Il popolo dei social c’è sempre stato

Raccolta di racconti di Lorenzo Viani, fra cui quello qui citato, a cura di Marcello Ciccuto, per i “Quaderni di “letteratura e arte”, Fabrizio Serra editore, 2021

Il popolo dei social, screanzato, lunatico, intemperante, feroce, sbruffone, superficiale, immemore, millantatore, codardo, sempre a caccia di capri espiatori, non è comparso con i social, è sempre esistito. Oggi si gonfia e sgonfia repentino in volumi mai visti prima ma basta, bastava, il minimo assembramento con qualche comunanza d’intenti per ravvisarne le fattezze sgradevoli. Questo m’è venuto in mente leggendo “Vita di spiaggia: sfollamenti. Addio mare, spiaggia serena. Riappariscono i navarchi” scritto da Lorenzo Viani ne “l’Italia marinara” nel 1932. Trascrivo l’inizio. Il corsivo in fondo è mio. (Grazie all’amico Francesco Tomei che me l’ha fatto leggere.)


Il grosso dell’esercito dei bagnanti si sposta in questi giorni a grandi masse, precipitosamente, sicché pare quasi in rotta. Le vie che portano alla stazione sono zeppe di processionanti drappelli, manipoli, falangi, distrattoni che spingono e investono, a dritta e a manca . Nel tumulto non si formano verbi; s’ode soltanto un bofonchìo come di tafani. Il transito delle macchine — si parla di quelle automobili — è interdetto, e le trombe mettono, là in fondo al trambusto, il muggito roco delle mucche e il lamento dell’anitra marina, quando s’attrista.

I treni passano, quasi uno tocca l’altro, e quella moderna specie di mannaia, che ha sostituito ai “passaggi” l’antico cancello, è abbassata da tempo. Come l’acqua fa impeto e ribolle alle caldaie, i bagnanti fan ressa presso le mannaie bianco e nere. I veicoli s’accodano ai veicoli, le macchine alle macchine. Tutti son presi dall’ansia di andare, come se un altro esercito, sitibondo e feroce, fosse al loro inseguimento.

— Mai più e mai più mi muoverò da casa mia.
— I bagni li farò in un catino.
— Io li farò in una conca e col martello in mano: sono andato a un pelo d’annegare.
— Io sono in un bagno di sudore.

Moltissimi sono infarinati di polvere, le brenne si zuccano con le brenne, un automobilista spiritato, seduto, solo solo dietro il cofano rovente, sgrana gli occhi come un gatto. Tutti, con strepiti, strombettamenti, frustate, urli, berci, sollecitano il casellante impassibile: ognun sa che alle mannaie si dà movimento dalla stazione.

In queste lunghe attese tediose che gravano sugli spiriti come incubi e segni di malo presagio, c’è chi sogna, e progetta con tutti i particolari, una trachea mostruosa che di sotto terra renda liberi in aperta campagna, e c’è chi vede, nella fantasia accaldata, un grande ponte sospeso a delle robuste catene congegnate a due piloni alti come la Torre.

Quelli che ignorano chi meccanichi le mannaie investono il casellante.

— Cosa fai tu così impalato?
— Tu mangi il pane a ufo.
— Svegliati.

Sono i medesimi che quando transitavano quei passaggi a livello liberi, custoditi soltanto dal teschio bianco rudimentalmente dipinto su due tavole nere inchiodate ad un pioppo o a una colonna, urlavano:

— Spilorci che non siete altro! Cosa può costare un cancello e la giornata di un povero casellante?
— Siamo qui a dono e a bando di Dio.
— Qualche giorno succederà un macello.

Il direttissimo ha mandato in sfacelo l’impazienza, le mormorazioni, le imprecazioni, il tedio e la noia. Ora tutti sospirano, respirano, aspirano, si sentono sollevati. Ma le mannaie non si sollevano.

— Ma il Capo cosa fa?
— Alla stazione si dorme la grossa!

Il casellante, con la bandierina ripiegata sotto il braccio a guisa di un ombrello, dice, quasi sommessamente, ai più vicini e ai più scalmanati:

— Signori, un “merci” è segnalato dietro al direttisimo.
— Ma tra un atto e l’altro c’era il tempo per passare tutti.
— Non siamo lumache.
— Ci vogliono far mettere veleno la villeggiatura.

Il treno “merci” ansimante, sbuffante, squinternante sghiaiattola i campi e le rotaie; dai vagoni bestiame le mucche sporgono il capo o lo dondolano, intontite e indolenti.


Non resta che comprare il libro per vedere come continua. E anche per leggere gli altri racconti, molto belli, illustrati con disegni di Lorenzo Viani.

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