Di consueto cerco di stare alla larga dal tema ma colpisce un fatto che caratterizza questo marasma comunicativo: il disinteresse per i dati reali contrapposto al consumo vorace della notizia qualsivoglia. C’è sotto l’equivoco che occorra informarsi per potersi esprimere. No, occorre studiare prima di potersi esprimere, e non poco. Che non significa sia roba da laureati ma da persone di buona volontà che vanno a cercarsi le fonti e se le studiano. Chiunque lo può fare però ci vuole tempo e spesso è anche un po’ faticoso. Un conto e rilanciare notizie che ci piacciono, un altro cercare di capire qualcosa che non conosciamo.
Ho passato un pomeriggio a studiare le fonti su temi di solito rilanciati a partire dai post effimeri che intorbidano i social. Purtroppo non trovo il tempo per un’argomentazione estesa. Mi limito quindi a elencare le fonti che mi sono servite e che voglio essere sicuro di reperire alla bisogna. Magari ne aggiungerò delle altre.
Ovviamente, chiunque le può consultare ma attenzione: maneggiare con cura. Estrarre informazioni dai dati non è banale, occorre studiarli bene e magari chiedere aiuto a chi ne sa di più.
Fonti
- Repository di dati in formato aperto relativi alla consegna e somministrazione nelle varie regioni Italiane dei vaccini anti COVID-19. Il repository è su GitHub, utilizzato per la condivisione di software libero e dati aperti. Di solito chi lo usa crede nel valore della condivisione e dell’apertura.
- Repositorio per dati Coronavirus del Johns Hopkins University Center for Systems Science and Engineering (JHU CSSE), ESRI Living Atlas Team e Johns Hopkins University Applied Physics Lab (JHU APL). Ci sono i dati di tutti i paesi. Anche questo su GitHub. Con questi dati si alimentano infografiche come questa (bellissima).
- Le risorse web dell’Istituto Superiore di Sanità. In particolare i bollettini periodici, molto ricchi di dati. Ad oggi l’ultimo è l’Aggiornamento nazionale: 24 novembre 2021 (Task force COVID-19 del Dipartimento Malattie Infettive e Servizio di Informatica, Istituto Superiore di Sanità. Epidemia COVID-19). Alcuni delle tabelle e dei grafici sono riportati nella pagina Facebook dell’ISS. Oppure si riportano rappresentazioni che arricchiscono i bollettini, come quella relativa all’annosa questione dell’effetto paradosso:

L’equivoco (incredibilmente) comune è che il 64% di vaccinati (completi) fra gli ospedalizzati dimostri che il vaccino non funzioni. Sbagliato: il 64% si riferisce al totale degli ospedalizzati. L’efficacia del vaccino si deduce invece confrontando i 509 casi non vaccinati con il totale rispettivo: 509/7.586.013 -> 0,0067% e, analogamente, confrontando i 209 casi vaccinati completi con il proprio totale: 209/38.658.546 -> 0,00054%. Da questo si deduce che i vaccinati completi rischiano 0,0067/0,00054 = 12 volte di meno dei non vaccinati di finire all’ospedale. Fra le obiezioni riportate nei commenti a questa infografica c’è spesso il fatto che i numeri sono parziali. Basta andare a vedere i dati espliciti citati nel suddetto bollettino (pag. 17 tabella 3) per constatare che l’infografica non riporta i vaccinati con ciclo incompleto, i vaccinati con ciclo completo ma da più di 6 mesi e i vaccinati anche con il booster. Insomma i dati ci sono, basta andare a leggerli sulle fonti pubbliche accreditate.
- La Germania è un caso interessante da seguire (70% vaccinati e 60000 nuovi casi giornalieri contro 87% vaccinati e 17000 casi giornalieri in Italia, a ieri). Sto usando Der Spiegel. In tedesco ma i numeri sono ripresi dal già citato Repositorio per dati Coronavirus del Johns Hopkins University Center. In generale, per gli altri paesi le infografiche della Johns Hopkins University sono ottime.
Grazie Andreas, mi sono permesso di girare il link a tutte le mie chat Gigi
Grazie, Andreas.
A proposito di “Estrarre informazioni dai dati non è banale, occorre studiarli bene e magari chiedere aiuto a chi ne sa di più.”, un po’ per caso (1), stamattina sono capitata sui video riguardanti i dati del modulo The Decisions We Make del MOOC “Ethics, Analytics and the Duty of Care” di Stephen Downes. Andate nello stesso senso.
(1) Non del tutto per caso: l’algoritmo di YouTube me li ha proposti nella lista dei canali cui sono abbonata. Mi proporrebbe probabilmente ben altro se fossi abbonata … a tutt’altro 😀