
Uno si sforza di vedere il lato positivo delle cose, ma delle volte si accusano i colpi. Il cyberspazio non è altro che un’estensione del mondo e capita di prendersi dei pugni nello stomaco.
Ci sono degli studenti che non mollano il blog dopo avere partecipato ad una blogoclasse. Giada ha ripreso il suo per scrivere il Diario di una laureata neo-precaria. Stamani ho letto il suo post Risorse (inutilmente) umane: stage ed affini e per tutto il giorno una frase mi ha martellato la mente:
Ma il mondo del lavoro, specie se sei giovane, non è portato a considerare il sostentamento individuale come un diritto della persona, ma come un privilegio.
In quel post Giada racconta la vergogna degli stage di orientamento al lavoro, utilizzati per reclutare precariato a bassissimo costo, alla faccia della formazione.
Nel pomeriggio il reader mi dice che Donatella Della Ratta ha scritto un nuovo post …
Penso all’amato mondo arabo. all‘Italia, il mio paese natale, una democrazia devastata, la terra di nessuno dei diritti nella civile Europa.
Un corto circuito micidiale.
L’articolo 4 della nostra Costituzione recita.
La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.
Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.
Parole semplici e chiare che sembrano scritte per un altro pianeta.
Mi vengono in mente i troppi post della blogoclasse che esprimono sconforto, specialmente dopo qualche sovraesposizione al letamaio mediatico nazionale. Ne ho letto anche uno stasera.
Ma non si può vacillare, occorre reagire. Fu il fondamento del discorso che Patch Adams venne a fare a Firenze qualche anno fa: “Inutile lamentarsi e dare colpe al sistema, cosa posso fare per migliorare lo stato delle cose io ora?”
È così il post di Donatella, che conviene leggere attentamente …
Che dobbiamo fare, ogni giorno, nella nostra vita quotidiana?
E cosa significa “fare”?
E chi siamo “noi”?
che bello partecipare di nuovo ad una discussione!
credo che già porsi la domanda “cosa possiamo fare?” sia un buon inizio, perchè significa che non si è caduti nella rassegnazione. Parlare, discutere, confrontarsi, come in questo spazio, è un’altra buona cosa che tiene acceso l’interesse e l’attenzione. Infine, per quanto mi riguarda, trovo fondamentale proprio in questo momento l’art. 4 della nostra Costituzione citato da Andreas. Troppo spesso ci vengono proposti lavori che non solo non hanno nulla a che fare con il “progresso materiale o spirituale della società”, ma che al contrario la impoveriscono e la umiliano. Cerchiamo di rimanere noi stessi, di usare sempre la nostra testa e il nostro giudizio per quanto riguarda ciò che è giusto e sbagliato, di rispettare noi stessi e gli altri. E in bocca al lupo a tutti quanti!!
Mi piacerebbe molto poter agire di più.
L’uomo riesce ad essere grande proprio quando trova la forza di agire ben sapendo di essere una goccia in mezzo all’oceano.
Il primo cambiamento deve partire da noi. Ma se siamo una goccia in mezzo all’ oceano?
@Pinti
Mi sembra che tu stia già combattendo 🙂
Ci vorrebbe organizzazione ed ispirazione, per ispirare altri a fare altrettanto o semplicemente confrontarsi. Questa blogoclasse mi sembra già un buon modello, che andrebbe ripetuto nelle classi dei licei italiani se ci fossero professori all’altezza di un tale compito.
Io me lo chiedo tutte le sere.
Ma cosa posso fare? Devo prendere una forca e andare a combattere? Non mi piace, ho sempre preferito la forza prorompente della non violenza.
Devo andare a tutti i cortei che tanti ragazzi stanno organizzando? Devo andare a tutti gli scioperi? Ho paura di andare, perché andare vuol dire levare tempo allo studio, per me fondamentale al fine di garantirmi un futuro.
Ma davvero studiare tanto mi assicura un futuro?Forse studiare medicina me lo assicura, forse no, perché sono figlio di un operatore di call center e una educatrice e non figlio del presidente o del magnifico di qualsivoglia cosa.
Devo lasciare il mio paese? Non voglio perché questa è la mia casa e qui ho tutte le persone che amo.
Non so cosa posso fare io ora. L’unica cosa che faccio e cercare di essere informato, cercare di avere un pensiero autonomo e di confrontarmi tutti i giorni con gli altri. Anche se confrontarsi con alcune persone è veramente difficile perché non ti ascoltano ma pensano solo a far valere la loro tesi senza preoccuparsi dell’altro.