10 pensieri riguardo “Mani, touchscreen e computer”

  1. Vorrei proporre anche qui, come già fatto sul forum di moodle, un articolo della ricercatrice Anna Baccaglini-Frank sulle potenzialità di applicazioni multi-touch per la costruzione del significato di numero naturale. E’ molto interessante!
    Alcuni studi hanno indagato gli effetti di un allenamento delle dita (“potenziamento digitale”) sulle abilità di calcolo e hanno dimostrato come la “gnosia digitale” (l’abilità di rappresentarsi mentalmente le dita), insieme al “subitizing” (capacità innata di riconoscere piccole numerosità senza contarle) e al “finger tapping” (abilità motoria fine), costituisca una delle abilità di base necessarie per una corretta rappresentazione del concetto di numero. Dunque perché non utilizzare la tecnologia multi-touch (LIM, smartphones, tablet e altre superfici interattive come banchi o tavoli), che consente un’interazione a più dita, per migliorare l’apprendimento in matematica? La maggior parte degli applicativi finora esistenti purtroppo consiste in giochi o quiz in cui l’interazione avviene sotto forma di un tocco eseguito da un dito singolo e sono pochissimi quelli che sfruttano la possibilità di riconoscere una varietà di “tocchi” eseguiti anche simultaneamente. Nell’articolo ne vengono analizzati tre (“Ladybug Count”, “Fingu” e “Touchcounts”) mostrando i vantaggi e gli aspetti più critici. Credo che possa interessarvi per poter guardare questi dispositivi sotto una luce un po’ diversa e probabilmente poco conosciuta!

    1. Hai fatto benissimo a riportare anche qui il tuo commento, Nancy. È uno spunto molto interessante. Appena posso leggo con attenzione il testo che hai indicato – l’ho appena stampato.
      Grazie!

  2. Questo per me è un argomento molto tortuoso! Non sono un genio dell’informatica e nella mia esperienza i dispositivi con cui mi sono trovata meglio sono stati telefoni e pc! Per me il pc è fondamentale, mentre il tablet è superfluo in quanto riesco ad usarlo per le stesse cose per cui uso il telefono. Adesso mi trovo davanti ad una scelta, comprare un nuovo PC e il dilemma
    Si apre fra Apple o Windows… cosa consigliate?

    1. Arianna, ci sono diversi fattori da considerare. Pressappoco nella tua situazione, ho scelto un laptop con Linux Ubuntu, dopo decenni di Mac e una breve spiacevole parentesi con Windows XP. Ho fatto installare Ubuntu a pagamento dal venditore del laptop, perché non volevo rischiare di perdere tempo in errori miei e mi ci trovo molto bene.

      Andreas, concordo ma vorrei tornare su quel che dici della scrittura:

      “Ma in realtà gli strumenti forgiano le abitudini. I dispositivi touchscreen inducono alla fruizione leggera, veloce. Anche la scrittura volge verso le varie forme di messaggistica. È scomodo scrivere un testo lungo e articolato sulla tastiera virtuale, anche sui modelli con lo schermo più ampio.”

      Anche se esistono astucci per tablet con tastiera “vera” inclusa, è una spesa di più, poi non sono nemmeno tanto comode, quindi concordo. Però c’è la funzione di dettatura via riconoscimento vocale, sia sugli smartphone sia sui tablet, che è progredita molto di recente, quasi a rivaleggiare con programmi tipo Dragon che costano caro, funzionano con una sola lingua e che devi educare alla tua voce.

      Questo da una parte è stupendo: un aggeggio mobile con cui puoi sia leggere con le orecchie sia scrivere con la voce consente ai ciechi, ai dislessici, persino agli analfabeti e semi-analfabeti (“illiterate” – ce n’è un 20% ca anche nei paesi più ricchi) di accedere alla conoscenza scritta e di parteciparvi. Ma c’è un problema, anzi due.

      Questa possibilità di scrivere con la voce, per i motivi che dici, tenta anche chi non avrebbe problemi per scrivere a mano o con la tastiera: un insegnante di liceo mi ha detto che ormai, scrive con la voce quasi tutto. Il secondo problema sta nelle imperfezioni residue, che non si potranno mai eliminare del tutto. Avevo provato questa funzione con un signore anziano quasi cieco che voleva scrivere un testo sulla sua infanzia. Lui aveva dettato: “Mon père convoyait des pylônes” (“mio padre convogliava piloni”) e il telefonino aveva scritto: “Mon père qu’on voyait des pylônes” (“mio padre che si vedeva dai piloni”). Le due espressioni sono rigorosamente omofone, perciò persino un umano potrebbe sbagliare in un primo tempo, ma poi si accorgerebbe che manca una principale e correggerebbe. Un programma di dettatura, no. Reazione del signore: “Ovvio, se avessi dettato “Mon père transportait des pylônes” (“Mio padre trasportava piloni, il programma avrebbe scritto giusto, ma preferisco “convoyait”, veramente.”

      Allora forse c’è un rischio, se la scrittura con la voce si diffonde, che ci mettiamo a scegliere quanto dettiamo in funzione delle limitazioni del programma, e non di quanto vogliamo veramente scrivere. Comunque dettare non è la stessa cosa di scrivere, salvo forse per lettere amministrative semplici. Se ci abitueremo a dettare anzi che scrivere, forse giungeremo a un appiattimento stilistico, non riusciremo più a condensare il contenuto. Chi deve adoperare un programma di dettatura perché non ha altra scelta impara a padroneggiarlo con risultati altrettanto buoni di chi usa la tastiera, certo. Ma è un grosso lavoro – chissà se non saremo tentati di sacrificare la precisione del pensiero alla facilità?

      1. Sollevi una questione molto interessante, Claude.

        Credo tu abbia ragione quando dici che la dettatura con la voce contiene rischi di appiattimento stilistico e, forse, di banalizzazione. Mentre premo con le dita i tasti di una tastiera seguo un pensiero, che, a volte, nel beve lasso di tempo che accompagna la digitazione si trasforma, si rafforza, si modifica, si precisa. Un po’ come mi succede, in modo ancora più evidente, quando scrivo utilizzando carta e penna. “Scrivere a mano implica capacità visive, viso-motorie e viso-costruttive molto superiori al semplice digitare su una tastiera” sosteneva il prof. Cesare Cornoldi nel 2011, pur senza demonizzare i vantaggi della scrittura digitale, utilissima sia in fase di revisione del testo sia come strumento compensativo.

        Ho però ripensato, in particolare, alla scorciatoia della dettatura dei testi con la voce. Questa facoltà, già integrata nei tablet e negli smartphone, esiste anche come servizio online associato a Drive e, perciò, facilmente gestibile anche dai pc dotati di connessione Internet (cfr. https://youtu.be/bNz8FGae288). In certi casi, secondo me, può essere d’aiuto; ad esempio, quando dobbiamo trascrivere interi brani presi da fonte analogica (un documento cartaceo, un libro, un quaderno di appunti,…), il risparmio di tempo è evidente.
        Certo, la rincorsa al risparmio del tempo contraddice l’idea di scuola della ricerca, della pazienza, dell’attesa. A volte, però, evitare azioni automatiche e assai poco intellettuali, come la riscrittura digitale di testi analogici, aiuta. E può aiutare anche in altri sensi. Può favorire, ad esempio, l’esercizio della voce, delle pause, dell’intonazione. Un esercizio, quasi individuale, dove non c’è un obiettivo preciso, se non quello di sentire dentro di sé quello che si pronuncia. Se poi il testo è bello e ci piace, può capitare che quelle frasi, non più digitate meccanicamente, entrino con maggiore forza dentro noi stessi e muovano più facilmente altre sensazioni e restino lì, come sospese, in attesa di dare fiato ad altri pensieri.

        Oltre a questo aspetto, espresso da me forse in modo esageratamente enfatica, spesso c’è, secondo me, da riflettere sul valore della correzione, proprio in considerazione degli errori di conversione automatica in testo. Questo può comportare un prezioso lavoro di riscrittura, di rilettura, di sistemazione della punteggiatura. Un po’, se pur in piccolo, come succede in quel meraviglioso atto della sottotitolazione di un video, quando i tempi dell’ascolto con le orecchie non sono allineati con i tempi della lettura con gli occhi e tu sei costretto o costretta a modificare la sintassi, rispettando il senso del discorso e operando scelte lessicali coerenti con le parole pronunciate.

        1. En passant, anch’io penso che “Scrivere a mano implica capacità visive, viso-motorie e viso-costruttive molto superiori al semplice digitare su una tastiera”.
          Bella la riflessione sull’esercizio della voce. Il piacere profondo della parola detta, come quando uno si dice e si ridice una poesia amata, lo snocciolare delle parole, l’effetto delle pause…

          1. Son contenta se l’aprire la discussione all’opzione dettatura ha potuto essere d’aiuto, Andreas. E grazie ad Alardiz per aver ampliato il tema, in particolare sul piacere della lettura ad alta voce.

            Tuttavia, per tornare all’esempio del testo analogico da riutilizzare digitalmente, se è lungo , forse conviene fare una scansione – o una foto – poi sottoporre l’immagine al riconoscimento ottico dei caratteri (OCR). Sui device Android c’è un app per l’OCR chiamata Text Fairy che copre tutte le lingue Google, e pare ce ne sia una pure per i device Apple. Poi online, c’è http://www.newocr.com/ , con meno lingue coperte, ma includono l’italiano.

            Un amico a chi raccontavo la storia dei piloni è scoppiato a ridere e mi ha detto: “Beh, il software avrebbe anche potuto scrivere: “Mon père, con, voyait des pylònes” [mio padre, stronzo, vedeva dei piloni]”. Oltre che più veloce della dettatura, l’OCR mi risulta un po’ più preciso.

      2. Grazie Claude per avere esteso il discorso all’ambito della dettatura. Proprio nel laboratorio di ieri sera una studentessa mi aveva chiesto informazioni a riguardo 🙂

    2. Decisione di primo livello: si tratta di decidere fra un sistema che ha, in senso generale, meno “fermi macchina” (virus e magagne varie…) e un sistema che pone un po’ meno vincoli e gode dei vantaggi di essere diffuso massicciamente ma che è, usualmente, afflitto da più grane tecniche.

      Terza via: Linux. Maggiore stabilità, grande apertura verso i software liberi – esso medesimo è libero – al prezzo di usare al posto di MS Office LibreOffice. Dipende dalle abitudini. Ci sono anche commercianti che vendono computer con Linux montato.

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