L’insegnante artigiano o …

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Ha scritto recentemente una studentessa, in seguito alla mia usuale richiesta di esprimere dei pensieri sul corso o su alcuni testi:

Non saprei come iniziare questo elaborato, è difficile scegliere la forma, l’impostazione quando hai la possibilità di farlo, non che la mia sia una lamentela, anzi… sono quasi emozionata visto che non capita spesso in ambito universitario o scolastico di avere la possibilità di lasciarsi andare, di essere spontanei e di non dover per forza fingere di sapere tanto di qualcosa; dico “fingere” perché, spesso ciò che mi e’ stato chiesto di fare era di parlare di un argomento specifico, di un autore, di una teoria, approfondendo l’argomento; nessuno mi ha mai chiesto cosa ne pensassi, di tale argomento, anzi, quando ho provato ad esprimere un parere i risultati sono stati pessimi.

“… nessuno mi ha mai chiesto cosa ne pensassi …”

Io penso che un’affermazione del genere riveli uno stato di degrado profondo. Un sistema di istruzione nel quale ad uno studente non viene mai chiesto cosa pensa è una follia, un controsenso. Attenzione, niente a che vedere con l’interrogazione, la quale piuttosto che alla riflessione incita alla piaggeria; capire come “la vuole sentire lei o lui” fa parte di una delle competenze principali che oggi sviluppano gli studenti, utilissima anche all’università.

Invece chiedere “cosa ne pensi” è un’altra cosa. E non bastano le parole, perché la domanda funziona solo se l’atmosfera è tale da creare un clima di fiducia: ciò che dirai non verrà usato contro di te …

In una delle discussioni nella Scuola che Funziona, è emersa la questione interessante se il lavoro dell’insegnante debba essere assimilato più ad un’attività industriale o più ad una artigianale. È una questione che si attaglia bene alle considerazioni precedenti.

Richard Sennet, nell’Uomo artigiano descrive magnificamente come nel lavoro dell’artigiano sia indispensabile una componente di ascolto che deriva da una quota di ambiguità ineliminabile.

L’artigiano eccellente è quello che ha imparato a muoversi nel territorio ambiguo che esiste in qualsiasi arte, come ho accennato anche nel post Tecnologie di carta.

Nel lavoro industriale invece l’ambiguo è ridotto al minimo, materiali e servizi devono essere standard, se possibile commodities, cioè materiali dalle caratteristiche invariabili indipendentemente dalle origini, i processi perfettamente definiti.

Nel lavoro artigianale esiste un doppio flusso di informazione fra l’uomo e l’ambiente: l’artigiano un po’ agisce e un po’ ascolta per correggere l’azione, in un ciclo continuo.

Nel lavoro industriale, si predeterminano i flussi di materie e di energie, si allocano le risorse e poi si produce. Il flusso di informazione è unidirezionale, non c’è fase di ascolto nella produzione. Semmai l’unica cosa che si ascolta è il mercato.

L’istruzione oggi è un’attività gestita con logica industriale. La materia che dovrebbe trasformarsi, costituita dalla massa degli studenti, è inascoltata e trattata alla stessa stregua indipendentemente dal contesto geografico, sociale e economico. La conoscenza è vista come una vera propria commodity, oggettiva, invariabile e somministrabile a prescindere dalla situazioni contingenti, veicolata in forme di distribuzione precodificate, libri di testo o Learning Objects. Il corpo insegnante nella scuola primaria e secondaria è trattato alla stregua di mero proletariato, nell’università è una casta.

Di quali siano realmente le competenze, il grado di autonomia, la capacità di adattamento e di innovazione prodotti da questo sistema, si può a ragione dubitare molto. Certi invece sono i profitti di tutte le forme di istruzione privata e dell’indotto in generale: editoria, materiali scolastici …

Certo è anche che se le novità tecnologiche, ebook o qualsiasi altra cosa, vengono calate in questo contesto, tale e quale, allora meglio lasciar perdere.

In realtà io trovo inadeguata anche la metafora dell’artigiano perché nella scuola la materia è viva e rappresenta addirittura la più elevata e complessa forma di vita, nonché l’unica risorsa veramente fondamentale per il futuro. Preferirei quindi la metafora dell'”allevatore per passione”, agisce il minimo che sia possibile, avvalendosi al massimo della capacità naturale di crescere, prosperare.

La capacità di ascolto dell'”allevatore per passione” è nutrita dalla meraviglia e dal rispetto per la vita. Un vero nuovo discorso sull’educazione deve necessariamente ripartire da un aumentato rispetto della vita, che è una cosa che concerne sia la scuola che la cultura di una società, l’una nutrendosi dell’altra vincendevolmente.

Occorre un nuovo umanesimo che non consiste tuttavia nella mera rivitalizzazione degli studi umanistici rispetto a quelli scientifici ma in un rispetto della vita che ora è praticamente assente.

– Posted using BlogPress from my iPad

4 pensieri riguardo “L’insegnante artigiano o …”

  1. Ho trovato questo post girellando per blog.
    Più o meno d’accordo con quello che è scritto qui, in realtà non mi rendo conto dell’analisi, troppo raffinata per me, ma.. le frasi

    >>l’interrogazione, la quale piuttosto che alla riflessione incita alla piaggeria; capire come “la vuole sentire lei o lui” fa parte di una delle competenze principali che oggi sviluppano gli studenti, utilissima anche all’università>>

    sono una sacrosanta verità!
    Quanta mancanza di rispetto subiamo e, ovviamente, contraccambiamo.

  2. leggo sempre con attenzione i tuoi post e sempre pongono degli interrogativi e mettono in discussione tante convinzioni..io credo e ne sono convinta, che il docente debba tenere sempre presente la persona che vi è dentro l’alunno e avvicinarsi con molta delicatezza come se fosse un oggetto prezioso…non deve forgiarlo ..ma deve aiutarlo a prendere forma con le sue capacità e potenzialità… ..io penso che alla base del nostro lavoro ci debba essere soprattutto il rispetto ..e questo implica il coinvolgimento totale dell’alunno favorendo quel clima di libertà dove possa esprimersi e dire anche la sua e partecipare alla sua formazione attivamente ..docente artigiano? potrebbe essere il termine adeguato …un artigiano passionale… però..credo fortemente nella bontà della passione che deve permeare la nostra professione ….non può essere puro insegnamento tecnico ..

  3. industrializzazione di capocce
    Si, verissimo
    verissimo che si arrivi alll’università avendo imparato solo a destreggiarsi tra gli umori dei professori
    verissimo che gli alunni dicano”è scritto nel libro…vuole sentirsi dire questo….” e di conseguenza “che me frega”
    verissimo che tutto questo è semplicemente orripilante
    vedere tante potenzialità umane alle ortiche è qlcs che nn fa dormire la notte
    un alunno si zerbina piuttosto di imparare ad esprimere se stesso è un omicidio

    allevatore per passione o artigiano: a me piacciono entrambi, perchè in entrambi c’è l’attenzione e la voglia di far bene che esula dal profitto o dal trend delle vendite
    un artigiano o un appassionato lavora bene perché gli piace, perché sente vita in quello che manovra tra le mani (geppetto amava il pezzo di legno perchè lo sentiva vibrare ancor prima di tirarci fuori il burattino…o meglio, il burattino è venuto fuori perché ci ha scommesso sopra, in barba alla ragion pura)

    in qst giorni ho riletto i commenti che, sparsi nel web, sono stati fatti al manifesto degli insegnanti: alcuni lo trovano retorico, perchè parlando di passione esulano dalla professionalità
    beninteso che insegnanti non ci si improvvisa e che il mestiere non si fa con 4 nozioni accozzate alla bene-e-meglio, chiedo io: “cos’è la passione se non la massima espressione e realizzazione della propria professionalità?” paradosso? no. assolutamente no, bellissima e logicissima conseguenza.

    nuovo umanesimo che passi per il rispetto della vita: nella logica del profitto sempre-ccomunque-e-in ogni dove dov’è il rispetto?
    numeri di operai in fabbrica, numeri di pezzi venduti, numeri sul registro di classe. il numero è preciso, si dice. e precisamente che dice quando sta appiccicato a delle persone? l’aura di scientificità che sto benedetto numero si porta dietro sta riducendo le persone a meri ragionieri dell’umano

    benedetto video the wall…

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