Per ricapitolare e anche orientare chi non conosce CIN@MED:
Il Progetto CIN@MED – Percorso di formazione ad un sapere riflessivo nella professione medica attraverso l’uso dei film si configura come attività obbligatoria professionalizzante rivolta agli studenti del II anno di Medicina dell’Università di Firenze.
Scriverò più estesamente di questo, ora voglio dare un messaggio agli studenti che devono ancora scrivere o rivedere i loro testi. Aggiungo solo che questa iniziativa rappresenta un tentativo di indurre un cambiamento nelle pratiche formative universitarie. È chiaro che perturbare un sistema così vasto e consolidato costa fatica a tutti, ai docenti che ci provano ma anche agli studenti che vi partecipano. Non è realistico pensare che le innovazioni possano essere sperimentate in modo indolore.
Proprio perché si tratta di sperimentazione, noi leggiamo con grande attenzione tutti i testi scritti dagli studenti e vi applichiamo varie metodologie di analisi sia qualitative che quantitative. Lo facciamo con un certo ritardo perché sono lavori che richiedono tempo. A questo punto abbiamo letto e analizzato tutti i lavori dell’edizione CIN@MED 2010/2011.
Vi sono un ampio numero di elaborati decisamente sorprendenti e molto istruttivi per noi, ma vi sono anche molti elaborati scritti giusto perché è richiesto per avere i corrispondenti crediti e alcuni che sono stati redatti copiandoli da varie fonti.
Per quanto riguarda il fenomeno delle copie, vorrei qui chiarire due fatti:
- Oggi è banale rintracciare i testi non originali, giusto perché sono in Internet e perché abbiamo a disposizione vari strumenti software per percorrere i dati.
- Noi utilizziamo i vostri testi perché rappresentano materiale prezioso per capire come migliorare l’esperimento e poterlo eventualmente diffondere. Quindi per noi siete dei collaboratori preziosi. Coloro che copiano non sono degli studenti che la fanno franca – problema che lascia completamente indifferente il sottoscritto – ma dei pessimi collaboratori, che fanno perdere tempo ai ricercatori che analizzano i dati.
Vi esorto quindi a darci una mano prendendo sul serio questo lavoro.
Concludo con una brevissima nota tecnica.
I tipi di copie che si trovano in alcuni testi sono due:
- copia-incolla da internet, facilissimo da rilevare:
- molto spesso già la lettura rivela un linguaggio diverso da quello di un ventenne, poi con una googlata di un secondo si scioglie ogni dubbio
- usiamo un software “anti-plagiarism” che spazzola internet alla ricerca di testi copiati, molto efficiente
- copie di testi fra studenti. Anche queste sono rilevabili piuttosto facilmente alla prima lettura e anche in questo caso utilizziamo dei metodi automatici
- un software libero – sotto forma di comando Unix – che mediante un metodo matematico trova le simiglianze in un gruppo di file
- vari moduli software scritti dal sottoscritto specificamente per il rintracciamento dei testi clonati in CIN@MED.
Ulteriori dettagli in futuro, ora mi interessava solo chiedere la collaborazione degli studenti.
Grazie grazie Maria Grazia 🙂
Leggendo questa moltitudine di testi in effetti mi sono ritrovato ad aggirarmi in un caleidoscopio di interpretazioni, dove ogni film era rispecchiato e mutato diversamente. È stata un’esperienza faticosa, ma pian piano la curiosità per questa magica moltiplicazione ha preso il sopravvento sulla fatica, al punto che mi è capitato di tornare a rileggere i primi testi perché mi rendevo conto che le mie medesime chiavi di lettura andavano mutando. E quando sono arrivato in fondo, ci sono arrivato perché ci dovevo arrivare, ma consapevole che in fondo per davvero forse non ci arrivi mai. E tutto questo è molto interessante e vorrei riprovarci.
Sono passata di qui per vedere cosa stava succedendo e mi ritrovo in questo scambio così interessante… Bello!
Angelo Franza, clinico della formazione, ha scritto
“Non mi interessa quello che il film dice allo spettatore, bensì ciò che lo spettatore crede che il film gli dica.
A me non interessa l’effetto che il film ha sullo spettatore bensì quello che lo spettatore fa sul film, con il suo modo di organizzare i dati, con le gerarchie di importanza che egli stabilisce, con le selezioni che compie e con i significati che egli produce e attribuisce in una donazione di senso.”
Il senso dell’utilizzo dello “strumento filmico” nelle cosiddette professioni della cura nasce quindi dall’imparare a scoprire come selezioniamo i dati, con quali filtri leggiamo gli avvenimenti, quali dati trascuriamo e quali evidenziamo. Ovviamente è un percorso che non puoi fare da solo/a perché hai bisogno del confronto con l’altro/a… Altrimenti come scopri cose diverse da quelle che abitualmente fai? Le modalità di questo confronto possono sempre migliorare e adattarsi alle esigenze e agli “stili” dei suoi partecipanti: pensateci e proponete. Credo che qualcuno sia in ascolto… 🙂
C’è poi un altro aspetto da considerare: la formazione medica, che continuerete per tutta la vita, si avvale in misura notevole di video su cui poi si discute. Pensate anche ai corsi di formazione per logopedisti, educatori, psicologi, genitori con figli con disabilità: guardare come lavora una persona insegna più di mille libri. Insomma, il video è un mezzo importante: ci sono tanti mondi da scoprire! 😉
Condivido totalmente le tue parole Andreas e ringrazio pure io Matteo per le critiche e le proposte stimolanti di miglioramento. Il nostro impegno si dirige proprio nel cercare di innovare la didattica e i modi di costruzione della conoscenza. C’è molto da fare, siamo solo all’inizio, ma è pur vero che in Italia siamo tra i primi e questo ci fa onore. Ad maiora, dunque ed un caro saluto, valerio
Grazie Matteo.
Ecco, preferisco di gran lunga un intervento del genere ad un commento scritto tanto per fare, o peggio scopiazzato. Esorto tutti a utilizzare i commenti ai film anche in questo modo, se ciò risponde al proprio pensiero.
L’opinione di Matteo ha valore ma conta per uno. Sarebbe fantastico poter aver un opinione altrettanto franca da tutti. Allora sì che i risultati sintetizzati sarebbero significativi.
La questione qui sollevata, della non naturalezza delle discussioni in aula dopo le proiezioni, io la prendo molto sul serio, perché la percepisco bene, anche in seguito a numerose conversazioni avute con gli studenti. La mia opinione è che, almeno in parte, il problema derivi da un rapporto distorto fra scuola e mondo esterno, completamente separati e riferiti, in sostanza, a epoche diverse: un’epoca passata per la scuola e quella delll’attualità per il mondo. Trovo deleterio che lo spazio destinato per eccellenza alla formazione sia uno spazio nel quale si dia per scontata l’impossibilità di potersi esprimere in modo “naturale”. Questa è una follia. Una follia che impedisce di introdurre negli spazi formativi formali elementi non meramente contenutistici ma fondamentali per poter operare in qualsiasi professione oggi, che impedisce di mitigare l’eccessiva formalità dei momenti formativi ufficiali.
Penso che simili risultati ci dovrebbero indurre a ripensare il modo di fare scuola e università, alle radici.
Eppure nel mondo c’è un gran fermento a riguardo, sia nell’ambito delle sperimentazioni sul campo che nella loro codifica e interpretazione scientifica. In ambito nazionale siamo molto indietro ed è molto difficile innestare deviazioni dai percorsi consolidati, principalmente a causa di un eccessivo conservatorismo accademico, ma anche di un conservatorismo più generalizzato, che emerge anche in taluni atteggiamenti giovanili – non mi riferisco certo al contributo di Matteo ma per esempio alle scopiazzature, che trovo espressione di un atteggiamento retrogrado.
La questione di quanto lo strumento filmico possa essere appropriato in un contesto del genere, credo che sia piuttosto soggettiva. Dalla lettura dei testi mi è parso di capire che molti gradiscano l’opportunità, magari con altre modalità, ma non è facile quantificare, proprio a causa di una quota non trascurabile di “scritti insinceri”. Contrariamente ad alcuni dei docenti e dei ricercatori che collaborano a CIN@MED (che citerò prossimamente in scritti più estesi a riguardo) io non ho grande dimestichezza con lo strumento filmico, essendo piuttosto un accanito lettore. In questo senso sono io che sono piuttosto all’antica 😉 Ma non ho difficoltà a capire che per moltissime persone possa essere uno strumento di riflessione e approfondimento molto importante – è per questo che partecipo con entusiasmo a questo esperimento nella modesta veste di “tecnico”. Mi viene anzi da immaginare che per le nuove generazioni il cinema possa essere fra gli strumenti formativi prediletti. Ma per avere le idee più chiare ci vogliono dati più saldi.
Spero quindi molto in una sempre maggiore spontaneità dei contributi, anche quelli fortemente critici, al fine di individuare la chiave del successo di iniziative di questo genere. Vorrei tranquillizzare le persone: non è necessario ricorrere a consensi melensi o artifizi banali per “passare” CIN@MED. Sapete perfettamente che qui come altrove si può “passare” molto nella forma anche se poco nella sostanza. Diciamo allora che si “passa” comunque con poco, ma vediamo di darci una mano per migliorare lo stato delle cose.
Occorre precisare che questa è la mia visione personale. Posso presumere che nei fondamenti sia condivisa da parte dei miei colleghi impegnati in CIN@MED ma non posso certo darlo per scontato in toto!
E’ vero che copiare è errato in quanto non solo si contravviene ad una delle regole del compito assegnato, ma soprattutto perché rappresenta un insulto all’intelligenza di ambo le parti, tuttavia, come studente, non posso esimermi dal definire questo tipo di approccio alla Medicina assolutamente poco utile e formativo. E’ evidente che un film porti l’individuo a elaborare riflessioni profonde, e probabilmente ad esternarle con i propri amici/compagni, ma il contesto in cui questo succede è diverso, per così dire, “naturale”: questo tipo di discussioni avvengono, almeno per me, in altre occasioni e cioè quando sento che quel particolare argomento dovrebbe essere maggiormente trattato. Invece in questo modo si forza lo studente a esprimere qualcosa che preferirebbe esternare in altre sedi o con altre persone, o magari non esternare affatto. Consigliare dei film attinenti all’ambito medico (osservato da diversi punti di vista) è sicuramente utile, specie per i meno “cinefili” che non sono spinti alla ricerca di questo genere di film, tuttavia ritengo il fine non utile né didatticamente né personalmente. Come alternativa (perchè criticare senza proporre un’alternativa è ancora più inutile) io proporrei di invitare una volta al mese dei veri medici per parlarci delle loro opinioni sul lavoro, di come si sentono, di come secondo loro andrebbe vissuta la professione e di tutti quelle convinzioni infondate (oppure no) che circolano tra gli studenti dei vari anni quando si parla dei vari reparti. Questo secondo me offrirebbe un range di discussione più stimolante e, almeno a mio parere, più inerente: un’esperienza raccontataci da una persona reale è certo più utile di quella offerta da un personaggio del grande schermo. Naturalmente ho parlato di medici e non di pazienti, in quanto già l’anno scorso abbiamo avuto modo di capire come si sentivano e cosa provavano delle persone malate, esperienza che infatti è stata a parer mio molto più interessante.
Naturalmente ciò non mi esonererà dall’eseguire il compito assegnato, ma spero possa essere un buono spunto per tutti quegli studenti che, come me, hanno trovato questa iniziativa poco convincente.
Matteo Maria Poggi, studente del II anno