubbi e delle sue paure, perchè (a mio parere) se il medico non ottiene la stima e la fiducia del paziente la sua missione si può considerare fallita in parte!
Poi il racconto dell’operato di Don Milani: il motto “I care” era scritto a grandi lettere sulla parete della sua scuola e questo da solo basterebbe a dire tutto sul suo impegno e la sua dedizione. Io non sono religiosa, ma non penso sia necessario esserlo per apprezzare certi valori. Infondo la necessità di condividere le nostre conoscenze, di stupirsi, di interrogarsi, di avere a cuore il prossimo sono valori che tutti possono comprendere.
Poi il gran finale! Mentre la Professoressa Berlingieri additava lo staf di Medwiki come “covo di criminali” (a proposito è stata divertentissima; secondo me ha un futuro di attrice!) arriva questo ragazzo che a gran voce comincia a ribattere e qualche secondo dopo fa irruzione nell’aula tutto il gruppo di clown che con una scenetta divertentissima ci presenta il progetto M’illumino d’immenso. Che bel modo di vivere questi anni di studio:non c’è solo il piegarsi sui libri, ma esistono per fortuna anche esperienze che ci danno l’opportunità, sin dai primi anni di formazione, di aiutare i malati (e guardate che riuscire a far sorridere dei bambini ricoverati in ospedale non è cosa da poco!). C’erano anche delle ragazze che non frequentano medicina sintomo che il progetto riesce a essere appassionante e coinvolgente anche per chi nella vita non vuole fare il dottore…
Che altro dire: grazie professore!!!
via Il blog d’Andrea by tirsi on 4/13/08

Eccomi qua a parlare del seminario “I care”, forse un pò in ritardo ma l’emozione del momento è rimasta lo stesso intatta. Devo dire che sono rimasto impressionato dall’entusiasmo e dalla spontaneità con cui i ragazzi di M’illumino d’immenso si mettono in gioco…deve essere davvero bello per un ragazzo malato essere colpito da una tale ondata di allegria e spensieratezza e poi, se sono riusciti a coinvolgere me nel ritmo della scena e nell’improvvisata manifestazione sono davvero bravi.

Non è cosa nuova, almeno per me, che fin da piccolo ho avuto varie occasioni di soggiornare in ospedale, vedere quest’ultimo come un luogo abbastanza triste e tutto uguale dove i medici sono troppo impegnati nelle diagnosi o rincorsi dal tempo e le infermiere troppo occupate a berciare contro i parenti di non intralciare il loro lavoro. Quante volte avrei preferito essere accolto da dei ragazzi come quelli del seminario invece che da macchine; sì perchè molte volte è così. Dopo anni di duro servizio il medico dimentica la necessità di creare quel rapporto emotivo che vada oltre la pura pratica lavorativa. Svolge così le stesse domande, indifferentemente dal paziente che visita e tralascia di ottenerne la fiducia (perchè secondo me questo è anche curare, apertura reciproca e scambio di idee). Prima dell’incontro di Martedì ero convinto di questo aspetto e adesso lo sono ancora di più…e questo grazie alla storia dell’omino dell’ape.

Quello che mi auguro per il futuro è di riuscire a rimanere fuori dal circolo vizioso “cultura=potere” e basare il mio lavoro sulle persone e non su me stesso perchè sia ben chiaro, chi pone la propria persona su di uno scalino sopraelevato rispetto agli altri e crede da lì di potere dispensare giudizi universali, sarà un pessimo medico o meglio maestro di cultura ma eterno apprendista in fatto di relazioni medico-paziente.

Stavolta più di un compito si tratta di un piacere, lasciatemelo dier. E’ per me un immenso piacere spendere due parole su ciò che è successo ieri.Provo una profonda ammirazione per quei ragazzi che ieri si sono prestati a mostrare una parte di quella che è la loro vita. Penso che siano quelle le persone che hanno veramente capito che cosa significa essere medici, prima di tutto essere delle persone. Lo spirito con cui quei ragazzi partecipano al progetto “Mi illumino d’immenso”, le buone intezioni che hanno e il modo con cui credono in ciò che fanno mi hanno fatto ripensare su ciò che vuol dire per me diventare medico, il vero motivo che più di ogni altro mi ha spinto a intraprendere questa dura e lunga strada:il profondo desiderio di aiutare gli altri, la voglia di mettere a disposizione di tutti il mio sapere e le mie conoscenze per giovare a quanta più gente possibile. Non ho mai parlato in questo blog delle motivazioni per cui ho intrapreso questa facoltà e forse questa è l’occasione giusta. Fin da piccolo ho sempre desiderato con tutto il mio cuore di trovare un modo per aiutare quanta pù gente possibile, di scegliere una professione che mi consentisse il contatto umano con le persone e che mi permettesse di essere utile in qualsiasi modo anche il più banale alla società. Ecco come dopo numerose riflessoni sono apporodato a medicina. Il mio non è un semplice desiderio di sapere fine a se stesso, non è una volontà di sfoggiare un titolo o di indossare un camice ma la profonda convizione di aiutare il prossimo. E quale modo migliore di aiutare gli altri se non condiveidendo??
Mi spiego meglio:condividere significa mettere a disposizione degli altri le proprie risorse, il proprio sapere, il proprio lavoro….Solo così si riesce a crescere, solo così si può veramente capire cosa significhi andare avanti. Molto spesso forse ce ne dimentichiamo, molto spesso pensiamo a noi e niente più… ma bisogna sempre tener presente che tutto ciò che circonda ci interessa, ci riguarda da vicino, è un qualcosa di nostro…spesso ci dimentichiamo che noi possediamo uno strumento che fino a qualche decennio fa non esisteva:internet. Ultimamente internet viene presentato come luogo di perversione, come un mondo virtuale nmel quale si può solo truffare o essere truffati…sicuramente in tutto questo non c’è niente di sbagliato ma d’altra parte bisogna tener ben presente che internet non è solo questo, anzi è molto molto di più. Internet è il mezzo per eccellenza per condividere, per mettere in comunione qualcosa, per far comunicare tutto il mondo…non scordiamolcelo.
Concluderei ringraziando tantissimo tutti i ragazzi che ieri si sono presentati, il prof(arf) che ci ha dato la possibilità di uscire un pò dagli schemi facendoci capire che medicina non è solo libri, appunti, fotocopie, laboratori, etc ma è molto di più:medicina è il contatto con gli altri. Grazie, grazie e ancora grazie per avermi permesso di rispondere a una domanda che sempre più spesso mi stavo ponenedo “Ma io cosa ci faccio qui?”
Sono passati due giorni dal seminario “ I care“, ma ciò che ti stupisce ti rimane impresso, indelebile nella mente.
Bene a sapersi, che esiste nella nostra università un’ organizzazione come “M’illumini d’immenso”, io li identifico tutti come medici del sorriso, anche se non tutti sono medici, ma per me lo sono e vanno presi come esempio.
Devo rivelarvi che ci sto pensando seriamente se unirmi a loro (magari tra qualche anno), chi mi conosce sa che anche a me piacerebbe partecipare, la mia famiglia sa anche che quando ero più piccola volevo fare medicina proprio per diventare un medico del sorriso (io li chiamo così ma non sono sicura che sia il nominativo adatto), mia mamma dice sempre che mi vedrebbe bene, io non lo so, sono un tipo abbastanza timido e questo alcune volte può diventare un problema.
Ma ora parliamo di loro, la compagnia “M’illumino d’immenso”, ragazzi come noi, studenti come noi, per di più studenti della nostra facoltà, che vivono con l’idea che donare un sorriso possa migliorare la vita, o almeno la giornata di qualcuno, soprattutto di chi più soffre, di chi ne ha più bisogno, di chi si sente più solo.
Questi ragazzi vogliono provare a migliorare la situazione di coloro che sono costretti a stare in un letto di ospedale per molto tempo, donandogli un sorriso ma anche uno stimolo ad andare avanti quando ormai tutto sembra perduto, a vivere giorno dopo giorno, solo grazie all’idea che un sorriso, un semplice gesto oltre che illuminarti il viso possa anche illuminarti di immenso il cuore. Però non è tutto rose e fiori purtroppo, spesso ricevono porte in faccia, no secchi, costretti ad andare via quando chiude l’orario di visite, perché chi è sano, chi sta bene non sempre riesce a mettersi nei panni di chi, invece, è costretto a rimanere solo, fermo immobile su di un letto.
Bisogna aggiungere, in oltre, che su 100 persone (malati stessi) che approvano il loro fare, attendono la loro visita perché si divertono, ci scherzano e altro, ci sono altri 100 che pensano <>. Purtroppo non si può aver tutto dalla vita e si deve accettare il bello e il brutto delle persone.
Un’altra cosa da ammirare di questi ragazzi è che devono riuscire a mantenere il sorriso, la voglia di scherzare davanti a tutti e tutto, anche ai malati più gravi, ai bambini più sofferenti e questo non è un lavoro semplice da fare, io non so se ci riuscirei.
Potrei fare un poema su quest’argomento, quando qualcosa ti punge sul vivo vorresti avere uno spazio illimitato e un lettore mai annoiato che legge quel che scrivi, ma per tutti il tempo scorre e le cose da fare sono tante, ma ci si deve sempre ricordare che sorridere a se stessi, al vicino, allo sconosciuto che ti è vicino fa bene, fa bene al cuore, alla salute, all’umore, può cambiarti la giornata, ma lo ammetto alcune volte quando le cose vanno male è proprio difficile sorridere, però si dovrebbe imparare a farlo.
Ricordate ” Chi sa sorridere, sa vivere” (mi sembra che sia una citazione di qualcuno, ma potrebbe anche essere di mio babbo, non lo so ma non è importante, ciò che conta è il significato).
Eccomi qua. E’ tempo di riorganizzare le idee, domare i pensieri e farne parole, è tempo di ricordarsi che saper comunicare ciò che si è maturato èa tanto importante quanto essere stati capaci di pensarlo.
Ma come fare a domare un’esperienza del genere? Come riuscirci quando ogni cambiamento del vento è emozionante? Questo post è la mia piccola sfida, vediamo se riesco a vincerla con voi, miei amici e lettori.Di poche cose sono certo nella vita, pochissime. Quattro, per l’esattezza:
1) Siamo tutti nati
2) Tutti moriremo e doneremo i nostri atomi ad altra vita, altri miracoli.
3) Tutti proviamo dolore.
4) Tutti ci adoperiamo per non provarne.

Vi starete dicendo: ” Belle parole, sei un filosofetto in gamba, ma cosa c’entra?”.
Vi racconto una storia. L’unica storia possibile. LA Storia.
Matteo ha un Problema. Un Problema che lo fa soffrire limitando la sua libertà di azione nel mondo.
Anche Marco ha un Problema.
Marco e Matteo sentono di non poter convivere col Problema, e decidono di tentare di risolverlo, indipendentemente l’uno dall’altro. Entrambi sono tutti concentrati nella propria tribolazione, camminano a testa bassa, concentrando tutte le loro energie nella risoluzione del Problema, senza mai alzare la testa, pensando ognuno per sé. Prima che se ne possano rendere conto, Marco e Matteo inciampano l’uno sull’altro. Adesso hanno due problemi: il dolore che già provavano, e quello che si sono procurati scontrandosi. I due, però, sono adesso costretti a guardarsi in faccia. accade una cosa inaspettata. Entrambi pensano: “Cosa accadrebbe se io gli proponessi di aiutarmi a risolvere il mio problema, aiutandolo in cambio a risolvere il suo?”. In men che non si dica, Marco e Matteo hanno formato un’unione solidale. Le conseguenze? Il dolore provocato dal loro scontro è svanito, e i loro Problemi adesso possono avvalersi dell’aiuto di un’altra persona. Non solo. Qui arriva il bello: Marco e Matteo incontrano Filippo, che ha un Problema. Immediatamente si rendono conto che adesso possono esercitare insieme una forza ancora maggiore per aiutare questa terza persona. Ecco che si aggiunge un terzo individuo all’unione solidale. Adesso queste tre persone possono affrontare un numero di problemi già MOLTO maggiore. Sono in tre: possono già esercitare forze interne molto intense, e cominciare a pensare che – in tre – si possono esercitare verso l’esterno azioni mirate ad aiutare non una sola persona, bensì due.
Insomma, avete già capito come va a finire la storia. Più il gruppo si ingrandisce, più la sua forza diventa travolgente. Ma c’è un aspetto da chiarire.
Detto molto brutalmente: quando ci troviamo nella merda e riusciamo ad uscirne, abbiamo tre opzioni:
1) Non rivelare a nessuno come abbiamo fatto —> solipsismo. Morte della società.
2) Rivelare a pochi eletti la soluzione —-> élite. Massoneria, classismo, società immobile ma viva.
3) Rendere “opensource” la nostra soluzione —-> Società Solidale. Proliferazione. Miracolo. Amore, convivenza. Il genere umano che si alza, guarda il sole dritto negli occhi e sceglie di essere più felice, di marciare unito verso un obbiettivo: non certo quello di vincere il dolore, i problemi, la conflittualità, ma almeno quello di immaginare e vivere un mondo in cui ognuno di noi possa beneficiare della “saggezza” e del senso pratico di tutti gli altri, vivere sorretto da una rete di rapporti solidali, e provare sommo piacere nel contribuire a questa rete.

Che il vostro modo di amare la vostra umanità sia condividere materiale su MedWiki, regalare una risata a chi soffre in corsia, dare la vita, offrire un caffè al vostro migliore amico, mettervi a nudo come fa questa bellissima anima , offrire ai propri amici sicurezza, una buona dose di stronzate giornaliere, lealtà come fa questo pazzo , vincere ogni malumore con la propria genuinità, come fanno questa tizia, quest’altra e quest’altra ancora, dimostrare tenacia, intelligenza e sensibilità come lei – in ogni caso c’è bisogno di voi. Io ho bisogno di voi, tutti ne abbiamo, tutti ne possiamo avere.
I Clown mi hanno colpito, e mi hanno fatto capire proprio questo. Io parto da qui: questa sarà la maglia incrollabile del mio Social Network, lo scheletro solido della mia fragilità di essere umano. Voi cosa ne dite? Vi unite a noi? Al Cubo siamo 200… Se Marco, Matteo e Filippo potevano già essere una squadra indistruttibile, imamagainate cosa potremmo essere noi, per i nostri amici, per i nostri figli (un giorno), e soprattutto, per i nostri futuri pazienti, che ci meritano al meglio delle nostre potenzialità di esseri umani.

Qui secondo me si gioca il futuro di questo meraviglioso genere umano.

Caro Prof, io ho capito questo.

via !!!!HOUSTON ABBIAMO UN PROBLEMA!!!! by scerin on 4/20/08

Come titolo di questo post ho deciso di mettere una frase tratta dal film “Patch Adams” che mi sembrava contenere tutto il significato di quello che,martedì scorso,alcune persone hanno cercato di trasmetterci.Finalmente martedì sono riuscita a vedere da un altro punto di vista questa benedetta facoltà; l’ho vista finalmente viva e attiva e non come un posto dove non si pensa altro che a studiare. Purtroppo era questa l’idea che ormai mi stavo costruendo di medicina: mi sembrava veramente che gran parte della gente fosse assetata solo di apparire anche a costo di pestare i piedi a quello vicino per farsi vedere dal professore, un posto dove le persone , più che essere persone,erano robot pronti a studiare qualunque,a memoria e nel caso senza dargli la dovuta importanza con l’unico obbiettivo di prendere 30 all’esame e di mettersi in saccoccia un po di crediti e ciò che più temevo è che da lì a poco sarei potuta diventare in quel modo!Martedì invece alcuni ragazzi più grandi di noi ci hanno mostrato una faccia nuova della medicina, che astrae dallo studio, dai voti,dalla quotidianità che l’università ci impone tutti i giorni.Ci hanno ricordato come ognuno di noi abbia la possibilità di far sorridere le persone, ma non delle semplici persone ma persone che purtroppo sono state meno fortunate di noi. Quello che veramente mi ha fatto piacere è vedere come tantissima gente la pensa come me , come forse ancora un barlume di speranza c’è, la speranza che,quello che martedì ci hanno raccontato dei semplici ragazzi, è stato fatto nostro e che tutti noi nel nostro piccolo proviamo ad appliccarlo, ad applicarlo ora e quando diventeremo medici (forse….meglio essere scaramantici)aiutando quelli che ci stanno intorno non solo curandoli dal punto di vista fisico ma aiutandoli in un momento difficile che stanno passando, facendoci sentire vicino a loro e ricordandoci ogni secondo di quanto siamo fortunati e che al posto di quella persona che abbiamo davanti potremmo trovarci noi.
Metto una poesia di Neruda che penso possa farci cogliere come dovremmo porci nei confronti degli altri(me compresa):
T’amo senza sapere come, né quando, né dove.
T’amo direttamente senza problemi né orgoglio.
Così ti amo perché non so amare che così, così vicino che la tua mano sul mio petto è la stessa, così vicino che si chiudono i tuoi occhi col sonno mio…
e un altra che mi sembra ancora più adatta, sempre di Neruda.
Toglimi il pane, se vuoi,
toglimi l’aria, ma
non togliermi il tuo sorriso.
Non togliermi la rosa,
la lancia che sgrani,
l’acqua che d’improvviso
scoppia nella tua gioia,
la repentina onda
d’argento che ti nasce.
Dura è la mia lotta e torno
con gli occhi stanchi,
a volte, d’aver visto
la terra che non cambia,
ma entrando il tuo sorriso
sale al cielo cercandomi
ed apre per me tutte
le porte della vita.
Amor mio, nell’ora
più oscura sgrana
il tuo sorriso, e se d’improvviso
vedi che il mio sangue macchia
le pietre della strada,
ridi, perché il tuo riso
sarà per le mie mani
come una spada fresca.
Vicino al mare, d’autunno,
il tuo riso deve innalzare
la sua cascata di spuma,
e in primavera, amore,
voglio il tuo riso come
il fiore che attendevo,
il fiore azzurro, la rosa
della mia patria sonora.
Riditela della notte,
del giorno, della luna,
riditela delle strade
contorte dell’isola,r
iditela di questo rozzo
ragazzo che ti ama,
ma quando apro gli occhi
e quando li richiudo,
quando i miei passi vanno,
quando tornano i miei passi,
negami il pane,l’aria,
la luce, la primavera,
ma il tuo sorriso mai,
perché io ne morrei.
“ E’ stato bello” riassume le prime impressioni del seminario. Riflettendo mi accorgo che oltre al divertimento, un messaggio più profondo è passato. Non vorrei esagerare , rischiando di diventare pesante parlando di “messaggio profondo” ma, personalmente (posso sbagliarmi) ritengo che sia stato un momento, un pretesto per considerare molti aspetti, soprattutto sul valore di fare il medico.Secondo me, il senso essenziale è espresso da tre parole: partecipazione, condivisione, stupore. Elementi legati , il mancare di uno fa perdere senso all’altro, lo impoverisce banalizzandolo. Infatti “partecipare” o è semplice presenza o è qualcosa di più costruttivo, impegnativo, mettersi in gioco con altri così come siamo, diventando così “condivisione”, che senza “stupore” non si rinnova, non si rafforza come una onda che si auto – alimenta. Senza stupore, la condivisione non arricchisce, fa rimanere uguali, stupirsi evita la banale acquisizione delle cose, evita la chiusura mentale che raffredda.

Condivisione, partecipazione, stupore sono aspetti dell’ “I care” di don Milani, espressione dell’interesse verso gli altri, del sentirsi responsabili, condizione fondamentale per l’ascolto (se me ne frego di tutti, non ascolto di certo nessuno), quindi della conoscenza.

“I care”, oggi risuona poco volte nella vita della gente a ogni livelli, ognuno guarda al suo. Non è una critica, perché nessuno è migliore degli altri, ma una constatazione di quello che tutti viviamo.

“I care”, “stupore”, “condivisione” e altro venuto fuori quel giorno, fanno scaturire l’immagine di un medico diverso, forse semplicemente normale, umano. Un medico che rifiuta il piedistallo , parla col suo paziente, lo chiama per nome ,non si fa prendere dalla routine di un mestiere che forse è un po’ diverso. Di fronte alla persona malata conta più un saluto, un sorriso, una parola semplice . Bisogna richiamarsi a quell’umanità personale che tutti abbiamo ma che spesso nascondiamo.

Infine la dimostrazione di tutto, l’esperienza dei clown, momento di condivisione di un’esperienza accompagnato dallo stupore da cui potrà nascere partecipazione attiva. Chi meglio di loro potrebbe spiegare l’importanza del sorriso in ospedale. Chi studia l’aspetto scientifico della medicina completandolo con simili esperienze, probabilmente saprà un giorno fare il medico un po’ meglio. La medicina non cura tutto, forse mai lo farà, ma un briciolo di calore umano, di “I care” medico dà risultati sempre positivi perché cura la persona e non la malattia. Questo è un ricordo (mi pare) del film Patch Adams. Chi cura la malattia vince o perde ma chi cura la persona vince sempre.

Ho forse esagerato con le parole (un po’ tante) ma era forse necessario, almeno per me.

via ciao a tutti! by giuseppe on 4/12/08
L’attitudine allo stupore. Al seminario è stato fatto tale richiamo circa l’importanza dello stupore . Il richiamo mi ha colpito, spingendomi a riflettere sul significato di tutto ciò e maggiormente sull’importanza dello stupore nella nostra vita e non solo. Lo stupore, mi pare, un aspetto come innato nell’ uomo, un qualcosa che (forse) non si può insegnare ma coltivare per quello che ciascuno può.Elemento di impulsività irrazionale diviene sostegno della ragione nella sua ricerca, o forse meglio rappresenta il punto di avvio dell’indagine razionale. Senza di questo, forse, lo sforzo della sola ragione non produrrebbe grandi risultati. O magari sì ma con difficoltà maggiori. La produzione della conoscenza è un qualcosa di razionale, ma l’elemento irrazionale probabilmente è importante, dando alla ragione una forza maggiore e soprattutto la capacità di sapersi rinnovare e l’attitudine alla novità. Sarebbe errato attribuire alla sola ragione il merito di tante scoperte dell’umanità, significherebbe tralasciare tutte quelle volte in cui il “caso” ha segnato un momento importante. Al caso , magari, fa poi seguito lo stupore che fa intuire la novità alla quale la ragione darà sostanza.

Probabilmente una certa parte nell’ evoluzione della filosofia e della scienza la ha avuta anche lo stupore di uomini che hanno avuto il coraggio di sondare terreni nuovi, perchè stupirsi è il contrario di quella chiusura mentale che blocca ogni cosa, la raffredda infatti, -‘ Stupirsi’delle cose è tenere sgranati gli occhi sul reale e vedere le cose come per la prima volta, nel miracolo del loro esserci e della loro forma – (Heidegger). Un continuo mettersi in gioco, vedere le cose note ma da punti di vista nuovi, è quindi fonte di conoscenza.

Non a caso i filosofi antichi stessi parlano dello stupore e della meraviglia trattando del sorgere della filosofia.
Platone, nel dialogo tra Teeteto e Socrate si richiama a questo stupore originario: “[Teeteto] – In verità, o Socrate, io sono straordinariamente meravigliato di quel che siano queste «apparenze»; e talora se mi fisso a guardarle, realmente, ho le vertigini. [Socrate] – Amico mio, non mi pare che Teodoro abbia giudicato male della tua natura. Ed è proprio del filosofo questo che tu provi, di essere pieno di meraviglia: né altro inizio ha il filosofare che questo: e chi disse che Iride fu generata da Tarmante, non sbagliò, mi sembra nella genealogia” (Platone).

Lo stupore apre quindi alla conoscenza schiudendo il desiderio di capire che nasce di fronte a ciò che ancora non si conosce. Precede la razionalità e la sostiene.

Anche la scienza, nella sua ricerca è sostenuta dallo stupore che permette l’avanzamento, il cambiamento, che sa cogliere gli aspetti nuovi della natura, Einstein diceva che chi non prova stupore è come se fosse cieco.

Dopo questo breve discorso, sicuramente superficiale mi piacerebbe introdurre, rapidamente un discorso sulla scuola. Se lo stupore è così importante come molla del desiderio di conoscere allora proprio nella scuola dovrebbe essere primariamente vissuto. Sinceramente, tranne qualche volta, a scuola non mi sono molto “stupito”. Si dà magari più importanza alla conoscenza, spesso solo superficiale di qualche nozione, piuttosto che far entrare nell’animo dei ragazzi l’attitudine allo stupore. Ma mi pongo di nuovo la stessa domanda, si può insegnare le persone a stupirsi?

Infine, volevo concludere con un ultimo elemento. Lo stupore è un tema comune a tanti aspetti dell’uomo, dalla filosofia alla scienza e anche alla religione. Quest’ultima suscita lo stupore dell’uomo di fronte alle sue domande perenni(un po’ come la filosofia ma in un modo molto diverso), lo sottrae da una vuota superstiziosità, da un banale cumulo di regole. “Chi si sottrae allo stupore dell’avvenimento, e all’attenzione, alla venerazione, alla curiosità rispettosa e umile che l’avvenimento istintivamente suscita, diventa schiavo di regole. Chi tenta di sottrarsi all’avvenimento si fa inevitabilmente schiavo di regole” (Luigi Giussani).

via inews08 by Pasquina87 on 4/12/08

Stamattina in facoltà c’è stato il seminario di informatica!Temevo sarebbe stato molto noioso ma mi son davvero ricreduta: è stato davvero divertente e molto interessante…Il professore ha iniziato col parlare di Don Milani, ci ha spiegato l’espressione “I care” per poi parlare di condivisione, umiltà, rapporto medico-paziente…Su queste basi si è sviluppato il progetto medwiki in cui si condividono appunti, dispense utili ai fini dello studio. Poi la prof Berlingeri è intervenuta col dire che tutto era uno scandalo elencando vari decreti! ero un pò allibita dalle sue parole!Ma ecco che un ragazzo la interrompe e poi arrivano tanti clown…Una cosa meravigliosa…insolita! mi è venuto subito in mente il film di Patch Adams….I clown erano ragazzi che frequentano il corso di laurea in medicina . Ritengo che un bravo dottore debba mettere i pazienti a proprio agio; trasmettere loro vitalità ed ottimismo , cercando di far dimenticare i propri problemi e mettendo da parte la propria vita privata. Spesso un semplice sorriso vale più di una medicina!condivido pienamente le finalità dell’associazione:”m’illumino d’immenso”(associazione che cerca di sperimentare la musicoterapia e cerca di creare gioia nei reparti in cui si lavora)e appena ne avrò l’occasione penso proprio di entarne a far parte…
via My little space by Ilaria on 4/11/08

Che dire il seminario del Professor Formiconi si è rivelato a dir poco sorprendente… Di cose ce ne sarebbero fin troppe dadire e non credo neanche di essere troppo brava con le parole quindi non ho intenzione di dilungarmi, però una cosa lasciatemela dire: GRAZIE.

Un grazie di cuore al prof che a mio modesto parere martedì ha tenuto la lezione più bella dall’inizio dell’anno accademico (tralascio il liceo perché probabilmente potrei arrivare molto più indietro). Finalmente qualcuno ci ha parlato di cose realie che non siano esami e crediti, ci ha dimostrato che fare medicina non significa necessariamente non vivere e dedicarsi unicamente allo studio; certo è importante, ma se si vuole con un po’ di impegno si possono fare molte altre cose come ci hanno dimostrato i ragazzi dell’associazione m’illumino d’immenso. Quindi un sincero grazie sia al professore che a quei fantastici clown!

via ciao a tutti! by giuseppe on 4/14/08
Il seminario ha lasciato tante cose da dire. In particolare, oltre a tanti messaggi, uno può essere sentito come direttamente lanciato allo studente di medicina. L’importanza, cioè di ricordarsi quanto sia importante l’approccio con la persona umana e di come quest’ultima sia centrale in quello che si andrà a fare. Questo ultimo elemento può sembrare ovvio, ma ammetto che a volte viene perso di vista (magari perché siamo solo all’inizio) rispetto allo studio delle varie altre materie (sicuramente di grande importanza) per poi (presto o tardi)magari tornare rapidamente all’attenzione.Semplicemente quello che cerco di dire è come l’esperienza che ci è stata portata dai clown manifesta non solo il valore di come sia fondamentale guardare all’uomo da curare con occhio amico e con vicinanza alla sua situazione, ma forse e soprattutto (almeno per me) semplicemente il fatto che colui che si andrà a curare sarà un uomo, un bambino con suoi sentimenti.

Ecco perché l’esperienza che ci è stata proposta sa anche trasmettere con grande forza una passione tutta particolare per lo studio che è stato intrapreso, ne fa intravedere un po’ la bellezza ma anche la difficoltà nel rapporto con le altre persone. Non è facile trattare con chi è malato.

Insomma il seminario mi ha fatto vedere l’importanza della centralità del malato. Forse studiare con tale elemento ben chiaro fin dall’inizio può essere un buon aiuto e una buona spinta.

via Occhio alla Chiara! by Chiara on 5/2/08
COME SI FA A NON AVER VOGLIA DI AGGREGARSI A LORO?!
!!DOLCISSIMI!!
via Occhio alla Chiara! by Chiara on 4/9/08
Quando stamani sono entrati in auli i clown hanno completamente attratto l’attenzione creando un’atmosfera magica e facendoci dimenticare tutto quello che potevamo aver fatto fino ad un istante prima..hanno distolto l’attenzione anche da un argomento interessante che ho voglia di approfondire..ho appena fatto una full immersion in “Bound by law”..a quest’ora di sera,davanti al computer con gli occhi che bruciano,dovendo tradurre dall’inglese non assicuro di aver capito a modo il messaggio..anche se credo sia abbastanza esplicito..il tema del diritto di appartenenza è molto attuale e risulta chiarissimo se affrontato attraverso un fumetto..la protagonista tenta in ogni modo di fare un documentario ma si trova in difficoltà perchè qualsiasi cosa intorno a lei appartiene ad altri e questo significa non potervi accedere nè usufruirne con libertà,anzi,dover pagare per ciò che non ci appartiene..tutto è focalizzato sulla linea di separazione fra l'”intellectual property”,quindi su ciò che effettivamente è di coloro che fanno arte, e il “public domain”,ciò che può essere considerato un bene comune..il fatto che in generale ci sia così tanto controllo sulla cultura da un lato è senza dubbio una garanzia per chi mette a disposizione le proprie abilità o il proprio sapere,dall’altro è molto limitante..diventa quasi un modo per tarpare le ali alla conoscenza,che dovrebbe invece raggiungere tutti indistintamente,permettendo dalla cultura altrui di arricchirsi e di trarre insegnamento..ma se anche cantare un motivetto per strada diventa reato,come può diffondersi quella cultura che tanto vogliamo proteggere?e l’arte come può trovare “seguaci” interessati?diventa sempre meno un bene per tutti e sempre più un bene elitario..troverà sempre meno consensi in un meccanismo che sembra quasi controproducente..mi colpiscono e mi pare che riassumano il senso di tutto queste due frasi che cito dal testo : “the idea that creativity is going to flourish in a world where everything is controlled just doesn’t ring true to me”..ed in effetti mi chiedo anch’io come possa essere possibile..e ancora “it’s as if we were zoning an environment of the mind!”..come si fa?come si può recintare la mente,il genio?..la soluzione migliore sembra essere proprio questa..”a real balance between what is owned and what is free for everyone to use”..ed in definitiva trovo che un pò in tutte le cose una giusta via di mezzo sia la strada più sicura per far fronte ai problemi..gli eccessi rischiano di depistarci..
via Occhio alla Chiara! by Chiara on 4/8/08
Allora..direi che manca la parte più importante del compitino..giuro che in quella cercherò di rispettare il massimo numero intero contenuto in 1 byte..quello che ho scritto fin qui diciamo che potremmo considerarlo uno sfogo..eh?che ne dice?..il seminario incredibilmente mi ha fatto venir fuori tutta questa voglia di ragionare..come al solito è un’esagerazione,davvero troppo..ma raccontare le proprie idee è molto utile e dato che qui ne ho la possibilità ne approfitto spudoratamente(oltre ad approfittare della disponibilità del prof che si legge tutte le nostre mattonate!!!).Proprio perchè l’ultima parte è quella che mi sta più a cuore preferisco continuare domani quando sarò un pò più riposata..se adesso non vado a letto collasso qui sulla poltrona dello studio..non è il caso..per stasera ho fatto abbastanza..notte a tutti…bacetti..
Da sempre il mio sogno è stato diventare medico,da sempre la paura di non farcela..passato il test d’ingresso mi è sembrato di aver tagliato un traguardo importante,allo stesso momento di aver dato inizio a una nuova prospettiva di vita.Punto e a capo,si comincia con la vita che sognavo. E poi però il timore di scoprire che quel futuro tanto atteso potesse non piacermi,l’ansia di perdere di vista la motivazione che mi aveva spinto a lottare per ottenerlo..i fantastici ragazzi-clown hanno rimesso tutto al proprio posto rendendo palese il senso della mia decisione..questo è quello che voglio fare..amare gli altri,lavorare per loro,indirizzare i miei sforzi verso la felicità di chi non è fortunato come me,di chi ha un buon motivo per disperarsi,per piangere..il medico che vorrei diventare..un medico-uomo..una persona,prima di tutto,con dei sentimenti e la disponibilità a vivere sulla propria pelle le emozioni dei pazienti,la voglia di prenderli per mano per camminare insieme a loro nel dolore e nella paura..un medico che si soffermi a chiedere il nome di chi sta curando,che gli si dedichi in modo semplice,con umiltà,con la capacità di stupirsi ogni giorno,di imparare dai propri errori,senza la presunzione di credersi infallibile,senza volere a tutti i costi mettere i piedi su quel dannato piedistallo..un medico che non abbia paura di farsi male,di affezionarsi,di piangere..che sappia apprezzare le piccole conquiste,che non pensi con arrivismo al guadagno,al titolo,ma che sia felice di un sorriso strappato magicamente..un medico che abbia il coraggio di ammettere la propria piccolezza e impotenza di fronte al naturale procedere degli eventi,ma che cerchi in ogni modo di salvare,di restituire speranza e amore per la vita..un medico che non sia osservato con timore,che non sia sentito come un estraneo,superiore,ma che,anzi,sappia abbassare la testa(ma mai con rassegnazione) di fronte allo sguardo “tenero” del dolore,della morte..che tornato a casa non si lasci il proprio mestiere alle spalle ma che possa addormentarsi con una lacrima di gioia per aver visto splendere ancora una volta gli occhi di chi sembrava non volere più aggrapparsi alla vita..ma che forse,anche grazie alla sua presenza,ha deciso di giocarsi questa partita fino in fondo..ho deciso di partecipare al progetto “Mi illumino d’immenso” per questo..per dare un senso alla mia fortuna,quella di non essere malata,di non dover combattere il male ogni singolo istante della mia vita..ho scelto di diventare un clown perchè se clown vuol dire restituire la voglia di ridere a un bimbo che soffre credo che allora non possa esserci ambizione migliore..voglio essere un clown e tirar fuori il coraggio per me e per gli altri..quel coraggio che inevitabilmente serve per desiderare di sognare e per credere che i propri sogni possano diventare realtà..Esattamente un byte non ce l’ho fatta..all’incirca un byte e mezzo..sono andata un pò a occhio..mi sembrava assurdo cercare un programma per il conteggio delle parole proprio per questo compito(che così non vorrei definire)..riflettere sulla propria vita e su chi decidiamo di essere è la cosa più complicata che ci sia..ma anche la più importante..non lo si può fare con fretta..

Queste sono le tre cose a cui sto pensando in questo momento..che nome potrei dare al futuro clown che sceglierò di essere?forse può venirmi qualche idea carina..ma addirittura ideare vestito e carattere mi mette in difficoltà..con la fantasia che mi ritrovo..eppure non mi importa niente se all’inizio dovrò ingegnarmi un pò..o se sarò soffocata dalla timidezza e dalla paura di non essere all’altezza..in fondo come ho detto nel mio primo post..se ce l’hanno fatta altri perchè non dovrei riuscirci io?almeno proviamoci..alla peggio farò qualche figuraccia ,diventerò tutta rossa(il che non guasta..così risparmio sul naso..)e avanti come se niente fosse..per imparare c’è bisogno soprattutto di questo..avere fiducia,tentare di arrangiarsi in qualche modo,prendere esempio da chi ha più esperienza di te e provar subito a mettere in pratica..e se sbaglio?pazienza(nei limiti del possibile)..nessuno è nato imparato..prima o poi bisogna anche incespicare per imparare a parlare,inciampare per imparare a camminare..voglio inciampare tante volte se questo può rendermi un buon medico o un buon clown..ci vorrà un pò di tempo forse,ma credo che poi sarà una cosa naturale..se c’è la passione in quello che si fa prima o poi i risultati si vedono..sono troppo felice per l’occasione che ho colto..per una volta tanto ho preso il treno giusto..per una volta tanto non dovrò dire “accidenti!!se l’avevo fatto..”..questa volta lo faccio!!soddisfattissima!!
Meraviglioso.Sorvolo la parte sul copyright perchè mai nulla è stato più utile del nostro forum, e chi capisce minimamente le nostre ansie sa che ci risolve un sacco di problemi non danneggiando nessuno. Ringrazio invece il professore per avermi in qualche modo messa in contatto con i clown, è un sogno che ho da sempre e ora finalmente qualcuno mi da delle dritte. Il mio progetto sarebbe allietare il pediatrico Meyer e con Giovanna,sicuramente la conoscete, ci si sta cercando di organizzare. I ragazzi del seminario ci possono aiutare e spiegarci almeno da dove partire e chiunque è il benvenuto,perchè il tempo è poco e meglio si è meglio è..Se qualcuno fosse interessato lasci un commento o mi chieda perchè si sa che da soli e con poco tempo si fa poco. Io personalmente in oncologia ora come ora non ce la posso fare ma in pediatria potrebbe rivelarsi molto divertente. Concludo, cambiando argomento, dicendo: “meravigliosa la gag della biondina”…..hihihi
Allora… senza fare troppi preamboli andiamo diretti al nocciolo della questione, perchè c’è tanto da dire. Sono entrata a medicina con la consapevolezza che ciò che sto studiando è che studierò mi servirà per svolgere (si spera nel miglior modo che mi sia possibile) un mestiere che è dedizione assoluta per le persone. Un mestiere che ti dà tanto quanto più tu dai agli altri. Un mestiere dove prima viene il paziente, poi te stesso. Lo scopo del medico diventa la persona che si trova di fronte, e aiutarla nel miglior modo possibile. Ciò che deve muovere il medico è la cura e l’attenzione nei confronti del suo paziente. O almeno, appena entrata a medicina io davo per scontato che fosse così. Ma poi guardandomi intorno, ascoltando, confrontando diversi pareri e diversi approcci mi sono resa conto che ciò che io davo per scontato, per palese ed evidente, da molti è considerato come un qualcosa di insignificante e secondario, se non quasi del tutto superfluo. Magari sono solo molto ingenua o troppo idealista, o fuori dal mondo, ma io resto fermamente convinta che lo scopo del medico sia quello di prendersi cura del proprio paziente e che la sua più grande aspirazione debba essere quella di riuscire a far star bene la persona di cui si prende cura. Invece, non posso fare a meno di notare (con mio sommo rammarico nonché profondo stupore) come sia opinione diffusa tra molti che debbano essere altre le aspirazioni principali di un medico: i soldi, la carriera, il prestigio. E, ripeto, probabilmente sono solo una piccola ingenua idealista ma, onestamente, anteporre questi obiettivi, che collateralmente possono comunque essere raggiungibili, a quello della miglior cura possibile del paziente, mi sembra una contraddizione in termini, un insulto alla medicina nella sua essenza più autentica. Io non dico che praticando un mestiere simile non si debba incorrere anche in vantaggi materiali personali – se uno è bravo che abbia pure il suo giusto riconoscimento – ma questa, a mio avviso, deve essere una conseguenza secondaria. Il medico è un CURATORE innanzitutto, se poi sa essere anche un bravo amministratore di se stesso tanto meglio, ma il suo ruolo impone il dare, il mettere in pratica le conoscenze acquisite per aiutare gli altri. E invece, ciò che cercano di farti capire appena entri, in modo implicito o anche piuttosto diretto (almeno questa è la sensazione che ho avuto da sei mesi a questa parte) è che ciò che sappiamo dobbiamo tenercelo gelosamente per noi, che dobbiamo rivolgerci al paziente come a una persona inferiore, che dobbiamo assumere un atteggiamento di altezzosa superiorità e dispensare le nostre conoscenze come divinità scese in terra. Allora, siccome io per diciannove anni sono stata dall’altra parte della barricata, e so come ci si sente ad essere “vittima” del sapere altrui, a provare quasi vergogna nel chiedere chiarimenti quando si trattava invece di un MIO diritto e della tutela della MIA salute e della MIA vita, IO non ho intenzione, una volta diventata medico (speriamo!) di negare questo diritto a persone in tutto e per tutto uguali a me. Io non pretendo di essere migliore o superiore a nessuno. Io voglio solo cercare di aiutare gli altri, per quel che posso fare nel mio piccolo. E se qualcuno considera tanto ridicola una simile affermazione, io considero invece molto più ridicolo e anche molto molto più triste un medico che si dimentica che ha a che fare con esseri umani, con una loro dignità, con dei sentimenti, con una sensibilità. Certo, bisogna prestare attenzione nel non lasciarsi coinvolgere al punto dal perdere di obiettività, questo è ovvio, tuttavia un medico che scade nell’estremo opposto e finisce col vedere il paziente solo come una mera pratica da sbrigare, per quanto possa essere un pozzo di scienza plurilaureato, non è degno, a mio parere, di essere definito medico. Credo non ci sia bisogno dunque di puntualizzare oltre con esclamazioni ed iperbole la mia opinione circa il seminario, in quanto mi sembra di avere già palesemente chiarito le mie idee al riguardo. Forse mi sono espressa con troppa franchezza ma la passione che sento dentro mi impedisce di esprimermi in altri termini perchè questo è ciò che sento e il seminario mi ha dato la conferma che non sono solo una eccezione alla regola ma che il disagio che avverto io verso certi atteggiamenti è condiviso anche da altre persone, e il constatarlo non ha fatto altro che rafforzare ulteriormente le mie convinzioni.
Il riso è il sole che scaccia l’inverno dal volto umano. VICTOR HUGOSono una studentessa di infermieristica, sinceramente non sapevo cosa fosse “i care” di Don Milani, e ho cercato di dare una spiegazione della parola, ma aimè non sapendo dell’operato di Don Milani è stata una spiegazione banale, arrivata al seminario, ero un pò spaesata poichè non conoscevo gli altri studenti di medicina, all’inizio mi sentivo in colpa avevendo saltato la lezione della D’Addio perhè pensavo che fosse il solito seminario, monocromatico e piatto, poi mi son ricreduta e sono contenta per esserci stata.
Il seminario è iniziato con l’introduzione del prof. sulla vita di Don Milani e sul tema principale, ovvero “I care”, dopo la parola e passata alla Prof.ssa Berlingieri, esperta di copyright e di diritti d’autore. Nel bel mezzo del discorso della Prof.ssa Berlingieri, contro Medwiki …un ragazzo va alla cattedra e sbraitando le strappa il microfono di mano ho pensato…”questo è matto“… e che la situazione stesse degenerando!
(ma in realtà era tutto preparato).

Ecco che arrivano in aula un gruppo di ragazzi vestiti da clown. I loro occhi brillavano, avevano l’aria di chi ha trovato quel qualcosa in più che dà senso al loro vivere… di essere in grado di regalare gioia a chi ne ha bisogno, di guardare il paziente come un amico.
La loro è stata una bella lezione di vita….

( non so se una futura infermiera potra entrare a far parte del progetto “M’illumino d’immenso” ma se fosse cosi ne sarei veramente contenta perchè mi hanno toccato il cuore nel profondo ” touché “ )
Grazie di cuore al prof Formiconi che con questo seminario mi ha fatto conoscere il progetto “M’illimino d’ immenso”

Rileggendo il mio post ho riflettuto ancora…lo so, sono paranoica e non smetto mai di pensare..e poi penso:”ma se dovessi smettere di pensare dovrei pensare di non dover pensare, ma allora penserei lo stesso…” e così mi autocondanno e mi accetto per come sono……insomma rileggendolo mi sono un pò capita e autoanalizzata…mi rendo conto che ho difficoltà a vivere le cose nella loro dimensione più semplice e genuina, che tendo sempre a renderle complesse quando spesso la loro bellezza è proprio connessa alla loro estrema chiarezza..non so perchè faccio così,mi viene naturale..forse è un dono,ma conviverci non è facile perchè si perdono molte gioie semplici e la felicità la si conquista “dopo ardue prove” di tipo mentale…pere essere felice devo sempre pensare che in quel momento è giusto che io sia felice per questo motivo, quello e quell’altro…altre volte però l’irrazionalità si presenta e io getto volentieri le armi, anzi non faccio che aspettare quel momento..per avere un motivo per arrendermi nella mia eccessiva razionalità e abbracciare l’insensatezza del mondo..ma questo dura poco, troppo poco…


Da qui è nata la mia necessità di aggiungere ancora qualche riflessione rigurdo al seminario..non che rinneghi ciò che ho scritto..ma mi rendo conto che quella è la parte complessa, che nasconde la genuinità della felicità che ho provato in quegli istanti,la forza che mi hanno trasmesso, la passione che hanno rafforzato…l’altro post non è altro che espressione della mia paura di un’insensatezza del mondo, di una trascendenza negativa…della mia necessità di razionalizzare la complessità del mondo o meglio di razionalizzare la presa di coscienza che il mondo è troppo complesso per essere capito…in questo senso ho motivato l’importanza di un sorriso, in un mondo in cui le regole dovrebbero essere troppe….

Ma se mi avessero dato un foglietto dopo il seminario non avrei scritto tutto quello…avrei scritto frasi piene di gioia e ammirazione, simpatia ed empatia..della necessità della condivisione, della forza che scaturisce dalla comunità…gli altri hanno un senso..perchè possono darti più di quanto ciascuno di noi possa credere..perchè danno forza, trasmettono coraggio, comunicano esperienze, condividono paure e gioie…la diversità è una ricchezza,la condiivisione necessità..necessità non per sopravvivere, ma per vivere felici….

Ci sono cose che singolarmente non hanno un senso…un organo non ha un senso se non inserito in un apparato così come una ruota se non connessa ad un auto… un insieme di persone è molto di più, e sottolineo, MOLTO DI PIU’, della sommatoria delle caratteristiche delle singole persone che lo costituiscono… dall’insieme si creà un’unità inscindibile dotata di una forza rivoluzionaria, travolgente, disarmante…

Non so se sia errato collegare il compito 6 al 5…ma io credo che ci sia una connessione…gli altri esistono anche per dare un senso a noi stessi, per prendere da piccoli conoscenza del limite tra noi ed il mondo per poi da grandi cercare di superare tale limite e conquistare la ricchezza della pluralità..gli altri sono il contesto rispetto al quale la nostra vita assume un senso, lo sfondo sul quale cerchiamo le nostre risposte..sono indispensabili come lo sfondo nero per un’immagine bianca…senza di loro ci confonderemmo nel tutto..e quindi nel nulla..

Un ringraziamento di cuore a tutte le persone che si donano agli altri…

via buonala seconda by buonalaseconda on 4/16/08
Anche se in ritardo, voglio lasciare il mio commento al seminario I care che mi ha suscitato molteplici pensieri o meglio molteplici spunti di riflessione per tutta la settimana. La scelta di intraprendere la laurea in Medicina dopo che mi ero già laureata in Biologia e soprattutto dopo che avevo già il mio lavoro all’interno dell’Università è stata molto difficile. Uscita dal liceo avevo già le idee chiare su quello che volevo provare a fare…la ricerca in campo medico!!. Quando sono diventata ricercatore ho pensato di avere ottenuto tutto quello che volevo, ma dopo qualche tempo mi sono accorta che non era esattamente così. Sentivo che mi mancava qualcosa, avevo bisogno di nuovi stimoli, nuovi obiettivi per andare avanti con il mio lavoro e crescere sia da un punto di vista lavorativo che personale. Quindi, mi sono rimessa in gioco per qualcosa che volevo fare da sempre ma che non ho mai avuto il coraggio di ammetterlo. Non nascondo infatti, che uno dei principali freni che ho avuto e che forse ho ancora nel fare Medicina è l’ipotetico futuro rapporto con il malato. Il rapporto con persone che credono tu abbia tutte le risposte e le soluzioni ai loro problemi, mi ha sempre fatto molta paura. E’ per questo che fino ad oggi ho preferito la vita di laboratorio dove il paziente è solo un nome o un numero, non un viso, una storia di vita. Vedo il medico che potrei essere in futuro, come una persona tutt’altro che onnisciente ma estremamente fragile sotto il peso di enormi responsabilità, e con enormi limiti. Conoscere i ragazzi di mi Illumino di Immenso, ascoltare le loro esperienze, con le loro paure e perplessità iniziali mi ha messo di buon umore per tutta la settimana, perché finalmente ho visto un aspetto del medico che è quello umano e non soltanto quello cattedratico. Anche se a causa della mia timidezza non potrei mai essere una di loro, li ammiro moltissimo e li ringrazio per il lavoro che svolgono. Non ho la certezza che riuscirò a laurearmi e a diventare un buon medico, ma i ragazzi di mi Illumino di Immenso mi hanno fatto sentire che ho fatto bene a mettermi in gioco e mi hanno dato la carica per continuare in questa faticosa scelta.
via Maximissimo by Maximus89 on 4/16/08
E’ una settimana circa da quando c’è stato il seminario dell’8 aprile e devo dire che ho avuto l’opportunità di riflettere su ciò che è sucesso. Anche perchè lì per lì non sapevo cosa pensare: dico, uno si aspettava il super pizzosissimo seminario sul copyright e ti ritrovi di fronte dei ragazzi travestiti da pagliacci che ti fanno un buffissimo spettacolo: immaginatevi, infatti, che all’improvviso uno di loro si accasci morente al suolo e che tutti quegli altri, nella veste di dottori, comincino a tirar fuori un sacco di diagnosi mentre quell’altro rantola stramazzante al suolo con alla fine un cartello che diceva “Nonostante i medici, sono ancora vivo”. Beh, complimenti, questa non me l’aspettavo proprio, siete riusciti davvero a farmi pensare al fatto che un medico non è solo ossa, nervi e nozioni varie, ma che è (o meglio dovrebbe essere) qualcosa di +. Vi dirò, io non è che sia un tipo che si entusiasmi facilmente, della serie “quello che raramente partecipa con entusiasmo a un progetto”. Ho sempre ritenuto infatti che uno si distingue in base a quanta roba sa, seguendo quindi un punto di vista esclusivamente culturale, senza curarmi di ulteriori aspetti extra. “Mantenersi distaccato e imperturbabile” pensavo “è una delle capacità fondamentali di un buon medico” (soprattutto per me che vorrei provare a fare il chirurgo, ma per quello c’è tempo). Certo, ci vuole anche quello, ma come tutte le cose non deve sfociare nell’eccesso. Perchè se questa aridità manifesta dovesse penetrare anche nella propria anima (mammia mia, come sono poetico) allora si diventerebbe apatici e privi di qualunque emozione … non saremmo più esseri umani, insomma.
Eppoi (ho la licenza poetica, posso scrivere come mi pare) non so quanto uno possa restare impassibile di fronte a certe situazioni: per dire, tempo fa ho avuto un incidente in macchina (mezzo ribaltato dal mi’ lato) e mi sono lacerato il dorso della mano, usciva sangue che non vi dico, eppure non mi impressionava poi più di tanto (ero molto + preoccupato per la macchina semisfasciata e per come sarei dovuto uscire). Sta di fatto che, dopo la meritata dose di “sei un coglione, hai fatto una cazzata disumana, da irresponsabile” , alcuni miei amici mi hanno detto che in quella situazione sarebbero svenuti o cosa e che ero davvero nato per fare il medico.
Mah, può anche darsi, però non saprei proprio cosa pensare se mi trovassi davanti dei casi clinici tremendi a persone già disperate di conto loro.
Per questo quello che hanno fatto e che fanno tuttora i ragazzi del progetto “M’illumino d’immenso” (sì, i Patch Adams dello spettacolo) è qualcosa da ammirare e da imitare: portare infatti il buonumore negli ospedali può essere apparentemente inutile, ma in realtà la cosa veramente inutile è stare a non fare niente, a non lasciarsi coinvolgere ogni tanto da una cosa così pura e speciale e nel complesso semplice e spontanea. Perchè le persone in difficoltà hanno bisogno di tutto l’aiuto possibile.
Io, che posso dire, ancora non mi sento prontissimo a partecipare direttamente a quest’iniziativa, ma se non altro quei ragazzi sono riusciti a farmi uscire da questo mia barriera di scetticismo, questo mio alone di aridità apatica (senti lì, senti lììì). E, conoscendomi, direi che non hanno fatto poco.
via PENNUTS BLOOOG by LUCY on 4/15/08
Bel seminario quello di martedì scorso… non me l’aspettavo proprio. Condivido tutto quello che hanno detto gli altri ragazzi nei loro commenti, forse posso aggiungere un paio di cose…
Ringrazio il professore per l’interesse e la passione con cui ci sta seguendo e l’intelligenza con cui ci offre spunti per crescere;
e soprattutto terrò a mente l’esempio che questi ragazzi martedì mattina ci hanno mostrato: delle persone che vivono, sentono e partecipano con empatia ai problemi di chi hanno di fronte. E’ proprio questo che voglio essere, non voglio studiare per sapere più degli altri, per curare il mio paziente e rimandarlo a casa il più presto possibile. Certamente mi sforzerò a curare non solo con le medicine ma con il mio coinvolgimento stesso ai problemi degli altri e la mia persona. Secondo me un dottore deve essere un sostegno, un punto di riferimento, un esempio e come hanno fatto i nostri “clown” deve anche saper far sorridere perché deve ricordare che la vita è bella sempre anche quando sembra averti tolto la possibilità di viverla. Un dottore del tipo “I care” guarda anche al contesto, a tutta la vita del paziente e lo visita nella sua particolarità, non solo come caso da ricondurre a una patologia da libro di testo perché così si arriverebbe ad escludere il malato, come è successo nella recita in aula, e si assisterebbe solo a un capriccio tra dottori e malattie.
via Occhio alla Chiara! by Chiara on 5/2/08
Comunicazione importante: fortunatamente da quando sono iniziati i corsi noi ragazzi di Pistoia,di Prato,qualcuno di Firenze siamo riusciti subito a fare un bel gruppone,ci troviamo benissimo e nonostante ci si conosca da poco siamo davvero affiatati!!E tanto per non smentirsi lo siamo anche in questa occasione: dei quasi 20 amici che siamo,più o meno in 8-9 abbiamo deciso di partecipare al progetto “Mi illumino d’immenso”!! Se il risultato del seminario voleva essere trasmetterci il desiderio di stare con gli altri e la voglia di appassionarsi a qualcosa per provare a dedicarvisi,è andato decisamente a gonfie vele! Almeno a noi ci ha coinvolto alla grande!! Grandi raga!!
Dopo aver letto il fumetto e preso parte al seminario, ho deciso di fare una ricerca su cos’è Creative Commons…la prima volta che sono entrata nel blog di Andreas ho visto che è pubblicato sotto una licenza di questo tipo e già mi aveva incuriosito!! Allora:
CC è un’associazione no-profit nata negli U.S.A. che ha creato le Creative Commons Public Licenses (CCPL), che non sono altro che licenze di diritti d’autore completamente gratuite e a disposizione di tutti! Il funzionamento delle CCPL è reso possibile dal fatto che la legge italiana sul diritto d’autore – così come, in generale, le corrispondenti normative nazionali e internazionali – riconosce al creatore di un’opera dell’ingegno una serie di diritti; allo stesso tempo, la legge permette al titolare di tali diritti di disporne. Per esempio:
Io mi faccio un blog, ok? In cui metto 1 sacco di roba, poesie, canzoni e altre cose, proprio come facciamo noi a medicina…a questo punto posso decidere come regolarmi con le persone che lo visitano e possono usare il materiale; posso scegliere l’opzione “non opere derivate” che permette che la mia opera non venga modificata da nessuno. Oppure “non commerciale” e nessuno potrà usare la mia roba per fini commerciali; oppure che qualora si modifichi un’opera e la si ridistribuisca, la cosiddetta “opera derivata” debba essere ridistribuita sotto le medesime condizioni alle quali si è ricevuta l’opera originaria (opzione “Condividi allo stesso modo”).
Insomma chiediamoci perchè 1prof di Torino si è preso la briga di tradurre in italiano tutto ciò che riguarda la CC e di adattarlo al nostro sistema giuridico, creando questa gran figata!
potete informarvi anche voi su:http://www.creativecommons.it/cosa-fa-cc

Ho deciso di chiaccherare un po’ a proposito di “I care”…nemmeno io so molto a proposito di Don Milani, ma dopo il seminario e leggendo i post degli altri ragazzi ho fatto 1po’ di riflessioni…”I care” teoricamente dovrebbe essere il filo conduttore di tutte le religioni e di tutte le filosofie di vita; io sono buddista, ma non è mio intento fare un discorso interreligioso, sono solo pensieri buttati lì…l’amore e la preoccupazione verso gli altri vanno al di là di ogni dio e di ogni scuola religiosa ed è questo che dovremmo sempre tener presente. Nel buddismo esiste un principio, il principio di engi, che in giapponese significa “origine dipendente”; sintetizzato al massimo vuol dire che non si può essere felici prescindendo dalla felicità degli altri e, probabilmente, era quello che pensava anche Don Milani. Nel buddismo non esiste un Dio, ma semplicemente una condizione vitale, la buddità, che secondo questa filosofia è presente in tutte le persone in egual misura…questo porta inevitabilmente a rispettare tutti gli altri allo stesso modo. E’ quindi un modus vivendi di profondo umanesimo! Io cerco sempre di comportarmi in questo modo, anche se riconosco che è molto difficile, e non sempre riesce farlo…I ragazzi di “M’illumino d’immenso” sono un bell’esempio per noi; quello che ci fanno ricordare e ci dimostrano è che “I care” possiamo farlo tutti e in mille modi diversi, non necessariamente seguendo la loro strada…Secondo me “I care” può voler dire semplicemente cominciare a salutarci la mattina e smettere di pensare alla competizione; lo dimostra il fatto che tutti pensiamo la stessa cosa, e cioè che sembra di essere in un mondo di mostri spietati e competitivi votati solo allo studio! E a tutti bene o male questa situazione non piace, perchè è molto difficile instaurare rapporti tra di noi…Questo seminario è stato importante soprattutto perchè ha provocato 1ondata di pensieri, commenti e riflessioni che forse potranno farci aprire gli occhi sull’importanza di un semplice “ciao”…
via My world by lily13 on 4/16/08

Oggi ho scoperto che un semplice sorriso vale più di qualsiasi parola… Oggi ho scoperto che non devo vergognarmi di dubitare o di stupirmi, come di fronte alle apparenze, così davanti alle difficoltà… Oggi ho scoperto che, nonostante ci sia molto ‘marcio’ nel mondo-soprattutto in questi tempi di accanita campagna elettorale-, rimane vivo, sempre, un soffio di speranza… Oggi ho scoperto che da un gruppo di pochi ragazzi può nascere un’iniziativa encomiabile, emozionante, esagerata, eccitante… Oggi ho scoperto che ciò che condividi con gli altri e fai per loro non è mai abbastanza… Oggi ho scoperto che le persone che si lamentano continuamente dei loro problemi non hanno niente in cui credere, un motivo per cui valga la pena lottare, sentirsi sbattere porte in faccia, ricevere cocenti delusioni… Oggi ho scoperto che ci viene tolto tutto, anche la personalità; di noi non rimane niente se non, forse, un pizzico di dignità… Oggi scoperto che basta avere voglia di fare e di cambiare… Oggi scoperto che qualche volta vale la pena mettersi in gioco, uscire dai soliti schemi… Oggi ho scoperto che il seme del bene germoglia sempre purchè venga piantato in un terreno fertile… Oggi scoperto come un lungo corteo di ragazzi possa impressionare i passanti( guardavano noi studenti un po’ come ‘bestie rare’. Forse è colpa dei loro pregiudizi?)… Oggi ho scoperto che non sempre c’è bisogno giudicare; talvolta sarebbe opportuno fermarsi a riflettere… Oggi ho scoperto che dovrei pagare non so quanti $ di multa e che sono una piccola criminale… Oggi ho scoperto che i colpi di scena non esistono solo nei film… Oggi ho scoperto che la fatica e il sacrificio vengono ripagati, anche da forme di gratitudine non immediatamente visibili ai nostri occhi… Oggi ho capito che chi crede di trovarsi sopra un piedistallo di vetro farebbe bene a scendere… Oggi ho scoperto che l’umiltà è un grande dono… Oggi ho scoperto che ‘solo rare volte capita qualcosa di nostro di cui la classe e il maestro hanno bisogno. Ma non opinioni e non cose lette. Notizie precise su cose viste coi nostri occhi nelle case, nelle strade, nei boschi'(tratto da ‘Lettera a una professoressa’ di Don Milani). Che dire di più? Penso che questa mattinata mi sia stata molto d’aiuto per CAPIRE me stessa. Ho apprezzato il discorso iniziale del professore, che nessun altro docente, incontrato fino ad ora nella mia carriera studentesca, avrebbe mai osato fare(e non è per essere ruffiana…).Infine, un enorme GRAZIE lo rivolgo ai ragazzi che fanno parte di ‘m’illumino d’immenso’ non solo per essersi messi in gioco, ma anche per la loro lezione di vita dentro e fuori le mura universitarie.
via ..”sono cose della vita”.. by jenny on 4/14/08

Dopo il seminario “I care” ho pensato che forse sarebbe stato utile e produttivo leggere nuovamente “Lettera a una professoressa”. La prima volta che lessi questo scritto, quindi tre o quattro anni fa, rimasi profondamente colpita da quest’uomo…spinta anche dallo spirito rivoluzionario che caratterizza i quindici anni lo “classificai” come simbolo della lotta di classe. Ho pensato che sarebbe stato istruttivo rileggerlo ora, e confrontare le due mie interpretazioni.
Ma la frase che mi ha colpito, ora come tre o quattro anni fa, è sempre la stessa…

“…la scuola ha un problema solo: i ragazzi che perde. Voi dite di avere bocciato i cretini e gli svogliati. Allora sostenete che Dio fa nascere i cretini e gli svogliati nelle case dei poveri…” (da “Lettera a una professoressa”)

Penso. Cosa è per me Don Milani, ora?
Non ho cambiato molto idea…per me è sempre l’uomo rivoluzionario che è stato capace di lottare contro la cosiddetta “gente perbene”, contro la gente ricca e benestante, in nome di valori quali la cultura universale e il rispetto. Come si può infatti pensare che la cultura sia una prerogativa delle persone che possono pagarla? Come si può pensare che l’istruzione sia un qualcosa che non riguardi i contadini, gli operai, le persone a basso reddito? Certo, uno dice, sono cose che accadevano tanti anni fa, ora non è più così, non c’è più questo tipo di razzismo. Non esiste più questo tipo di razzismo??!! Allora perché ci sono ragazzi che devono andare a lavorare invece di studiare perché non si possono permettere di pagare le tasse e i libri? È questa la grande rivoluzione culturale cui siamo giunti? Wow! Che modernità!

Per non parlare del liceo! Si parla di scuola dell’obbligo e si propongono gite da 400euro in su, precludendo la possibilità di arricchirsi culturalmente e umanamente a molti ragazzi. E la situazione non migliora se guardiamo a tale problema dal punto di vista degli studenti…
Non viene in gita=non ha soldi=è un poveraccio!! Questo è il pensiero che ci passa nella testa, anche solo per un momento…è da stupidi negarlo! Che modernità che trasmettiamo! Che valori! Complimenti alla nostra società!

“…ho imparato che il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne insieme è politica. Sortirne da solo è avarizia” (da “Lettera a una professoressa”)

Non vantiamoci, ora. Siamo ancora avari. Non fuori, ma dentro.
via My Paradise City by francy on 4/16/08

Lo scorso martedì, durante il seminario “I care” ho provato una sensazione stranissima e bellissima allo stesso tempo, qualcosa che raramente avevo percepito prima di quel momento…Quando ho visto entrare i ragazzi di “M’illumino d’ immenso”mi sono sentita letteralmente rapita dai loro volti, dalle loro espressioni. Durante quelle due ore non sono riuscita a distogliere lo sguardo dai loro occhi, ero come ipnotizzata e, senza accorgermene, mi sono ritrovata con un sorriso a 32 denti stampato in faccia…Avrei voluto passare tutto il giorno a osservarli, a scrutarli..Mi hanno fatto sentire come da bambina, non mi era più capitato di essere così totalmente coinvolta da una situazione, da un’atmosfera….Non saprei trovare le parole adatte per definire ciò che mi hanno trasmesso, anzi, dovrei dire ciò che mi hanno regalato….Posso dire soltanto che di fronte a loro, dei ragazzi di pochi anni più grandi di me, mi sono sentita piccolissima, minuscola, seduta sulla mia sedia, a guardare la loro passione, la loro dedizione, che traspariva sotto quelle parrucche, sotto quei vestiti colorati ed esageratamente grandi…Nutro per questi ragazzi un’ ammirazione sconfinata, gli auguro di continuare a portare un sorriso a chi è meno fortunato per i prossimi 1000 anni e riguardo al mio futuro, beh, spero di riuscire a fare qualcosa per gli altri, anche se non so ancora con quali mezzi o se ci riuscirò davvero fino in fondo…

via Cellar Door by Giampaolo on 4/10/08
Alla lezione abbiamo assistito tutti, anche se così non fosse basta leggere un qualunque altro blog per capire di cosa si tratta, quindi non mi perderò in introduzioni verbose.Il poco che so su Don Milani viene dal mio professore di Filosofia del liceo, sentirne parlare me lo ha ricordato intensamente (già per questo ne è valsa la pena)… non mi azzardo a fare nessun paragone, anzi credo che nel bene e nel male il paragone sia del tutto improponibile, tuttavia posso dire di aver vissuto sulla mia pelle cosa voglia dire un’esperienza di insegnamento diverso, alternativo, fuori dai “protocolli”(come li ha chiamati qualcuno). Succedeva più o meno questo: la Filosofia mi veniva spiegata, dopodiché mi era richiesto di studiarla, infine venivo interrogato. Questo non è uno “schema”, ma è una procedura indispensabile senza la quale non c’è insegnamento degno di chiamarsi tale, di filosofia come di qualunque altra materia.
Allora cosa c’era di diverso tra noi e il nostro professore? Non facevamo lezione in giardino, non ci rollavamo canne a vicenda, non facevamo dissertazioni da sala d’aspetto. Facevamo l’ora di Filosofia. Eppure tra classe e professore c’era ( e c’è) un rapporto che non è mai esistito con altri insegnanti, c’erano stima e rispetto reciproci, una vicendevole curiosità, una confidenza tanto intima quanto silenziosa e mai grossolana o fuori luogo. Tutto ciò nulla toglieva allo studio e all’impegno, anzi elevava la qualità generale e moltiplicava l’interesse per la materia.
Credo che un atteggiamento del genere possa valere tanto per la didattica quanto per la professione, in particolare parlando dei medici/clown.
Quando si sente la parola “alternativo” si pensa spesso a qualcosa di qualità inferiore, ad una scusa per trovare una scappatoia al metodo più difficile ma efficace, accademicamente ed universalmente riconosciuto.
Ma se la differenza tra “standard” e “alternativo” sta soltanto nella qualità di un rapporto umano, se un medico preparato ha voglia di mettersi in gioco e di vestirsi da clown per far sorridere i bambini in corsia, che male può fare? Perché non incoraggiarlo?
E’ chiaro che il primo dovere del medico è sapere ciò che fa e farlo bene. Deve curare la gente nel migliore dei modi, questo gli è tassativamente richiesto. Il resto è un di più, se lui è un robot senza sentimenti poco importa, se lo fa solo per soldi pazienza. L’efficienza è tutto ciò che gli serve.
Ma se c’è qualcuno che ha voglia di dare ancora un altro po’ di sé stesso, che non è ancora abbastanza stanco e disgustato dalla vita, che anzi spera ancora di migliorare anche solo un po’ la sua e quella degli altri, perché non incoraggiarlo?
Ben venga “Castellinaria”, andate avanti così, siete forti.

P.s. Io non ho seguito il corteo e nemmeno mi sento adatto ad essere ora né mai un clown di “Castellinaria”. Tuttavia tacciarmi di ipocrisia per questo sentito incoraggiamento sarebbe come minimo rigidità mentale

via The Empire on 4/17/08
Compito 6 di informatica: I Care
“Martedì 8 Aprile seminario d’informatica nell’aula grande per discutere sul diritto d’autore” : così recitava, più o meno, l’avviso del prof. sulla porta dell’aula d’informatica.
Inizialmente sembrava dovesse essere il solito seminario, per di più sul diritto d’autore!!!! Ma non è stato affatto così, infatti improvvisamente si è trasformato in qualcosa di diverso: un’esperienza utile, interessante e divertente. Infatti durante la lezione, improvvisamente, uno studente si alza e strappa di mano il microfono alla professoressa che parlava del diritto di autore… Naturalmente tutti abbiamo pensato che fosse matto… ma subito dopo un gruppo di Clown del meyer fa irruzzione in aula….
Riescono subito a coinvolgerci con uno spettacolo divertente centrando appieno il loro obiettivo: trasmetterci il senso dell’ I Care e il valore del contesto dandoci modo di riflettere..
Scopriamo infatti che questi ragazzi non sono dei professionisti, ma degli studenti di medicina (e non solo) proprio come noi… Grazie a loro e a questa trovata del prof. abbiamo imparato quanto sia importante rapportarsi da pari col paziente, mettendolo a proprio agio, abbiamo potuto cogliere il senso dell’ I Care, cioè prendersi cura, lasciarsi coinvolgere e coinvolgere, e abbiamo potuto comprendere il ruolo chiave del contesto in cui si opera.
Personalmente penso che lezioni come queste, che insegnano a riflettere, siano molto importanti e possano dare utili consigli di vita…
via Fuori come va? by Chiara on 4/17/08
Martedì 8 Aprile le due ore di informatica sono state utilizzate per una “lezione” assolutamente insolita! Dal tema di partenza del diritto d’autore,toccato solo in piccola parte,hanno fatto irruzione nell’aula grande del cubo un gruppo di ragazzi travestiti da clown, sorprendendo tutti noi, studenti del primo anno, suscitando immediatamente un sacco di risate e creando in quell’aula un grande clima di allegria!! Ma chi erano? Semplicemente nostri compagni di qualche anno precedente che hanno scelto di dedicare parte del loro tempo libero a fare i clown in corsia, a far sorridere i bambini che trascorrono periodi più o meno lunghi in ospedale, e ad aiutarli quindi ad affrontare le loro malattie più o meno complicate con il sorriso (per quanto tante volte sia quasi impossibile). Difficile capire la vera importanza di queste persone e direi anche la loro presenza essenziale in reparto, finchè siamo seduti ai nostri soliti posti in facoltà e le loro parole semplicemente ci affascinano suscitando in noi un’immensa ammirazione. Già entrando in un ospedale pediatrico però, avvertiamo il clima particolare,indescrivibile, di tristezza e sofferenza,che pesano,che ti fanno dimenticare tutto quello che sta fuori e ti fanno aprire gli occhi verso un mondo che si credeva inesistente o di certo non così duro da vivere.. è dopo aver vissuto queste sensazioni allora, che ancora più che in un’ aula universitaria si comprende l’importanza e la nobiltà di un’attività come quella che ci hanno descritto quei ragazzi che io personalmente ringrazio per averci dato la possibilità di conoscerla così da vicino e anche di viverla.
Più che a un seminario sembrava di essere in una scena del film “Patch Adams” e tutti quelli che non sono venuti si sono persi un’esperienza davvero divertente e interessante!
Con la scusa di dover fare questo compitino sono andata a cercare qualche informazione in più sulla clown terapia.
Numerosi studi scientifici hanno mostrato il nesso tra difese immunitarie e gli stati d’animo;un esempio di combinazione tra biologia molecolare e neuroscienze sociali viene dai lavori di Sue Carter, del dipartimento di psichiatria dell’Università dell’Illinois, che fa notare che «gli ormoni attivi nella nascita, nell’allattamento e nel comportamento sessuale sono gli stessi che sono implicati nella formazione dei legami sociali». In particolare: ossitocina, dopamina, oppioidi endogeni, gli ormoni dello stress, ecc.. Questo vuol dire, scrive la scienziata, che la «socialità è intrinseca alle modalità di formazione del nuovo essere». Ciò ci permette di riconoscere l’importanza dello stato d’animo e della forza di volontà, se non per guarire, per affrontare nelle condizioni migliori, il cammino terapeutico. Oggi non sorprende più affermare che la risata o l’ottimismo producono in modo endogeno sostanze, con funzione curativa o coadiuvante, che altrimenti dovrebbero essere somministrate farmacologicamente. La clown terapia, particolarmente utilizzata in ambiente pediatrico ma non solo, rappresenta forse l’esempio più trasgressivo e sorprendente di tale nuovo approccio.
Ovviamente tutto ciò non può sostituire la medicina tradizionale ma può farle da complemento, visto che spesso i medici tendono a perdere il lato umano del rapporto con il paziente, ad essere distaccati e a non interessarsi al paziente se non per l’aspetto puramente medico. Un approccio troppo oggettivo non è piacevole per i pazienti, sebbene sia comprensibile per il medico che, mantenendo una certa distanza, tende a non immedesimarsi nella sofferenza di ciascun paziente. Vi è infatti un rischio per medici e operatori sociali che operano in particolari condizioni di ammalarsi a loro volta di quella sindrome che viene definita “burning-out”, cioè una depressione causata da sovraesposizione o coinvolgimento eccessivo con il dolore.Insomma un approccio relazionale che veda anche la partecipazione di altri attori (in questo caso da intendersi alla lettera), nel rispetto della centralità delle funzioni sanitarie, contribuisce a formare un ambiente più favorevole per tutti.

Insomma abbiamo bisogno sia di Patch Adams che del dottor House!

«Ridere è contagioso! Noi dobbiamo curare la persona, oltre alla malattia» (Patch Adams)

Wow…ne sono passati di giorni dall’8 aprile, eh…finalmente ho trovato un po’ di tempo per scrivere! Martedì, dopo il seminario, avrei scritto pagine e pagine, tanto mi ha entusiasmata…ma il bello è che ne sento ancora l’influsso posititvo! Cercherò dunque di riordinare le idee e scrivere qualcosa di sensato.
Intanto…una domanda: dico io, ma potevamo aspettarci un seminario classico, normale, al quale prendere appunti (c’è chi l’ha fatto, tra l’altro 😉 ) magari, organizzato dal mitico prof. di informatica?! Noooooooo…mi chiedo ancora come ho potuto crederci ^_^
Bando alle ciance, questo seminario mi è piaciuto TUTTO, dall’inizio alla fine, dalla premessa del prof. alla parata in gran stile per Careggi…indimenticabile!!
Intanto mi ha fatto piacere che sia stato rammentato Don Milani…purtroppo – pensiero molto di parte, lo so, ma d’altronde è il mio – noto una crescente e diffidente laicità tra i giovani, pieni di pregiudizi verso la Chiesa e la religione, spesso superficiali e infondati. Sono stata contenta, quindi, che si sia fatta luce su un personaggio – sì, proprio un prete – esemplare, dai pensieri stupendi e attuali, condivisibili anche da chi non crede. Non è bello vedere che un ragazzo di vent’anni non ha la minima idea di chi sia don Milani…ma la finisco qui. Concentrandomi sul motto “I care”, condivido appieno ciò che ha detto il prof. ; non è possibile vivere non curandosi di ciò che ci avviene intorno, delle persone vicine a noi, del ‘contesto’, soprattutto noi che, un giorno – speriamo – diverremo medici. Come è possibile studiare medicina senza sentirsi dentro quella voglia prorompente di aiutare gli altri, di guarirli mettendosi a loro completo servizio..? Come è possibile far prevalere l’orgoglio di blaterare termini aulici sull’umiltà di parlare semplicemente per mettere il paziente a proprio agio e capirlo?! Ecco, “I care” non è solo un motto da cattolici, ma per chiunque creda nell’amore per gli altri e per la vita.
Detto ciò…non posso non congratularmi con gli attori-pagliacci-medstudenti, e pure l’amica del prof., che si sono prestati alle divertenti scenette del dopo-premessa…con la loro allegria ed il loro ritmo sono riusciti a coinvolgerci tutti, entrando come un arcobaleno nella grigia aula del Cubo. Trovo stupendo come queste persone siano vive, creative, nonostante l’impegno ed il tempo che dedicano allo studio, e soprattutto come riescano a trasmettere tutto questo e a fare del bene agli altri così, GRATUITAMENTE. Mi ha molto colpito la vitalità di uno dei “capi”, Nuvola…dove riesce a trovare tutta questa forza un malato cronico come lui?! Ha sempre la battuta pronta, è simpatico, non sembra mai stanco…e io che a volte metto il muso per delle scemenze! Queste persone riescono davvero a farti capire quanto sia bella la vita, quano ci sia da fare, da inventare al mondo…aiutano a non perdere mai la speranza!
Infine, il “seminario” si è concluso con la processione per le vie di Careggi, idea originale e coinvolgente. Abbiamo sfilato quasi tutti noi studenti di medicina, con i clown in testa, tutti colorati, sotto un cielo plumbeo…che soddisfazione vedere medici e infermieri affacciati alla finestra e sorridere, magari sollevati per qualche secondo durante una giornata difficile…e poi…si fanno tanti bei discorsi ma alla fine ci si scontra sempre con l’autorità, le istituzioni o la burocrazia…lo dimostra la parte che ci siamo beccati dal rettore, alla quale ho assistito, purtroppo. Si è arrabbiato con una delle ragazze clown dicendo che quelle “non sono cose da fare, questo è un ospedale, la gente muore qua”…Io so che il rettore deve fare il rettore, ma non ci trovo niente di male a portare un po’ di colore ai malati e ai ricoverati…non abbiamo offeso nè disturbato nessuno; anzi, credo che nel nostro piccolo siamo comunque riusciti a trasmettere un po’ di gioia…io spero che non ci siano state gravi conseguenze anche per lei, prof., perchè mi dispiacerebbe davvero…
Concludo esprimendo tutta la mia ammirazione per chi prende parte al progetto “M’illumino d’immenso”, augurandomi di rimanere “viva” anche io negli anni avvenire…e ovviamente dico grazie, grazie e ancora grazie al prof., che ci ha dato questa opportunità e ci ha fatto uscire dagli schemi per un po’…I care!
via “Necessario è navigare…” by Greta Barbieri on 4/20/08

Ho assistito ad un seminario davvero particolare di recente… Ecco le mie impressioni.
L’argomento della prima parte è stato il diritto d’autore, introdotto dal professore (sulla cui opinione nessuno ha avuto dubbi…) La questione secondo me è piuttosto complicata. Dal nostro punto di vista non può che sembrare un’enorme ingiustizia proteggere in modo eccessivo ogni forma di creazione… Bisogna rendersi conto comunque che in qualche modo il lavoro delle persone va tutelato, anche pensando che in un futuro potrebbe essere il nostro.
La parte della conferenza che però mi ha interessato di più, è stata quella il cui tema era “I CARE”, espressione collegata alla figura di Don Milani, di cui conoscevo la storia ma di cui non avevo colto fino in fondo la “modernità” fino alla descrizione fatta dal prof. Questa espressione ha ispirato una serie di riflessioni sulla figura del medico. Ho trovato davvero istruttiva la storia sul medico che non si ferma alle apparenze: un medico che si trova di fronte a un sintomo chiaro che farebbe pensare al peggio, ma che, non avendo ancora perso la capacità di “”stupirsi”, approfondisce il rapporto umano medico-paziente e questo lo conduce alla corretta diagnosi. D’un tratto la scena è stata presa da un gruppo di coloratissimi clown-dottori (alcuni ragazzi che sostengono il progetto “M’illumino d’immenso”, per portare un sorriso fra i letti degli ospedali)alle prese con uno sfortunato paziente a cui ciascuno fa una diversa diagnosi. I “medici” si preoccupano solo di litigare fra loro e abbandonano il malcapitato che fortunatamente, alla fine di questa emblematica scenetta, mostra un cartello: “NONOSTANTE LO SFOGO DEI MEDICI, SONO ANCORA VIVO”.
Ho trovato tutta la situazione davvero stimolante per noi studenti e mi ha colpito profondamente il messaggio che questi ragazzi volevano passarci: l’importanza di essere medici umani, consapevoli, che si curano di ciò che fanno e della persona che sta male di fronte a loro. “Non c’è bisogno che facciate quello che facciamo noi” ci hanno detto” Fate anche altre cose, inventate, proponete…”
Allora io vi porto la mia esperienza. Spero che possa essere di stimolo per qualcuno.
Da circa 2 anni faccio volontariato come soccorritrice sull’ambulanza. Faccio parte di un’associazione che non ha medico a bordo e i cui volontari sono dovuti a una certa preparazione oltre ad assumersi qualche volta un pò di responsabilità. Chiaramente le nostre nozioni sono di base e non possiamo somministrare farmaci o fare diagnosi… Ma resta il rapporto umano… non meno importante. Le persone che chiamano un’ambulanza sono spesso spavenate… agitate… magari non è nulla di grave, ma vedere qualcuno che ti sorride, s’interessa a te e ascolta cosa ti è successo può essere di enorme sollievo. Ma bisogna donarsi all’altro..
I CARE…
Per chi fosse interessato al volontariato vi consiglio di visitare:http://www.humanitasfinord.it/
Per altre informazioni sulla mia associazione, di cui non posso che fare una ottima pubblicità, contattatemi senza problemi. Sono a vostra disposizione!
Clown… chi di voi, quando sente questa parola, non pensa subito al circo, patria naturale di questi personaggi che, grazie alle loro grottesche maschere e al loro goffo atteggiamento creano ilarità fra i bambini del pubblico? Proprio per questo è molto difficile considerare quello dei clown come un lavoro vero e proprio: “che cosa ci vuole a fare versi strani, tirare due o tre torte in faccia alla gente? Che cosa ci vuole a far ridere un bambino al Circo?”
Facile, quando si parla dei bambini del Circo, già…Esistono altre realtà.

Comicoterapia, si chiama così: fu inventata da Patch Adams, un medico americano che ebbe l’idea di sfruttare la comicità dei clown e l’effetto che questa poteva avere sui bambini per dare un sostegno morale ai piccoli pazienti degli ospedali. Proprio questo argomento ci ha portato davanti il nostro professore di Informatica, martedì, con un seminario aperto a tutti; un’esperienza unica, che mi rammarico di non aver potuto vivere in prima persona (esame di inglese, grrr… =_=), ma la cui descrizione, riportatami da alcuni compagni, mi ha colpito ed emozionato molto comunque, davvero.

Non dev’esser facile far ridere i bambini degli ospedali, coloro che, costretti dalla malattia, devono passare molti, se non gli ultimi giorni della loro vita fra le mura di una stanza, o sopra le lenzuola di un letto, coloro che colpiti dalla malattia non possono vivere e nutrirsi appieno della vita, dei loro desideri fanciulli e immacolati, della possibilità di sorridere, in preda alla gioia, tirando quattro calci ad un pallone, correndo su di un prato o guardando sognanti le nuvole, giganti; ecco cosa fanno i clown degli ospedali: cercano di portare loro questo sorriso, con una battuta, un gioco, una carezza, trasformando così per pochi minuti un luogo a loro amorfo in un sogno fanciullo realizzato, un temibile uomo con il camice bianco e una siringa in mano in un caro e raro amico, che ti fa sorridere e giocare, che ti confida i suoi segreti e che… ti porta il sole.

“Sono vivo… nonostante i medici!” questa frase, su di un cartello, apriva il corteo all’interno di Careggi, martedì; come a voler dire: “i farmaci non sono l’unica cura, non sono l’unica alternativa! Occorre fare di più, curare vuol dire anche ricordarsi che in ognuno di noi risiedono dei sentimenti, delle emozioni, uno spirito che, così come il corpo, va curato.”

I medici devono curare le persone, non le malattie“, diceva Adams, percependo proprio l’importanza di quello spirito, di quel sorriso fanciullo che in ognuno di noi vive.

via Benjamin Linus by Benjamin Linus on 4/24/08
Pur essendo passati alcuni giorni dal “seminario” scrivo molto volentieri questo post-compito perchè quello a cui abbiamo assistito mi è rimasto impresso. All’inizio appena ha preso la parola la vera laureata in legge-falsa inquisitrice della SIAE, o associazioni “criminali” del genere, ho pensato:
“vai ora arrivo a casa e c’è l’esercito, la finanza, la squadra mobile, il r.i.s. di Parma, Napolitano ecc” poi entrati i clown è stata una festa vera e prorpia. La scenetta è stata davvero forte ed essendo un grande estimatore di “Anche le formiche nel loro piccolo si incazzano” di Gino e Michele mi è molto piaciuto la frase”Nonostante l’impegno dei medici…..sono vivo!”.Personalmente credo che l’impegno ed il lavoro fatto dai partecipanti al progetto “m’illumino d’immenso” sia davvero eccezionale: allietare la degenza in ospedale soprattutto di bambini è un servizio che fa bene sia a chi lo fa che a chi lo riceve. L’idea di non presentarsi ai pazienti solamente come dottore- distributore di cure, ma anche come amico è davvero allettante e credo che prima o poi cederò alla tentazione.
via vivoecondivido by eli on 4/21/08
Un seminario: è la modalità con cui abbiamo vissuto le ultime due ore di lezione di informatica.
“Seminario”.. richiama una dimensione conviviale. Il mio sogno rispetto alla scuola : un luogo di confronto dove la didattica, perseguendo lo scopo di valorizzare lo studente e di ottenerne il meglio, lo stimoli e solleciti ad un ruolo veramente attivo, ad essere, in una parola, se stesso.
“I care”: certo, anche se non amo gli slogan, di per se stessi riduttivi e un pò populisti, questa è veramente un’espressione che emana dall’umanità più genuina, che è interesse, coinvolgimento per tutto ciò che esiste . Ma questa tensione,io credo innata in ogni persona, corre sempre il rischio di venir soffocata dalle delusioni, dall’amarezze che finiscono a volte per sconvolgere le più ingenue speranze ed indurire, per difendere, i cuori più generosi.
Come conservare e nutrire la voglia di esprimere sempre, senza mai stancarsi, il nostro desiderio?
Forse con lo stupore, la meraviglia, la fame di conoscenza, l’amore. Lo dico con entusiasmo: volere è potere o, almeno, è credere di potere.
Dell’incontro, una cosa mi è rimasta particolarmente impressa, una considerazione che il professore ha fatto richiamando il miracolo dei pani e dei pesci di Gesù: la quotidianeità è quel miracolo. Ogni giorno partecipiamo al miracolo che viene dalla condivisione con gli altri, e che è l’arricchimento della nostra esistenza.
é stata come “un’intermittenza del cuore”, un’epifania: io lo sapevo che sono amata e che posso amare, ma non sempre me ne ero accorta.

6 pensieri riguardo “Frammenti del seminario I Care”

  1. sono rimasta molto felice nel sentire le parole giuste che
    tanti giovani e futuri medici hanno pronunciato a favore
    della terapia del sorriso e della umiltà che è la prima dote che deve accompagnare sempre i bravi , i veri medici
    coraggio, Vi auguro la realizzazione nella Vs. professione
    abbiamo bisogno di persone come Voi, continuate così siete
    sulla giusta via!!!! PATRIZIA infermiera in pensione

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