Richiamo l’attenzione sul post Note sparse sulla comunicazione didattica all’università di Maria Grazia perché concerne un tema che ritengo sia importante. In parole povere, si dice che noi professori universitari ci preoccupiamo poco di come trasmettere le informazioni e ci mettiamo poco nei panni degli studenti, rischiando di mancare i nostri obiettivi didattici. Penso che sia verissimo.
Noi docenti entriamo la prima volta nelle aule con la convinzione che la qualità del nostro insegnamento coincida con la qualità della nostra scienza, dando naturalmente per scontato che la qualità ci interessi per davvero e che la scienza ci sia 😉
In realtà nella nostra formazione non c’è stato uno straccio di preparazione su cosa significhi comunicare qualcosa ad un gruppo di persone. Nella mia formazione non c’è stato niente di simile e non mi riferisco né a programmi né a materie né a corsi ma giusto a qualche occasione di riflessione, qualche spunto. Non ricordo niente di simile. Le occasioni ufficiali di comunicazione si riducevano ai compiti scritti e alle interrogazioni, dalle elementari all’università. L’atmosfera di gran lunga prevalente era sintetizzabile con la ricetta “bisogna dirgliela come vuole lei/lui”. Sì, è un esercizio di comunicazione anche questo ma forse è un po’ limitato.
Ho sofferto molto per questa lacuna e, come tutti, mi sono arrangiato e continuo ad arrangiarmi. Si sviluppano con il tempo delle convinzioni, su base prettamente empirica e con scarse occasioni di riscontro perché i docenti, fra l’altro, non amano la valutazione da parte degli studenti, che dovrebbe essere un fondamentale strumento di lavoro nella mani dei docenti stessi.
Fra queste convinzioni che sono andato maturando vi è che il docente deve essere VIVO. Succede di rado. Vivo vuol dire che deve essere realmente appassionato quando spiega la sua materia agli studenti. Le esposizioni aride, giustificate con la necessità, specie nel caso di quelle scientifiche, di essere obiettive, narcotizzano l’uditorio. PowerPoint, se usato obbligatoriamente e senza cognizione di causa aggrava ulteriormente questa situazione. Vale più qualche divagazione letteraria, al limite una poesia, oppure una storiella divertente, usata per sottolineare qualche passaggio che non una grafica particolare in PowerPoint.
Vale soprattutto terribilmente il modo con il quale si dicono le cose. Confesso che mi sono giovato molto, nonché divertito, della lettura del Manuale minimo dell’attore di Dario Fo
Se non altro si è indotti a pensare molto a come far giungere un messaggio a chi ci sta ascoltando e questo dovrebbe essere molto importante per i docenti, o no?
bello che questa discussione sia tornata alla vita 🙂 Succede solo nel web…
non solo Maria Grazie e Monica (che ho conosciuto nella blogoclasse del cyberspazio abitato da Andreas questo anno) hanno espresso un’opinione che condivido, ma mi ha colpita la forza del feed-back, in questo caso negativo (i colleghi dicenti universitari si stavano addormentando…), ha sollecitato un cambiamento come definito da Andreas:” La tua è stata la reazione di un essere umano pensante e teso verso una meta”.
Concordo con la risposta di Maria Grazia, l’umiltà è proprio una caratteristica saliente di chi vuole provare a trasmettere qualcosa a qualcuno. Recentemente durante un esame mi è capitato un docente che prima ancora che mi sedessi per procere all’interrogazione mi ha squadrato da testa a piedi, facendomi la radiografia, chiaro atteggiamento di chi si crede superiore ad un altro essere umano, vi assicuro che è stata una brutta sensazione.
Nella mancanza di umiltà.
Ecco vedi, proprio così, penso che a tutti siano capitati episodi del genere. Mi sono venuti in mente fatti analoghi che mi sono capitati tanti anni fa. Un po’ per la carenza di formazione e un po’ perché la vita è fatta di “prime volte”. Un fatto naturale. Benvenuti gli errori che ben metabolizzati sono ciò che forma per davvero.
La tua è stata la reazione di un essere umano pensante e teso verso una meta. Come può accadere che tanti non si rendano conto di tali errori? Dov’è il vizio?
Ricordo ancora con vergogna la prima volta che ho dovuto fare una lezione all’università ad un gruppo di colleghi… vedevo benissimo che si stavano ADDORMENTANDO, ma io ero convinta che fosse mio compito dire tutte quelle cose, ordinate in quel modo, essere esaustiva, enciclopedica…
Con gli anni e anche per merito di quella vergogna ho cambiato sicuramente stile, e quando mi capita di assistere a lezioni di GRANDI docenti grandemente soporiferi mi chiedo ma perché? Basterebbe così poco… Non si sono mai vergognati di fronte allo sguardo disperato dei loro studenti?
e penso a quanto sia ancora più complesso veicolare conoscenza attraverso un corso e-learning, almeno il docente in aula può guardare in faccia il discente e capire se qualcosa sta passando ….
una sfida, a parer mio, ancora più impegnativa !!!