Come ho già detto più volte, questi blog li leggo con attenzione, controllo il diario e valuto l’insieme. Ci vuole del tempo. Ogni sera spedisco quelli letti in giornata. Se qualcuno non ha ricevuto il voto ci sono due possibilità: 1) non ci sono ancora arrivato 2) non vale ancora 30. Almeno per ora, cerco di “trascinare” tutti verso lo standard, che è 30, non mi importa se qualcuno si attarda. Per avere un’idea di cosa voglia dire “essere a 30”, vi avevo dato un punto di riferimento in un Daily precedente. È solo un punto di riferimento, ci può essere grande variabilità perché tengo conto di numerosi aspetti. Quando sarò arrivato in fondo a questo primo screening – forse mi ci vorranno altri dieci giorni – vi avvertirò nel Daily. A quel punto inzierò il secondo screening e in quel caso, dove necessario proporrò un voto intermedio.
Altri mi chiedono se già domani, in aula 117 al plesso dalle 10:30 alle 12:30 potranno verbalizzare. Se avrò i verbali certamente sì, ma non sono sicuro al 100% che mi siano arrivati. Comunque lo saprò alle 9:30 e allora scriverò un messaggio in Twitter, FB e se ci riesco anche qui. Per i prossimi giorni e orari andate a vedere qui https://iamarf.org/per-contattarmi/. Ricordarsi di controllare il giorno prima!
A proposito di esami, qualche giorno fa Giacomo ha interrotto la bella serie di post sulle meraviglie dell’universo, ponendo il problema dell’oggettività della valutazione negli esami. Problemaccio: l’oggettività è una chimera.
Giacomo nel suo post sostiene la tesi che sarebbe molto meglio un esame scritto anziché orale ed ha ragione perché, come giustamente specifica, l’esame orale dura 5-10 minuti. In questi termini sono d’accordo, ma non è tanto il problema dell’orale quanto del tempo. Un esame di dieci minuti, che magari ha richiesto una preparazione di mesi, è semplicemente ridicolo. In un vecchio post avevo scritto qualcosa su uno degli insegnamenti più difficili del corso di laurea di fisica. L’esame era una maratona: uno scritto e poi, forse, un’orale che durava almeno un’ora. Il mio durò esattamente due ore. Il professore, Manlio Mandò, era molto severo ma aveva il sincero desiderio di rendersi conto di cosa avesse veramente interiorizzato lo studente. Poteva succedere che alla fine di un esame di due ore proponesse al malcapitato di continuare la mattina dopo …
Ora, una cosa del genere non si può nenche immaginare nell’università di massa, e quindi gli esami diventano sempre più un terno al lotto, tanto quegli orali quanto i quiz. E come si fa a risolvere una faccenda del genere?
La mia opinione è che sia inutile ostinarsi a “misurare” la preparazione. La mia opinione intera è che questo sia semplicemente impossibile, sempre. Le capacità che una persona sfodera nella vita, lavorativa e non solo, sono solo pallidamente rappresentate dai suoi risultati scolastici. Ma certamente il significato di tali misure evapora completamente negli esamifici massificati. Sarebbe come voler misurare i microgrammi con una bilancia da cucina, un’operazione demenziale. E se la preparazione non si può misurare che si può fare?
Io credo che si possa onestamente valutare un minimo che deve essere di buona qualità. Punto. Tu lavori o studi o pensi o stai in laboratorio fino a che quella minima qualità della preparazione non l’hai raggiunta, e tanti saluti ai 6+, agli 8-, ai 2– (l’ho preso due volte al liceo), ai 26, ai 29 ecc. O ci sei e puoi andare oltre o non ci sei. Se non ci sei stai: non ti mando a giro con un 21/30. Come non mando a giro due medici, uno con 110/110 e l’altro con 102. Quando sono malato a me interessa sapere di avere un buon medico davanti e l’università mi deve sfornare un buon medico, punto e basta. Poi potrei inciampare in un grande medico, ma quello lo sarà diventato facendo il medico e non prendendo 110 e lode.
Seguo in effetti un ordine ma è un ordine che innalza la probabilità di incontrare all’inizio i blog più attivi, ai quali posso assegnare subito il voto. Così diminuisce lo spreco di tempo che avrei guardando subito molti blog che poi si rivelano ancora insufficienti. Ho quindi ordinato i blog secondo l’indice di betweenness che dà un’idea di quanto un nodo funge da centro di coesione rispetto alla rete della blogoclasse. In soldoni: chi ha più contatti con gli altri – commenti fatti o ricevuti – è più probabile che abbia dedicato più tempo al blog. Probabile, non certo. Devo dire che funziona abbastanza bene, per esempio sui primi cinquanta blog solo 4 o 5 si sono rivelati ancora incompleti.
Perdoni la domanda forse sciocca: legge/corregge i blog in ordine alfabetico o di iscrizione? Giusto per avere un’idea approssimativa. Grazie.
Che tempi quando ricevevo i voti anche io: voti come giudizi di Dio; più belli quelli in cui li ho dati cercando sempre di smitizzarli, ma non è stato mai facile: presa da nostalgia mi dovrò attrezzare per ripristinare una qualche forma di valutazione in entrata/uscita?
🙂
Ho preso tre volte 1 al compito di latino in I media; tempi duri per gli studenti-bambini di allora. Poi ci si laurea (con lode), ma quegli 1 rimangono e servono a far ricordare ciò che non è scuola né deve esserlo. Servono a dirti, giorno dopo giorno, che la misura di una persona vera non è mai un voto in cifre. Servono a farti restare ragazzino/a con il desiderio dell’altrove e con la voglia di distruggere a sassate e di costruire a mani nude.