Daily: blogterapia RW

Sociogramma 2 maggio 2011. I nodi rossi sono studenti di medicina, i nodi blu cyberstudenti, il nodo celeste è il docente. Una linea che congiunge due nodi significa che almeno uno dei due ha fatto almeno un commento ad un post dell’altro.
Sociogramma 2 maggio 2011. I nodi rossi sono studenti di medicina, i nodi blu cyberstudenti, il nodo celeste è il docente. Una linea che congiunge due nodi significa che almeno uno dei due ha fatto almeno un commento ad un post dell’altro.

Qualche giorno fa Matteo ha scritto un post divertente sul tema della blogterapia. Non si può escludere che a qualcuno faccia bene scrivere dei propri mali ma, credo giustamente, Matteo sostiene che non si possa esser certi dell’efficacia di una terapia del genere.

Tuttavia, senza inerpicarsi in ragionamenti troppo complicati, si può forse essere abbastanza sicuri che fare qualcosa faccia bene. Soprattutto qualcosa che implichi qualche genere di creatività, quindi sicuramente anche scrivere. 

More about Il grande libro dei nodiMi viene in mente un libro che ho trovato per caso poco tempo fa in libreria: Il grande libro dei nodi” di Clifford E. Ashley ( 1881 – 1947), artista, scrittore, navigatore e grande esperto di nodi. È ben più di un mero manuale. Lo si potrebbe definire un atto d’amore per la creatività. Quasi 4000 nodi, tutti disegnati nei dettagli e spesso anche arricchiti da scenette che ne mostrano l’applicazione e da elementi storici. Scrive Ashley [pag. 8]:

Per me il fatto puro e semplice di fare un nodo nuovo è come un’avventura, un pezzo di spago offre una libertà creativa immensa, unica; una filaccia [1] è un oggetto semplice, che per tutti gli scopi semplici possiede una dimensione soltanto. Se muoviamo quella filaccia su un piano, intrecciandola a piacere, ne otteniamo oggetti a due dimensioni che possono essere belli oppure utili; e se decidiamo di muovere quella filaccia fuori da quel piano, i nostri oggetti acquistano una terza dimensione che ci permette una libertà creativa limitata soltanto dall’immaginazione e dalla lunghezza della filaccia.
Cosa può esserci di più meraviglioso?

Ashley, che ha passato molto tempo imbarcato in lunghi viaggi, racconta come la vita del marinaio si alternasse fra momenti di duro lavoro e lunghe pause. Non è difficile immaginare come l’ambiente ristretto della nave e la vicinanza coatta con altri membri dell’equipaggio potesse rendere la vita assai difficile in viaggi che potevano durare anche mesi.

Questo quadro, dipinto da Ashley, rappresenta una baleniera. I viaggi delle baleniere potevano durare molti mesi.  È proprio su una nave del genere che Ashley fece il suo apprendistato di marinaio.
Questo quadro, dipinto da Ashley, rappresenta una baleniera. I viaggi delle baleniere potevano durare molti mesi. È proprio su una nave del genere che Ashley fece il suo apprendistato di marinaio. (Immagine da Wikimedia Commons)

Sarebbe stato utile uno psicologo a bordo? Magari cacopedico? Difficile sapere. Certo è che molti la terapia se la facevano da soli, dedicandosi a qualche attività impegnativa: intaglio, noderia, intreccio, tessuto erano le più tipiche. Dipendeva un po’ dai materiali a disposizione e di solito, gli scarti di funi di ogni tipo abbondavano nelle navi, che armate a dovere impiegavano vari chilometri di funi.

Così si spiega l’incredibile quantità di nodi che sono stati inventati – e utilmente applicati sulle navi – dai marinai. Pare anche che molti siano stati maestri nel macramè, nell’uncinetto e anche nel lavoro a maglia!

Cambiamo ora argomento ma non epoca.

Quando ero un ragazzo … nelle serate estive di fronte ad ogni casa si trovavano giovani che cantavano le canzoni alla moda e quelle dei tempi passati. Oggi si sentono queste macchine infernali [i grammofoni] giorno e notte. Non ci rimarrà nemmeno una corda vocale. Le corde vocali saranno eliminate in un processo evolutivo simile a quello che ci ha fatto perdere la coda che avevamo da scimmie.

More about RemixQuesto brano, attribuito al compositore americano John Philip Souza (1854 – 1932), è citato in Remix, di Lawrence Lessig [Location 529 della versione Kindle, il libro l’ho regalato]. Lessig prende le mosse da questa previsione un po’ estrema di Souza per sviluppare l’idea che nel ‘900 abbia avuto luogo una trasformazione della cultura da Read-Write a Read-Only. L’affermazione di Souza era una provocazione. Nel seguito Lessig descrive come Souza temesse che la diffusione dei mezzi di riproduzione della musica meccanizzati avrebbe indotto un fenomeno di passivizzazione delle masse.

Lessig condivide e sviluppa questo argomento, sostenendo la tesi che il cyberspazio offre delle grandi opportunità per recuperare l’antica “attitudine RW”. In fin dei conti non è passato poi molto tempo, giusto quattro generazioni …

L’uomo è arrivato a questo punto con un’evoluzione durata, pare, qualcosa come un milione d’anni. E ci è arrivato grazie alla propria creatività, trovando soluzioni a problemi. Un uomo sano è una macchina spara-soluzioni. Non è un caso, credo, che fra le tecniche di tortura si annoveri l’obbligo alla passività.

Si può sostenere una tesi del tipo: cultura RO -> nevrosi?


Filaccia: il primo elemento della costruzione delle funi, formato da fibre ritorte.

2 pensieri riguardo “Daily: blogterapia RW”

  1. A mio parere avremmo più ragione a sostenere un’uguaglianza del tipo cultura RO=stupidità, oppure cultura RO=imbarbarimento. Considerando che la verbalizzazione, sia essa parlata che scritta, aiuta chiunque ad avanzare nel processo di comprensione della realtà (e di se stessi) è logico che venendo a mancare apre le porte ad una diminuita comprensione del mondo circostante, e non casualmente Tullio De Mauro, nel suo saggio La cultura degli italiani, stimava qualche anno fa che in Italia almeno il 38 per cento della popolazione non è in grado di scrivere una piccola frase né di fare una moltiplicazione; in termini più generali, egli riteneva che il 66 per cento della popolazione ha un’insufficiente competenza alfabetica ed aritmetica. Con queste stime alla mano se proprio volessimo sfoderare categorie psicopatologiche, ancorché non cacopediche, potremmo dire più opportunamente che la cultura RO non apre le porte alla nevrosi, ma alla psicosi, evocando questa forma (grave) di disagio, differentemente dall’altra, uno scollamento con la realtà. Nella psicosi si è infatti soliti dire che si perde il contatto col reale, contatto che si mantiene invece nelle forme di disagio nevrotico (classicamente disagi di tipo ansioso-depressivo). Che il cyberspazio offra delle grandi opportunità per recuperare l’antica attitudine RW c’è da augurarsi che sia vero, anche se ho l’impressione che le persone che usano la rete, diciamo, in modalità RW, sono forse quelle che si muoverebbero nel mondo secondo l’attitudine RW anche senza esser passati dall’esperienza del cyberspazio. Mi viene in mente quell’adagio che dice: l’insegnamento in genere è inutile, eccetto che per quegli studenti per i quali sarebbe superfluo. Come dire: promuovere il recupero dell’attitudine RW sarebbe utile ma unicamente per quelle persone che non hanno niente da recuperare. Credo che a questo punto la discussione potrebbe ingrandirsi a dismisura, e concentrarsi magari sullo stato preoccupante in cui versa oggi la scuola patria, per non parlare delle ragioni per cui siamo arrivati a quel punto di degrado culturale e lessicale che Michele Serra denunciava nella sua Amaca (sempre divertente ma spesso amara) di Domenica primo maggio, che riproduco di seguito:

    Si sa che la politica, negli ultimi anni, non è molto rigorosa nella selezione del personale. Ma uno scambio di battute in pubblico come quello tra Bossi e Letizia Moratti, riportato ieri dai giornali, merita un richiamo per scarso rendimento perfino nel rudimentale mondo della politica nazionale. «Letizia, con il federalismo adesso hai i soldi per fare le cose, guarda che noi ti controlliamo…». «Guarda che se fai così scappo!» (risate degli astanti). «Pensavi di andare al mare nei posti dei ricchi, ma questa volta ti tocca lavorare!» (risate). «Umberto, dobbiamo portare il centro di produzione Rai a Milano! Con il tuo aiuto ci riusciremo!» (cori di Roma ladrona). «Adesso che hai i soldi se hai le idee puoi realizzarle, così la prossima volta che vengo a Milano non prendo tutte quelle buche, pum pum pum» (risate). «Con il federalismo le asfalteremo tutte!» (applausi scroscianti, tripudio della folla). Per scendere di un ulteriore gradino sotto questo ground zero concettuale e lessicale, potevano usare i verbi all’infinito, come gli indiani nei western degli anni Cinquanta: «Io essere amico! Io volere tu sindaco di Milano!» «E io riempire buche, così tua macchina non fare più pum pum pum!» Gli astanti si sarebbero ugualmente spellati le mani.

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