Fermare il tempo

Capita che un tuo studente centri il senso profondo di ciò che non avevi osato dire esplicitamente: le cose importanti meglio lasciarle sottintese onde non vadano diluite nel troppo detto — il mal d’Accademia, il troppo detto. È vero, si rischia che vadano perse lo stesso perché non intese affatto, ma se saranno colte persisteranno nella memoria.

Perché la scommessa di questo laboratorio, inaugurato sei anni fa, fu proprio questa: fermare il tempo, per riflettere, per costruire qualcosa di proprio in modi mai provati prima. Un’idea di laboratorio che fosse un laboratorio vero, dove scoprire il valore dell’errore, della collaborazione, della molteplicità dei modi per giungere alla soluzione. Un’idea di laboratorio fuori dalla dicotomia presenza-online. Un’idea di valutazione vera, profonda, accurata. E un’idea di rispetto dell’altro, dei suoi modi e dei suoi tempi.

Dal diario di Erika Vannacci, studentessa di Scienze della Formazione Primaria 2022/23:

In principio

Ieri sera non riuscivo ad addormentarmi, avevo un po’ di pensieri, ero piena di mille cose da fare, tra lavoro, vita privata, università tornata in presenza, alla quale non ero più abituata… quindi pensavo all’organizzazione della giornata seguente, a come fare per conciliare le lezioni con il lavoro, con gli elaborati da fare e tutto il resto, tra cui questo laboratorio, dovendo ancora capire come utilizzare Logo e cosa farci. E mi sono resa conto, analizzando uno ad uno tutti i miei pensieri, che quello che mi creava più preoccupazione e nervosismo era proprio questo! Perché non è un esame come gli altri, questo richiede tempo, è come se ti obbligasse a fermarti. Dando importanza al processo invece che al prodotto, ti costringe a fermarti. Per gli altri esami, quelli sostenuti fino ad ora, è il contrario. Ormai, arrivata al quinto anno, sono entrata in un loop di esami uno dietro l’altro… finisci di dare un esame e inizi a studiare per l’altro, finisci la sessione e inizi a frequentare le lezioni. Non c’è un attimo in cui ti fermi a riflettere, dai gli esami perché devono essere dati, per la fretta di toglierseli, per riuscire a rimanere in pari, rispettare i tempi e laurearsi il prima possibile. Questo è il primo esame in cui, per forza, devi fermarti, per forza, devi andare piano, riflettere, capire come fare per affrontarlo e, solo dopo aver compreso a fondo, puoi andare avanti. Qui non si tratta di leggere cinque libri e ripeterli. Qui non si può cercare la strategia più veloce per farlo. Questo richiede tempo ed è proprio questa consapevolezza che ieri sera mi creava ansia, perché non sono abituata. Viviamo in un mondo frenetico, dove conciliare vita, lavoro e università (per com’è fatta) è molto molto difficile, almeno per me, che non voglio rinunciare a niente, ci tengo a fare tutto e a farlo bene. Non stiamo nel ‘qui e ora’, siamo proiettati con la mente nel futuro, come io ieri sera, che invece di pensare a dormire, pensavo agli impegni della giornata seguente. Negli anni ho imparato a trovare la strategia veloce e efficiente, senza prestare molta attenzione al processo, che altro non era che memorizzare informazioni scritte su un libro. Qui la strategia veloce non c’è, non serve. Ai miei bambini voglio insegnare questo, che non c’è niente di meglio che stare nel presente, vivere ogni singolo momento nel qui e ora, con la mente e con il corpo. È difficile, ma è la chiave necessaria per stare bene e mi impegnerò ogni giorno per riuscirci. Un punto di inizio potrebbe essere proprio questo laboratorio, voglio prenderlo con calma e dedicargli tutto il tempo necessario, senza fretta o ansie inutili. È così che sono riuscita ad addormentarmi ieri sera, arrivando a questa consapevolezza.

Alla fine

Inizialmente questo corso mi sembrava molto impegnativo. Lezioni da ascoltare, esercizi e riflessioni da fare, diari, loghi, programmi, infinità di codici eccetera. In realtà mi sono accorta che è stata una vera e propria esperienza, e mi sono anche divertita! Siamo troppo abituati a ragionare in termini di CFU assegnati, quando invece dovremmo considerare ciò che rimane a noi alla fine del corso, è questo l’importante. A me di questo laboratorio è rimasto tanto, mi sento arricchita, non solo in termini di conoscenze scientifiche e informatiche perché ho imparato a far viaggiare la tartaruga lungo il foglio, ma mi sono sentita capita, compresa in più occasioni, leggendo le esperienze condivise dai compagni sul forum e sul gruppo di WhatsApp, ascoltando le lezioni del professore… dalla cosa più banale come normalizzare il fatto di poter incontrare difficoltà durante il corso al non far sentire nessuno in difetto se, pur essendo giovane, non digerisce tanto bene la tecnologia; dalla condivisione del funzionamento del sistema universitario come se noi studenti fossimo macchine con l’obiettivo di produrre in serie più pezzi possibile alla riflessione sul godersi giorno per giorno i successi raggiunti grazie ai nostri sforzi, ma anche l’importanza di affrontare le sconfitte, gli errori come occasioni di crescita personale. Ci dicono di non trattare i nostri alunni come se fossero solo teste da riempire ma comprendere i loro bisogni, tuttavia la realtà è che è la prima volta in cinque anni, seguendo questo corso, che mi sono sentita presa in considerazione in quanto persona con idee, pensieri, opinioni; per la prima volta non mi sono sentita semplicemente un numero. Grazie a questo laboratorio ho riflettuto non solo sugli argomenti delle lezioni ma anche su me stessa. Spesso siamo abituati a leggere un pensiero su un libro, e ripeterlo, senza soffermarsi sul suo vero significato, sul perché esiste quel pensiero, come siamo arrivati li. Questo laboratorio mi ha fatto domande che nessuno si era mai posto il problema di farmi, molte volte mi avevano fornito direttamente la risposta, la loro.

Affrontare i problemi che mi si presentavano e scoprire che, dopo vari tentativi, riuscivo a risolverli da sola mi dava la carica per andare avanti, sentivo che niente e nessuno sarebbe riuscito ad ostacolarmi.

In conclusione posso affermare con grande stupore e estrema soddisfazione che, la parte bambina cui facevo riferimento all’inizio di questo diario, è stata la protagonista durante tutto questo percorso! Ammetto che, inizialmente, era un po’ arrugginita, ha fatto un po’ fatica a riaccendersi, ma alla fine ce l’ha fatta e ha portato grandi risultati. Quindi posso dire che è stato quasi terapeutico?

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