Questa volta riverbero qui l’ultimo post scritto sul Daily.
Leggendo il racconto di Pierluigi (maestro nella scuola primaria in Calabria, studente presso la IUL) mi vengono in mente gli straordinari cortometraggi di Vittorio De Seta del Mondo perduto, in particolare “Pasqua in Sicilia” e “I dimenticati”, quest’ultimo girato in Calabria.
Sì, secondo me il sentimento religioso, il pathos svolgono una funzione importantissima. Malgrado il ricorso a elementi magici, superstiziosi e simboli pagani, si realizza quella conservazione dello statu quo, della continuità col passato, del senso di appartenenza, della memoria.
La scuola può molto, con i suoi spazi dedicati alla narrazione, alla costruzione, alla ricerca, alla testimonianza diretta.
Oggi anche noi insegnanti possiamo far correre questo filo del ricordo ancor più agilmente e velocemente nello spazio infinito della rete, intersecando altri ricordi, altri bandoli, lasciando tracce vivide e durature nella memoria artificiale e in quella collettiva.
Nel piccolo delle nostre scuole abbiamo oggi la capacità e il piacere di produrre piccole opere mediali che diano un contributo efficace alla conservazione dell’identità e della continuità.
È molto interessante questo commento. Quindi non è tutto perduto, c’è ancora qualche filo che si dipana nel tempo e che non si è spezzato? Arriverà alla prossima generazione? E se questi fili resistono nel tempo è solo attraverso il rito che essi possono resistere?
“Immagini rituali – Penitenze e tradizioni: “I Vattienti” di Nocera Tirinese e “i Perdoni” dei Misteri di Taranto.
Vittorio de Seta ha dedicato quasi tutte le sue opere al Mezzogiorno ( e non dimentichiamo “Diario di un Maestro!). I suoi documentari degli anni’ 50, che spesso le teche Rai ci ripropongono, erano i primi reportage in cui l’Italia del Sud, nei suoi aspetti più duri, veniva raccontata agli Italiani. Era un Sud magico, ma retrivo , svilito dalla miseria, eppure ancora vitale proprio grazie alle sue tradizioni, alle sue manifestazioni esteriori del culto.
Sia in Calabria che in Puglia, in genere in tutta l’Italia meridionale, la difesa dell’ identità avviene attraverso il rito . La perpetuazione delle tradizioni garantisce la continuità nel processo storico di un popolo e l’affermazione della sua identità culturale. Le generazioni passate sono accomunate a quelle presenti e a quelle future dalla condivisione di quel rito che ne conferma la tipicità: una forma di dialogismo che sfida i secoli.
Quando vivevo lontano dalla mia città, in concomitanza con le festività pasquali, avvertivo quasi drammaticamente l’assenza del rito, come quel momento in cui il gruppo sociale di appartenenza si unisce per realizzare la liturgia del proprio esistere in quanto comunità.