Post effimero in vista di un intervento. Come ho reagito a quella che mi sembrò subito una missione impossibile — per come il contesto la proponeva: insegnare all’università (almeno le materie che mi riguardavano).
Rifiuto del ruolo di insegnante burocrate
Ascolto
Enfasi sulle differenze per far crescere tutti
Pochi obiettivi, chiari, molto ben ponderati
Offerta di risorse ridondante
Molteplici modalità comunicative
Atteggiamento dialogico— maieutico
Laboratorio perenne
Poche regole ferree — ampia libertà
Diario – artefatti
Tutto questo conduce a…
un cambio di paradigma
la didattica è un’azione molto dinamica ed interattiva, nel senso che cambia anche (e molto) sulla base della capacità di interazione che si riesce a creare. Uno degli obiettivi maggiori è proprio quello di stimolare domande che il docente da solo non si sarebbe fatte. E questo deve avvenire con una premessa chiara: non esistono domande completamente stupide, in primo luogo perchè qualsiasi persona, indipendentemente dal suo livello culturale, ha un punto di vista originale che può far crescere la conoscenza attraverso un confronto dialettico. Ma ancora più importante è il fatto che è meglio fare una domanda stupida e chiarirsi un concetto che non farla e rimanere stupido. Voglio dire anche, avendo insegnato per oltre 40 anni in un contesto universitario molto ingessato e legato spesso alle nozioni più che al ragionamento, che sono felice, come docente, di avere molto imparato insegnando. E questo mi da la fortuna di avere più voglia di guardare al futuro e a quello che non conosco che al passato e ai traguardi raggiunti. Io sono le mie radici, ma mi interessa di più con la chioma dei miei “rigogliosi” rami cercare di raggiungere l’irrangiungibile cielo (senza arroganza e con molta autoironia).