Assignment 8: didattica e diritti d’autore

Sono nello studio in casa mia, dopo cena, dove conduco una sessione online mediante il servizio web WiZiQ. Alle 21 si apre la sessione e sono già quasi tutti presenti in “aula”, mi accorgo di essere in ritardo e allora metto nel computer un CD facendo partire Mustang Sally (versione di Joe Cocker), così gli studenti mi vedono intento ad armeggiare al computer ma intanto sentono qualcosa … pare una buona idea ma mi viene un dubbio: e i diritti d’autore?

È chiaro che ascoltando un CD (comprato regolarmente) a casa non infrango alcuna legge. Tuttavia le note vengono distribuite attraverso il microfono del computer in una sessione pubblica alla quale partecipano persone in varie parti d’Italia, oltre a qualche straniero di passaggio che chiede “What’s going on here?”. Sono in regola con le leggi sui diritti di autore?

Nella sessione online di cui dicevo prima si parlava appunto di questo argomento. La registrazione della sessione è accessibile a chiunque ma per vederla occorre fare un account in WiZiQ. Qui riporto alcuni riferimenti che avevo promesso ai partecipanti.


La fonte principale di cui mi sono servito nella sessione online è Bound by Law, un fumetto creato da Keith Aoki, cartoonist e professore della Oregon School of Law, James Boyle, giornalista del Financial Times online e professore alla Duke Law School, Jennifer Jenkins, documentarista e direttrice del Duke’s Center for the Study of the Public Domain.

Ho conosciuto questo fumetto come testo da studiare per un corso online che ho frequentato come studente nell’autunno 2007: Introduction to Open Education, tenuto dal prof. David Wiley (ora alla Brigham Young University) presso la Utah State University.

More about Capire il copyrightSe la lettura di Bound by Law può essere un ottimo modo per introdursi all’argomento, per un maggiore approfondimento è ottimo Capire il Copyright di Simone Aliprandi, un testo che ha anche il duplice pregio di introdurre il lettore ignaro ad un mondo difficilmente accessibile ai non addetti ai lavori e di descrivere la materia in relazione alla legislazione italiana.

Ambedue i testi sono scaricabili da Internet in formato pdf e ambedue possono essere acquistati in formato originale per cifre modeste.

La storia del diritto d’autore è relativamente recente. Un tempo, artisti,  autori e scienziati vivevano in buona parte grazie al fenomeno del mecenatismo. Negli ultimi due secoli, in modo progressivo  e di concerto con lo sviluppo dell’economia moderna, sono comparsi strumenti giuridici in grado di assicurare a queste figure i proventi necessari per vivere. Il diritto d’autore quindi, sebbene oggi visto come un impedimento per il libero fiorire della creatività, è stato concepito come una tutela del potenziale creativo della comunità.

Oggi il diritto d’autore è “automatico”: Chiunque crei un’opera originale di qualsiasi tipo acquisisce automaticamente i diritti d’autore. Questo sembra essere un meccanismo lodevole ma l’applicazione estrema e sistematica del meccanismo di protezione crea un grosso problema. Infatti, in varie forme di espressione artistica, è inevitabile utilizzare parti di opere preesistenti. Del resto questo è un tratto essenziale della creatività umana: nessuno crea dal niente o, come scrive Nelson Goodman, il fare è un rifare.

Il concetto è illustrato molto bene nel fumetto Bound by Law, dove la protagonista Akiko vorrebbe realizzare un documentario sulla vita di New York ma presto si rende conto che è praticamente impossibile evitare di includere immagini e brani sottoposti a diritti di autore, pena lo svuotamento di significato della stessa opera che vorrebbe realizzare.

La questione critica oggi è trovare il compromesso ottimale fra la tutela dei diritti sulle opere ed il libero accesso alle medesime. In altre parole, ogni autore da un lato ha bisogno che i diritti sulle proprie opere siano salvaguardati ma dall’altro ha anche bisogno di accedere alle opere altrui liberamente oppure a fronte di costi sopportabili.

In realtà, proprio a causa di questo problema, le legislazioni dei vari paesi prevedono degli strumenti che sono concepiti proprio con il fine di aggiustare un compromesso del genere. Nella legislazione statunitense, il Copyright Act prevede lo strumento del Fair use che esime gli utilizzatori dall’assolvimento degli obblighi previsti dai diritti d’autore, per scopi di discussione, critica, giornalismo, ricerca, insegnamento o studio. Il regime di Fair use dipende dalla valutazione congiunta di quattro elementi: oggetto e natura dell’uso, natura dell’opera protetta, quantità e rilevanza della parte utilizzata, conseguenze dell’uso uso sul mercato potenziale o sul valore dell’opera protetta. La storia raccontata in Bound by Law riporta un certo numero di esempi famosi di Fair use negli Stati Uniti.

In Italia la materia in questione è regolata dalla legge n. 633 del 22 aprile 1941 sulla Protezione del diritto d’autore e di altri diritti connessi al suo esercizio. In particolare è nell’articolo 1, comma1, che si determinano le eccezioni agli obblighi derivanti dai diritti d’autore:

1. Il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o di parti di opera e la loro comunicazione al pubblico sono liberi se effettuati per uso di critica o di discussione, nei limiti giustificati da tali fini e purché non costituiscano concorrenza all’utilizzazione economica dell’opera; se effettuati a fini di insegnamento o di ricerca scientifica l’utilizzo deve inoltre avvenire per finalità illustrative e per fini non commerciali.

Questo comma, presente già nella stesura del 1941, nella pratica è stato interpretato sempre in modo molto restrittivo. Nel 2007, a fronte di un’interrogazione del senatore Bulgarelli sull’opportunità di dotarsi di uno strumento analogo al Fair Use statunitense, il governo ha risposto sostenendo che l’articolo 70 della legge n. 633

riproduce nella sostanza la disciplina statunitense sul fair use. Infatti, i quattro elementi che caratterizzano tale disciplina, come rinvenienti nella Section 107 del Copyright Act, e cioè: – finalità e caratteristiche dell’uso (natura non commerciale, finalità educative senza fini di lucro); – natura dell’opera tutelata; – ampiezza ed importanza della parte utilizzata in rapporto all’intera opera tutelata; – effetto anche potenzialmente concorrenziale dell’utilizzazione ricorrono a ben vedere anche nell’articolo 70 della legge sul diritto d’autore.
Pertanto, a giudizio di questa amministrazione l’ordinamento civile italiano in materia del diritto d’autore risulta oggi conforme, negli assetti fondamentali, non solo a quello degli altri paesi dell’Europa continentale ma anche a quello dei Paesi dell’area del copyright anglosassone.

Successivamente il Parlamento ha approvato una modifica dell’articolo 70 della suddetta legge per tenere conto dell’impiego di Internet nelle pratiche didattiche e scientifiche. La modifica è stata apportata con la legge n. 2 del 9 gennaio 200 che, nell’articolo 2, recita

(Usi liberi didattici e scientifici)

1. Dopo il comma 1 dell’articolo 70 della legge 22 aprile 1941, n. 633, e successive modificazioni, è inserito il seguente:

«1-bis. È consentita la libera pubblicazione attraverso la rete internet, a titolo gratuito, di immagini e musiche a bassa risoluzione o degradate, per uso didattico o scientifico e solo nel caso in cui tale utilizzo non sia a scopo di lucro. Con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali, sentiti il Ministro della pubblica istruzione e il Ministro dell’università e della ricerca, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, sono definiti i limiti all’uso didattico o scientifico di cui al presente comma».

Ora, malgrado il fatto che questo nuovo comma 1-bis, nel secondo capoverso, stabilisca chi debba definire i “limiti all’uso didattico e scientifico di cui al presente comma”, in realtà non è stato fatto più nulla, generando così una grande confusione su cosa si debba intendere per “immagini e musiche a bassa risoluzione o degradate”. Per esempio: quand’è che un’immagine inizia ad essere sufficientemente degradata per rientrare nell’applicazione di questo comma?

In altre parole, abbiamo la legge che stabilisce il concetto ma manca il regolamento attuativo che consenta di calare il medesimo nella realtà.

Al momento esiste un’iniziativa nazionale, promossa dal giurista Guido Scorza e dall’editorialista Luca Spinelli, con la quale è stata proposta una bozza di decreto attuativo (pdf). In tale bozza, oltre a chiarire cosa si possa intendere per immagini e musiche, nell’articolo 3 si precisano i concetti di bassa risoluzione e di degrado:

Art. 3. Formati di pubblicazione.

  1. Ai fini del comma 1 bis dell’art. 70 della legge 21 aprile 1941, si intende per immagine in bassa risoluzione:
    1. Per le opere delle arti figurative di cui al comma 1, art. 1 del presente Decreto: qualsiasi riproduzione non eccedente i 72 punti per pollice (dpi).
    2. Per le opere della cinematografia di cui al comma 1, art. 1 del presente Decreto: qualsiasi riproduzione non eccedente i 384 kbit/s.
  2. Ai fini del comma 1 bis dell’art. 70 della legge 21 aprile 1941, si intende per immagine degradata ogni opera di cui al comma 1, art. 1 del presente Decreto che, rispetto all’originale, presenti elementi di alterazione significativi, ivi compresa l’apposizione di marchi o scritte, ovvero effetti di alterazione della qualità visiva percepibile o dei colori e di distorsione.
  3. Ai fini del comma 1 bis dell’art. 70 della legge 21 aprile 1941, si intende per musica in bassa risoluzione o degradata qualsiasi riproduzione non eccedente i 96 kbit/s.
  4. Il Ministro per i beni e le attività culturali, sentiti il Ministro della pubblica istruzione e il Ministro dell’università e della ricerca, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, aggiorna annualmente tramite decreto ministeriale i criteri e parametri di cui al presente articolo, tenendo in considerazione lo sviluppo tecnologico.

Sfortunatamente, sino ad ora non è stato dato corso a questa importante precisazione, a meno di eventi dell’ultim’ora o di omissioni involontarie del sottoscritto, creando così un vuoto legislativo in un settore critico sia per la rilevanza che per la rapida espansione.

Chi fosse interessato ad intercettare eventuali novità in materia può seguire (con i relativi feed RSS) il blog di Guido Scorza, i blog Dirittodautore.it e Pubblica Amministrazione.

Conclusione?

E cosa possiamo concludere allora? In particolare, che deve fare un educatore, che sia maestro, professore, professore d’università o altro, e che voglia utilizzare testi, immagini, musiche o video riprodotti a fini didattici?

Per avere un criterio mi rifaccio all’interessante descrizione delle fonti del diritto proposta da Simone Aliprandi in Capire il copyright ad uso dei non addetti, quali molti dei lettori ed io siamo. Orbene, le fonti del diritto sono quattro:

  1. la legge, composta da testi normativi emanati da apposite istituzioni politiche, quali lo Stato o le Regioni;
  2. la giurisprudenza, determinata dalle pronunce dei giudici su questioni specifiche;
  3. la dottrina, formata dalle opinioni autorevoli più o meno condivise degli studiosi del diritto;
  4. gli usi e le consuetudini che sono generalmente riconosciute nella realtà sociale.

Aliprandi spiega che i problemi di rilevanza giuridica vengono risolti attingendo alle quattro fonti secondo questa gerarchia.

Per quanto tale quadro possa apparire articolato e flessibile non è facile trovare riferimenti in un contesto che vive una così rapida espansione; come spesso si verifica, la complessità della realtà mette a dura prova i nostri costrutti.

In una situazione del genere e nel contesto che qui ci interessa, io credo che si debba considerare un altro elemento: la coscienza. Vi sono attività, come per esempio quella del medico e quella dell’insegnante, che hanno l’uomo come soggetto, la sua salute in un caso, la sua formazione nell’altro.

Ricordo che, in una situazione estremamente difficile e dolorosa, un medico che ricordo con affetto mi confortò dicendomi: “Non si preoccupi, ci sono i protocolli ma prima c’è l’uomo”.

Ecco, la professione dell’insegnante non presenterà le criticità che può incontrare un medico ma la posta in gioco è altrettanto importante. Credo che un insegnante, qualsiasi insegnante, possa tranquillamente determinare cosa sia giusto fare in quelle circostanze dove la normativa non è ancora esplicita; ovvero, credo che per un insegnante non sia così difficile determinare ragionevolmente e secondo coscienza che

  1. la riproduzione di un’opera di cui intende servirsi abbia finalità non commerciali, educative e non abbia fini di lucro
  2. la natura dell’opera riprodotta sia appropriata per la propria azione didattica
  3. l’ampiezza ed importanza della parte utilizzata in rapporto all’intera opera tutelata sia adeguata e non ridondante
  4. con la riproduzione non si causino effetti anche potenzialmente concorrenziali dell’utilizzazione.

Non possiamo immaginare che se un simile atteggiamento costituisse pratica corrente per la maggioranza degli insegnanti e pratica condivisa e supportata dai vari organi di dirigenza scolastica e universitaria, allora si finirebbe per contribuire a formare, nell’ambito della vita scolastica, quegli usi e consuetudini della realtà sociale che costituiscono una delle fonti del diritto?

Io credo di sì e, in modo più generale, penso che le regole che le comunità si danno derivino da un’articolata dialettica fra la loro espressione formale e la realtà complessa e sempre mutevole alla quale esse devono alfine attagliarsi. Il legislatore non potrà non tenere conto di usi e consuetudini palesemente volti a fini formativi, che in concreto non intaccano gli interessi dei detentori dei diritti sulle opere utilizzate ma anzi, forse rappresentano anche una promozione delle opere medesime.

9 pensieri riguardo “Assignment 8: didattica e diritti d’autore”

  1. Seguendo il festival di sanremo e registrando alcune canzoni mi è venuta in mente la sessione online in cui Andreas ha spiegato il diritto d’autore.
    La radio trasmette una grande quantità di files audio e vengono stipulati degli accordi di natura economica che consentono la fruizione illimitata degli utenti.
    Se io diffondo ad amici e conoscenti la musica da me registrata non rispetto il diritto d’autore e posso incorrere in sanzioni…
    Siamo nel 2010 ed la rete è una realtà e il legislatore deve attivarsi e migliorare le leggi vigenti tenendo conto sia degli usi e delle consuetudini degli utenti sia dei diritti dei detentori dei diritti d’autore poichè è fondamentale la diffusione e la circolazione dei prodotti culturali.

  2. Si parla spesso di probabili soluzioni per impedire la contraffazione sopratutto su internet per non ledere i dirittti dei legittimi autori. Però una legge vera e propria non esiste ancora o per lo meno non riesce ad arginare questi problemi.Le opere di qualsiasi natura appartengono a chi le ha create con studio e fatica, e a mio avviso non è giusto appropriarsene in maniera impropria. Il copyright serve proprio a questo, ad evitare che opere messe in rete possano essere sfruttate illegalmente da altri. Ma nonostante il buon proposito,personalmente ho illegalmente utilizzato opere altrui per preparare le lezioni o per completare degli elaborati.Credo che quaesto lo facciano quotidianamente milioni di insegnanti che sfruttano materiale altrui, e sopratutto quello su internet per rendere più efficace la trasmissione del sapere

  3. La recente legge 248/00, modificando la legge 633/41, sempre attuale in materia di diritto d’autore, ha introdotto ulteriori ipotesi al fine di combattere la pirateria e la contraffazione, anche quella che si realizza via Internet.
    Ogni opera dell’ingegno presente su Internet appartiene al proprio autore e non è possibile copiarla o beneficiarne in alcun modo senza il consenso esplicito dello stesso autore, che ne autorizzi – magari regolamentandolo – l’utilizzo. L’indicazione del copyright che si trova in molti siti (completa di nome dell’autore o del titolare dei diritti economici, nonché della data) rafforza e rende esplicita la protezione dell’opera, ma anche in mancanza non ci si deve sentire autorizzati a copiare o riprodurre parti delle opere che si trovano sulla rete, considerato pure che, per individuare chi copia, basta un semplice motore di ricerca.
    ALESSANDRA MANNO

  4. Nel sito della SIAE, al link Diritto D’autore e Web (http://www.siae.it/UtilizzaOpere.asp?link_page=Multimedialita_DirittoDAutoreEWeb.htm&open_menu=yes), si ribadisce che “Internet, attraverso la tecnologia digitale, e l’immissione nella Rete, consente di accedere ai contenuti del genere più vario, dalle informazioni alla musica, dalle foto ai video”.
    Ma dice anche che “…occorre conoscere le condizioni per il legittimo uso di tali materiali. L’utilizzazione di opere dell’ingegno attraverso la Rete deve infatti avvenire con il consenso dei titolari dei diritti. L’opera dell’ingegno, come ogni prodotto, nasce a seguito di un impegno creativo e produttivo: ha quindi un costo e costituisce bene dotato di un valore degno di tutela. La mancata acquisizione da parte degli utilizzatori delle necessarie autorizzazioni avviene in alcuni casi in buona fede, mentre in altri casi ha luogo con l’espressa intenzione di violare tali diritti e le norme che li tutelano oppure con assoluto disinteresse per la loro esistenza. Il problema, comunque non è tanto quello della interdizione dell’uso delle opere dell’ingegno in Internet, perché ciò si tradurrebbe in una forma di anacronistico proibizionismo, quanto quello di intervenire in modo che ciò avvenga nel rispetto dei diritti dei legittimi titolari. L’evoluzione della tecnologie di sfruttamento delle opere dell’ingegno in Rete costituisce una grande opportunità per tutti i soggetti coinvolti e va considerata un fattore produttivo di rilievo, se opportunamente gestita con sistemi d’avanguardia, con tariffe adeguate al mercato e con sistemi autorizzativi in grado di seguire l’evoluzione di nuovi modelli di business.”

    Si ribadisce solo in parte ciò che ha detto Andreas nel sincrono in merito all’utilizzi libero di tutto ciò che è in rete a patto che non se ne faccia un uso “commerciale”, ma prettamente educativo e formativo. Nonostante la norma vigente vi è un filo sottile tra ciò che si può e non si può o non si dovrebbe fare, tra ciò che è coperto da copyright o è copyleft.
    Tante volte abbiamo avuto il timore di appropriarci in modo illecito di materiali della rete che abbiamo avuto cura di modificare in parte la struttura del materiale stesso.

    Durante la costruzione del LO il ns. gruppo si è chiesto molte volte se stavano facendo le cose giuste, senza incorrere in sanzioni di alcun genere, ma poi, munite di coraggio e con cuore e mente impavidi abbiamo deciso di prendere a piene mani dalla rete e di mettere in rete il ns. prodotto http://www.soleterrapianeti.altervista.org/

    Speriamo bene!!!

  5. Un po’ di anni fa ricordo di aver partecipato a un “incontro con l’autore” nella mia città. L’autore in questione era un certo Wu Ming, che ho scoperto poi essere un nome collettivo.

    Infatti i Wu Ming, che in cinese può significare “senza nome” o “cinque nomi”, dipende da come si pronuncia la prima sillaba, sono un gruppo di letterati-artisti che con una medesima identità scrivono un romanzo a cinque mani. Rifiutano la celebrità e quindi anche i meccanismi pubblicitari e promozionali legati all’uscita di un loro nuovo romanzo.

    In quella sede si parlò, appunto, anche di copyright e mi risultò del tutto strano quando dissero che il romanzo di cui si parlava “Q” si poteva scaricare liberamente dalla rete.

    Un gruppo di scrittori che ha deciso di adottare il “copyleft”: riprodurre, fotocopiare, utilizzare, scannerizzare, mettere in rete i loro libri purchè non lo si faccia a scopo di lucro. E sin qua mi sembra che si richiami lo scopo non commerciale evidenziato anche dalla legge, ma mi è sembrato interessante il fatto che ciò che viene eventualmente acquistato è il libro come oggetto, e non il testo. (è sull’oggetto che guadagna l’editore e gli scrittori).

    Il loro principio è restituire alla collettività le storie, i racconti, la vita da cui gli autori stessi prendono spunto per raccontarla.

    D’altronde se poi il romanzo piace si ha anche voglia di tenerlo tra le mani e forse anche di scambiarlo in un gioco anche di passaparola e questo non fa che tornare a favore degli autori e lasciare qualche soldo in più nelle tasche dei lettori.

  6. Ricercando un po’ in Rete sull’argomento proposto, ho trovato che l’Organizzazione internazionale della proprietà intellettuale (WIPO) http://www.wipo.int/portal/index.html.en,
    istituita dalle Nazioni Unite, nel 2007, ha pubblicato un libro rivolto ai ragazzi dai 9 ai 14 anni per illustrare i problemi relativi al copyright. A questo sito
    http://www.wipo.int/wipo_magazine/en/2007/05/article_0012.html
    si può scaricare liberamente il testo in PDF.
    L’unico neo è che non ne esiste una versione in italiano.
    Il libro contiene giochi, test e suggerimenti di siti su cui trovare materiale scaricabile liberamente e si legge facilmente, per cui non dovrebbe essere difficile tradurne dei brani da leggere con i nostri alunni.

  7. Carissimo Andreas,
    I tuoi stimoli a riflettere su tutti i temi di cui noi stiamo trattando, ,mi inducono quasi sempre ad un turbinio di pensieri e direi per restare nel campo didattico a delle riflessioni multidisciplinari, che forse bisognerebbe elevarle a metodo in tutti gli insegnamenti, più di come si faccia adesso. Ma per venire al tema del ” far use”, o del uso consentito; concordo pienamente con te , in merito all’idea che ogni insegnante serio, si possa assumere la responsabilità di sostenere la sua buona fede in nome di un principio sano e non speculativo di utilizzare un’opera scientifica, a solo scopo educativo. Dalle mie reminiscenze di studio del diritto, credo anche, che l’art.del codice civile 2043, sul risarcimento per fatto illecito, richiama l’art.,1176, il quale stabilisce che per accertare un fatto doloso, occorre, stabilire se il soggetto abbia o no tenuto un comportamento diligente da buon padre di famiglia. E quale dunque, più comportamento di buon padre di famiglia , potrà essere mai , quello di un insegnante che si preoccupa di illustrare e far ampliare gli orizzonti culturali ai propri allievi, servendosi di tutto ciò che la scienza e l’intelletto umano abbia messo a disposizione ?. C’è però , sempre a mio modestissimo avviso, nella nostra civiltà giuridica, un vulnus, che occorrerebbe colmare; e cioè quell’istituto giuridico, detto” Common Low”che i paesi, anglossasoni hanno e usano da secoli, e che fa sì che un sentenza, divventi giurisprudenza e quindi legge. La cosa invece, non avviene in Italia, per cui potrebbe capitare che , nella fattispecie, un giudice illuminato , in presenza di un vuoto normativo come pare sia il nostro caso, dia ragione ad un professore, mentre un altro giudice, diremo poco illuminato, condanni invece un prof. o altri, al pagamento di una multa per uso improprio di materiale scientifico o opere d’ingegno.

  8. si per la cronaca facendo ascoltare il cd agli studenti, stavi violando il copyright. acquistando il cd si compra solo il diritto di utilizzo…per usare un immagine o un file a scuola (o comunque a fini didattici) deve essere deteriorato, altrimenti se vuoi usare l’alta risoluzione devi pagare. le università pagano dei forfait alla SIAE. un saluto (bella riflessione ;))

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