Scrivo due righe sugli ebook, perché il tema è emerso spontaneamente nella blogoclasse, per esempio con l’estesa disanima delle fonti fatta da Gaetano in occasione dell’ultimo incontro online, oppure con il divertente post segnalato da Alessandra. Ma scrivo terra terra, esclusivamente della mia esperienza pratica con gli strumenti che ruotano intorno all’idea di libro, o poco più. Non scrivo di ebook a scuola, perché mi esprimerei per sentito dire e per ipotesi. Dico solo che mi fanno paura i tanti squali che ruotano intorno ad alcuni ghiotti bocconi, in una scuola che avrebbe bisogno di altri rinnovamenti prima di quelli tecnologici, magari contestuali, non certo successivi.
I lettori di ebook sono un pezzo di tecnologia fantastica. Non tanto perchè scimmiottino sempre meglio il libro, ma perchè consentono nuove possibilità di accesso ad alcuni tipi di testo, in senso generale, e non solo. L’equazione libro=ebook è restrittiva, direi quasi sterile, anche perché le varie realizzazioni, via via escogitate dalle nuove rampanti corporation, si rivelano alquanto deludenti, preoccupanti e quindi insopportabili, tutte tese a fidelizzare la maggior quantità di consumatori possibile, avvalendosi di vari accorgimenti che la natura digitale dell’informazione rende possibile, genericamente noti sotto il nome di Digital Right Mangement (DRM).
Insomma, libri o ebook, tutte magnifiche tecnologie, più o meno nuove, con i rispettivi pro e contro. Ogni volta che ne appare una nuova dovremmo esplorarne gli impieghi, magari scoprendone alcuni del tutto imprevisti, e cercando di non spaccare il mondo in due.
Ho parlato subito di lettori di ebook e non di ebook, non a caso. Senza un lettore, l’ebook è una mera digitalizzazione, un file codificato in PDF, o in qualche altro formato. Ma se tutto si deve ridurre a leggere sul computer, cosa scomodissima e inefficiente, c’è ben poco di nuovo. La differenza la fanno i nuovi attrezzi, altamente portatili, immediati nell’uso e capaci di accedere al cyberspazio con canali e prestazioni ottimizzati per la fruizione di testi molto lunghi, come sono i libri appunto.
Scendiamo subito nella pratica. Ho acquistato, a suo tempo, un iPad e un Kindle. L’ho fatto perchè per il mestiere che svolgo devo cercare di sapere cosa siano e per capire cosa siano devo usarli. Orbene, questi due oggetti sono degli straordinari pezzi di tecnologia, con delle possibilità smisurate ma con alcuni gravissimi difetti, dovuti alla commercializzazione congegnata in modo da chiudere gli utenti in un recinto, togliendo loro la libertà. Di alcune caratteristiche di questi due oggetti avevo discusso a caldo, dopo poco tempo che avevo iniziato ad usarli, in un post scritto nel settembre 2010. Con l’impiego ho iniziato a capire meglio la logica di marketing di Apple e Amazon e mi sono fatto un quadro più articolato e a tratti più fosco. Questo post corregge quindi il tiro di quello vecchio. Era una cosa che dovevo fare da tempo, questa è l’occasione buona.
In realtà ho acquistato pochissimi libri tramite Kindle o Apple, tre o quattro, all’epoca in cui scrissi quel post. Non ho smesso di acquistarne perché i libri si leggano male su tali apparecchi, anzi. Io trovo che si leggano benissimo. Talvolta leggo più volentieri sul lettore digitale, altre preferisco il libro, dipende dalle circostanze e dal tipo di testo. La possibilità di ricercare frammenti di testo in modo istantaneo può essere una manna in certe occasioni, per esempio cosultando un manuale. Non è dunque per questi motivi che non ho continuato ad acquistare ebook, bensì perché a fronte di un costo più o meno simile, questi mi impediscono di disporre dell’acquisto come se fosse un libro, a causa dei vincoli che i produttori vi fabbricano sopra. E in effetti, in quei tre o quattro casi, non ho certo comprato classici, ma solo alcuni libri tecnici, quelli che una volta letti e usati per un periodo relativamente breve, diventano solo un ingombro. Finché le cose stanno così, io compro libri, li ricevo dagli amici, li regalo.
Il Kindle conseguentemente è finito in un angolo, e nel mio caso, i residui spazi del nuovo se li è mangiati quasi tutti l’Ipad, per ora. Poi, chissà … Vediamo quindi per cosa uso l’iPad.
- Leggo molto con l’iPad, ma non propriamente libri, bensì tutte quelle cose che capita di leggere ad uno che lavora nel terziario, ovvero montagne di carta: relazioni, prospetti, documenti vari, soprattutto quando sono lunghi, per esempio tesi di laurea. Le tesi di laurea, che rappresentano un tipico inutile spreco di carta, si leggono benissimo con l’iPad.
- Poi lo uso per leggere alcuni quotidiani. È molto utile quando non si ha la possibilità di andare a acquistare il giornale che si vuole leggere, o che non è facilmente disponibile, come per esempio un giornale estero. Alcune testate offrono il giornale attraverso un’applicazione apposita per iPad, cosiddetta app. Io leggo egualmente bene il giornale di carta come la versione digitale. In certe situazioni è molto più comoda la versione digitale, per esempio puoi leggerla a letto senza farti venire i crampi alle braccia e senza svegliare chi dorme con te. Costa anche meno, in certi casi la metà, più o meno. Se hai sentito la rassegna stampa del mattino e vuoi leggere tre o quattro articoli su quotidiani diversi, invece di andare all’edicola e tornartene con un pacco di carta mostruoso – anche i quotidiani sono logorroici oggi – schiaffi tutto sull’iPad e poi fai svanire tutto come e quando vuoi.
-
Per mesi ho usato solo l’iPad per scrivere testi. Sembra strano ma con un leggerissima tastiera Bluetooth l’iPad diventa un formidabile attrezzo per scrivere. Usavo – in questo periodo vivo abbarbicato al laptop con Linux – una web applicazione libera, My Writing Spot, che offre un sistema di scrittura minimale, accessibile da qualsiasi browser o con app per iPad, iPhone e Android. Quindi via via che scrivi su iPad, di tanto in tanto spari in un’email al tuo indirizzo il testo, del quale nel computer puoi fare quello che vuoi. L’autore di questo sistema è uno scrittore che si è costruito l’applicazione che aveva sempre desiderato, e già che c’era l’ha resa disponibile a tutti: bravo. La descrive così:
My Writing Spot gira nella Google’s App Engine infrastructure, e questo vi garantisce che il sistema sia sicuro e protetto. I vostri dati non vanno a giro e sono giusto vostri – nessuno vi può accedere. E per mettervi ancora di più l’animo in pace, potete fare backup dei vostri documenti scaricandoli sul vostro disco rigido, o spedendone una copia al vostro indirizzo email.
- L’iPad mi serve poi come sistema di riserva per accedere a internet, quando mi assento per periodi di una certa lunghezza. Normalmente lavoro con il laptop con Linux, tuttavia, se dovesse succedere qualcosa al computer, avendo l’iPad dietro, ho buone probabilità di cavarmela. Non male come ruota di scorta. Oppure, se non voglio stare ad accendere il computer per dare un’occhiata alla posta elettronica, allora uso l’iPad.
- Lo utilizzo come dizionario, per le lingue che balbetto. Ottimo, ma con le riserve che dico dopo.
- Ogni tanto ci provo le app che mi incuriosiscono, se sono gratis – non free alla Stallman, giusto gratis … – ma quasi sempre per breve tempo, per via delle solite riserve che dico dopo.
- Ma insomma, e gli ebook, a parte i documenti di cui si diceva sopra? Niente, sugli splendidi scaffali di legno dell’app iBooks nel mio iPad c’è solo Winnie-the-Pooh, che l’Apple ti fa trovare quando compri l’iPad. Sì lo so che ci sono tanti ebook scaricabili liberamente, ma non so perché, quello che cerco io non c’è mai…
Passiamo allora alle ombre.
Le app offrono tipicamente tutta una serie di funzionalità aggiuntive, corredate di solito da grafiche molto attraenti. Le app di lettura dei quotidiani per esempio offrono la possibilità di memorizzare gli articoli preferiti, magari assegnando loro dei tag, come si fa per esempio in sistemi di bookmarking e tagging come Delicious. Sono caratteristiche attraenti e anche utili.
Ma sono un pacco, perché non è roba che puoi controllare completamente. È roba che hai comprato ma, se ci lavori per davvero, ciò che produci ti può sparire da un giorno all’altro, per esempio a causa di un semplice cambio di revisione. A me è successo con l’app Oxford Dictionary of English. Comodissima e come al solito, molto cool. Puoi taggare, puoi condividere, inviare per email, twittare, FB-are eccetera. Ma un bel giorno, non ricordo più se per un aggiornamento dell’app medesima o dell’intero sistema IOS, mi sono perso tuti i bookmark e tutti i tag, che io avevo iniziato a prendere sul serio. E questo mi è successo con varie altre app che ho sperimentato.
Non mi scandalizza certo l’episiodio in sé, seppur irritante, perché gli incidenti sono all’ordine del giorno quando si lavora con informazione digitalizzata, intrinsecamente volatile. Quello che è insostenibile è piuttosto il fatto che con le app non puoi mettere in atto una qualche strategia di prevenzione, tipo un backup su qualche altro supporto. Ogni app appare isolata dalle altre e gli eventuali dati che hai prodotto rimangono chiusi nell’app, come se tutto fosse in un’unica scatola. E se per esempio vuoi cancellare per qualche motivo l’app, attento: con essa se ne vanno anche i dati!
La gestione dei dati infatti è strettamente associata alle app, e i dati possono viaggiare da una app all’altra solo se queste lo prevedono. Per esempio, se con l’app di mail, ricevo un documento PDF allegato ad un’email, allora compaiono i comandi per indirizzare l’allegato solo a certe altre app abilitate a gestire i PDF, se ce ne sono. Altrimenti, il documento si può vedere solo con il visualizzatore interno dell’app di mail … che magari non funziona proprio con tutti i PDF possibili, e se non funziona, pace all’anima tua. In altre parole, siamo all’estremo opposto di quel mondo del quale abbiamo cercato di grattare la superficie in questo (per)corso, dove i dati sono roba nostra che ci possiamo scambiare con standard universali (XML), dove possiamo intervenire nella rappresentazione delle pagine, a vari livelli, con HTML, eccetera. Esattamente all’altro estremo.
Non solo, voi penserete – Ho comprato questo software che ora è mio e lo uso come mi pare! – E invece no, con queste nuove tecniche di distribuzione del software, voi più che acquistare un programma, avete fatto una specie di contratto con il venditore, perché lui può ficcare il naso nella vostra macchina e nei vostri dati. Se lo ritenesse importante, potrebbe soffiarvi i dati, per esempio un ebook comprato in modo apparentemente scorretto, oppure un’intera app, per esempio per motivi di strategia industriale, oppure politici.
Questi apparecchi sono veramente fantastici e hanno potenzialità affascinanti, ma sono commercializzati con strategie finalizzate al profitto di singoli attori privati che rischiano di ledere gravemente la libertà degli individui.
Chiudo ritornando un’attimo sul tema dell’ebook a scuola, rifacendomi al commento di Claude: come fai ad adottare un ebook digitale se i tuoi studenti hanno tutti lettori diversi? Ma peggio mi sento quanto si parla di usare tablet in tutte le scuole. Quali tablet? Mandiamo tutta la scuola italiana nelle fauci di un singolo venditore? O segmentiamo le scuole del Paese in scuole Android, Apple e Amazon? O costruiamo alternative 2.0 fai-da-te che consistono nel dare a tutti gli studenti un laptop con dentro dei PDF? Magari i PDF sono fatti anche bene, ma tutto il 2.0 lo comprimiamo in una manciata di file PDF in un computer? Ho capito bene? Spero di no.
You ought to take part in a contest for one of the greatest blogs on the internet.
I will recommend this web site!
@Andreas
Sono d’accordo con te:
evitare subitanei entusiasmi ed estemporanei innamoramenti,
ma evitare anche di fare a tutti i costi il “laudator temporis acti” e
adoperare sempre la curiosità, l’interesse per “il nuovo che avanza” e nello stesso tempo
non abbandonare l’affezione, l’interesse, la cura per “il vecchio che non demorde”… 😉
@Claude
Hai fatto bene, Claude a ricordarmi il libro di Barbara: lo presenterò in “Librarsi”
e ne farò una recensione su “Il mio libro”.
Mi interesserebbe leggere il libro di tuo padre sul giornalismo:
da qualche giorno ho incominciato a leggere “Carta Straccia” di Giampaolo Pansa
e penso che la posizione nei confronti dell’argomento sia la stessa.
Ciao a tutti e due!
Ciao M. Antonella,
Bello il tuo intervento – e buona l’idea di aprire una discussiona anche su La Scuola che Funziona – magari mettendo poi il link anche qui, e ricordando ai potenziali partecipanti che per leggere le pagine interne di lascuolachefunziona.it, bisogna iscriversi visto che il sito è privato, salvo per la home page che è pubblica.
Intanto ti rispondo sulla sensazione tattile: vero, manca se leggi un e-book sul computer, ma su un tablet, quello ti vibra sotto le dita e fa pure il rumore della pagina che gira. Poi puoi anche ingrandire il testo con due dita. Certo, è diverso, ma sono sempre sensazioni tattili.
Sulla “condivisione filantropica”: lo stupendo libro della tua amica Barbara Bertolini sui bambini emigrati italiani a Ginevra, E qui, almeno, posso parlare? Et ici, au moins, je peux parler? è allo stesso tempo in vendita su ilmiolibro.it e gratuitamente scaricabile dalla sezione Storia della presenza italiana del sito del Consolato italiano di Ginevra (link diretto al PDF). E in effetti, come dici tu, ho anche comprato la versione cartacea (1).
In modo simile, nel 2009, mio padre ha messo il suo libro Journaliste, qui t’a fait roi?, fuori stampa da anni, sull’Internet Archive dopo aver regalato tutte le sue copie d’autore – salvo una – a studenti che ne avevano bisogno. Con L’internet Archive, il vantaggio è che se gli uploadi un PDF più o meno decentemente formattato, lui di deriva un fottìo di altri formati: ePub per cose Android e iCose, mobi per il Kindle, DAISY per le tecnologie usate dai ciechi.
E dal sito di Guaraldi, Usare Moodle Manuale di didattica di Gianni Marconato può essere o comprato stampato o scaricato come PDF. Ecc. ..
(1) Però l’ho comprata alla presentazione del libro perché ilmiolibro.it è in realtà un sotto sito di kataweb.it, che mi fa venire i brufoli
Grazie M.Antonella. Vai libera, crea tutto quello che vuoi, io sono contento!
In generale, non so quale sarà il futuro di questo o di quello. Credo che sia anche vano sforzarsi più di tanto ad immaginarlo. Penso invece che sia molto interessante sforzarsi di immaginare quello che si può fare ora con il nuovo, provarci, quindi tirare conclusioni concrete sul buono del nuovo e sul buono del vecchio, senza pregiudizi né innamoramenti estemporanei. Conclusioni valide ora, ma pronti a rivederle, con altre prove sul nuovo di domani che sarà già un po’ diverso dal nuovo di oggi. Insomma, cavalcare in egual misura parole e azioni.
Se Andreas e gli altri colleghi che hanno lasciato commenti a questo post sono d’accordo,
vorrei inserire tutto in una discussione sullo stesso tema, o addirittura crearne una nuova
sul nw “La Scuola che Funziona”.
Se nessuno risponde, farò valere la regola del “silenzio-assenso”… 😉
M.Antonella
Vorrei anch’io lasciare un commento a questo post di Andreas…
Sì, lo so: sono in ritardo ma…
meglio tardi che mai! 😉
Cercando (invano) di mettere ordine tra i miei documenti,
ho ritrovato un mio intervento fatto circa due anni fa in ComEdu,
un nw su piattaforma ning aperto e poi inopinatamente chiuso da Francesco Arleo.
Ebbene una discussione, lanciata da Chiara Abrardi,
trattava proprio questo argomento: l’e-book…
Ecco le domande che venivano poste ai membri del nw:
– Pensate che gli e-book siano destinati a modificare il mondo del self-publishing?
– Sempre più autori sceglieranno l’autopubblicazione elettronica per abbattere i costi di realizzazione del libro e l’annoso problema della distribuzione?
– Oppure il desiderio di stringere tra le mani il proprio libro, sfogliarlo, vederlo esposto
nella vetrina di una libreria prevarrà sempre?
– E’ opinione comune che gli e-book si affermeranno soprattutto per quanto concerne la saggistica e la manualistica, mentre la narrativa faticherà ad abbondanare la tradizionale veste cartacea.
Siete d’accordo anche voi?
– Se i lettori di e-book costituiranno il nuovo gingillo tecnologico, magari gettonatissimo per i regali di Natale, saranno indotti a scaricare libri elettronici anche coloro che non leggevano libri cartacei?
____________________________________________________________________
Il mio intervento:
« Essendo gli italiani un popolo di santi, poeti, navigatori… e scrittori,
l’ebook potrebbe dare a tanti esordienti e dilettanti del bello scrivere la possibilità di farsi leggere e conoscere, come dice Cristina, bypassando l’edizione cartacea, difficile nell’iter, come ha sottolineato Marta, e costosa, nel caso si volesse pubblicare l’opera a proprie spese.
Ho sfogliato e incominciato a leggere il romanzo di una mia collega ed amica,
pubblicato on line su Mybook e devo dire che il risultato, dalla copertina all’impaginazione,
alla veste grafica, non ha nulla da invidiare a quello di un libro tradizionale…
Tuttavia, probabilmente, mancherà al lettore di un ebook la sensazione tattile
dello sfogliare le pagine, quella specie di rapporto, anche fisico, che si stabilisce
con il libro e che induce il bibliofilo, non solo a leggerlo, ma a volerlo tenere
nella propria libreria tra gli altri cultbook…o che costringerà il bibliomane ad acquistarne
addirittura due copie, una da leggere, l’altra da conservare intonsa nella sua biblioteca…
(come faceva quel personaggio monomaniaco di “Il giocatore invisibile” di Giuseppe Pontiggia!).
Il libro di carta inoltre permette a chi lo ha letto con piacere di condividerlo filantropicamente
con altri, praticando il book-crossing, cioè lasciandolo su una panchina, su di un autobus,
insomma “en plein air”, per dare così la possibilità a perfetti sconosciuti di trovarlo e leggerlo
gratuitamente in una specie di “book-serendipity”. 😉
Ritengo anch’io che l’ebook non soppianterà né manderà in pensione il libro tradizionale,
così come l’invenzione della stampa non ha sostituito il manoscritto,
la fotografia non ha sostituito la pittura o il disegno,
e l’affermarsi del cinema non ha fatto scomparire l’arte antichissima del teatro…
I due generi di libro saranno complementari, ma non equivalenti…
Quello elettronico sarà finalizzato, in my opinion, allo studio, alla ricerca, al lavoro,
ad un’anteprima di lettura, e riservato a lettori frettolosi e con poco tempo a disposizione…
sarà insomma il fastbook!
L’altro, quello tradizionale, sarà dedicato al piacere della lettura,
(ecco perché la narrativa e la poesia preferiranno continuare… a vestirsi di carta;),
e riservato a chi riesce a trovare il tempo per leggere con calma il proprio…
slowbook! »
MAP
@Claude: scusa se riprendo questo post con ritardo, condivido sarebbe bello poter avere una tabella comparativa….tutte le app della famiglia utility le scarico sia su ipad che su tablet android personalmente trovo molto più facile e intuitivo le seconde. Ho preparato una scaletta di lavoro per il dopouniversità, quest’anno non riesco troppo presa dal lavoro e dallo studio. E’ mia intenzione continuare a dialogare con tutti voi e far vivere ancora la blogclasse.
@Mvcarelli : scusa: avevo lasciato il commento precedente per fare altro allora non avevo visto il tuo. Ieri sera è venuto mio fratello con il suo iPad che usa per l’insegnamento (visiva, a liceo) e abbiamo fatto un po’ di confronti: era anche questa l’idea nel mio comprare un tablet Android. Impressione provvisoria: si assomigliano molto, ma IOS è forse più radicale nel cambiamento di approccio “strutturato come sui computer -> intuitivo”, mentre Android ha conservato alcune caratteristiche PC, tipo “i miei file” e il “task manager”. E questo lo potrebbe rendere più rassicurante per adulti intrisi di cultura PC (oltre al fatto che ho potuto fare domande da “tattilmente-cognitiva disabile” sul forum accessible di Google :D). Ma non penso sia importante per i ragazzi/bambini.
Altrimenti, su Android 3.0 c’è la tastiera Swype (vedi il video Swype 3.0 for Android Honeycomb Tablets, Reviewed on Motorola Xoom, che potrebbe rivoluzionare il concetto di alfabetizzazione: nell’App Store per IOS c’è qualcosa chiamato “swipe” con la i, ma dalla descrizione non sembra altrettanto completo. Poi ci sono differenze, ovviamente, nelle app disponibili.
Sarebbe bello poter avere una tabella comparativa dei due, ma appunto, le app sono troppe per questo. E anche se le app sono soltanto una cosa supericiale, sono quelle che contano di più per gli utenti.
@M.Antonella Grazie accolgo la promessa e mi accollo la minaccia 🙂
@Claude Sì, Maria Grazia ha fatto benissimo .
@Carlo Columba: è interessante davvero quell’articolo sul disamore per i software aperti. Pero non capisco bene la parte:
In che senso Windows è un ecosistema aperto o persino semi-aperto? E se gli ecosistemi aperti fossero maggiormente a rischio, come mai GNU-Linux non è stato particolarmente infestato, ed è invece quello nella cui ricerca IBM ha maggiormente investito negli ultimi decenni per poter offrire soluzioni sicure alle imprese? Come mai sempre più reti dell’amministrazione pubblica / educative optano per GNU-Linux e meno per risparmio che non per motivi di sicurezza (almeno in Svizzera)?
E quanto a Google, è interessante la sua evoluzione dal chiuso verso l’aperto. Vero, c’è poco controllo sulle app per android, però, almeno sul tablet android (Samsung Galaxy 10.1) che ho appena comprato, quando ho cercato di installare un’app prodotta da privati, è comparso un avvertimento: “Per default, questo tablet è parametrato per non accettare app non create da Google.” Non so se questo accada con tutti i device sotto Android, ma mi è sembrata un’ottima soluzione pedagogica: l’utente può scegliere se andare sul sicuro e mantenere i parametri originali, oppure se prendere lui/lei il rischio di esplorare.
Mi sembra che l’importante sia che le soluzioni (più) aperte continuino ad esistere, anche in modo minoritario, nel mondo dei device portatil, proprio perché sono più educative.
@Andreas: se ho capito bene, con “quel sito” ti riferisci a http://www.bookinprogress.it/ discusso da Maria Grazia Fiore in Libri di testo online: quali regole per il fai-da-te?. Le cose che mi hanno colpito colpito nei testi PDF scaricabili da http://www.bookinprogress.it/mission.php, oltre a quello che dici sono:
– offrire queste versioni demo in una cartella zippata significa precludere la loro indicizzazione da parte dei motori di ricerca
– offrirli in PDF porta ad assurdità, tipo link a parti audio che non funzionano (vedi il pulsante “Listen” nella parte “Focus on Literature: The happy prince” del file “Pagine da book in progress inglese.pdf”)
Cioè potrebbe anche darsi che i veri prodotti ai quali possono accedere le scuole che partecipano all’iniziativa non siano PDF, ma cose interattive molto più vicine a quel che si può fare con Bookbuilder, ad es. Ma allora, perché non proporre l’equivalente della library (biblioteca) di Bookbuilder come demo? Quei manuali potrebbero essere indicizzati, e gli utenti potenziali potrebbero farsi un’idea corretta del progetto.
Ma forse questa scelta di BookinProgress per la demo è collegata alla questione delle licenze CC scomparse, menzionata da Maria Grazia. Viene il dubbio che queste licenze siano state tolte, e l’accesso demo limitato solo alle versioni PDF, per problemi di diritti d’autore sulle parti multimedia: con la SIAE sempre in agguato (vedi il tuo post), non sarebbe sorprendente.
Allora, quale soluzione? Migrare all’estero? Roberto Ellero ed io l’abbiamo fatto per il progetto WebMultimediale.org e in particolare per la piattaforma di hosting di video e sottotitoli Webmultimediale.ch ad esso collegata, che un tempo era Webmultimediale.it. Ma anche lì, persino se l’applicazione del diritto d’autore è meno pazzamente draconiana in Svizzera che in Italia, nella pagina Upload (ci vuole il login per vederla), abbiamo aggiunto ” [sono consentiti solo file senza musiche]” per cautela.
Maria Grazia ha atto benissimo a sollevare le questioni sia di accessibilità sia di diritto d’autore tramite il caso di BookinProgress in Libri di testo online: quali regole per il fai-da-te?: sono questioni fondamentali sia a livello giuridico sia a livello di buon senso per chi fa prodotti per l’apprendimento.
D’accordo, Andreas…
Ci penso io!
(è una promessa e una minaccia…) 😉
Condivido le considerazioni, anch’io ho comprato entrambi i dispositivi: iPad e tablet android, ma uso maggiormente iPad. Ci sono delle app molto inrerssanti. Anche a scuola lo uso tantissimo con i bambini, che usano senza nessuna fatica e con un intuito formidabile entrambi i dispositivi. Anche io claude lo uso spesso con i bambini dva, anche in questo caso i risultati sono ottimi, ricordano la maggior parte dei contenuti e i livelli di attenzione risultano maggiori.
@M.Antonella
ti ringrazio per le proposte. È ormai un vecchio cruccio quello di non aver saputo connettere in maniera efficace questo luogo con la LSCF, alla quale sento di appartenere. Non sono bravo a fare più cose insieme, devo farne una per volta e impegnarmi anche molto per evitare di produrre schifezze, e magari non basta nemmeno.
…oh voi studenti IUL che vi auto-definiste “lumache”: vedete che sono io ora la lumaca …
Ma ci proverò, vorrei prima finire di scrivere un po’ di roba per questi “ragazzi”. Mentre mi può venire spontaneo di inserire degli interventi nel forum, ho difficoltà con i gruppi, perché all’atto pratico, non ho mica capito bene quali siano i vantaggi dei gruppi. Forse se uno li coltiva con assiduità, ma allora ci vuole dedizione e allora ci vuole tempo.
Colgo l’occasione, in maniera generale per tutti, per puntualizzare che quando si enfatizza il valore del pensiero reticolare, del pensiero laterale, dell’esplorare, del provare e via dicendo, non significa che si propenda per la frettolosità, per la superficialità, per l’approsimazione, tutt’altro.
Comunque, tu, Antonella, raccogli tutto quello che vuoi e come vuoi. Se esistesse un magia per replicare questo blog nella LSCF la userei subito. Veramente si potrebbe fabbricare, ma non ho il tempo per farlo, ora. Anzi, potrei trasportare questo blog da WordPress.com in un blog su un server qualsiasi e lì, con un plugin – l’ho trovato ieri, si potrebbe replicare il contenuto di un blog wordpress in un network Ning. Ma anche questo, ora non lo posso fare
@Carlo Columba
Ciao, che piacere ritrovarti!
Grazie per il link, no non lo conoscevo.
Del resto è un fenomeno naturale, che è sempre accaduto: si scoprono nuovi territori, partono gli esploratori, cantano i poeti, e arrivano poco dopo gli squali …
@Claude
Certo che servono i PDF. La chiusa un po’ troppo sintetica del post non voleva certo criticare i PDF. Poi, sono anche andato a vedere quel sito, e devo dire che i PDF li ho trovati perfettamente leggibile, anche se in forma demo, una trentina circa di pagine per libro. E devo anche dire che mi sono piaciuti, molto di più dei libri di testo che a suo tempo ho avuto a scuola, che ho usato pochissimo.
La mia perplessità è sul 2.0, che dovrebbe evocare fenomeni di apprendimento cooperativo, attivo eccetera. Fenomeni che dovrebbero attenere a trasformazioni ben più profonde che non una semplice rivisitazione del libro di testo, che mi pare proprio una delle cose meno importanti – se dovessi valutare il contributo dei libri di testo scolastici alla mia formazione, direi non più di un 10%. Sì, qui, alcuni insegnanti cooperano per scrivere un libro di testo, e questo magari non è male, ma mi sembra molto riduttivo per attaccarci un bollino 2.0.
@a tutti 😉
grazie per la fiducia sul fatto che noi di questo (per)corso potremmo fare meglio di altri, ma “titolati”… che l’alunno stia superando “altri” docenti??
il fatto che gli e-book non si dissolvano per mancata ri-stampa è un fatto che mi sta molto a cuore. personalmente sono stata a caccia 3 mesi di un testo che avrei voluto avere per consultarlo per la mia tesi: nulla! la casa editrice non ne ha copia, le librerie (pur avendo affidato la sorte del mio acquisto ad una comprensivissima commessa che si è messa in rete a “spulciare” il sistema di distribuzione) non hanno dato frutto. Poi ho decisamente capito che i tempi sono cambiati 😉 quando sono andata persino in Seminario a cercarne una copia: la Chiesa non è più custode del sapere. Pare che di questo libro non ne esistano più copie, neppure in biblioteca. Niente.Ma è “recente”, solo del 2003. Mi sono rassegnata, scriverò la tesi anche senza aver letto quel testo… chissà…
però ho sempre l’idea che un e-book non debba essere qualcosa di “chiuso”. Faremmo lo stesso errore che si è fatto portando le tecnologie a scuola: anzichè scrivere sulla lavagna di ardesia si scrive sulla LIM. No, il criterio è differente. Riprendendo la mia riflessione, è come se l’ascia con legno e selce fosse sostituita da una fabbricata dalla Usag, ma sempre lo stesso criterio domina lo strumento. Qui deve essere “evoluto il criterio”: gli e-book debbono, a mio parare, essere strutture aperte. debbono offrire la possibilità di essere-fuori-di-libro, non più sequenzialità, ma reticolarità. Questo prospetta la possibilità che non si arrivi mai alla “fine della storia”, ma chissenefrega, nel senso che alla fine di ogni libro il testo che è stato scritto è sempre diverso da quello che viene letto o meglio, da quello di cui si impossessa il lettore. Ogni libro che io leggo ha un peso specifico differente da altri perchè risponde ad un mio bisogno di cultura, crescita, approfontimento etc differente da persona a persona. Questo è il libro che ho in mente per la scuola di oggi, non un e-book come libro di testo manuale, ma nell’ottica del costruttivismo un ulteriore strumento che possa accrescere la mia capacità di costruire il mio sapere, che diventi sapere. Questo risponderà alle necessità dei curricola scolastici? ma quando mai alla fine di un percorso scolastico tutti rispondono allo stesso modo ai parametri di valutazione. vogliano teste pensanti o replicanti?
caspita… “Io ho visto cose che voi umani…” è come ho iniziato questo (per)corso
… mi sa che allora sono alla fine del corso: tutto torna.
Poi per quanto riguarda i PDF, a volte possono anche servire. Ad es. negli anni 80 mio padre aveva dato un corso sulla deontologia del giornalismo all’università di Neuchâtel, dal quale aveva fatto un libro, “Journaliste, qui t’a fait roi?”. Solo che il libro, pur essendo fuori stampa da anni, continuava ad essere sulle liste di lettura di altri corsi di giornalismo, quindi lui era rimasto con una sola copia, avendo regalato le altre a studenti. Quindi l’abbiamo scandito con riconoscimento ottico dei caratteri, poi abbiamo fatto il PDF scaricabile da http://www.archive.org/details/JournalisteQuiTaFaitRoi.
È un PDF banalissimo tratto da un file ODT, con sommario interattivo iniziale prodotto automaticamente dagli stili di titoli, e un link di ritorno a questo sommario nel piè di pagina. Eppure funziona bene sul computer e anche sui tablet con Android – sulle iCose con IOS della Apple non so. Dall’Internet Archive è stato scaricato 398 volte (non c’è verso di sapere quanti download ci sono stati da altri siti) Troppo poche per giustificare una ristampa, ma sono sempre 398 persone che non sono dovute andare a fotocopiarselo in biblioteca….
Andreas, come sempre molto arguto e interessante! Hai letto questo: http://www.techrepublic.com/blog/hiner/apple-facebook-and-how-open-went-out-of-style-in-tech/10185 ?
Ho la sensazione che si stia vivendo in questo periodo un momento di delusione/rincrescimento per le occasioni che le rete ci ha messo a disposizione e che sno andate purtroppo perdute o sprecate.
Aggiungerei ai vantaggi deli ebook quello di non andare mai fuori edizione! Personalmente non sopporto non poter trovare più un bel libro perchè non viene più stampato….
Certo Apple sta decisamente esagerando…
Ne sono sicuro anch’io.
Grazie, Andreas. Credo che dovremmo anche esaminare meglio il post Libri di testo online: quali regole per il fai-da-te? di Maria Grazia Fiore sul quale concludi interrogativamente. Anche quello è un post interrogativo, come dice il titolo ripreso in conclusione. E Maria Grazia non dice mica che bisogna limitarsi a “laptop con dentro PDF”, al contrario solleva il problema dei PDF inaccessibili perché protetti da DRM usati da certi ricercatori, come quello che cita lei molto cautamente.
Risponderò più a lungo direttamente al suo post. Qui, per ora, un aneddoto: nel gruppo Facebook Docenti virtuali, qualcuno ha segnalato oggi una app per iPad con le favole di Esopo, dandone l’URL sull’App Store, http://itunes.apple.com/it/app/favole-di-esopo-per-i-bambini/id460049395?mt=8. Solo che se vai a quell’URL, le due sole “Recensioni clienti” dicono:
Eppure sei docenti, tra cui una universitaria, hanno “amato” (“liked”) quella segnalazione su fb. Anche le app per iPad sono spesso “fai-da-te”, però. e spesso tradotte con Google se va bene, o con i piedi. In più isolano lo studente peggio di un PDF accessibile che invece di essere in un laptop, può essere messo su internet dove la conversazione è possibile. Sono sicurissima – per aver visto i loro lavori – che diversi partecipanti a questo corso riuscirebbero a fare pagine web più divertenti ed istruttive sulle fiabe di Esopo. O addirittura un e-libro di testo multimediale ed accessibile usando Bookbuilder, l’applicazione Web che ti guida nel creare e-libri secondo i principi dell’Universal Design for Learning.
Vedo ora i tuoi commenti, M.Antonella 🙂
Grazie, “evado” altre risposte che devo, e poi torno qui …
Ah, inserisci i miei commenti dove e come vuoi .. certo
Hai aggiunto una bella storia a questo post, Claude. Grazie.
Sì, GranDiPepe, mi piace condire i messaggi con riferimenti che aiutino a collocare i fatti nel complesso dell’avventura umana. Sono sicuro che la parola tecnologia evoca per lo più scatole più o meno avveniristiche con pulsanti e schermi rutilanti, ma anche lapis e carta sono tecnologia. E in questa pazza e affascinante corsa che stiamo vivendo, dimentichiamo spesso che in relazione alla storia dell’uomo, lapis, carta e tutto ciò che viene considerato vecchio è roba di ieri. Io credo che per reggere la vertigine procurata da questa nostra folle corsa dobbiamo imparare a non perdere di vista i punti di riferimento del quadro generale. Sennò si finisce con il costruire sulle sabbie mobili.
Il pensiero di Vygotskij mi ha affascinato molto, da quando l’ho conosciuto qualche anno fa. Quando ne lessi qualcosa, la sua idea di Zona di Sviluppo Prossimale cadde immediatamente e perfettamente nella mia zona di sviluppo prossimale. C’era già quel luogo nella mia mente, ma era una sorta di lacuna alla quale io non potevo dare un nome a causa della mia ignoranza ma della quale io “sentivo” i contorni. Mi è capitato diverse volte di avere questa sensazione, specialmente nel lavoro di ricerca. Anzi, direi che quella piccola manciata di idee che mi è capitato di avere è composta tutta da episodi del genere, dove nella mia ZSP si era formata una lacuna che aveva una particolare forma, e il lavoro di ricerca è consistito nel lavorare con questa lacuna come se essa fosse vera, e di usarla, direi con una certa disinvoltura, o incoscienza … Poi, mi è quasi sempre successo, di scoprire che quella cosa innominata che io sentivo e con la quale mi ero baloccato, esisteva già nel mondo e aveva un nome preciso e dei cultori che vi si dedicavano. Ecco, per me la ZSP è quella zona dove prendono forma queste nuove… cose…
Il mio comportamento nelle blogoclassi può essere riferito ad una continua ricerca della ZSP dei miei studenti. So che la ZSP è stata pensata per i bambini, e che ci sono delle evoluzioni anche recenti di questo concetto riferite alle attività degli adulti, ma io la uso lo stesso, perché sono proprio interessato a ripescare il bambino che è nascosto da qualche parte in ogni adulto. E in me.
@ GrandiPepe
Cara Elena,
ora che anche tu sei entrata a far parte della ScheF (finalmente!),
posso chiederti di venire a postare anche nel forum del nw
i tuoi interessanti interventi e commenti,
(commenti che di solito non si limitano a commentare, ma sono un crogiolo
(permettimi questo termine che sta andando in disuso, l’ho adottato per non farlo sparire dalla lingua italiana…) 😉
di idee, informazioni, riferimenti “alti”, osservazioni, riflessioni, ecc.
Ad esempio, perché non ci vieni a parlare,( lanciando una nuova discussione o intervenendo in una “vecchia) di
Vygotskij???
C’è il gruppo “Scuola Primaria” (e non solo quel gruppo), a cui questo argomento,
e più in generale la psicologia evolutiva,
potrebbe interessare moltissimo!
A presto
@ Andreas
Leggo sempre con gusto quello che scrivi e mi compiaccio nel constatare che c’è qualcuno più “graforroico ” di me! 😉
“Mi dispiaccio” invece che tu continui a privare la ScheF, (di cui continui ad essere uno dei più autorevoli membri),
di tutte queste cose interessanti e utili che scrivi! 😦
E allora ti chiedo due cose :
1. aprire tu nel forum del suddetto nw una discussione (che diventerebbe un forum nel forum 😉
in cui inserire questo mirabile (per)corso sulla multimedialità che stai tracciando per noi della blogoclasse,
con tutti gli interessanti commenti di Claude e di tutti gli altri “discepoli” che un po’ alla volta si stanno iscrivendo
alla Scuola che Funziona;
2. fondare nella ScheF il gruppo “Blogoclasse” (sì, lo so che sei contrario ai gruppi,
ma comprendi bene che in un NW di quasi 2.550 membri non si può vivere “tutti insieme appassionatamente”,
anche perché diversi e variegati sono gli interessi dei suddetti membri… 😉
In subordine ti chiedo, (“ma quante richieste mi fa questa qua?”),
di poter inserire una parte di questa tua riflessione sui libri
nella discussione “Librarsi”…
So già che mi dirai di sì a quest’ultima richiesta,
perché sei per il CC! 😉
Buona giornata!
@Andreas di tutto quello che hai scritto… mi ha colpita la foto. Lo so, sono un po’ strana…
ma l’accostamento con le asce preistoriche e le modalità di uso e consumo (e difesa) con gli e-book mi ricorda Vigotskji. Vygotskij costruì una visione storico-culturale della psicologia evolutiva dando rilevanza alle attività mentali più alte, come il pensiero, la memoria e il ragionamento; estese le tesi di Marx ed Engels allo sviluppo umano secondo cui gli uomini trasformano se stessi attraverso il lavoro e l’uso di strumenti.
Il modo di produzione economica determina le condizioni di lavoro delle persone e le interazioni sociali, che a loro volta ne influenzano le cognizioni: stili cognitivi, atteggiamenti, percezione della realtà e convinzioni. Vygotskij individua una stretta relazione tra sviluppo e apprendimento: egli, infatti, considera il bambino come un costruttore attivo delle sue conoscenze, all’interno però di un contesto socio-culturale che gliene offre gli strumenti.
da qui l’equivalenza ebook=ascia.
Condivido tutto quel che hai scritto, Andreas. Io invece ho acquistato un tablet con Android, per un motivo principale: da alcuni mesi, una volta alla settimana vado a trovare F., una signora che sta in un home per disabili perché ha la sclerosi multipla – e a sua richiesta, a volte le “insegno il computer” perché se ne vorrebbe comprare uno. A volte perché ué, vivere in una home è pratico ma può essere una grande rottura di scatole a volte. Lo so, l’ho fatto per 10 mesi dopo che mio marito era rimasto emiplegico a causa di un ictus. Quindi per F., la priorità quando arrivo è uscire. Allora andiamo a berci un café, a fare un po’ di spesa, e se rimane tempo, sì, facciamo qualcosa sul computer per i residenti dell’home (un iMac un po’ attempato).
Lei è dannatamente brava nel capire e nell’assimilare. Dopo le prime 2 “lezioni”, non abbiamo toccato il computer per 3 settimane e non solo ricordava tutto – gli account, la password per quello dei residenti, dove si trovava la sua roba – ma aveva persino progredito in cose non viste assieme. “Eh, ho guardato gli altri del workshop informatico”, mi ha spiegato. Però proprio non riesce ad afferare il mouse con almeno l’indice sul pulsante di sinistra, e della tastiera ha nozioni un po’ vaghe,da quando usava saltuariamente una macchina da scrivere. Per questo, ma anche perché ha poco posto libero nella sua stanza, un tablet mi sembrava più indicato, però dovev/am/o sperimentare prima.
Kindle col cavolo, anche se pare che il nuovo Kindle fire abbia più funzionalità di quelli precedenti, perché Bezos, il capo della Amazon, ha abbassato i pantaloni e accettato di permettere agli aventi diritto di disabilitare la sintesi vocale sui “loro” e-libri. Tra IOS (iPad) e Android ho scelto Android su un tablet Samsung Galaxy 10.1 perché
a) costa meno di un iPad
b) ha Swype 3.0 (1) e un riconoscimento vocale (speech-to-text) particolarmente efficace, cose utili per F.
c) c’è già un iPad in famiglia per fare i confronti.
E gli e-libri? Beh, la settimana scorsa, ho portato il tablet in viaggio con “Il mago di Oz” di Frank Baum (pre-istallato, come “Winnie the Pooh” sull’iPad); “With a little help” di Cory Doctorow e racconti di Mérimée scaricati dall’Internet Archive come file ePub. Veramente ho soltanto letto “With a little help”: avrei fatto meglio a scaricare l’ePub da craphound.com/walh/e-book/browse-all-versions, che è stato fatto umanamente: l’ePub scaricabile da archive.org/details/WithALittleHelp invece è derivato automaticamente dal PDF originale, ed è quindi più rudimentale. Ma anche così è molto comodo: si può evidenziare, annotare, bookmarkare ecc. E ovviamente non c’è DRM.
Intanto stamane, F. ha provato il tablet. Ci si è trovata subito a suo agio, sia per leggere i racconti di Mérimée sia per scrivere con swype.
E-libri con DRM? No grazie. Semmai li comprerò su carta, che come dici tu, Andreas, ci posso fare più cose, tipo scandire le parti che mi interessano e spedirmele in allegato per scaricarle sul tablet.
(1) Swype 3.0 consente di scrivere strisciando il dito, anche approssimativamente, sulla tastiera virtuale: vedi Swype 3.0 for Android Honeycomb Tablets, Reviewed on Motorola Xoom su YouTube.